mercoledì 30 settembre 2009

Je m’appelle Umberto Eco e je suis un phénomène

Come “guest curator”, promette bene. Al Louvre, poi, ancora meglio. Nei prossimi mesi Umberto Eco sarà il curatore ospite del museo parigino.
Dopo l'ex ministro della Giustizia francese Robert Badinter, la scrittrice statunitense premio Nobel Toni Morrison, il pittore e scultore tedesco Anselm Kiefer e il compositore francese Pierre Boulez, ora fare il ''Grande Invitato'' del più visitato museo del mondo spetta all’autore de “Il nome della rosa”, lo scrittore e semiologo italiano di fama internazionale.

Su suggerimento dello stesso Eco, dal 2 novembre all'8 febbraio 2010 il Louvre allestirà la mostra "Vertige de la liste", titolo scelto dallo stesso intellettuale, come del resto si intitola il suo ultimo libro tradotto in francese dall'editore Flammarion.
La mostra sarà dedicata alla vertige nell'arte, nella letteratura e nella musica, attraverso i secoli, da Omero a Georges Perec. Al tempo stesso Eco ha suggerito, progettato e curato un programma pluridisciplinare, che prevede anche spettacoli musicali e conferenze letterarie sullo stesso tema degli ''elenchi''. Parlando oggi a Parigi in una conferenza stampa, Eco ha ricordato che il museo e' ''una lista vivente'': il Louvre con i suoi 10.000 percorsi diversi, con le sue opere d'arte, ''apre la mente a infiniti mondi''.

Sarà lo stesso Eco a tenere la conferenza di apertura del primo evento da lui progettato personalmente, parlando al Louvre lunedì 2 novembre, alle 18,30. La mostra ''Vertige de la liste'' (Vertigine della lista) presenterà una rassegna soprattutto di opere grafiche, antiche, moderne e contemporanee. In esposizione ci saranno cosi' ''liste'' di colori, di luoghi, di nomi, di lettere, di cifre, di titoli, di oggetti, di piante e parole.

''La lista delle liste e' infinita e sempre componibile, viaggiando nel tempo, passeggiando tra i secoli, perché l'umanità ha costantemente bisogno di numerare, di citare, di contare, di classificare, di ripetere, di memorizzare'', ha spiegato Marie-Laure Bernadac, conservatore generale con l'incarico di responsabile dell'arte contemporanea del Museo del Louvre . Numerosi artisti del Novecento hanno adottato l'idea della ''lista'' come processo e come tema fondatore del loro stesso stile, cercando di cogliere il meglio dal passato e dal suo spirito enciclopedico, per amore del gioco di parole e dei modi combinatori o come materia di sperimentazione grafica.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 29 settembre 2009

Ma si parlamu accussì, ni capemu?

Il miracolo si compie. Per la legge del contrappasso, proprio di questri tempi, nell’era globalizzata, laddove i confini non esistono e le frontiere si allargano. Dialetto ovunque e comunque. A scuola, e ora perfino in televisione. Lo annuncia il ministro alle Politiche agricole, alimentari e forestali del Carroccio, Luca Zaia. E si struscia con reality e talent show.Sarebbe bello se i conduttori di questi programmi come Simona Ventura, Alessia Marcuzzi, Maria De Filippi e Francesco Facchinetti nelle loro trasmissioni usassero il dialetto”.
In altri termini, fussiru spacchiusi, come dicono in Sicilia. E al di là dello Stretto nessuno poi ti capirebbe, a meno che non si metta un sottotitolo che ti spieghi in italiano il senso di un’espressione per certi versi intraducibile. Ma non importa. Meglio non essere capiti, che comunicare a tutti “turpiloqui” come quelli che si ascoltano in questi programmi e che però sembrano interessare milioni di spettatori.

L’appello è stato lanciato dal ministro nel corso del programma tv di Klaus Davi, Klauscondicio, in onda su YouTube. ''Non vedo negativamente l'uso del dialetto nei reality visto che in questi format ognuno parla come vuole.
Di dialetti, in realtà - aggiunge Zaia nell’intervista - ne abbiamo già sentiti tanti nei reality, ma vengono presentati come slang e non essendo del Nord nessuno si scandalizza. I reality e i talent show sono un canale formidabile per trasmettere la cultura e gli idiomi dialettali ai giovani visto che il pubblico che li segue è, per lo più, under 35. Dando spazio al dialetto, questi programmi, potrebbero andare incontro alla loro funzione educativa.''. Per carità, in ogni dialetto è racchiusa la storia di un popolo. Su questo non ci piove. Ma signor ministro, siamo proprio sicuri ca appoi ni capemu?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 28 settembre 2009

Quel muro del lago di Como...

“… che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti” […] adesso sarà soltanto un lontano ricordo. Per carità, strumentalizzare Alessandro Manzoni e l’incipit magico dei suoi “Promessi Sposi” non si vuole e non si puote. Specie per un caso di ordinaria deturpazione paesaggistica. Eppure… stavolta ci sta. Perché la notizia arriva proprio da Como. E perché molto presto il cosiddetto “muro della discordia” diverrà un’immagine letteraria che con la realtà non ha niente a che fare.

Ma partiamo dal primo capitolo di questa storia. Per difendersi dalle esondazioni ci vuole un muro. Sarebbe dovuto essere costruito proprio sul lungolago. Sarebbe stato alto 25 centimetri, per poi degradare nell'acqua. Si trattava però di una variante al progetto originale, compiuta in corso d'opera e priva di apparenti giustificazioni. In un primo momento, infatti, il progetto prevedeva la costruzione di un sistema di paratie mobili. Il sistema anti-esondazione, in costruzione da due anni, ha un costo di 15 milioni di euro ed è finanziato dalla Legge Valtellina in quanto rientra tra le opere giudicate necessarie dopo l'alluvione del 1987. Ebbene, dopo le sonore proteste della popolazione, oltre a quelle della Lega Nord e di alcuni esponenti della maggioranza, il sindaco di Como, Stefano Bruni, ha fatto sapere che il muro costruito sul lungolago verrà abbattuto e sostituito da paratie mobili. Si ritorna dunque al progetto originario. E per fortuna anche al buonsenso paesaggistico.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 26 settembre 2009

I’m a barbie girl e sto per sbarcare a Hollywood

Salve a tutti. Sono una ragazzotta bionda, con una massa di capelli lanosi che mi ciondolano sulla schiena, un corpo esile come un giunco ma con le curve al posto giusto, due occhi azzurri come il mare che guardano il mondo in superficie e sorrido a mezze labbra, con un filo di malizia. Mi chiamano Barbie. A me questo nome non piace, ma ho dovuto rassegnarmi perché ormai tutto il mondo mi conosce così. Sono strafiga, e pure popolare. Insomma, sono una donna di successo. E ci sono arrivata senza nemmeno studiare. Non leggo molti libri, li trovo noiosi e inutili e poi mi fanno venire un gran mal di testa. Seguo le mode perché mi piace sempre essere trendy. Sapete, io ho una dote rara e preziosa: non invecchio mai. Sono sempre la stessa, da quando quelli della Mattel mi hanno creato. Né una ruga, né un capello bianco, né un segno di cedimento del tempo.
Ora, nonostante io abbia 50 anni e la maggior parte delle signore alla mia età comincia a contattare il chirurgo estetico, siccome non li dimostro, mi vogliono far diventare una star di Hollywood. La Mattel infatti, come si legge sul sito della Bbc, ha siglato un accordo con la Universal Pictures per la produzione di una serie di pellicole "per la famiglia" incentrate sulla mie vicende personali. Finora sono stata protagonista solo di cartoni animati destinati al mercato home video. A breve invece sul grande schermo diventerò una donna in carne e ossa. A supervisionare il lavoro ci penseranno alcuni manager della Mattel. Per fortuna, perché altrimenti non avrei saputo come fare. In campo cinematografico non ho un briciolo di esperienza. Ma mi hanno detto che non importa. Più che essere bravi, ciò che conta è essere belli. Sarà vero?...

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 24 settembre 2009

Il tempo se ne va… Ma Claudia Mori resta

Scivolone trash a X Factor. Il talent show di Rai Due delude le aspettative di chi è cresciuto nelle scuole steineriane e si aspetta la creazione di condizioni più giuste e più sane che permettano alle energie vitali di sprigionarsi. Tutta colpa della pessima idea degli autori del programma di paragonare la florida Mori di trent’anni fa alla Mori un po’ sgualcita di oggi. L’attentato all’ISP (Invecchiamento Sano e Produttivo) della moglie di Adriano Celentano è stato compiuto da due foto, accostate con sgarbo (quella infelice è stata scattata nella scorsa puntata del pro­gramma).
Non mi faccio offendere da chi ha fatto una cosa assolutamente maleducata, priva di rispetto e di buon gusto. Fare televisione non autorizza nessuno a superare certi limiti, e la trovata di ieri sera è stata una mancanza di educazione e di eleganza e una cosa poco intelligente che mi ha veramente dato fastidio”. Questa la replica stizzita della diretta interessata.

Che farà la Mori? Se ne andrà da giudice musicale del programma? “Non lo so, ci voglio riflettere bene e poi spero di prendere la decisione giusta, certamente mi devono chiedere scusa pubblicamente, così come pubblicamente mi hanno offesa. Io non sono una diva, ma sono una persona seria e ironica”, aveva commentato a caldo, dopo il duro colpo inferto a lei, ma soprattutto a Madre Vecchiaia, che Albert Camus definiva “il momento della compassione”. Certo, se fosse stato un cavaliere, Morgan avrebbe sempre potuto dirle: “Per riaverti (in giuria), farei di tutto”. E Lei, flemmatica fino alle caviglie: “Tranne perdere la stima di me stessa…”. Ma stavolta le canzoni del molleggiato non c’entrano. E la Mori si ritrae, ma non troppo. Nel senso che, alla fine, resta. Perché chi non lavora non fa l’amore e i contratti di un certo peso si onorano. Nonostante il “maschilismo di terz’ordine”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 23 settembre 2009

Noblesse oblige… all’editorial prodige


Il fatto... è... che da oggi in edicola c'è un nuovo giornale. Mica uno strumento di potere, una fonte di propaganda, uno spot elettorale in veste editoriale. "Un giornale e basta", come lo definisce il suo direttore Antonio Padellaro, messo in quarantena dall'Unità targata Soru, manco fosse l'untore del virus H1N1. E chi pesava che fosse di sinistra "pesante" dovrà ricredersi, prché il piatto è cotto a vapore? Macché, la cucina è salata e piccante, gli chef che cucinano i pezzi sono Marco Travaglio, Peter Gomez, Furio Colombo, Luca Telese, tutta gente che non le manda a dire.


Giustizialismo a gogo: si parte subito con un'inchiesta che scotta. Titolo in prima: "Indagato Letta", ovvero il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Mica male per un giornale di opposizione che si gioca tutto nel tentativo di coprire uno spazio informativo che altri non coprono. Ma attenzione: l'opposizione sarà a Berlusconi, ovvio, "ma non faremo sconti ai dirigenti del Pd edella multiforme sinistra che in tutti questi anni non è riuscita a costruire uno straccio di alternativa". Ragion per cui il progetto potrebbe volare alto e radunare molti adepti, pescando nel mare sempre più affollato dei delusi di sinistra col broncio stampato in faccia.


Il quotidiano è una Spa, con partecipazioni di imprenditori e giornalisti. Nessuna appartenenza partitica, finanziaria, industriale. Gli abbonati potranno leggere già a mezzanotte on line il giornale che uscirà in edicola il mattino dopo. Spazio a cultura e spettacoli, con grande attenzione ai nuovi media e una rubrica quotidiana dedicata a internet. Al momento, 27mila sono stati i lettori in anticipo, che si sono abbonati per un anno prima dell'uscita del giornale.

Il Fatto non è in tutte le edicole, almeno per il momento. Presente nei punti vendita del centro Italia e delle grandi città, ha una distribuzione limitata nel Sud, da Roma in giù. C'è nei punti vendita di Emilia, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Lombardia e Veneto. Ma la scelta non è irreversibile, precisa il direttore: "Vogliamo verificare la tenuta a livello nazionale prima di prendere qualunque decisione, per almeno un paio di mesi. Poi si vedrà se allargare la distribuzione".
Si comincia morbidi (si fa per dire...). Oltre a Gianni Letta, ampio spazio alla polpetta avvelenata del caso Travaglio ad Anno Zero. Padellaro & Co. come al solito mettono subito un bel po' di carne al fuoco. Buona digestione.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 19 settembre 2009

La sfegatata passione di Paolo Fox? Il fegato di Piacenza

La giornata di Paolo Fox inizia all'alba. Per l’esattezza, alle 6.40 del mattino, sulle frequenze di radio “Latte&Miele”, dopo aver esaminato attentamente le viscere, soprattutto fegato e intestino, di animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta. Proprio come gli aruspici della Roma antica.
Il programma si chiama “Latte&stelle”e va in onda tutti i giorni, con una replica alle 7.40 (per chi la sera prima avesse fatto troppo tardi) e un'altra alle 19.40. L’aruspice più telegenico degli ultimi anni s’inerpica con voce gioconda su un terreno scivoloso: quello dei consigli personali, destinati sempre ad essere ascoltati e mai seguiti.
Paolo Fox infatti, non appena ha finito di analizzare al microscopio, prima che il sole sorga e canti il gallo, la situazione astrale, parte in quarta con gli accorati suggerimenti per ciascuno dei 12 segni dello zodiaco. Accorati perché lui è uno che se la prende a cuore, la situazione di ogni singolo Toro, Acquario, Pesci, Leone, Cancro, e via dicendo. Passo dopo passo, Fox ti guida con affetto fraterno, evitandoti di commettere anche il minimo passo falso, ti suggerisce che maschera indossare, che comportamento assumere, se avrai talmente tanta sfiga che è meglio chiuderti in casa o se, al contrario, una serie di circostanze fortunate ti aiuteranno a sbarcare sulla Luna.
Gli ascoltatori, ovvio, dovrebbero aver già bevuto e pure digerito la prima tazzina di caffè ed essersi prontamente svincolati dal sacro torpore di Morfeo per correre a prendere, con balzo felino e prontezza di riflessi, taccuino e penna e annotarsi per bene il comportamento da seguire, gli errori da evitare, le trappole in cui non cadere nelle prossime ventiquattro ore, per sopravvivere degnamente in questa vita.

L’amore sì, il lavoro no, i soldi forse
. Che c'è in arrivo? Un terno al lotto, un incontro imminente, una delusione, un'emozione, un colpo di reni, una scossa elettrica, un terremoto esistenziale? Tutto fa gola, l’importante di primo mattino è nutrirsi di latte e miele e della voce rassicurante e mai invadente di Fox, amico di sempre, amico fraterno. A nozze con l’ars divinatoria dalla tenera età di 16 anni, quando cominciò a capire che tra cielo e terra c’è un ponte più invisibile di quello sullo stretto di Messina, ma c’è, e che se a Giove e Urano gli girano male..., ti possono ridurre sul lastrico, Paolo Fox vanta una carriera editoriale e televisiva che in pochi possono permettersi. Dagli oroscopi di “Di Più” e “Di Più Tv” al servizio di astrologia sui cellulari Tim, disponibile in sms, mms e in video, alle numerose partecipazioni in trasmissioni di Rai Uno (vedi gli speciali di fine anno, ma non solo) e soprattutto di Rai Due, dove, assoldato nella scuderia di Michele Guardì, uno che di televisione se ne intenGrassettode, cura nel fine settimana la storica classifica dei segni zodiacali di “Mezzogiorno in famiglia”.

Come per ogni buon aruspice che si rispetti, fedele fino in fondo alla sua suggestiva missione divinatoria, anche per Paolo Fox il fegato ha una certa importanza. Mica però quello alla veneziana. Di quello Fox non sa proprio che farsene. Lui va dietro solo a quello etrusco di Piacenza, con le sue quaranta iscrizioni e sedici caselle, simbolo della ripartizione della volta celeste.
Ci vuole fegato, anzi, questo fegato, per far sì che la giornata cominci diversa. E con la voce di Paolo Fox, è tutto un altro sapore. Se poi però, uscendo di casa, dovesse capitarvi di buttare l’occhio, così, distrattamente, su un qualsiasi oroscopo e scoprire che in quello stesso Grassettogiorno, la storia per voi è completamente diversa, non avete scelta. Occhio al malocchio! Scacciate via la sciagura e fate finta di niente. Ecco la mossa giusta: affidarsi solo a Fox e cancellare tutto il resto. Nessuna alternativa: la sua versione dei fatti, soltanto la sua, è quella giusta. L'importante è non crederci troppo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 16 settembre 2009

Nicole Kidman gioca di sponda e passa... dall'altra parte

Tempi di transito, questi. Da una stagione all’altra (le prime piogge d'autunno hanno spazzato via l’estate), ma anche da un sesso all’ altro. Vladimir Luxuria ci dà un taglio e diventa definitivamente donna. E la stessa cosa accadrà anche a Nicole Kidman. Non nella realtà (a essere donna, è donna, senza bisogno di transiti...) , bensì nella finzione cinematografica. Sul grande schermo, infatti, l’ ex moglie di Tom Cruise schizzinosa e, come si dice, con la puzza sotto al naso, specie in fatto di uomini, interpreterà il pittore danese Einar Mogens Wegener, il primo transessuale della storia di cui si ha notizia.
L'occasione, questa, per dimostrare la propria versatilità mista a una sana attitudine al trasformismo, doti indispensabili in ogni bravo attore che si rispetti.

Apprezzato paesaggista, Wegener nel 1931 si fece operare e diventò Lili Elbe. Il film, prodotto dalla Kidman e diretto da Tomas Alfredson (il regista svedese di Lasciami entrare), s' intitola "The Danish Girl" ed è tratto dal romanzo «La danese» dello scrittore americano David Ebershoff.
Charlize Theron
invece avrebbe dovuto interpretare il ruolo della moglie di Wegener, ma ha candidamente rinunciato alla parte. Ad ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole oppure l’ex modella di origine sudafricana, dopo “The Road” di John Hillcoat, avrà poco di meglio da fare?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 15 settembre 2009

In principio era l'Incipit. Ma Flavia Vento non lo sa...

Ormai è ufficiale. Flavia Vento ha scritto un libro. Un’autobiografia, sulla falsariga delle "Confessions" di Rousseau, a metà strada tra apologia e confessione. Si attende solo che venga pubblicata. Non che, nell' attesa, non si riesca più a dormire la notte, per carità, ma la cosa è curiosa, assai. Perché mai la Vento avrebbe deciso di immortalare casini e pasticci tra le righe di un libro? Forse per un malcelato desiderio di ritornare in tv, dopo il ritorno a casa dall’Isola dei Famosi 6? Infatti è da allora che la Vento non compare più da nessuna parte.
E allora, arieccola. A “Pomeriggio cinque”, sulla rete ammiraglia Mediaset, ospite di Barbara D’Urso, che legge in anteprima alcuni brani di “Voglio essere una lucertola” (il titolo del libro dovrebbe essere questo). La Vento è seduta su uno sgabello, con le gambe accavallate. Ha l’aria soffice, tenera e un po’ incantata di sempre. Sorride spesso, biascica le parole. Il tono di voce è il solito. Tutto procede a meraviglia, la D’Urso la sfotte con garbo. Flavia incassa. Ok, ci sta. Tutto viene fatto in buona fede. E poi, lei ne ha passate di peggio. Da gallina senza cervello a reginetta delle gaffe a regina degli strafalcioni, gli appellativi più mortificanti se li è beccati tutti. Così come commenti allo zenzero sulle sue reali o presunte sfortune sentimentali e poi ancora su quelle professionali e sul fatto di non riuscire mai a essere capita da nessuno. Insomma, sulla Vento se ne sono sentite di tutti i colori.
Nel corso dell'amabile chiacchierata in studio, la D’Urso cerca di scavare sull' attuale situazione sentimentale della soubrette romana, sui suoi progetti futuri. Lei resta vaga, ma sempre cortese. Tutto procede abbastanza bene, diciamo pure senza infamia e senza lode. Finché… La D’Urso chiede alla Vento se l’incipit del suo libro è ancora quello stile sms: “Ciao, mi chiamo Flavia…”. Lei dice di no. Sembra aver capito. E invece… La D’Urso capisce subito. E passa subito alla seconda domanda, quella decisiva: “Flavia, ma tu lo sai che cos’è l’incipit, non è vero?”, Lei mastica , sempre più imbarazzata, un: “Ehhhhhhh, ehhhhhhhh...”. Scuote la testa, fa piccole smorfie con la faccia, diventa rossa come un peperone e inizia a ridacchiare. La D’Urso, sempre più divertita, senza un briciolo di pietà, infierisce: “No, Flavia, dai… Non è possibile... Ma scherzi? Che cos’è un incipit? Dai che lo sai…”. Il pubblico in sala se la ride. E lei, dopo pochi secondi, cede: “No, Barbara, dai, mi dispiace, non lo so…”. A questo punto, scatta l'applauso.
Per un attimo sembrava di essere tornati a scuola e assistere all’inizio di un’interrogazione infelice, di quelle che non è facile riprendere. E vabbé, la D’Urso invece riprende la situazione e la butta sullo scherzo. Dopotutto, a Flavia più che sapere che cos’è un incipit, servirebbe solo ripassare un po’ di storia. Così, tanto per sapere quand’è caduto il muro di Berlino e quando è avvenuta la Seconda Guerra Mondiale. Mica per altro…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 14 settembre 2009

Se Fifty Songs facesse fifty-fifty?

Vi ricordate Albertino? Voce e spirito del Deejay Time, lo storico programma di musica dance in onda da anni su radio Deejay nel primo pomeriggio?
Bene. Dj Alberto, fratello minore del direttore artistico Linus, adesso si è allargato (lui può) e nel week end conduce anche Fifty Songs, la classifica dei 50 brani più trasmessi. Ecco. Non è che ci sia niente di male ad essere esterofili. Per carità. Soprattutto in un periodo in cui i confini non reggono più. E , si sa, la musica internazionale spesso è di gran lunga più interessante e originale di quella di casa nostra. Però, così non vale. A voler essere precisi, fatta eccezione per Tiziano Ferro, Neffa e J Ax, o i casi più fortunati come Jovanotti (storico amico della radio, nonché ex speaker), Ligabue, Vasco Rossi e, forse, Max Gazzè, il resto è tutta barbarie, nel senso greco del termine. Per non dire spazzatura. Radio Deejay suona straniera, da Shakira ai Black Eyed Peas, da Madonna a Mika, da Nelly Furtado a Beyonce, solo per citare chi sta ai piani alti.

E siccome Fifty Songs non è altro che la classifica dei brani più trasmessi della settimana proprio da radio Deejay, non è che per caso gli amici di via Marsena (Milano), siano talmente esterofili da non accorgersi abbastanza di alcuni brani belli, scritti, prodotti e interpretati dagli artisti di casa nostra? Chessò, Luca Carboni, Gigi D’Alessio, Paola Turci, i Pooh, Lucio Dalla, OrnellaVanoni, tanto per citarne alcuni, totalmente assenti dal palinsesto musicale.
Se Fifty Songs adottasse il criterio di bilanciare le presenze in classifica tra la musica italiana e quella internazionale, non sarebbe male. Vai, Alba, bella lì, piaccc!

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

venerdì 11 settembre 2009

La Miss Italia del III Millennio usa la lingua per... parlare

Niente più ragazze pupazze, finte mute per professione, belle senz’anima e senza cervello, belle punto e basta. Da sabato riapre il sipario come ogni anno di questi tempi Miss Italia, lo storico concorso di bellezza partorito da Enzo Mirigliani, che dal 1939 sforna sirenette con fascia e corona pronte a bamboleggiare nel tritacarne del mondo della moda, dello spettacolo e, nei casi più fortunati, anche del cinema. Ma senza esagerare, perché la vera scommessa resta sempre quella, far valere le proprie qualità oltre il phisique du role.

Il motto dell’edizione 2009, in onda su Raiuno il 12, 13 e 14 settembre da Salsomaggiore Terme, è: mostra chi sei. Nel senso che le signorine, oltre a danzare, sfilare e sorridere alla telecamera, dovranno tirare fuori gli attributi, con rispetto parlando. Ovvero, la propria personalità. La conduttrice Milly Carlucci lo va ripetendo da settimane in quasi tutte le interviste che rilascia. Ormai è la sua fissa. Non più un numero, bensì un nome e cognome.

Ma riusciranno le Miss a vincere l’emozione, a non scivolare sulla solita buccia di banana dei rituali stucchevoli e noiosi, delle frasi fatte (vorrei la pace nel mondo, mi piace fare volontariato), dei buoni propositi? Ecco, speriamo di sì. La benedizione di Paris Hilton (una che si è stufata di bamboleggiare), Riccardo Scamarcio (uno che ha l'ansia di dimostrare che, prima ancora di essere un volto da cinema, è un attore e pure bravo), Federica Pellegrini (che incoronerà la più bella dello Stivale) e Tiziano Ferro servirà a qualcosa. Così come l’eredità lasciata dalla Miss uscente, Miriam Leone, rossa di Sicilia, dalla fisicità normanna, che alla conduzione estiva di ‘Uno Mattina’ la lingua l'ha saputa usare bene.

Nella giuria, che quest'anno per la prima volta voterà in modo palese, ci saranno Guillermo Mariotto, direttore creativo della maison Gattinoni, Richy Tognazzi, Sergio Assisi e Claudio Cecchetto. Come saranno le inquadrature delle Miss allineate come birilli? A mezzo busto o per intero? Lato A o lato B? Macché, a femmena è femmina, ad ogni latitudine. Prima o poi, Miss Padania dovrà farsene una ragione.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 10 settembre 2009

Alla Festa del Cinema di Venezia ci vuole letizia

Tutti la cercano, tutti la vogliono. Manco fosse l’eterno femminino del Barbiere di Siviglia. Lei invece è Noemi Letizia, da qualche mese la ragazza più famosa d’Italia. E’ richiesta perfino al Lido di Venezia, alla Mostra del Cinema, per una sfilata davanti agli obiettivi. E' attesa per questo pomeriggio. Secondo fonti ben informate, Noemi arriverebbe in Laguna con Massimo Emilio Gobbi, per parlare del film da lui diretto 'Kamorrah Days', in cui Noemi ha una 'partecipazione straordinaria'. Permanenza breve, ma intensa. Giusto il tempo di qualche foto e qualche ripresa televisiva, per poi spostarsi da un’altra parte (forse all'isola di Murano), dove dovrebbe ricevere un premio, creato apposta per lei, come 'talento cinematografico del futuro'. Secondo la stampa locale, insieme ai due potrebbe giungere al Lido anche l'ex monsignor Milingo. Resta un nodo da sciogliere: ma Noemi non era giunta alla ribalta del gossip mondiale per la sua amicizia con “papi” Silvio? Ora che c’azzecca col cinema? Ecco svelato l'arcano. Per la bionda di Portici, visto che farà parte del cast del prossimo film di Gobbi, che segnerà il suo debutto sul grande schermo, il copione è dietro l’angolo. Speriamo solo che, tra una festa e l’altra, riesca a trovare il tempo necessario per impararlo bene a memoria.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 9 settembre 2009

Una boutade al giorno toglie il prof. di torno

Tempi di serietà massima per la scuola, da non farsi neppure mezza risata. E se i professori di tutta Italia, dopo i tagli alle cattedre con l’accetta, possono aver stampato in faccia al massimo un mezzo sorriso al fiele, c’è ancora chi se la ride a bocca larga, nonostante tutto. Perché quando si è dall’altra parte della barricata, ci si può permettere questo e altro. E allora gli studenti non solo se la ridono, ma collezionano pure sketch, battute, irriverenze al vetriolo, che corrono sul web (per l’esattezza, su http://www.studenti.it/, il sito più cliccato dai persecutori di Dante e dintorni), e si spargono come l’olio sulle pagine colorate di Smemoranda, il diario studentesco più “detenuto” nello zaino, fiumi di compiti, note, frasi e citazioni, appunti e quant’altro serva a scaricare la frustrazione di chi è costretto a trascorrere gran parte della propria giornata a far finta di ascoltare i professori .

E ora, dopo il successo di “Prof, non posso rispondere non ho campo”, a raccoglierle ci pensa Kowalski, che pubblica “La classe è invasa dal principio di inerzia” (pagg. 160, euro 9,50), in libreria da oggi. Oltre al libro, verrà pubblicata l’agenda 2009-2010, risultato di un restyling sia nella grafica che nei contenuti.
Gli amanti della fisica sono avvisati. Qui a turbare lo stato di quiete ci vuole davvero molto poco…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 7 settembre 2009

I paradossi editoriali sopra le righe... del fashion

Fatevi un giro in edicola. Reparto femminili. Tra i mensili, campeggia Marie Claire, perché è uno dei più pesanti in quanto a numero di pagine. Ma ciò che colpisce a prima vista non sono tanto le dimensioni, quanto l’immagine di copertina del numero di settembre, quella che vedete in foto. Una modella mora con gli occhi verdi, capelli tirati, giacca nera che lascia intravedere l’ombelico scoperto e i seni fantasma. Mani sui fianchi, posa a tre quarti, austera quasi come la madre di madame Bovary. Ma soprattutto, sguardo severo, truce, spietato. Stile Miranda de “Il diavolo veste Prada”, per intenderci.

Mi chiedo: chi ha avuto la stravagante idea di suggerire alla modella che lo sguardo assassino (non nel senso di seducente, ma in senso letterale) sia la mossa giusta per insinuarsi nell'immaginario maschile con una corsia preferenziale? Addirittura, quell'espressione dovrebbe perfino invogliare ad acquistare il mensile. Probabilmente perché i livelli di masochismo raggiunti dal fashion editor sono da bollino rosso. Che strano. Non era così bello vedere in copertina volti solari e pieni di energia, che potessero trasmettere vitalità e buonumore? E invece… Austerità, ieraticità, distacco.

Vabbè. Mi rassegno all’idea. Acquisto Marie Claire, ma solo per un articolo sul collezionismo. Strapperò via la copertina. Fissare quella splendida e spietata modella per più di due secondi mi fa un certo effetto.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Ely & George: l'illusione di averci capito qualcosa

Attesissimi domani al Festival del Cinema di Venezia. Da settimane su tutte le copertine dei giornali. Protagonisti assoluti del gossip vipparolo dell’estate 2009. Sono loro, i caschi d'oro di fine stagione, al secolo George Clooney ed Elisabetta Canalis. Facce simpatiche, da show biz. Un siparietto glamour dove, come al solito, il privato fa tutt’uno col pubblico.
E ora, per chi - come si dice - sta sul pezzo, già ci si interroga su due questioni fondamentali: flirt passeggero o amore vero? E, soprattutto, la Canalis è incinta? Per soddisfare questa curiosità basterà controllare i centimetri del suo girovita. Per approdare invece alla verità su questo amore, forse stavolta non basterà neppure spulciare qualche manuale tra i più riusciti di Francesco Alberoni su innamoramento e amore. Ecco, in questo caso bisognerebbe collegarsi col Padre Eterno.
Ad ogni modo, nessuno finora si è chiesto la cosa più importante: siamo davvero sicuri che i media di tutto il mondo ci hanno raccontato la vera storia d’amore tra i due? E chi può dirlo, se non i diretti interessati, che su questa storia non sembrano sbracarsi più di tanto.
Una cosa è certa: mica per i due è un eterno “sfaccinnamentu” vacanziero in moto? Passata l’estate, riprendono gli impegni di lavoro per tutti, e non solo per noi, comuni mortali, costretti ad alzarci alle sei del mattino. Oggi Elisabetta battezza da Genova la sua seconda edizione alla guida di Trl, lo show cult di Mtv. Clooney invece domani sbarcherà al Lido, trascinando (si fa per dire) la sua amata Ely sul mitico red carpet per presentare il film “The men who stare at goats” con Ewan McGregor e Kevin Spacey.
Meglio di così? Speriamo solo che la love story non finisca come quella dei due protagonisti di “A lot like love” di Nigel Cole, dove Oliver ed Emily si divertono insieme ma sanno di non essere fatti l'uno per l'altra. Anche se poi alla fine cambia tutto. Perché c’è sempre un happy end da qualche parte. L’importante è crederci fino in fondo.
A proposito, George, ma alla fine e nonostante tutto sei gay oppure no?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 5 settembre 2009

L'Amore? Quando arriva, arriva!

Non ho mai capito quelle che si ostinano a ripetere: “Non ho tempo per l’amore, penso alla carriera” o, peggio, “ciò che conta per me adesso è solo la carriera. L’amore può attendere”.
Mi sembra una presa in giro da paura. Una spudorata fandonia per mascherare la propria sfiga o un’ambizione talmente sfrenata da mettere in secondo piano tutto ciò per cui valga davvero la pena vivere oppure, nei casi più disperati, una scottatura che brucia ancora.
Ma chi l'ha detto che carriera e amore vanno necessariamente in conflitto? Tra una carriera non proprio penosa e una vita privata appagante si potrebbe eccome tentare, con una buona dose di sano impegno, una conciliazione armonica.

Eppure spesso i conti non tornano. Chiamatela “singletudine”, chiamatela “sindrome da donna manager”, sta di fatto che le donne, chissà perché, amano sempre di più sottolinearlo quasi a ogni occasione: io al momento penso a me stessa, alla mia personale realizzazione, al successo. E di lui? Me ne frego. E lo lascio lì, in una forzata penombra, relegato in un angolo ad aspettare (sempre che possieda la santa virtù della pazienza) .
L’ultima della serie è Michela Quattrociocche, la prediletta di Federico Moccia, che rifiuta senza se e senza ma di accompagnare la sua dolce metà, il calciatore Alberto Aquilani, a Liverpool, dove giocherà agli ordini di Rafa Benitez. Perché? Michela ha preferito volare a Los Angeles, ovvio, dove Neri Parenti ha appena iniziato a girare il suo cinepanettone, “Natale a Beverly Hills", prodotto da Aurelio e Luigi De Laurentiis, in uscita il 18 dicembre.
Ma l’amore non era quell'apostrofo rosa che, quando bussa alla porta, lo fa senza chiedere permesso? Così come se a una storia metti il freno a mano tirato, che storia diventa? Il rischio c'è. Di diventare una donna davvero in carriera, sì certo, ma pur sempre tristemente single…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 4 settembre 2009

"Europeana" è ancora troppo magra

Vi ricordate Alessandria la grande? E la sua Biblioteca fondata dalla dinastia greco-egizia dei Tolomei, coi suoi milioni di volumi? Ora fate un acrobatico salto in avanti e spostatevi nel III millennio. Cioè dai massicci scaffali dei sacri volumi del culto del sapere ellenistico alla cultura digitalizzata dei nostri tempi. Vi accorgerete di essere entrati a “Europeana”, che non è un centro commerciale, ma l’erede digitale della perla alessandrina. Che però, lanciata dall’Unione europea, a un anno di vita, avverte già una significativa e preoccupante battuta d’arresto e disattende le promesse. Altro che quadri, foto, spartiti musicali, libri antichi e moderni, tutti gratis e a portata di clic. Al momento, “Europeana” appare come un semideserto, visto che al momento ha raccolto solo un 5 per cento di tutti i libri digitalizzati nei 27 paesi dell’Unione europea. Praticamente la metà esatta delle opere del continente che si sperava di raccogliere.

Di chi è la colpa? Delle istituzioni culturali dei singoli Paesi, spaventate di disfare il proprio bagaglio culturale e dalle norme sui diritti d’autore? Per ora solo i francesi si sono concessi senza risparmio e hanno fornito quasi la metà delle opere finora raccolte. L’Italia è stata avara persino sulla “Divina Commedia”. L’unico testo sulla Commedia consultabile in italiano è un commento di Charles S. Singleton, offerto dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze. E poi, I Promessi Sposi: arrivano sempre dall’Italia, ma solo in forma di cartoline d’epoca e di film. Nessun testo.
La madrina di “Europeana”, Viviane Reading, commissaria europea per la società dell’informazione e i media, parla di “situazione preoccupante”. E non ha tutti i torti. Bisognerebbe capire che il sapere non ha confini, ma è di tutti e a servizio di tutti. Cari Paesi dell’Ue, fatevi sotto.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 3 settembre 2009

Quando il pigmalione si mette la gonna

Si chiamano Jesus, Rossano, Eddy. Nomi bizzarri, stravaganti. Che però, targati a fuoco come un marchio sulla pelle di chi li porta, fisique durolle a parte, e con tutte le buone intenzioni del caso, sarebbero rimasti nella più opaca aurea mediocritas. E la vita, per carità, sarebbe andata avanti lo stesso. Peccato però che i signori in questione dall’anonimato volevano assolutamente uscire. E se si mette poi in conto il fatto che sono stati anche baciati dalla fortuna e hanno abdicato volentieri al ruolo del maschio come capofila all’interno della coppia, il gioco è fatto. E le rispettive compagne Madonna, Ivana Trump e Antonella Clerici hanno potuto condurre a piene mani il timone, nel pieno interesse dei sottoscritti.
Esaminiamo al microscopio. Jesus Luz faceva il modello anche prima di incontrare lady Veronica Ciccone. Ma subito dopo, chissà come mai, è stata una fioritura di ingaggi, contratti e copertine. Lui la segue ovunque, dallo Sticky and Sweety Tour alla crociera a Portofino, alla visita al muro del pianto. Fedeltà assoluta, incondizionata? Sostegno psicologico? Amore infinito? Eterna gratitudine? Si spera. E intanto la sua amata Madonna gli regala pure il ruolo di testimonial di un noto marchio di biancheria intima e una serie di servizi fotografici.

Passiamo a Rossano. Da signor Nessuno a marito di Ivana Trump, con tanto di sceneggiate napoletane in tv e sui giornali di gossip, il passo non è poi così breve e scontato. Ciliegina sulla torta: la partecipazione non proprio casuale a l’Isola dei Famosi e l'incoronazione a presentatore e frequentatore del jet set internazionale. Infine, Eddy. Chi è costui?, avrebbe scritto Manzoni ne "I promessi...". Un Carneade d’altri tempi, i nostri, in cui se stai con Antonella Clerici, una delle presentatrici Rai meglio inserite nel giro, come minimo finisci a fare l’autore, guarda caso, proprio in Rai. Qualche nostalgia del vecchio lavoro da animatore in un villaggio turistico? Ma non ci si pensa nemmeno. Ovvio.
E comunque: le donne raccomandano i loro uomini. Solo che lo fanno alla luce del sole. Gli uomini invece un po’ troppo in penombra e sotto le lenzuola…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 2 settembre 2009

Tornatore e gli insuperabili difetti siciliani

Stavolta tocca a Peppino aprire le danze. Dopo due anni di lavoro, 4,5 milioni di euro spesi, oltre 200 attori, 35 mila com­parse, 1431 musicisti, brani di Ennio Morricone. E se è vero che buon sangue non mente, Tornatore dovrebbe non deludere le aspettative. A lui infatti l’arduo compito di riaccendere i riflettori sulla 66esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ma soprattutto su una Sicilia sempre più dimenticata da Dio e dagli uomini. Da Piersilvio Berlusconi a Flavio Briatore, ai colleghi registi Werner Herzog e Michael Moore. Saranno in tanti a sedere in platea nella Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido per assistere al grande ritorno del regista siciliano.
Ad accompagnare Tornatore ci sarà il suo cast da kolossal che vanta accanto ai giovani protagonisti Francesco Scianna e Margareth Madè, moltissimi volti noti del nostro cinema tra cui Nicole Gramaudo, Lina Sastri, Vincenzo Salemme, Ficarra e Picone, Luigi Lo Cascio, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Laura Chiatti, Giorgio Faletti, Leo Gullotta, Beppe Fiorello, Raoul Bova, Gabriele Lavia, Donatella Finocchiaro, mentre sarà assente Monica Bellucci, protagonista anche lei di un cameo nella pellicola, in due versioni: baarese e italiano.
E poi ancora Dolce e Gabbana, Simona Ventura (che ormai è come il prezzemolo, nel senso che la si trova dovunque), la campionessa di nuoto Federica Pellegrini, Giorgio Armani, Harvey Wieinstein, il premio oscar Dante Ferretti, Mario Monicelli e, ovvio, l’immancabile ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi. E chi più ne ha, più ne metta. Tutti pronti a celebrare una terra mai troppo celebrata e sempre troppo oltraggiata. Madrina d’eccezione, Maria Grazia Cucinotta, anche lei siciliana di Sicilia, emigrata un po’ per ambizione, un po’ per disperazione. Ci sarà anche la giuria del concorso principale al completo, guidata da Ang Lee.

Quest’anno perfino il tradizionale galà offerto dalla Biennale sulla spiaggia dell'Hotel Excelsior del Lido sarà dedicato a Peppino e alla sua terra.
Il menù a buffet studiato dagli chef è tutto giocato sui sapori dell'isola. Si parte da un antipasto composto da burratine e fichi secchi, assortimento di salumi con fichi d'india e perle di melone, tonno e pesce spada leggermente affumicati con uva passa e mandorle, per passare poi a primi piatti come maccheroni spadellati con zucchine fritte e ragout d'agnello e trofie con le sarde, ma anche pasticcio di pesce alla Trapanese e sformato di melanzane al forno. Tutti siciliani anche i vini, offerti da Florence e Paolo Marzotto e provenienti dalla loro tenuta Baglio di Pianetto Santa Cristina in provincia di Palermo.


Sì, Baarìa - spiega Peppino -, il paese dove sono nato e cresciuto fino a 28 anni. Troppi per don Fabrizio Salina, il Principe del Gattopardo, che sosteneva si dovesse abbandonare la Sicilia prima del diciassettesimo compleanno, per impedire al carattere degli uomini di assimilare i difetti dei siciliani. Io, dunque, ho fatto a tempo ad assorbirli tutti. Primo, certamente, il credere che il luogo in cui si è nati sia l’ombelico del mondo, anzi, il mondo stesso. Ultimo, ma non meno grave, l’effimero rifugiarsi nel limbo dei ricordi una volta appurato che il mondo, in realtà, era sempre stato da un’altra parte e girava senza di noi».

Tra parentesi: mi riconosco in pieno nei difetti siciliani che elenca Tornatore. Li ho tutti. Forse perché sono uscita dalla Sicilia troppo tardi, quando di anni ne avevo già 26. Ed è per questo che il 25 settembre andrò a vedere Baarìa, è per questo che vomiterò addosso a tutti sempre e ovunque che cos’è per me la Sicilia, è per questo che leggerò e rileggerò fino alla nausea Leonardo Sciascia e penserò fino alla morte che essere siciliani rappresenta un valore aggiunto. A tutte le latitudini.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)