lunedì 29 giugno 2009

Tu vuo’ fa’ la serenata

E svegliarsi la mattina, col turuturututtu... nelle orecchie di una serenata suonata sotto il balcone, non sarebbe poi così male. In chiave classica o moderna, rap o metropolitana, per dirla alla Jovanotti, una serenata non si rifiuta mai. Ed è stata la sorpresa che un promesso sposo ha voluto fare alla sua amata, il giorno prima del matrimonio. Così, il noto gruppo musicale spezzino "The Funkafè" in versione street band si è presentato sotto il balcone della futura sposa a Migliarina, per suonare la bellissima "Con una rosa" di Vinicio Capossela e l'intramontabile "Baci" di Adriano Celentano. In un tranquillo pomeriggio di sabato, la via si è risvegliata come per incanto con tante teste alle finestre che hanno fatto capolino per capire cosa stesse succedendo. Al termine sono partiti gli applausi.
Sempre più coppie ricorrono alla serenata. Perfino nel giorno stesso del “sì”. Come dimostra la lievitazione naturale di siti internet che offrono serenate originali con diverse esibizioni da poter scegliere. Dalle classiche alle moderne, passando per il rap o il jazz. Alberto Tozzi si diletta a dispensare qua e là suggerimenti musicali, proponendo canzoni romane e napoletane reinterpretate in chiave moderna.
Voce, chitarra, tastiera, fisarmonica, violino e mandolino. Tutti insieme appassionatamente. A Roma, presso l'agenzia Smart Music, lo show room musicale “Roma Sposa” è a disposizione del pubblico tutto l’anno per ascoltare dal vivo ciò che viene proposto e realizzato per la cerimonia del matrimonio. Per la serenata l'agenzia propone una versione moderna (serenata jazz, rap o country) eseguita con tastiera e una versione classica eseguita con la chitarra. Complessivamente vengono realizzati dieci brani e tutto si conclude con una fontana luminosa e con i fuochi d'artificio. Viene offerta inoltre la possibilità di eseguire una serenata al contrario. Si capovolgono i ruoli ed è la donna che la fa all'uomo.
Un'altra proposta è quella dell'agenzia Semprefesta, che per le serenate consente di scegliere tra pianisti, violinisti, quartetto d'archi, tastierista con cantante, sax, fisarmonica e offre la possibilità d'inserire qualsiasi altro strumento. Si esegue qualunque tipo di repertorio, soprattutto musica italiana dagli anni cinquanta ad oggi. C’è poi Musica Dentro, con la particolarità dell'allestimento scenografico con palloncini: cuori, colonne e archi alti circa un metro e mezzo. Se invece, oltre alla classica serenata avete pensato a qualcosa di più sorprendente, rivolgetevi a Baldoria Party, che ravviverà l'esibizione con messaggi animati, fuochi d'artificio, neve artificiale o bolle di sapone, avvalendosi dei nuovi strumenti tecnologici.
E se poi, per disgrazia, il futuro sposo prendesse una stecca all’ultimo momento (un ripensamento dell’ultima ora, per esempio)? La futura sposa, dopo essersi affacciata al balcone, anziché la solita rosa, potrebbe sempre lanciargli qualche pomodoro. Magari maturo, per non fargli troppo male.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 28 giugno 2009

Quel pianoforte, al chiaro di luna...

Le note si rincorrevano sulla tastiera, tra le mura color crema. Accarezzavano il soffitto, si attorcigliavano lungo le scale, fino a giungere al piano di sotto, dove lei stava sorseggiando il solito caffè. Era da poco trascorsa la mezzanotte. E quella lunga sera d’agosto, alla vigilia di San Lorenzo, sembrava non voler passare inosservata. Lei ebbe un fremito, una scossa le attraversò la schiena. Indossava una sottoveste di seta nera che le lasciava scoperte le gambe lunghe e sottili. Ogni tanto, le scivolava la spallina sinistra, lasciando scoperta la spalla. Si alzò di scatto e posò la tazzina bianca coi fiori azzurri sul tavolo della cucina. All’interno quel po’ di caffè ancora rimasto ondeggiava come il mare in preda alle correnti, e come la sua anima, in preda all’eccitazione e all’ansia.
Salì le scale d’un fiato, lasciandosi dietro la scia del suo solito profumo ai fiori di Bach.
Il sorriso negli occhi lasciò il posto a uno sguardo smarrito. Quando arrivò al piano di sopra, si lasciò alle spalle tutta l’ansia che aveva accumulato negli ultimi minuti. Ora provava solo un intenso piacere.
La porta era aperta. Lo era anche la finestra che dava sul terrazzo, dove alzando gli occhi si vedeva un cielo terribilmente audace. Quella notte lei avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Lui era lì, seduto al suo pianoforte a coda nero e lucido. “Incredibile, sembra farci l’amore, con la stessa intensità con cui si fa quando ci si perde completamente nell’altro. Chissà se, appena finirà di suonare, lo faremo davvero”, pensò lei, che nel frattempo si era tolta le scarpe viola per non fare rumore.
Ora stava sulla soglia della porta, a osservarlo incantata e muta. Gli occhi neri a mandorla lo fissavano intensamente.
Lui si agitava a ogni frase, a ogni respiro musicale. Chissà perché aveva scelto il Chiaro di luna di Beethoven, ovvero la sonata n.14 in Do diesis minore.
Era al terzo tempo, quello del presto agitato. In lei albergava il desiderio incontenibile di essere Giulietta Guicciardi, l’allieva prediletta. E invece era soltanto un’allieva e basta. ani, una delle tante allieve. O, più semplicemente, una delle tante ragazze che aveva incontrato finora, lungo la sua strada.
Lui non si accorse di lei che lo stava a guardare incantata e muta. Fino all’ultima nota, fino a quando un leggero spostamento d’aria guidò lo sguardo di lui che aveva appena tolto le mani dalla tastiera e gli fece incontrare subito gli occhi di lei, quasi lucidi dal pianto per l’emozione che non riusciva più a trattenere.
“Sono qui”, sembrava volergli sussurrare piano per non rompere il religioso silenzio di quella stanza in penombra. In fondo era come se gliel’avesse detto. E lui fu pieno di gratitudine. In quell’istante, lei lasciò scivolare ai suoi piedi la sottoveste nera e lucida che aveva addosso. L’orologio segnava mezz’ora dopo la mezzanotte. Dal terrazzo arrivava il canto insistente di una cicala. Il vento leggero che entrava dalla finestra aperta e scuoteva la tenda di lino bianco le accarezzava la pelle liscia e giovane.
Lui, incredulo, ancora seduto sullo sgabello davanti alla tastiera, richiuse il suo pianoforte con un gesto che infondeva calma e sicurezza. Subito dopo, le fece cenno di avvicinarsi.
Nel rattempo, la fioca luce della lampada marrone all’angolo destro della stanza aveva lasciato spazio al buio pesto di una calda notte d’agosto. Era San Lorenzo. Lui e lei non se n’erano ancora accorti.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 27 giugno 2009

Dimmi che libro sei e ti dirò che fai

Quando sei disperato, puoi fare almeno due cose ascoltare l’omonima canzone di Marco Masini e precipitare ancora di più negli abissi del mare, oppure riscoprire l’otium letterario. Specie se ti senti “Diverso” (1994) probabilmente perché hai sulla pelle e nelle ossa “La febbre del ragno rosso” (1991) di William S. Burroughs e l’ultima cosa che vorresti è imboccare “Strade morte” (1983).
Ma non sempre si ha la fortuna di essere capiti dal mondo, perché la differenza tra “Uomini e topi” (1937) in certi casi non esiste. Per dirla con John Steinbeck, “La battaglia” (1936) della vita ti assorbe le energie e tu resti col “Furore” (1939) negli occhi e sotto un cielo senza stelle, in cui perfino “La luna è tramontata” (1942).
In questi casi, se pensi di non avere più chance e che sia cominciato quel “Lungo viaggio verso la notte” (1940) di Eugene O’ Neill, puoi sempre ripiegare su una “Festa da ballo” (1987) per distrarti un po’ e sperare che non sia troppo noiosa. O, altrimenti, chiudere gli occhi per qualche istante, in qualunque luogo ti trovi e qualsiasi cosa tu stia facendo, e sognare quei “Lembi di paradiso” (1975) descritti da Fitzgerald.

Se poi ognuno di questi tentativi fallisse miseramente, dissolvendo il miraggio della serenità e della pacificazione dei sensi come polvere al vento, non resta che ritornare sui propri passi. Ovvero, rinunciare definitivamente ai Caraibi e accontentarsi del mare nostrum, ripiegare su “Wilson lo Zuccone” (1894), come suggeriva Mark Twain, riprendere le frequentazioni musicali ammorbanti e soporifere con Marco Masini, comprare puntualmente Novella 2000, sognare l’America di Obama, acquistare qualche abito nuovo e alla moda, rinvigorire la propria collezione di scarpe, spalmarsi una buona dose di olio abbronzante, meglio se al cocco, quando si va al mare. E, a fine giornata, prima di andare a letto, riscoprirsi sanamente “folli” per guardare il mondo sempre con occhi nuovi.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 25 giugno 2009

L’atteso ritorno di Penelope

Che fine ha fatto Penelope? La donna ideale, remissiva e fedele, docile e mansueta, sempre pronta ad aspettare il suo uomo, anche quando se ne sono perse le tracce? Un lontano ricordo, roba da archivio della letteratura. Un modello tramontato, svilito dal clichè della femmina emancipata e (si spera) socialmente utile.
Ora le donne si ispirano ad altri modelli. Al giro di boa del III Millennio, tutte – giovani e non - fanno il verso a Clodia, l'amante maledetta di Catullo, un misto di lussuria e intelletto, raffinata spregiudicatezza e spietato charme. Tacchi alti, aria distratta, antenne drizzate, sguardo non troppo penetrante, personalità apparentemente defilata e discreta, ma sempre pronta ad azzannare. E, nell’animo, cinismo e arrivismo da vendere. Patrizia D’Addario, l’escort prediletta del premier, ne è l’emblema, in pose ammalianti sulle pagine di tutti i giornali per aver rivelato un amplesso con Silvio Berlusconi, a Palazzo Grazioli.


Ormai, in certi ambienti, il modello Clodia sembra imperversare. Anche nel mondo dell’informazione, dove il confine tra velina e giornalista è sempre più labile (ragazze che si muovono a passo felpato, in versione sexy per caso, ma in realtà molto a ragion veduta). Insomma, tipe un po' alla Olga Bisera. Lei sì che ha saputo interagire col potere e con gli uomini di potere. Senza mai prenderli troppo sul serio. E ora, a 55 anni, ha perfino pubblicato un libro (“Ho sedotto il potere”) in cui racconta i suoi caldi incontri avvenuti coi potenti del mondo nel corso della sua carriera giornalistica. Coi tratti di Aspasia, l’amante straniera di Pericle nella florida Atene del V secolo a.C. , che la tradizione vuole un po’ etèra e ammaestratrice di ragazze da avviare alla stessa professione, un po’ intellettuale e riconosciuta maestra di retorica.

E se fosse proprio la donna, o meglio, questo tipo di donna, la principale artefice di quel preoccupante conflitto tra i sessi che sta creando una voragine nel rapporto tra uomini e donne?
Esprimersi ad alti livelli nella società è per il gentil sesso un diritto irrinunciabile, ma che bisogno c'è di diventare maschie a tutti gli effetti, fino a invadere un territorio che a loro non appartiene?
Perché allora non raggiungere un felice compromesso con se stesse e con gli uomini che potrebbe risultare vincente? Che, tradotto nella vita di tutti i giorni, a casa e al lavoro, vorrebbe dire: riconoscere le qualità maschili, quando ci sono e sono evidenti, non mettersi mai in competizione col proprio uomo, smetterla una volta per tutte con le inutili manìe di protagonismo. E ritrovare la propria femminilità puntando, anziché sulla seriosità e sul rampantismo, sulla solarità, sull'ironia e su una buona dose di quell'irresistibile leggerezza dell'essere. Insomma, essere una nuova Penelope, o meglio, una Penelope d'altri tempi, i nostri.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 20 giugno 2009

Walter Veltroni riparte da "Noi"

Dopo il reality della politica, c'è sempre un romanzo da scrivere. E dopo la breve ma intensa e, per certi versi. traumatica esperienza da leader piddino futurista e cinematografaro, Walter Veltroni ci riprova da romanziere. Perché no, potrebbe andargli anche meglio. Il titolo sta tutto in un “Noi”, che poi è la voglia di ricostruire il senso di una missione collettiva in un’epoca fortemente individualistica come la nostra, dove ognuno pensa spietatamente solo per sé. Uscirà a fine agosto. L’ex segretario del Pd l’ha scritto di getto nei mesi immediatamente successivi al suo prepensionamento da segretario, con uno stato d’animo oscillante tra la malinconia e la serenità. Il titolo è breve, ma il libro è lungo, tra le 350 e le 450 pagine, edito sempre da Rizzoli (così come i precedenti “Senza Pa­tricio” (70 mila copie) e “La scoperta dell’al­ba” (300 mila, tradotto in sette lingue). Quattro i capitoli, ambientati in quattro anni diversi.

Il primo capitolo è ambientato nel 1943: il bombardamento di San Lorenzo, il 25 luglio, l’8 set­tembre, la depor­tazione degli ebrei dal ghetto di Roma. Il secon­do, nel 1963: l’an­no del primo cen­trosinistra, della morte di papa Giovanni, dell’as­sassinio di John Kennedy. Il terzo, nel 1980: strage di Bologna, Ustica, l’assas­sino di Walter Tobagi, lo scandalo del cal­cioscommesse, la marcia dei quarantami­la a Torino, il terremoto dell’Irpinia, l’ele­zione di Reagan e la morte di Lennon. Il quarto, nel futuro, e precisamente nel 2025. «Ho scelto un fu­turo prossimo, non da fantascienza. Né il 1984 orwelliano, né il 1997 «Fuga da New York». Non il futuro catastrofista pensato talora a sinistra, ma neppure quello asetti­co caro a un pensiero acritico, per cui le cose non hanno significato in sé, basta che accadano. Ho cercato di immaginare come sarà l’Italia tra sedici anni».

Veltroni è un buono vero. E, come sempre, non tradisce le aspettative di chi se lo ricordava affaccendato a soccorrere i bambini dell’Africa. Non a caso, ogni capitolo ha per protagonista un bambino o meglio un ragazzino tra gli undici e i sedici anni. La storia fa da scenario alle vite dei protagonisti, influenzandole fortemente. Nei personaggi ci sono tutte le emozioni e i valori veltroniani, assicura l’autore, che tra il terzo e il quarto capitolo compie un salto nel futuro di ben 45 anni, ritrovandosi tutt’a un tratto nel 2025. Ma il presente che fine ha fatto? «Nel mio nuovo romanzo, il presente non c’è – dice Veltroni- Ho scelto così, sia per evitare il sospetto che volessi parlare furbescamente del no­stro tempo, sia perché il nostro tempo non mi piace. È un tempo che dura appe­na ventiquattr’ore. La politica è concentra­ta sulle dichiarazioni di un giorno per l’al­tro. La società è bulimica e nevrotica, bru­cia tutto così in fretta che il mese scorso ci pare lontano mille miliardi di anni».
Riflessioni sagge. A Veltroni allentare la morsa della disperata rincorsa al potere così come liberarsi per un po' dell’ombra inquietante e minacciosa di Massimo D’Alema devono avergli fatto un bell’effetto.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 12 giugno 2009

Marianne e l'eterno malinteso

Davvero strano il destino di Marianne. Amava con tutta l'anima, ma nessuno se ne accorgeva. Piangeva spesso in silenzio nelle lunghe notti d’estate, magari sul terrazzo di casa, con lo sguardo leggermente increspato rivolto all’orizzonte. Faceva l’amore, Marianne, eppure nessuno la sentiva veramente sua. Forse perché era troppo il desiderio di sentirsi con l’altro come in un corpo solo.
Era fedele, Marianne, a dispetto delle apparenze. Anche se, suo malgrado, finiva con l’indossare una maschera da clown nel senso felliniano del termine per difendersi dall’ipocrisia del mondo. Attirava su di sè chiacchiere e calunnie, forse perché era una persona tremendamente vera.
Non sapeva mai come comportarsi. E per questo a volte sembrava incerta e indecisa. E perfino ambigua.
Era molto sensibile, Marianne, talmente da farsi attraversare sempre da tutto ciò che le accadeva come fa una scossa elettrica con un corpo.
Cercava l’amore, eppure tutti pensavano che nei rapporti cercasse l’interesse. Era inquieta, Marianne, di un’inquietudine irrisolta. La coglieva ogni volta che si guardava allo specchio.
Viveva di passioni, invece tutti la tacciavano di arrivismo. Non era particolarmente ambiziosa, eppure tutti pensavano che nella vita cercasse il successo.
Marianne invece cercava la Bellezza, l’Amicizia, l’Amore.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

mercoledì 10 giugno 2009

Le donne di Gheddafi sono "senza seno"

« Guerriera ardita, che succinta, e ristretta in fregio d'oro l'adusta mamma, ardente e furïosa tra mille e mille, ancor che donna e vergine, di qual sia cavalier non teme intoppo. ». La descrive così Virgilio, nel I libro dell’Eneide. E’ la sua amazzone, bella e addestrata. Pronta a tutto, perfino a vegliare su Gheddafi con fedeltà, dedizione e il pieno consenso di Pentesilea. Lui ne ha ben 40. Uniforme stirata come le pagine di un libro appena stampato, nessun angolo di pelle lasciata al vento, nessuna curva alla luce del sole, di quella maglietta fina tanto stretta al punto che s'immaginava tutto, neanche l'ombra. Sguardo attento e severo, all’erta 24 ore su 24, senza mai abbassare il livello di guardia, la soglia di attenzione.

Manco a dirlo, le sentinelle veglieranno sul colonnello libico per l’intera durata della sua storica visita in Italia, accompagnandolo ad ogni passo.
Le vergini guardie del corpo dell’attuale presidente dell'Unione africana, sarebbero vere e proprie macchine da guerra, pronte a uccidere o sacrificarsi per il loro Colonnello.
Il gruppo di gorilla del rais di Tripoli fu una delle opere di Karl Hansch, fiduciario dell'ex mente dei servizi segreti tedesco - orientali Markus Wolf. Fu Hansch a congegnare l'intelligence libica e a strutturare il corpo di pretoriani che avrebbe difeso il padre della Jamahiria dai pericoli interni ed esterni. E sempre a lui si fa risalire l'idea di proteggere il leader libico con commandos di donne - soldato pronte a tutto. L'idea di Gheddafi e di Hansch era che le donne fossero meno inclini a ribellarsi al loro capo. Nacquero così le ‘amazzoni’ che accompagnano il leader libico durante le visite all'estero.

Senza seno, come vuole l’etimologia greca del termine “(a-mazòs”) o, secondo un’altra versione, con un paio di tette a cocomero, poco importa. L’importante è che le sacerdotesse della Luna nera di Gheddafi gli attributi maschili, quando serve, li tirino fuori.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 8 giugno 2009

Madonna, una faccia da... cinema?

"Don’t stop me, now". E chi la ferma, Madonna. Rinata single dopo il divorzio con Guy Ritchie, ora si dedica alla regia. Venerdì 12 giugno esce infatti nelle sale “Sacro e profano”, film distribuito dalla Sacher di Nanni Moretti. In linea con la sua poetica un po’ santa un po’... meno, Madonna mischia ancora una volta apollineo e dionisiaco, miscela il divismo chic e un’ ostinata aggressività di strada, che si porta dietro da quel lontano 1977, quando sbarcò a New York con soli 37 dollari in tasca e una bella faccia tosta. In perfetto stile liberty, e con in mente il consueto “chissenefrega se dicono di me che non ho talento”.

E dopo aver interpretato Evita Peròn nel 1996, ritorna sul grande schermo, da gran signora. Del resto Mrs Ciccone non è fatta per la perfezione. Non fa parte del suo dna, non le appartiene. E forse per questo è rimasta in pista così a lungo, lanciandosi in avventure sempre nuove con la curiosità di vedere come le vengono.
E ora ecco un film da regista. Un po' videoclip, un po' commedia pop, ha come protagonista un immigrato, poeta e aspirante musicista. Vivono con lui, a Londra, due ragazze: la prima vuole fare la ballerina classica, la seconda è una farmacista che vorrebbe andare in Africa. Ma, per vivere i tre fanno giochi erotici.
Un ritorno alle origini, magari per riconciliarsi con se stessa e sanare qualche conflitto interiore? La parola al film. E al dottor Freud.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 4 giugno 2009

L'importante è avere una bella testa

Alla signora Bruni in Sarkozy, tanto di cappello. Il copricapo più alla moda è proprio il suo. Infatti il concorso britannico Celebrity Hat le ha riservato il primo premio. Il sorpasso nei confronti della regina Elisabetta II è avvenuto in curva, dopo un audace tete à tete. Bel boccone amaro per i reali inglesi, spodestati di un primato che era solo e soltanto il loro. Fino all’anno scorso i Windsor avevano saputo tener testa alla concorrenza e il premio l’aveva vinto Zara Phillips, nipote della sovrana. Ma ora la regina  Elisabetta si è dovuta accontentare di un magro secondo posto, portando tanta delusione a corte. Al terzo posto si è classificata Sophie, la moglie del principe Andrea. Quarta, Victoria Beckham e quinta Madonna. Una classifica interclassista, che va dal sangue blu alla vena pop. L’importante infatti è avere una bella testa. E, in tutta onestà, la première madame Carlà negli ultimi tempi ha dimostrato di averla.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it) 

lunedì 1 giugno 2009

Una campagna elettorale senza esclusione di gossip

Metti una sera a cena a Villa Certosa, tra una portata e l’altra annaffiata da pregiato champagne. Metti pure decine di bellone in topless, una schiera di politici e di Vip, e un’orda di ragazzine in cerca di un posto al sole nell’oasi felice del dorato mondo dello spettacolo.
E allora? Qual è il problema? Briatore docet. Il presidente del Consiglio è single da tempo. Ma il punto è un altro. Un certo signor Antonello Zappadu, di professione fotografo, a caccia di notorietà pure lui come qualche starletta, ha deciso di raccogliere l’eredità, nonché l’etica professionale di Fabrizio Corona e le sue carte se le sta giocando tutte. Compreso il due d i picche del Capodanno di Noemi Letizia. Così Villa Certosa, più che il bordello dell’imperatore, o il tempio sacro del gossip, è diventato il castello di carta in cui qualcuno ha deciso di combattere la battaglia delle Europee, in cui si gioca la dura partita del consenso. E nel quale il premier si gioca la faccia.

Ma un presidente del Consiglio non dovrebbe essere giudicato per la sua agenda politica? Per le sue misure anticrisi? Per le strategie sull’immigrazione? Ecc.
Che strano, l’attenzione invece si sposta tutta sul privato che, in assenza di argomenti forti, diventa pubblico. Sarà che al Pd di Dario Franceschini un programma politico chiaro e netto manca. E per colmare questo gap, i democrats strisciano come una biscia, ricavalcando ancora una volta la tigre dell’antiberlusconismo ed esponendo al pubblico ludibrio la persona “Silvio Berlusconi”, giudicandola perfino come padre. Operazione diabolica, al passo coi tempi in cui tutti sanno tutto di tutti. O, meglio, presumono di saperlo. E ci scattano perfino le foto per immortalare ciò che avviene dentro una casa privata.
Ma per fortuna la Sinistra non è tutta uguale. E Paolo Ferrero di Rifondazione, con tutti quelli di Sinistra e libertà, ha deciso di muoversi in modo diverso, buttandola principalmente in politica, come dovrebbe essere in ogni sana campagna elettorale che si rispetti.

Invece per Franceschini & Co. niente da fare. Loro non sembrano molto d’accordo. E la buttano tutta sul personale.
Certo, le foto ci sono, eccome. E ora sono state fatte sequestrare dalla Procura di Roma per non danneggiare ospiti illustri e noti. Si sa ad esempio che in una delle foto l’ex primo ministro della repubblica ceca Mirek Topolanek è ritratto nudo e che in un’altra un paio di strafighe fanno la doccia in topless mentre il premier sorride e guarda lontano (tutti nodi fondamentali per l'Italia e il suo futuro in Europa). Del resto era d’estate, faceva caldo. Vorreste il burka?, fa notare Sandro Bondi.
In tutta questa storia, a cui ha dato inizio l’avvelenata lady V(eronica), ciò che colpisce è una strana coincidenza temporale. Guarda caso, l’accanimento avviene proprio in piena campagna elettorale, e a un passo dal voto alle Europee. Chissà perché...
Una cosa è certa. La vita pubblica e privata di Silvio Berlusconi fa gola a tanti. Quella di Dario Franceschini, quasi a nessuno. A parte forse qualche lontana cugina di quarto, quinto grado. Chissà come mai. Briatore dice: tutta invidia.


Perfino Goethe era un gran viveur. Quindi, caro presidente, non tema confronti né giudizi: come diceva Oscar Wilde, "che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è che se ne parli".
Certo, magari senza far arrostire troppo gli zebedei a chi ama la vita almeno quanto lei, ma i suoi stessi mezzi non li ha. Sinistra compresa.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)