martedì 28 luglio 2009

La Palombella rossa vola da Capalbio a Filicudi, passando per RaiTre. Forse...

Ognuno ha le sue croci e la giornalista Barbara Palombelli, la sua se l’è portata dietro da quel 1982, anno in cui sposa con rito civile Francesco Rutelli, allora segretario regionale per il Lazio del Partito Radicale, in soldoni uno dei ragazzini di Marco Pannella. L’anno dopo, all’età di 29 anni, sarebbe diventato deputato alla Camera e capofila nelle battaglie radicali per i diritti civili, nonché presidente del gruppo parlamentare radicale. Tutta un’altra storia. Siamo alle prime battute di un cursus honorum che lo avrebbe portato a diventare il sindaco di Roma e l’ala cattolica e moderata del Pd, quella dell' ex Margherita, per intenderci.
Peccato però che all'epoca la Palombelli fosse già inserita nel mondo dell’informazione. “Sono entrata in Rai per la prima volta nel 1975-76, come ricercatrice e documentarista part time e sono stata assunta nel settembre 1977 (tre anni prima di conoscere Rutelli)", precisa nella sua lettera a Repubblica.

A smuovere le acque ci ha pensato la solita ansiogena girandola delle nomine Rai, che vede la Palombelli in lizza per il Tg3. Tutto merito delle lotte interne al Pd. Lo spostamento di Antonio Di Bella alla guida della rete con la promozione di Bianca Berlinguer a numero uno del tg è osteggiata infatti dai sostenitori dell’attuale direttore di Rai Tre Paolo Ruffini. Impasse che consentirebbe agli ex margheritini di avanzare anche la candidatura della moglie di Francesco Rutelli) alla guida del telegiornale.
E qui casca l’asino. E nasce l’accusa di giocare troppo in casa. La Palombelli, dal canto suo, si schermisce coi consueti toni soft: “Sono poco interessata ai pettegolezzi Rai e alle dietrologie. Ma difendo come una tigre, a volte anche con gli avvocati, la mia biografia e la mia storia professionale". Quanto alle indiscrezioni che le vorrebbero affidare il timone della terza rete Rai, nessuna smentita. E, sulla questione politica, sottolinea la diversità di sfumatura ideologica col marito (chi non ricorda la diversa presa di posizione sul referendum sulla fecondazione assistita?):Chi opera nell'informazione e nella politica sa bene che con Francesco siamo ben distinti nelle professioni e negli schieramenti: ero iscritta al Pds, non sono nel Pd, stimo Pierluigi Bersani".
Chissà come finirà. Certo, Rutelli in passato si è battuto duramente contro la censura televisiva. Oggi la Palombelli si batte ancora per un posto al sole, che ormai non è più né all’ultima spiaggia di Capalbio, né tantomeno in Rai, ma alle Isole Eolie, nell’incantevole scenario di Filicudi.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

mercoledì 22 luglio 2009

La Destra riaccende la Fiamma

Colleziona Barbie ma odia Winx e Bratz. E’ bionda come il sole, studia Lettere, suona perfino il piano ed è a favore della ricerca sulle staminali. Segni particolari: bellezza pubblicitaria e passione per gli hippy, pur dichiarandosi di destra. Fiammetta Cicogna, 21 anni, di Milano, resta solo da decidere se metterla in lista. Certo, un'ampia fetta di consenso ce l'ha già: su Facebook ha 4.900 contatti e passa, quasi al limite dell’accettazione. E i suoi amici le hanno perfino aperto un gruppo dal titolo “Fiammetta dagliela” (A chi? Dove? Come? Quando? E perché?...).
Però, al momento, non si concede a nessuno. E, reduce dalla nuova campagna Tim, annuncia: «Nelle varie puntate di questa pubblicità-serial flirterò un po’ con tutti, ma nessuno concluderà nulla».
Fiammetta dice che Milano, la sua città, è troppo ripiegata su se stessa, e lì è davvero difficile mostrarsi per ciò che si è davvero. Eppure si ostina maledettamente a trascorrerci i week end e quelle maledettissime domeniche allo stadio, a seguire ogni minimo movimento del Milan, manco a dirlo la sua squadra del cuore.
Ma la Cicogna di cuore deve averne uno grande, se l'estate preferisce sudare girando per l’Italia su un pullmino rosso e blu, insieme alla T-band. E se, in un battito di ciglia, si è ingraziata, senza se e senza ma, il direttore di “Chi”, Alfonso Signorini, che l’ha ribattezzata il volto nuovo dell’estate 2009. N0vità prevedibile, ma non sufficientemente prevista.
Chissà se la rivisitazione corale e slabbrata di “Con te partirò”, colonna sonora dello spot, le porterà bene. Per saperlo, dovremo aspettare almeno un’altra estate.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 19 luglio 2009

Ci pensi mai (io e te a dormire...)?

Tutta colpa di quel maledetto granello di sabbia, impercettibile, quasi inconsistente. Che senza troppe piroette s’infilò nell’occhio di M. e a un tratto le provocò un prurito insopportabile.
Era la quarta volta che il suo castello di sabbia si dissolveva nel bagnasciuga, inghiottito dalle onde. Forse, un segno del destino. In testa troppi sogni, troppi miraggi in un deserto di taffetà.
Perché immaginare una vita che non c’è, qualcosa che non potrà mai accadere, strade che corrono parallele e non s'incontreranno mai neppure a un bivio? Meglio trascorrere i pomeriggi tra le onde del mare, a fare castelli di sabbia, anche se un attimo dopo sarebbero scomparsi nel nulla.
M. aveva perso il gusto della semplicità senza neppure accorgersene. Andava al mare e immaginava rose di pezza. Ogni tanto addentava mele translucide e si nutriva solo di cibo biologico. Da un paio di mesi si faceva arrivare il balsamo per i capelli da Londra e vestiva solo in seta di Vienna. Lontani i tempi in cui passava le giornate con un paio di jeans sdruciti e una canotta nera a Trastevere, a fumare marijuana e masticare una fetta di pizza con pomodoro e mozzarella annaffiata da litri di birra, e a far baldoria fino alle quattro del mattino.
Il disincanto l’aveva afferrata a tal punto da condurla in una caverna rivestita di muffa. Era lì che si riparava dal sole e dall’assordante calura estiv nei lunghi pomeriggi marini, immaginando Ibiza e il principe. L’uomo che finora non aveva mai incontrato. Una specie di cavaliere dell’Ottocento, pronto a duellare se qualcuno le si fosse avvicinato un po’ troppo.
J. la desiderava ancora. Eppure non riusciva a dirglielo. Anche se quella sera finalmente si era deciso a farlo. S'incontrarono lì, dopo un anno dall'ultima volta, per l'ennesima intervista dopo uno dei tanti concerti di piazza. Le fan sbraitavano, lui indossava una maglietta grigia che gli disegnava i pettorali in maniera perfetta. Il sudore gli scendeva dalla fronte. Muoveva il corpo esile sul palco come un giunco. M. appena lo vide rimase immobile tra la gente che la strattonava. Il sole preso tutto il giorno sulla spiaggia le bruciava ancora sulla pelle.
"Dove sta la felicità, adesso non vuoi o forse non puoi ritrovare la complicità, il nostro dolce fare niente , la convinzione di viverci per sempre, quella voglia e il calore che ci unisce, tra una canzone e una giornata che finisce". Quella strofa le si piantò dentro. All'improvviso, un morso nello stomaco. E, davanti agli occhi, il film di quella notte in cui avevano dormito insieme, completamente nudi, con le labbra e i corpi incollati come le tessere di un puzzle. Scena che era rimasta lì, scalfita nella memoria e che quella sera, dopo il concerto, entrambi più di ogni altra cosa al mondo avrebbero voluto rivivere. /...

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 18 luglio 2009

Lorenzo nella Grande Mela, coi pesci rossi senza memoria

Estate 1992. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, andava in giro per l’Italia a farsi il culo arrosto. Estate 2009. Lorenzo Cherubini sbarcherà il lunario negli States, al Nublu di New York, il prossimo 20 luglio, in compagnia della catanese Patrizia Laquidara, sacerdotessa chic della musica miltietnica. Patrizia per questo tour divide il palco con la cantante brasiliana CéU, che vanta nomination ai Grammy, numeri d’alta classifica e soprattutto un sound inconfondibile che è ben rappresentato in “Vagarosa”, brano pubblicato dall’attivissima label indipendente Sixth Degrees. E Lorenzo invece propone glii ultimi successi dello stravenduto album “Safari”. Pochissimo spazio al rap funky degli esordi, larga parte l’avrà il minimalismo romantico di “A te” e “Punto”. Ma soprattutto porterà a New York se stesso. Uno che a quarantadue anni suonati ha finalmente capito come si allevano i pesci rossi (per dirla col titolo del programma di NatGeo Music sul canale 710 di SKY, che ha mandato in onda un resoconto fedele di questa esperienza con un Jovanotti a suo agio sul palco del Poisson Rouge). L’unico difetto è che dei pesci rossi non ti puoi fidare. Hanno una memoria che dura pochi secondi. "Sul mare – invece - la memoria corre più veloce, silenziosa, si immerge e risale tra i flutti, ma soprattutto si mescola”.
Ma gli americani apprezzeranno? Proprio loro che adorano mangiare i pesci piccoli?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 15 luglio 2009

Lodi, lodi, lodi... all'ordinarietà di Federico Moccia

Questo è il momento della concretezza. Alias, del matrimonio. Sembrerebbe quasi un romanzo a sfondo didascalico, se è vero che Moccia fa interrogare i lettori, attraverso gli amici dei protagonisti del romanzo, sul perché vanno in frantumi sempre più matrimoni. La domanda è d’obbligo: a soli vent'anni, Niki sarà pronta per un passo così importante?
Ma Moccia, oltre a essere uno scrittore di successo, è anche sceneggiatore e regista cinematografico. E anche stavolta, come per i romanzi precedenti, sono iniziate le riprese del film, sequel del precedente. La pellicola è stata scritta da Moccia, insieme a Luca Infascelli e Chiara Barzini. Le riprese si svolgeranno tra Roma e Parigi. Ancora Raoul Bova e Michela Quattrociocche. Nel cast anche Francesco Apolloni, Luca Angeletti, Pino Quartullo, Cecilia Dazzi, Ignazio Oliva e la new entry Andrea Montovoli, che ha preso parte alla trasmissione “Ballando con le Stelle”. L'uscita del film è prevista per gennaio. Moccia ha iniziato a girare anche il film ispirato al suo romanzo Amore 14 che sarà nelle sale a ottobre.Ma c’è di più. Sono previste tre feste di matrimonio, in tre diverse grandi città: a Roma è stata fatta il 13 luglio, a Bari sarà il 6 settembre e infine, per concludere, ci sarà quella di Milano il 10 settembre. Si potrà partecipare scaricando l'invito per due persone dal sito stesso.

Il tutto corredato da due concorsi: 1) La favola più bella: durante ogni festa, cinque coppie racconteranno la loro storia d’amore e una giuria sceglierà la più emozionante. I vincitori avranno come premio uno splendido viaggio. Tutte le coppie avranno un attestato di partecipazione con i loro nomi come ricordo.
2) La sposa più bella: alla festa ogni ragazza potrà sfilare con il suo abito da sposa. Se lo ha già indossato per il suo matrimonio potrà rivivere l’emozione di quella giornata, oppure potrà indossarne uno e immaginare come potrebbe essere davvero quel giorno. Fra chi sfilerà a ogni "festa di nozze" Moccia e una giuria sceglieranno la sposa più bella.
La prego, Moccia, ci ripensi. I ragazzi di oggi, più che di un matrimonio ordinario e traballante, hanno bisogno di grandi ideali. E poi, è così bella la vita da single o da eterni fidanzati…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 12 luglio 2009

Ma perché gli Zero ci prendono sempre?

Incredibile, ma vero. Gli Zero assoluto come prodotto discografico sono assolutamente perfetti. Nel senso che centrano sempre l’obiettivo: l’immediato successo di pubblico e la conseguente vendita dei dischi. Lo conferma il nuovo singolo “Per dimenticare”, che da un paio di mesi è uno dei più scaricati da internet e più trasmessi dalle radio.
Merito soprattutto di Matteo Maffucci, mente pensante del duo che, come al solito, col suo piglio alla James Dean, pescando puntualmente nelle acque delle sue storie sentimentali, trova sempre qualcosa da scrivere. Che poi piace anche a Thomas De Gasperi, che accoglie di buon grado con la sua espressione ieratica da icona bizantina, condita con piglio semiassorto.
Il singolo, uscito il 1 maggio, fa parte dell’album “Sotto una pioggia di parole”, quelle di Maffucci, s’intende (Thomas le dispensa col contagocce). Due anni di silenzio sono serviti per risintonizzare il turuturututtu degli esordi sulla linea del ritornello incalzante che entra subito in testa.
La storia del testo è raccontata in prima persona dal punto di vista di un uomo che riceve l'invito per il matrimonio di una sua ex-fidanzata. Il protagonista del brano declina l'invito, dicendo di avere troppi impegni e, retoricamente, le domanda se si sente pronta ad affrontare tutto ciò che la vita matrimoniale comporta (casa, figli, famiglie, conti da pagare, ecc...). Alla fine del brano il protagonista della canzone rivela di amare ancora l'ex-fidanzata, e quindi di non essere in grado di assistere al suo matrimonio.
Anche Maffucci ha un animo romantico e scapigliato. Per dirla con le sue canzoni, “meglio così”. “Bastasse almeno mezz’ora” per dimenticarsele…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 10 luglio 2009

Un G8 rosa shocking

E' stato il G8 delle mogli dei capi di stato. A cominciare da Michelle Obama, la signora in giallo. Donne affascinanti, sportive, impegnate. Insomma tutto, tranne che veline. All’appello stavolta mancava solo Veronica Lario, grande assente col suo portamento austero, l’espressione solerte e controllata, le labbra carnose e serrate, gli occhi di ghiaccio. Per il resto, c’erano tutte.
C’è stato perfino il colpo di scena di Carla Bruni, arrivata in un misterioso ritardo che Sarkozy aveva promesso di spiegare.
Un’occasione mancata invece per il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna. Giovane e bella, si sa, ma sempre più spaurita. Non solo ha dispensato parole col contagocce, ma ha mantenuto gli occhi sgranati tra le macerie dell’Aquila per l’intera visita in compagnia della signora Obama, che al contrario è apparsa sempre più disinvolta e spontanea.
Se continua così, non ci sarà alternativa: le toccherà rispolverare assolutamente l’espressione che aveva da soubrette.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Aurea svista

Gill aveva i capelli d’oro. Le scendevano sulle spalle come spaghetti stirati col ferro a vapore. Li divideva perfettamente in due con la riga in mezzo. Non facevano una piega. Arrivava al corso sempre in ritardo. Tutti i giorni almeno un’ora dopo. Galleggiava su tacchi vertiginosi e camminava lentamente, infilando i piedi l’uno davanti all’altro con la chiena dritta, ancheggiando leggermente a ogni passo, come se si trovasse perennemente in passerella. I suoi occhi azzurro mare contornati da ciglia rivoltate all’in su dal rimmel nero che teneva sempre in borsetta fissavano la gente con cordialità mista a ipercriticismo. Quando si andava a pranzo insieme, parlava spesso dei suoi viaggi in Medioriente. Presto sarebbe partita per Beirut. E di donne. Amava riempirle di difetti.
“Quella lì è tremenda. E poi non è nemmeno bella”. Più le stavo accanto, più pensavo che le donne, o meglio certe donne, bionde o more non importa, proprio non ce la fanno ad essere indulgenti con le altre. E fanno di tutto per ricoprirle di fango, sminuirne il valore. Gill apparteneva a quella categoria. Ma cadeva sempre in piedi, perché aveva stampato in faccia un sorriso di circostanza che le illuminava il volto. Con quel sorriso che ti dedicava alla fine di ogni conversazione, anche la più casuale, alla fine le perdonavi tutto. O quasi.
Sedeva in prima fila, sempre accanto alla sua migliore amica di corso, mora e con caratteristiche fisiche opposte alle sue. E non facevano altro che passare al setaccio tutto e tutti. Presenti e non. Da internet pescavano foto, notizie, gossip, da tempestare a ritmo serrato di commenti al vetriolo.
Un giorno Gill parlò dell’amore. “Mi sono sempre fatta corteggiare. Mai andata dietro a nessuno”. Beata lei, pensavo. Gli uomini ti apprezzano di più se li tieni sulla corda. Gill aveva un fidanzato che sembrava molto innamorato di lei. Era un suo collega di corso. E spesso le si avvicinava, riempiendola di baci e carezze. Ma, non so perché, ho sempre pensato che lui fosse molto più coinvolto di lei in quella storia. Quel pensiero nessuno me lo toglieva dalla testa. Ed era strano che lo pensassi proprio io che credevo nell’impossibilità cronica di capire come stanno veramente le cose. /…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 8 luglio 2009

Meglio comandare. Ma ancora meglio fottere, comandando



«Le donne sono una delle cose più belle della vita. A me piacciono eleganti, intelligenti, non dominatrici e concorrenti, accetto la sfida alla pari. Sì, le donne mi corteggiano molto ora che sono ministro, ma anche prima», ammette Renato Brunetta. Che si spinge ancora più in là, forse in un punto di non ritorno. «Se penso a come ero io, mamma mia, imbranato come tutti, penso». Ma con la pratica, si migliora.
Il ministro per la Pubblica amministrazione non ama passare in seconda fila e non vuol essere da meno rispetto ai suoi colleghi di partito in fatto di pubbliche relazioni con l'altro sesso.
Un dato è certo: a quanto dice lui, da quando è ministro, Brunetta in questo campo è molto migliorato.
Il potere fa miracoli e trasfigura chi ce l’ha. Soprattutto agli occhi di chi lo guarda. :-)
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 7 luglio 2009

Incrocio di sguardi


“Non riesco a reggere il suo sguardo per più di due secondi. Proprio non ci riesco”.
- “Ma dai?”
- “Te lo giuro! Ieri si è avvicinato a passo felpato. Non me n’ero neppure accorta. A un tratto, mi giro e me lo trovo che mi guarda e mi sorride. Mi ha preso un colpo”.
“E allora?”
- “E allora che? Gli ho sorriso anch’io. E poi… Sono fuggita da un’altra parte”.
– “Cioè? Te ne sei andata?”.
– “Non esattamente. Non sono riuscita a tenere il suo sguardo, appunto. E, temendo che se ne potesse accorgere, mi sono subito girata dall’altra parte. Poi, mi sono alzata e ho camminato veloce verso la porta. Sono uscita in fretta. Avevo bisogno di far perdere le tracce”.

– “E perché mai?” – “Non volevo che si vedesse l’imbarazzo che mi aveva procurato l’incontro fugace coi suoi occhi. Non volevo. Mi sentivo così stupida…A volte lo guardo, ma faccio di tutto per farlo in modo asettico, disinteressato, distante, facendo finta che non me ne importa niente”.
- “Ma non parlate mai?”
- “No, quasi mai. Non ce la faccio. Non lo so, lì è tutto così strano. Sento che non è affatto come sarebbe se ci trovassimo in un bar, da soli, io e lui. Oppure a passeggiare in un parco, o in riva al mare, per esempio. Allora sarebbe diverso. Chissà… Chi può dirlo. Ma lì sento che è tutta un’altra storia”.
- “Tra voi, mai un avvicinamento?” .
– “No, lui se ne guarda bene. L’unico contatto è stato di mano. Una volta, al termine di una sua conferenza, anziché salutarlo con la destra, ho afferrato la sua mano con la sinistra e gliel’ho stretta forte. Volevo assolutamente trasmettergli tutto il mio calore”.
- “Scusa, ma perché non fai in modo di incontrarlo da qualche altra parte?”
- “Non ce la faccio. M’imbarazzo da morire. Ho paura che possa rifiutare. Lo sento così lontano, così distante… Inafferrabile… Eppure a volte sento che si avvicina, o che mi osserva da lontano. Io provo un sottile piacere misto a gioia. E, per il momento, mi basta. Non voglio costringerlo in nessun modo a fare ciò che non vuole o non si sente di fare. Per esempio, l’altro giorno, sentivo la sua voce. Parlava in fondo alla stanza, rideva, scherzava. Era così di buonumore. E la cosa mi faceva un gran piacere. Rallegrava anche me. Eppure, non mi sono voltata indietro neppure mezza volta. Neppure mezza volta, capisci?”
- “Temo di sì. Capisco, capisco… Vabbè, insomma?” .
– “Insomma che?”.
- “Insomma, la conclusione qual è?”.
- “Uffa, Liz, non cambi mai. Ma lo capisci che non sempre esiste una conclusione? Beato chi riesce a trovarla! Perché devi trovarne per forza una? Pensa che perfino un libro o un racconto possono non avere una conclusione. Possono restare sospesi…”.
- “Più che sospesi, direi appesi a un filo. (Ride...) Non dev’essere affatto una bella sensazione”. “No, infatti non lo è per niente”.
- “Lo vedi, lo vedi che alla fine ho ragione io?”- “Vabbè, pensala come vuoi. Lo sai che cosa sento dentro di me?” .
– “Dimmi pure…” .
- “Sento che questa è una storia ancora tutta da scrivere”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 6 luglio 2009

A Massimo D'Alema, una laica preghiera

D’Alema esce allo scoperto, dopo quasi un anno di navigazione al largo. L’eminenza grigia del Pd, mente sublime del partito, unico e solo punto di riferimento di una sinistra allo sbando, che sta cercando in tutti i modi di rimontare la china, lancia ai suoi qualche prezioso dictat e fa il punto della situazione.
Al Democratic Party di Roma, alle Terme di Caracalla, in una calda serata di luglio, sospirando le solite amate vacanze in barca a Gallipoli e dintorni. Un D’Alema seriamente preoccupato per le orribili sorti progressive del nostro Paese, per l’autolesionismo imperante dei suoi che ancora non hanno capito che o ci si unisce tutti oppure è finita.
«Possibile che io debba essere insultato dal mio partito? Possibile che io che ho fatto il ministro degli Esteri, e ad agosto ero a lavorare per la pace in Libano anziché andare alle Maldive, debba subire questo? E’ ragionevole?». A D’Alema si concede tutto, perfino qualche sfogo.
Né Robespierre, né Masaniello. La rivoluzione proletaria non è mai stata il suo forte. Ma progettare la linea politica e le strategie di combattimento, sì. D’Alema come Carlo Martello, determinante maggiordomo di palazzo, con tanto di mazza. Straordinariamente esigente, incontentabile, irraggiungibile. E meno male. Perché a capo del Pd mica ci vuole un Franceschini o un Marino. Personalità deboli, fin troppo per celebrare una resurrezione.
Ma mica tira fuori un altro nome? D’Alema le carte le scopre poco alla volta. Magari al prossimo giro. Certo, mica giusto - spiega - che siano gli elettori, con le primarie, a scegliere il nuovo capo? Semmai, le liste al Parlamento. Che ne sa la gente di chi è più adatto a reggere il timone di una nave che non può più permettersi di perdere di nuovo la bussola?
Piddini di lungo corso e dell'ultima ora, vi prego, dategli retta! E allora, a D’Alema la laica preghiera di ridare un'anima al pupazzo di gomma sonnacchioso e scoordinato del Pd. E di restituire alla sinistra italiana una volta per tutte quella fisionomia socialista riformista e democratica che i successori di Bettino Craxi non sono più riusciti a darle. Lei può.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it )

mercoledì 1 luglio 2009

E' bella, piaciucchia, ha il suo sex appello

L'anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuor di sè non trova sonno di notte né riposo di giorno, ma corre, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza".

-“Oggi pomeriggio ho letto e riletto questo passo del Fedro di Platone. Vorrei ancora giocare con le bambole. E invece guarda che faccio”.
- “Un’occupazione più piacevole potresti trovartela. Fare un salto in centro, per esempio”.
- “Ah, certo, nuotando nello smog e bruciandomi i piedi sull’asfalto”.
- “Meglio di bruciarsi il cervello con Platone. Io l’ho rimosso dai tempi del liceo e di quel noiosissimo professore di filosofia. Spiegava con la bava alla bocca. Ed era così snob che mi faceva venire la nausea. Che schifo, ora che ci penso, un po’ me lo ricordo ancora”.
- “Ma cosa dici? Da tempo giro in bicicletta alla disperata ricerca della Bellezza, che non trovo. Ma non per questo ho intenzione di arrendermi".
- “Eh....... Non ti sembra di essere un po’ esagerata?".
- “Esagerata? Ma ti rendi conto dove viviamo?"
- “Credo in un mondo ancora più noioso e prevedibile del mio professore di filosofia. Mi sembra di essere la comparsa di un film in bianco e nero del tutto privo di colpi di scena, in cui il finale è sempre lo stesso".
- Appunto. Sguardi alienati, persi in un indefinibile vuoto, vite affogate nell’opacità del grigiore, laddove non splende mai la luce accecante dell’energia che ognuno dovrebbe avere dentro”.
- “E in tutto questo, della Bellezza neanche l'ombra".
- “Ovvio. Anziché fermarsi ad ammirare La Pietà di Michelangelo o un quadro di Van Dyck, guardare un tramonto, respirare il vento, farsi attraversare dal calore del sole o dalla freschezza dell'acqua, ci si trascina lenti e pesanti come massi. Non si vola più alto come aquile, ma si striscia nel fango come bisce ".
- “Oddio che ansia! Con questa visione così catastrofica, quasi quasi mi barrico in casa e non metto più la testa fuori”.
- “Ti prego, non dire sciocchezze. Errore imperdonabile. Vivresti solo a metà. Noi viviamo solo per scoprire nuova bellezza. Tutto il resto è una forma d’attesa. E’ per questo che non ho intenzione di arrendermi e continuerò a pedalare con la mia bicicletta, finché non l'avrò trovata”.
- "Ma guarda che la Bellezza c'è. Non se n'è mai andata. Siamo noi che non riusciamo più a vederla".
Le lancette dell’orologio segnavano le otto di sera. La tv del soggiorno proiettava la scena de “I cento passi” di Marco Tullio Giordana in cui Luigi Lo Cascio, a un certo punto, dice : “Bisognerebbe ricordare alla gente che Grassettocos’è la Bellezza, aiutarla a riconoscerla, a difenderla”. In camera da letto, la luce filtrata dalle tende di velluto colorava appena di azzurro il lato destro del comò di ciliegio scuro, dove da un paio di giorni qualcuno aveva lasciato la “Storia della bellezza” di Georges Vigarello, il prossimo libro da leggere.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)