venerdì 27 novembre 2009

La poesia dà spettacolo

La poesia si spoglia dei suoi aristocratici panni per vestire costumi da spettacolo. Dopo il successo riscosso nella passata stagione dalle 'Lingue della poesia', la Fondazione 'Musica per Roma' tornerà a occuparsi di versi con una nuova rassegna dal titolo 'Via dall'Europa. La poesia del mondo'. Da novembre a maggio, un appuntamento al mese all'Auditorium 'Parco della Musica' di Roma per conoscere la grande poesia mondiale del Novecento.

Organizzati in forma di conversazione introduttiva all'ascolto della poesia, gli incontri dureranno circa un'ora ciascuno. Insieme al curatore della rassegna Valerio Magrelli, ognuno degli studiosi invitati affronterà alcune composizioni degli autori scelti. Si partirà dalla presentazione biografica e da un inquadramento storico-letterario, con un'analisi dei testi originali, per cedere la parola alla lettura della traduzione italiana da parte di alcuni fra i più noti attori italiani. Si partirà lunedì 30 col vate e l'ideologo della négritude, Léopold Sédar Senghor, letto da Margherita Buy. Sabato 12 dicembre toccherà a Laura Morante leggere i versi di Bei Dao.

Martedì 12 gennaio sarà la volta di Adonis, 'interpretato' da Cosimo Cinieri, mercoledì 23 febbraio Donatella Finocchiaro farà rivivere le impalpabili suggestioni di Jorge Luis Borges. Lunedì 29 marzo Fabrizio Gifuni richiamerà alla memoria la profonda sensibilità di Rabindranath Tagore e l' audace tentativo di conciliare Oriente e Occidente. Lunedì 19 aprile il protagonista sarà invece l'eclettico Kenji Miyazawa attraverso la voce e l'interpretazione di Michele Placido. A chiudere la rassegna sarà la forza trainante di Ezra Pound, considerato il motore di molti movimenti modernisti, principalmente dell'imagismo e del vorticismo, letto da Sandro Lombardi.
"Noi - ha spiegato il curatore dell'evento, Valerio Magrelli alla presentazione al Bookshop dell'Auditorium 'Parco della Musica'- ci troviamo tra le secche dello specialismo deleterio e devastante rappresentato da un linguaggio incomprensibile ed elitario che molto ha a che fare con le nostre Università e la deriva televisiva di totale incompetenza, che parla a tutti ma non dice niente. La nostra scommessa è quella di percorrere una terza via: strappare per un giorno lo studioso specialista di uno di questi grandi autori alle sue biblioteche e costringerlo a spiegare tutto con estrema chiarezza, senza sottintesi e senza dare nulla per scontato".

Con questa rassegna quindi la poesia, da sempre genere elitario e oligarchico, si apre a un pubblico più vasto. Non a caso sceglie un luogo come l'Auditorium 'Parco della musica', luogo dei grandi eventi. "Finalmente la poesia viene trattata come una vera e propria forma di spettacolo, entrando a far parte a pieno titolo del nostro programma", ha sottolineato Carlo Fuortes, amministratore delegato della fondazione 'Musica per Roma'. Gli fa eco Gianni Borgna, il presidente della fondazione: "Del resto ormai è da tempo declinata in mille modi nei vari spettacoli che presentiamo". Caratteristica che non stride affatto con la vocazione originaria del genere poetico, ovvero quella di arrivare direttamente a ciascun individuo, come ha precisato Cosimo Cinieri: "Da sempre è lo specchio dell'umanità. Mica una liturgia di massa come un concerto rock".

Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 25 novembre 2009

Il tour capovolto della Disney: dalla Cina all'Europa, passando per l'Italia. E negli States? Soltanto alla fine...

Tutto ha inizio con l'avventurosa ricerca di un libro magico di fiabe nascosto nella casa di Topolino. Quel libro Topolino lo trova grazie anche all'aiuto di Minnie, Paperino e Pippo. E, sfogliandone ogni pagina, tutti insieme lo materializzano in un emozionante viaggio nel mondo incantato di tre storie Disney senza tempo: Biancaneve, Cenerentola e la Bella e la Bestia. E' questo 'Disney Live', lo spettacolo teatrale prodotto da Feld Entertainment e presentato in Italia da Applauso. Una produzione partita da Pechino esattamente un anno fa (ha girato la Cina per ben sei mesi) e che andrà in tour negli Usa solo dopo aver girato l'Europa.
Queste storie erano di per sé molto forti perché fondate su valori di portata universale come il coraggio, la fiducia in se stessi e l'amore", tiene a sottolineare il regista Sherilyn Draper. 'Disney live' è giunto alla sua terza edizione, dopo il successo di Winnie The Pooh e del magico mondo di Topolino e quest'anno è partito da Torino (Palatorino, 11-15 novembre) e Milano (Palasharp, 18-22 novembre). Da stasera fino al 29 novembre sarà al Mandela Forum di Firenze, a Roma arriverà dal 2 al 6 dicembre al Palalottomatica e dall'8 al 13 dicembre sarà al Teatro Palapartenope di Napoli. Lo spettacolo è interattivo e potranno partecipare i bambini, che saranno coinvolti con alcune domande e invitati a intonare canzoni indimenticabili come 'Bibbidi Bobbidi Boo', 'Heigh Ho' e 'Stia con noi'. Sono oltre 100 i costumi in scena, con ben 1200 metri di stoffa utilizzata per realizzarli e la novità assoluta è rappresentata da microchip inseriti all'interno, che daranno molta più luce ai personaggi in scena.
"Abbiamo fatto in modo che tutto sia facilmente comprensibile - ha spiegato Ermes Bonini, produttore dello spettacolo, alla presentazione romana alla stampa - sia nel linguaggio sia nella drammaturgia, perché sappiamo bene che, anche se 'Disney Live' appassiona perfino i genitori, è seguito soprattutto da un target di spettatori che vanno dai 2 ai 5 anni". Lo spettacolo si rivolge quindi alle famiglie. "E per questo abbiamo ritenuto opportuno fare promozioni fino al 15 e al 20 % anche per le scuole - ha sottolineato Maximiliano Bucci, produttore di 'The Base' - I pupazzi Disney sono i più cari al mondo, ma i nostri spettacoli non lo sono affatto”.
Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

lunedì 23 novembre 2009

L'affabulatore virtuale colpisce ancora

Facebook affabula, mistifica, modifica la realtà da vero professionista della comunicazione. Certo. Ma non solo. In alcuni casi Facebook fa molto di più. E’ talmente perverso che la capovolge. Mette i piedi al posto della testa. E lo fa a tal punto che Nathalie Blancard, ventinovenne canadese depressa, come per magia in quel castello di sabbia virtuale appare invece felice e sorridente. Almeno così si vede dalle foto da lei stessa ha pubblicato sul social network più famoso del mondo. Foto che la ritraggono immortalata mentre assiste divertita a uno spettacolo di danzatori Chippendale, lo strip-tease maschile reso celebre dal film britannico ‘Full Monty’ o mentre festeggia il suo compleanno, prende il sole su una spiaggia esotica e passa il tempo con le amiche.
Tutti momenti di gioia che sarebbe un delitto chiamare stati di ‘felicità’ e che ad ogni modo non provano in alcun modo che la ragazza non soffre di depressione. Eppure quelle foto le sono costate addirittura la sospensione dell’assegno di malattia che da diversi mesi la compagnia assicurativa ‘Manulife’ le erogava, visto che un anno e mezzo fa Nathalie era stata costretta a lasciare il lavoro all'Ibm di Bromont perché le era stata diagnosticata una profonda depressione. Tutta colpa di Facebook, quell’affabulatore virtuale disinibito e spregiudicato che filtra la realtà con le sue lenti deformanti. Ma ancor di più dei signori ispettori della compagnia assicurativa che, come si suol dire, hanno colto la palla al balzo. Ora resta solo una domanda: ma siamo proprio sicuri che questa ragazza sia davvero ‘felice e sorridente’ come appare lì, nelle foto pubblicate e incriminate? Probabilmente la vera risposta a questa domanda interessa a pochi. Cioè solo a chi le vuole bene veramente.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 17 novembre 2009

Riflettori spenti sul web

Quel groviglio di fili neri era un covo di vipere striscianti. La tastiera un ammasso di vermi incandescenti e saltellanti, che le mordevano di continuo i polpastrelli ogni volta che scriveva. Il monitor un drago con la bocca di fuoco e lo sguardo di ghiaccio. La rete? Un malefico labirinto esistenziale.
Ansia. Tutto questo provocava in S. un profondo senso di ansia.
E poi fastidio e insofferenza. Ogni volta che accendeva quel maledetto computer e si collegava a internet, le si elettrizzavano i capelli, il colorito diventava giallastro, gli occhi spalancati e spauriti. E a S. sembrava di ritrovarsi a navigare all'improvviso in mare aperto. Immagini a pioggia, link uno dopo l’altro, milioni di siti e un fiume in piena di informazioni impossibile da gestire, leggere, comprendere. E se un bel giorno buttassi quel dannato pc dalla finestra? Se un bel giorno me ne sbarazzassi per sempre?, pensava. Di certo avrebbe spento la luce su una realtà parallela inquietante, che la costringeva a confrontarsi col mondo. Sarebbe stato un gesto di volontario suicidio o di autentica rinascita? Probabilmente la seconda. Anche se S. non riusciva a immaginare fino a quando sarebbe riuscita a frenare la curiosità di immergersi di nuovo fino al collo in quel mare di caos e apparente modernità. Laddove comanda un click e vai dove vuoi, esci da te stesso per entrare in altre dieci, cento, mille vite. Tutte sconosciute, tutte maledettamente lontane, tutte inconsistenti e inafferrabili come l’aria.

Era dopo aver navigato epr ore che agli occhi di S. qualcuno svelava l'arcano. Chissà per quale incomprensibile ragione la gente provava gusto a navigare per ore intere e poi alla fine, esausta, a spegnere tutto e scoprirsi ancora più sola con se stessa e più confusa di prima, senza un abbraccio, senza vedere e sentire nessuno intorno. Era come immergersi nella folla e a un tratto sprofondare in un deserto.
Quella sera S. avvertì tutto questo in maniera talmente forte che quasi non le arrivava più il respiro. Voleva chiudere subito l’accesso a quel mondo irraggiungibile, irreale, artefatto, per sentirsi di colpo più leggera. Ma soprattutto per tornare a essere finalmente se stessa. Per farlo doveva eliminare nel cestino tutta quella zavorra considerata indispensabile per stare coi piedi ben piantati per terra, per dirsi cittadini del futuro, gente attrezzata alle sfide tecnologiche del III Millennio. Se poi col cuore gonfio di solitudine, la mente priva di idee, l'anima svuotata dalle emozioni, lo sguardo alienato, poco importa. Tutto era appeso al sottilissimo filo di un'illusione maniacale : quella di credere di sapere tutto ciò che accade nel mondo, di pensare di riuscire a entrare in contatto davvero con gli altri, di essere sempre informati su tutto, accerchiati da un popolo virtuale incompreso e irrisolto, affamato di notizie e di umanità. Senza accorgersi che in realtà, navigando per ore con quel maledetto computer, l'unica cosa che era riuscita a fare bene era stata entrare in contatto con una realtà mistificante. Ora era tutto chiaro. Ora S. vedeva d'un tratto l'immagine riflessa. La sua. E quella di nessun altro. E la vedeva stretta e soffocata da un insopportabile e perverso gioco di specchi che si divertono a riflettere ombre deformanti. [/…]

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 9 novembre 2009

Cara Creatività, ritorna a casa che non è tardi

Giusy Ferreri canta Rino Gaetano, Ornella Vanoni canta Biagio Antonacci, Gianni Morandi canta Alan Sorrenti, Ricky Gianco canta Luigi Tenco, Sergio Endrigo e Fabrizio De Andrè, perfino Enzo Iacchetti, che di professione non fa proprio il cantante, canta Giorgio Gaber. Che cosa sta succedendo ai cantanti di casa nostra che, quando non rispolverano il loro antico e (più o meno) glorioso repertorio, si rifugiano in parole e musica dei loro tanto decantati grandi colleghi? Sempre più nostalgici o in piena e irreversibile crisi creativa? Probabilmente, considerati i tempi annacquati, sbiaditi, slavati, è più probabile la seconda ipotesi.
Ti prego, mi presti una canzone?, sembra essere la disperata richiesta di chi, come Vanoni, Gianco, Morandi, il successo lo ha avuto ma ora fa un po’ fatica a mantenerlo oppure di chi come Giusy Ferreri, esplosa come una bomba nella discografia italiana, deve in tutti i modi evitare discese ardite.

Eppure per fortuna chi crea ancora meraviglie c’è. Gianna Nannini, per esempio, che di creatività ne ha da vendere. E non contenta del successo di 'Giannadream', il nuovo album uscito lo scorso marzo, e dei suoi tre singoli estratti ‘Attimo’, ‘Maledetto ciao’ e ‘Sogno’, si dedica alla composizione di brani per le colonne sonore dei film, da ‘Riprendimi’ di Anna Negri a ‘Viola di mare’, la storia d’amore lesbo ambientata in Sicilia, film prodotto da Maria Grazia Cucinotta.
Gianna, meravigliosa creatura artistica. E gli altri? Coraggio, riaccendete la lampadina e reinventatevi le idee, il lampo di genio, il colpo d'occhio, la magica ispirazione. Di notte, di giorno, in camera, per strada, in ogni dove. Purché ritornino. Appello rivolto anche a Baglioni, Venditti, De Gregori, da troppo tempo in stand by, accasciati sugli allori.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 7 novembre 2009

Snobbati a Cannes, "Gli abbracci spezzati" di Pedro Almodovar dichiarano l'amour fou all'Italia

Amore innanzitutto. Amore con la A maiuscola. Ne 'Gli abbracci spezzati' di Pedro Almodovar, il 17esimo film del regista spagnolo considerato da molti l'erede di Luis Buñuel, nelle sale italiane dal 13 novembre, di amori ce ne sono almeno due: l'amour fou, che devasta e distrugge e l'amore tra genitori e figli. Per non parlare poi di quello per il cinema. "E' solo dopo aver finito il film che ho capito quanto fosse stata forte la proiezione del mio amore per il cinema in questa pellicola. Al cinema devo molto. Negli anni '50 in Spagna tirava una brutta aria e l'unica cosa che mi manteneva in vita era proprio la realtà cinematografica, un universo parallelo, il solo nel quale ci si poteva rifugiare. Crescendo poi ho capito che il cinema perfeziona la vita", dice il regista alla presentazione italiana del film a Roma, accompagnato dalla protagonista femminile, l' inseparabile Penelope Cruz.

Prodotto da El Deseo e distribuito dalla Warner Bros Italia, 'Gli abbracci spezzati', presentato con successo allo scorso Festival del Cinema di Cannes, combina il dramma alla commedia e ruota intorno all'amore folle che nutrono per Lena (Penelope Cruz) il cineasta Mateo (Harry Caine) e suo marito, il broker Ernesto Matel (Josè Luis Gomez), che diventa produttore di cinema per concedere a sua moglie il capriccio di essere attrice. Ossessionato dalla gelosia, colloca suo figlio sul set, a girare un making of della pellicola. Fra i due contendenti, un passato ridotto a un puzzle di pezzi rotti, il cui segreto è noto solo a Judith (Blanca Portillo).

Il film è un omaggio al cinema del passato. All'interno, come in un gioco di scatole cinesi, ci sono altre pellicole del regista. Particolarmente presente è 'Donne sull'orlo di una crisi di nervi', la commedia che girano i protagonisti del film, in omaggio alle muse almodovariane Chus Lampreave, Rossi de Palma e Kiti Manver. Così come accadeva in 'Volver', non manca un tributo al cinema italiano, a 'Viaggio in Italia' di Roberto Rossellini. Al suo quarto film con Almodovar, Penelope Cruz svela il segreto della magica sintonia col regista: "Ci siamo conosciuti che avevo 13 anni. Molto è cambiato da allora. Il nostro rapporto di amicizia è cresciuto tanto. Ed è così bello perché, pur conoscendoci a tal punto che la mattina, se ci guardiamo negli occhi, capiamo già di che umore siamo, non abbiamo mai perso il senso del limite. Io sono l'attrice e Pedro è il regista. Tra noi c'è un gran rispetto"."Penelope è paranoica - dice Almodovar - ti chiede ossessivamente di dirle sempre la verità. Sì, è vero, siamo proprio una coppia felice - scherza - La nostra relazione si basa su due cose: la verità, appunto e la mancanza di sesso".

Penelope Cruz, vincitrice del Premio Oscar come miglior attrice non protagonista col film di Woody Allen, 'Vicky Cristina Barcelona', che sarà una delle protagoniste di 'Nine', il musical ispirato al celebre '8 e mezzo'' di Federico Fellini, in uscita nelle sale di tutta Italia dal 15 gennaio 2010, non nega che interpretare il ruolo di Lena è stato davvero impegnativo: "Lena è tre personaggi in uno. La chiave è stata vivere le emozioni lì sul momento, anche se abbiamo trascorso due mesi a parlare, discutere con tutti gli altri attori. Il mio personaggio non è una vittima, né tantomeno si sente sottomessa. Solo in due momenti è davvero se stessa: all'inizio e alla fine del film. Per il resto, recita la propria vita".

Un ruolo perfetto per l'attrice, musa ispiratrice di Almodovar: "Penelope è viscerale - dice il regista - Tutto ciò che fa sul set lo rende reale. E poi ha una grande forza interiore e allo stesso tempo una vulnerabilità incredibile, quasi infantile. E' questo contrasto che la rende perfetta per interpretare donne così, che hanno sofferto molto ma che non hanno ancora smesso di combattere". "Alcune scene - spiega Almodovar - le abbiamo girate volutamente senza troppo aiuto della tecnologia. Il making of è un omaggio al cinema tangibile, dove tutto si tocca. Quando posso, per alcune cose preferisco lavorare artigianalmente. A volte la tecnologia fa perdere emozione. Per me già è stato un dramma arrivare in albergo e ritrovarmi a dover aprire la porta della mia camera con la scheda elettronica al posto delle chiavi…”.

Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 4 novembre 2009

Stop, dimenticatevi l'iperattivismo carrierista. Ora è tempo di riprendersi la vita

Tenere il piede premuto sull'acceleratore e andare a 200 all'ora dopo un po' stanca. Meglio allora frenare di botto e cambiare vita. Simone Perotti, 43 anni, l'ha fatto. E dopo aver esercitato con la massima diligenza la complicata professione di manager per ben 19 anni, un bel giorno ha mollato tutto. Ha lasciato Milano e oggi si ritrova a vivere a La Spezia, a respirare l'odore del mare, a scrivere, navigare, sistemare barche, vendere le sue sculture e soprattutto a rispondere fino alle 4 di mattina alle migliaia di email che ogni giorno gli arrivano.

Niente più stipendio, almeno non più quello di un tempo, né il ruolo sociale che essere manager gli garantiva. Piena rinuncia anche ai vantaggi del mestiere, come per esempio il fatto di non aver mai comprato un telefonino in vita sua, o di non aver mai pagato un collegamento Internet. Simone Perotti in 'Adesso Basta' (Chiarelettere, pagg. 195, € 14,00), ha deciso di raccontare a tutti la sua esperienza, divenuta ormai un vero e proprio fenomeno sociale. Il libro, presentato nella sede romana dell'Associazione della Stampa Estera alla presenza dell'autore, di Maarten van Aalderen, presidente dell'associazione e del sociologo Domenico De Masi, è già alla sua terza ristampa, e in 20 giorni ha già venduto 20.000 copie.

"Questo libro - spiega Perotti - sta vendendo più di Umberto Eco. Sarà perché inquadra un fenomeno generazionale. Tutti quelli della mia età, venuti dopo i capelli lunghi e l'isola di Wight, hanno vissuto un'adolescenza malata, che imponeva lo studio, ottimi risultati in tempi brevi, un lavoro invidiabile, soldi, successo, carriera. E ora, dopo aver ottenuto tutto questo, ci ritroviamo col mal di stomaco e abbiamo deciso di fare outing. E' un malessere, questo - prosegue l'autore - che coinvolge chi ha un'età compresa tra i 35 e i 50 anni , per intenderci tutta gente che ora sta messa proprio male". Lavorare stanca, per citare Cesare Pavese. "Le aziende ti spremono senza alcuna pietà - sottolinea - e ti mettono alla porta al primo sbaglio. Tirano talmente tanto la corda che alla fine si spezza. Nel senso che arrivi a un punto in cui non ce la fai più a continuare così e senti che vuoi finalmente perdere tempo".

Sì, proprio così, poter finalmente perdere un po' di tempo nel fare ciò che piace. "La prima cosa che ho fatto il primo giorno di non lavoro - racconta Perotti - è stata una lunghissima passeggiata in giro per Milano in una giornata di sole. E' stato bellissimo, ho provato un meraviglioso senso di leggerezza. Certo, se pensi che dopo questa scelta, in famiglia sei decisamente più impopolare, che alle 9 del mattino sei completamente solo perché i tuoi ex colleghi sono tutti in ufficio e, se li chiami, neppure ti rispondono, o ripensi alla tua inseparabile scrivania, o peggio, che hai molti meno soldi in tasca, un po' ti viene da chiederti: e se mi ritrovassi tra due anni morto di fame a piangere dietro la porta dell'azienda? Meglio non pensarci troppo. M'inventerò comunque qualcosa da fare".

Non proprio d'accordo sull'abbandono totale del proprio lavoro, Domenico De Masi dà all'attuale perdita di senso causata dalla realtà lavorativa alienante in cui ci ritroviamo immersi fino al collo una risposta diversa: reagire con l'otium creativo. "Ci sono manager che conoscono i propri figli solo dalle foto che hanno sulla scrivania. Bisogna a tutti i costi liberarsi da questa condizione di schiavi, tornando a progettare il proprio futuro, prendendosi il tempo necessario per riflettere e recuperando disperatamente il senso delle cose".

Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

martedì 3 novembre 2009

Da Vip (Very Important Person) a Vnp (Very Normal People) il passo è breve. Le celebrities ora hanno sete di normalità

Aspettate un momento. Tutti fermi. Qui c’è qualcosa che non quadra, i conti proprio non tornano. Le celebrità invidiate da tutti, osannate, piene di privilegi, che nuotano nel lusso, navigano nell'oro e nello sfarzo, poste spesso e volentieri su un' inafferrabile nuvola di benessere, sono stanche del successo, della fama, di una vita assediata dai paparazzi e tormentata dalle urla di milioni di fan, dalla ferocia del gossip, dall'assillo degli autografi e di spostamenti continui, dalla cura sfrenata della propria immagine, dalle strumentalizzazioni di stampa e dintorni.

Johnny Depp rimpiange quando era il signor nessuno e ora ha tanta voglia di fare il papà ("è questa l'unica cosa che mi fa sentire davvero uomo", dice), e di vivere in campagna, Robert Pattinson, da domani in copertina su ‘Vanity Fair’, dal 18 novembre al cinema con 'New Moon', il secondo capitolo della saga di Twilight, diretto da Chris Weitz, sostiene addirittura che da quando è il totem delle teenager di mezzo mondo non riesce più a uscire con una ragazza, Richard Gere confessa che la sua àncora di salvezza è stata la moglie Carey Lowell, oltre al buddismo, e infine Laura Pausini si dice stanca di viaggiare, desiderosa di metter su famiglia e incredula nel ritrovarsi a 35 anni senza sapere né come si sta a casa ad occuparsi dei tormentati affari domestici, né che cos’è l’Ici.

Le star sono in crisi? Di certo non economica. A tasche piene, si risponde con la noia della solita minestra e del qualcos'altro da fare. Insomma, ora vorrebbero riprendersi la vita, anzi una vita normale. Pizza, fichi, tarallucci fatti in casa e, dopo qualche giorno, magari un attacco di depressione acuta. Contenti loro…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 2 novembre 2009

Il pianto dei poeti è solo canto


Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
o gemma che trapassi il suono
col tuo respiro l'ombra che sta ferma
di fronte ad un porto di paura
quel trascendere il mitocome se fosse forzatamente azzurro
o chi senza abbandono
che non sanno che il pianto dei poeti
è solo canto.
Canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell'ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l'amatore immoto.

Quale miglior modo per ricordare Alda Merini se non con i suoi stessi versi che valgono più di mille parole con le quali si riempiranno in questi giorni le pagine dei giornali. Grazie in eterno, grazie da tutti coloro che proprio in questi versi si rifugiavano, cercando risposte alle proprie assillanti domande o semplicemente un po’ di consolazione all’umano vivere e soffrire.

E.O.

SIRONI, IL MIO 'PINOCCHIO' VINCE PER LA SEMPLICITA'

Il boom di ascolti non lo ha colto troppo di sorpresa. Quegli oltre 7,7 milioni di spettatori che ieri sera sono rimasti incollati davanti alla tv per seguire su Raiuno 'Pinocchio' non hanno meravigliato più di tanto il regista Alberto Sironi. "Era inevitabile. Pinocchio è come la Bibbia. Appartiene talmente tanto alla cultura popolare italiana che è paragonabile ai Promessi sposi. Io per esempio ho imparato a leggere proprio grazie a lui, attraverso l'intramontabile fiaba di Collodi".

Due, secondo Sironi, i punti forti che hanno decretato il successo della serie tv, riapparsa sul piccolo schermo dopo 37 anni dal 'Pinocchio' di Luigi Comencini: "La forza irresistibile di un cast internazionale a dir poco straordinario - spiega il regista - da Bob Hoskins a d Alessandro Gassman a Margherita Buy, a tutti gli altri, più da cinema che da tv. In questo devo dire grazie alla Rai che mi ha lasciato campo libero. E poi la semplicità della storia. Forse anche i luoghi in cui lo abbiamo girato: siamo andati a cercare l'Italia dei piccoli borghi, della provincia, quella che non compare in tv, ma c'è".

Stasera andrà in onda la seconda puntata, sempre su Raiuno, in prima serata. E 'Pinocchio' dovrà vedersela col 'Grande fratello', 'mostro sacro' della rete ammiraglia Mediaset. "Un simile confronto non m'intimorisce affatto - prosegue Sironi - anche perché il pubblico di riferimento di un reality è molto diverso dal nostro. E poi personalmente non sono uno fissato con lo share. Punto più che altro sul gradimento". Sironi sta già preparando una nuova serie per la tv, sempre per la Rai, 'L'ultima Trincea': "E' sulla I Guerra mondiale - anticipa - Ci saranno Flavio Insinna, Neri Marcorè e un giovane attore, Michele Alhaique. Dovrebbe andare in onda a febbraio, subito dopo la fine del Festival di Sanremo". Nell'attesa e' al lavoro anche sui nuovi episodi del commissario Montalbano: "Saranno incentrati sui quattro nuovi romanzi scritti da Camilleri. Finora ne manca solo uno. Camilleri lo sta ancora scrivendo e sono in attesa di leggerlo”.
Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)
Nella foto, Luciana Littizzetto (il Grillo parlante) e Pinocchio in una scena del film.

Pierluigi Bersani: geografie lessicali teme-rarissime

Il Pd ora finalmente promette bene. Per la gioia dei suoi elettori da troppo tempo stanchi e affamati di qualcosa di Sinistra. Il nuovo segretario Pierluigi Bersani un senso a questa storia cercherà in tutti i modi di darglielo, come promette dai manifesti disseminati a destra e a manca. Già a partire dal linguaggio. Si sa, la comunicazione è tutto. E Bersani lo sa. E siccome la comunicazione si fonda sul linguaggio, ha deciso di rinnovare quello verbale, creando un linguaggio nuovo che, nei discorsi, possa testimoniare fino in fondo il disegno politico di una sinistra riformista moderna, tonica e lungimirante.

E allora Bersani, all’indomani dell’elezione alle primarie, si è messo subito al lavoro, cominciando a cambiare di fatto il vocabolario politico dall’alfa all’omega. Innanzitutto non userà più la parola ‘opposizione’, bensì ‘alternativa’. “Noi vogliamo essere il partito dell’alternativa. Perché la parola alternativa – dice - contiene sicuramente il concetto di opposizione, al contrario l’opposizione non necessariamente include quello di alternativa”. Spiegazione esauriente ed esaustiva.
Ma la rivoluzione lessicale di Bersani non si ferma qui. Il nuovo segretario Pd preferisce evitare categoricamente anche la parola ‘dialogo’. Perché, a suo dire, sottintende troppe correnti alternate.

Meglio essere alternativi veri, ma senza spiacevoli e ambigui barbarismi. Mica questa è una rivoluzione campata in aria. Bersani fa le cose per bene. Tant'è che la chiave di volta per capire tutto questo fino in fondo ce la dà De Saussure: il linguaggio è quel sistema di segni, dove per segno si intende la corrispondenza tra significato e significante. Ogni volta che si utilizza una parola o un’espressione, così come si sta facendo anche in questo momento, ci si trova di fronte a un “contenitore”, il significante (la parola o l’espressione), che viene colmato da un “contenuto”, il significato (ciò che si vuole esprimere), il quale però è costruito socialmente. La relazione tra questi due elementi, il cui risultato è appunto il segno, è quindi arbitraria, socialmente costruita e frutto di un’interpretazione. Quindi operazione più che lecita.
Il nuovo segretario imprime al partito la sua linea e lo fa intingendo il suo pennello nelle tinte più forti. Insomma, si cambia. La rivoluzione piddina riparte anche dal vocabolario. Che dire, la Sinistra moderata e riformista aveva davvero bisogno di un leader così. Temerario fino in fondo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)