mercoledì 28 ottobre 2009

Patty arriva in Italia con musica, canti e balli

L'aria da adolescente un po' smarrita che gioca ancora con le bambole l'ha già persa da un po'. La dura legge del successo le ha imposto di crescere in fretta. Anche se lei assicura: "No, non mi sono montata la testa. Il successo non mi ha cambiato. Sono rimasta coi piedi per terra, così come mi ha insegnato a fare la mia famiglia". Laura Esquivel, 15enne argentina innamorata del canto da quando di anni ne aveva 7, a vestire i panni di Patty ci ha preso gusto. A tal punto che ormai, con quelle inseparabili trecce, gli occhiali formato televisore e un sorriso vagamente impertinente, porterà dal 16 dicembre la serie tv culto per ragazzi, appunto 'Il mondo di Patty', che l'ha resa famosa in tutto il mondo, in forma di musical nei palasport delle principali città d'Italia.
Il tour debutterà al Palasharp di Milano, con la regia di Toto Vivinetto e Daniele Cauduro e le coreografie di Rary Lo Cicero e Thomas Signorelli.
Le musiche saranno tratte dalla colonna sonora originale del telefilm. La produzione italiana del musical è affidata alla Società italiana Poltronissima, che nel 2005, con Mas Music Arts & Show, il Centro Internazionale di Formazione per lo Spettacolo, ha lanciato il genere 'Family show' grazie alle precedenti produzioni 'Winx Power Show', 'Scooby Doo Live on Stage' e 'Winx On Ice'. I biglietti dello spettacolo sono già andati a ruba.
Più divina o populare? "Decisamente pop - dice Laura Esquivel - Amo stare tra la gente e trascorrere interi pomeriggi con le mie amiche del cuore Sofia e Camilla. Passeggio tra le vetrine dei negozi, ma non sono di quelle che comprano tutto con estrema facilità". La popolarità non rappresenta per lei un problema né tantomeno sembra infastidirla: "Quando mi fermano per strada, mi piace, mi diverte. Senza il pubblico non siamo niente e ai nostri fan dobbiamo una certa riconoscenza".
La teenager più famosa del pianetam, se la fermi per strada e ci parli, appare come la ragazza della porta accanto, semplice e amichevole e ci tiene a presentarsi senza quell'atteggiamento da diva che, dati i brillanti risultati della serie tv, volendo, potrebbe anche permettersi. Infatti quando nel 2008 'Il mondo di Patty' arriva in Italia e passa da Disney Channel anche a Mediaset, che la trasmette tutti i pomeriggi su Italia1, ottiene il 16% di share. Patty e i suoi amici in breve tempo sono diventati popolarissimi anche sul web: il sito internet conta circa 40.000 visite al giorno. Centinaia i messaggi lasciati dai fan: "Leggo tutto, anche se non sempre ho il tempo di rispondere", spiega Laura. "'Il mondo di Patty' porta con sè un messaggio per tutte le ragazze che vogliono a tutti i costi vestirsi da dive: siate simpatiche. Ciò che conta davvero è la persona".
Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

martedì 27 ottobre 2009

Sbugiardato Pinocchio. E ora non gli resta che il naso...

Luciana Littizzetto sbugiarda Pinocchio: "In realtà è uno figo. Perché è curioso di tutto, ficca il naso dovunque e non passa intere giornate attaccato alla playstation. E questo è molto trasgressivo. Non capisco solo una cosa: come mai alla Fata non hanno messo i capelli turchini mentre a me hanno piazzato in testa due antenne di ferro grosse così". La comica torinese, il Grillo Parlante del film tv diretto da Alberto Sironi, che riporta sul piccolo schermo la fiaba italiana più famosa al mondo scritta da Carlo Collodi, ricorda ancora quando collezionava le figurine del 'Pinocchio' di Luigi Comencini, in cui a interpretare Mastro Geppetto era Gino Manfredi e nei panni della Fata Turchina c'era un'avvenente Gina Lollobrigida. Sono passati trentasette anni da allora e il regista Alberto Sironi non si è sottratto alla coraggiosa impresa, avvalendosi della sceneggiatura di Ivan Cotroneo e Carlo Mazzotta. Così, domenica 1 e lunedì 2 novembre, in prima serata su Raiuno, torneranno le avventure del burattino-bambino che impara a essere figlio, a crescere e a scoprire il mondo.

'Pinocchio' è una coproduzione Rai Fiction-Lux Vide-Power prodotta da Matilde e Luca Bernabei. Alla presentazione ufficiale di stamani all' Auditorium 'Parco della Musica' di Roma c'era il cast italiano quasi al completo. Pinocchio è interpretato da Robbie Kay, scelto tra centinaia di casting: "Non parlavo italiano, è stato difficile entrare nel ruolo. Lo ammetto - scherza - sono anch'io come lui. Ma credo che qualche bugia la diciamo tutti". Mastro Geppetto, doppiato da Massimo Ghini, è interpretato da Bob Hoskins, che torna a lavorare per la televisione italiana dopo aver interpretato Benito Mussolini in 'Io e il duce' di Alberto Negrin e il Papa Giovanni XXIII con la regia di Ricky Tognazzi. Violante Placido è la Fata Turchina, "una dea che protegge Pinocchio ma lo fa camminare anche con le proprie gambe". Thomas Sangster è Lucignolo, Maurizio Donadoni fa Mangiafuoco, Bianca D'Amato è Elisa e Wenanty Nosul L'Editore. Joss Ackland interpreta il ruolo di Mastrociliegia e Alessandro Gassman sarà Carlo Collodi, "un omaggio allo scrittore di uno dei libri più letti e conosciuti al mondo", spiegano gli sceneggiatori Ivan Cotroneo e Carlo Mazzotta.

Il film è stato girato tra Roma, Viterbo e la Tuscia. Per il Villaggio di Pinocchio è stata scelta Civita Castellana. Le musiche originali sono firmate dal Premio Oscar Jan A.P. Kaczmarek, che da anni lavora a Hollywood. "Noi siamo il Gatto e la Volpe, parliamo insieme, siamo una cosa sola. Ci proviamo a fregare, ma non siamo mica bravi come i casalesi. A noi alla fine ci va sempre male", spiegano Toni Bertorelli (la Volpe) e Francesco Pannofino (il Gatto). "Qui siamo riconoscibilissimi. Oggi il gatto e la volpe si aggirano un po' dovunque, ma a differenza della fiaba di Collodi, non si fanno mica riconoscere. Spesso te li ritrovi davanti e non te ne accorgi nemmeno".

Elena Orlando per Adnkronos (elyorl@tiscali.it)

lunedì 26 ottobre 2009

Il red carpet? Tutti lì, sulla cresta dell' orda

Il red carpet. Due parole magiche bastano e avanzano ad accendere l’immaginario collettivo dei tanti cinefili e amanti della mondanità. Tutti lì come cavallette, occhi spalancati e bava alla bocca, gli spettatori deliranti e i giornalisti di tutte le testate, accalcati in massa proprio a due passi dalla ‘zona rossa’. Sognanti e magari anche un po’ invidiosi, o semplicemente col cuore gonfio di ammirazione. Tutti lì, pronti a strillare, ad acclamare, a rubare uno sguardo o un’indiscrezione dal divo più atteso o a strappare un autografo da incorniciare o far vedere agli amici la sera a cena. Tutti lì, quasi sulla linea di confine di quel tanto ambito tappeto rosso, una passerella inondata di flash, calcata con un certo portamento dai grandi divi del cinema e dagli attori del momento, vestiti dalle migliori griffe. Sorrisi e pose costruite, artefatte, pensate e studiate ad arte per catalizzare l’attenzione dei fotografi. Quanto di più lontano da autenticità e naturalezza.

Si è da poco concluso il Festival Internazionale del Film di Roma, festa pop e chic allo stesso tempo, sopravvissuta al dopo Veltroni, nata per essere decisamente più pop di quella di Venezia, considerata fin troppo apparecchiata con lustrini e paillettes.
Non ho mai capito quale fascino abbia il fatto di stare lì per ore a elemosinare un briciolo di qualcosa, non si sa bene poi che cosa. Per non parlare poi della monotonia del solito rituale: interminabili file per accreditarsi o per acquistare un biglietto, e seguire poi una proiezione senza capirci niente, tra una folla di gente che chiacchiera di continuo e commenta qualsiasi cosa, oppure prendersi a spintonate per entrare in sala e seguire un incontro col pubblico, con la consapevolezza di tornarsene a casa quasi sempre senza essere riusciti a soddisfare fino in fondo la propria curiosità. Mai un colpo di scena, mai un 'fuori onda', mai un interessante 'dietro le quinte'.

A un anno di distanza, mi ritrovo a leggere della Festa del Cinema di Roma sui giornali e a seguire qualcosa in tv. Nient’altro che questo. Mi sono rifiutata categoricamente di andarci. E se qualcuno me l’avesse imposto, ci sarei andata decisamente controvoglia. Eppure soltanto un anno fa, mi sono messa l’abito bello, i tacchi alti, ho raccolto i capelli in un delicato chignon e ci sono andata, anche con un certo entusiasmo. E se ci ripenso, mi viene pure da ridere. Le novità più interessanti tra film e documentari? Preferisco scoprirle per conto mio, come e quando voglio. E soprattutto godermele fino in fondo. Senza flash, senza calca, e senza precipitarmi su quel red carpet sempre più asfissiante.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 24 ottobre 2009

La D’Addario o Natalì? Ovvero una scelta di campo

Piero Marrazzo docet. Il vortice mediatico che nelle ultime ore ha portato alla luce le ombre dell’ormai ex governatore del Lazio, rivela come minimo due cose. La prima: che la missione perversa della femme fatale si è esaurita: i maschi ora vogliono altro, vogliono i trans. La seconda: il moralismo a sinistra vacilla e a fronte di una questione morale se ne apre una sessuale. La destra preferisce ancora e sempre ‘a mala femmena’, quella dall’aspetto e dalle caratteristiche fisiche fin troppo inequivocabili. La sinistra invece va oltre, non si accontenta e alle femmine in tiro e pitonate preferisce due tette e, in mezzo alle gambe, qualche altra cosa. Se è questa la condizione della modernità riformista e democratica, allora viene da dire molto meglio il "vecchiume" berlusconiano e cavalleresco.
Ma c’è di più. Scegliere di trascorrere una notte con Patrizia D’Addario piuttosto che con Natalì implica una scelta di campo. Nel senso che ora potrebbero anche nascere altri due partiti: quello dei femminari tradizionalisti e cavalieri e quello degli alternativi disinvolti e trans-oceanici. Ma non di certo perché guardano con ammirazione Barack Obama…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Il Grande Fratello e l'ansia di stupire anche a Natale

Quest’anno il ‘Grande Fratello’ festeggia dieci anni con un’edizione valanga e un prete che si affaccerà alla porta del reality di punta di Canale5 , celebrando la Messa del 25 dicembre nella casa più famosa d’Italia.
Tutto è pronto. Lunedì si parte. La conduttrice Alessia Marcuzzi, con qualche centimetro di capelli in meno e pochissimo trucco sul viso si dichiara molto contenta di presentare questa edizione auto celebrativa, e, si spera, non troppo autoreferenziale, che “riserverà – dice - come sempre grandi sorprese e novità”.

Natale con i tuoi è fuori discussione. Quest’anno per la prima volta i concorrenti passeranno Natale e Capodanno in diretta nella casa e la loro resistenza verrà messa a dura prova. L’edizione, più volte definita no limits perché durerà fino a febbraio, perché no limits sarebbero anche alcune storie dei concorrenti, così come la panchina lunga dei 40 papabili selezionati per avere pronte eventuali riserve in un periodo di programmazione così lungo, vedrà due puntate speciali di prime time la sera di Natale e quella di Capodanno, in cui entrerà nella casa una donna che ha deciso di diventare uomo e «vive la sua storia in maniera tormentata».

Ci saranno l'imprenditrice sarda Daniela Caneo, lo studente cattolico Alberto Baiocco di Vasto, che si dice ancora illibato, l'eccentrico George di Foligno, un bodyguard pugliese di nome Massimo, la 19enne Carmen di Bagheria, sommelier di sala con una storia difficile alle spalle (entrambi i genitori scomparsi, il padre suicida), e altri. Nella prima puntata entreranno 20 concorrenti, ma alla fine della stessa resteranno in 16. La casa dove verranno rinchiusi i concorrenti sarà moderna, a contatto con la natura e orientata a Sud, verso il sole, così che possa riempirsi ogni giorno di luce. La struttura è stata completamente riprogettata, con alberi, prati, spazi ampi, pareti di cristallo, che dovrebbero aiutare i concorrenti a sentirsi meno reclusi e più vicini alla natura. Un incentivo per i concorrenti ad assumere un comportamento più naturale e con meno artifici. Sforzarsi di stupire a tutti i costi è una pessima idea.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 23 ottobre 2009

Donne con la gonna, il tacco e l'affanno

Il fiato è corto. E la coperta pure. Le donne troppo in carriera sotto quale cielo potranno mai ripararsi se non quello di Rai Fiction di Fabrizio del Noce? Se poi si tratta di Claudia Gerini (Agnese), Micaela Ramazzotti (Giovanna), Antonia Liskova (Miranda) e Tosca D’Aquino (Costanza), ‘Le segretarie del sesto’ di Angelo Longoni, la nuova fiction in onda domenica 25 e lunedì 26 ottobre in prima serata su Raiuno, realizzata da Edwige Fenech che spera di replicare il successo delle isteriche e smarrite ‘Commesse’, il gioco si fa duro. A colpi di tacco 12 e rossetti sbavati, pochette dei trucchi a portata di mano e mille casini per la testa.

Se il privato va giù, meglio far finta di essere super professionali. Se il capo se ne va, meglio competere con gli alti dirigenti della compagnia assicurativa in cui si lavora, per la sua successione. Tanto “la sorellanza è ormai un’utopia. Oggi le donne si fanno la guerra. In un mondo lavorativo sempre più competitivo e feroce, hanno assunto tutti i peggiori difetti degli uomini”, spiega il regista Angelo Longoni. La sceneggiatura è di Laura Toscano, scomparsa proprio l’ultimo giorno di riprese, e di Franco Marotta. Ad affiancare le quattro protagoniste ci sarà Franco Castellano, che torna a interpretare Romeo, l’ex dipendente del negozio di abbigliamento in ‘Commesse’, questa volta disoccupato in cerca di un impiego.

"Questa fiction è un vero miracolo, perché siamo riuscite a realizzare davvero una sorellanza che ci ha portato a lavorare in armonia, senza che nessuna di noi prevaricasse sulle altre", commenta Tosca D'Aquino, che interpreta il ruolo di Costanza, donna forte e altera, a tratti manipolatrice, ma in realtà molto fragile. Ma da questa fiction come ne esce fuori l'universo femminile? "Secondo me non c'è una grossa distinzione tra uomini e donne - afferma Claudia Gerini, che interpreta il ruolo di Agnese, sempre col rossetto sbavato e sull'orlo di una crisi di nervi - Se non quella che in un mondo lavorativo ancora purtroppo maschilista, noi donne siamo pagate di meno. La verità è che siamo esseri superdotati".La competizione tra donne? "A dire il vero - racconta Antonia Liskova - io mi sono sempre trovata meglio con le donne. Penso che tra un uomo e una donna ci sia molta più competizione. E poi, finiamola una volta per tutte con questo falso buonismo. Chi l'ha detto che siamo tutti buoni? In realtà, in ognuno di noi si nasconde la sana cattiveria di arrivare”. Decisamente anti 'Stil novo': per nulla angeliche e spietate fino in fondo. E per gli uomini, più croce che delizia.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 20 ottobre 2009

Geografie lessicali mucciniane...scombinatissime

La fiducia è preziosa. Darla a tutti sarebbe come regalare le perle ai porci.
Gabriele Muccino se ne guarda bene
. “Non ho fiducia nel governo Berlusconi. Se dovessi scegliere e mi dicessero che non c'è un'alternativa a sinistra, allora punterei su Fini. Se dovessi scegliere a sinistra farei fatica, perché la sinistra mi ha deluso. Ma i miei valori non sono, né saranno mai, di destra”. Così rivela il bravo e talentuoso regista e produttore cinematografico a "Chi", il settimanale diretto da Alfonso Signorini, in edicola domani.
Muccino replica anche al ministro Renato Brunetta, che si scagliò contro alcuni registi che prendono finanziamenti pubblici per i loro film: «Un attacco basso», lo definisce. Proprio oggi che Fabrizio Del Noce, alla presentazione ufficiale a palazzo Madama del progetto ideato dalla giornalista del ‘Corriere della Sera’ Emilia Costantini, ha definito senza troppi giri di parole i registi cinematografici dei “mantenuti di Stato”.

Poi però, a un certo punto, dice: "Voglio essere commerciale. Se faccio un film che costa sette milioni di euro devo incassarne di più, non voglio mandare in bancarotta nessuno e mai un mio film è stato finanziato con i soldi dello Stato. E lo dico a Renato Brunetta”. Ma forse Muccino non sa che proprio quel Silvio Berlusconi che bolla come non degno della sua fiducia, è stato l’inventore ‘nobile’ della tv, guarda caso, commerciale. Sì, proprio di quel ‘commerciale’ che Muccino bolla come un ignobile virus da evitare. Peccato che il lessico non sia un’opinione. E commerciale vuol dire commerciale. In televisione come nel cinema. Ma evidentemente per Muccino c’è una sostanziale inspiegabile differenza…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 19 ottobre 2009

Tremonti filologo riscopre i miti del passato

Evviva il posto fisso. Certezza intramontabile dei nostri padri, pilastro delle umane sorti e progressive. “Il posto fisso è la base sulla quale costruire un progetto di vita e la famiglia, in quanto la mobilità lavorativa non è un valore di per sé”. Parola di Giulio Tremonti, uno che di economia se ne intende. “La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no. C'è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile”. Ce ne siamo accorti. Da un po’ di tempo non si può più progettare un bel niente. I trentenni vagano smarriti tra un colloquio di lavoro e l’altro, un contratto a progetto e uno stage completamente gratuito.

Le parole di Tremonti al convegno organizzato dalla Bpm hanno molto incuriosito il segretario della Uil, Luigi Angeletti: “Tremonti parla come se fosse un nostro iscritto. Non so se gli farà piacere, ma è così”. Conversione intrepida a un sindacalismo alla Di Vittorio? Chissà... Intanto, si attende che le aziende rispondano…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 15 ottobre 2009

Rutelli ci ripensa. Perché nel Pd nessuno lo pensa

Francesco Rutelli schifa il Pd. Lo denigra, lo disprezza, lo etichetta come un fantasma. In poche parole: Pd uguale a esperimento politico fallito. Che cosa resta di un partito più volte definito sull’orlo di una crisi di nervi? Un partito in crisi, appunto, che attende il “Salvatore” (chi sarà tra Bersani, Franceschini e Marino?...).

Ma a Rutelli ormai non frega più niente. Avvezzo al ripensamento profondo e 'radicale', nel senso che prima era uno dei pannelliani, poi divenne un democratico e poi ancora un fervente cattolico che non si riconosce più in un partito che lo ha sbattuto miseramente in panchina, alla fine si è stufato.
Proprio lui che tanto credeva nel progetto, che l’aveva venduto al marketing opinionista come la sola e unica speranza di un reale riformismo moderno e innovativo per il nostro Paese. Qui non è più questione di correnti, né tantomeno di spostamento dell’asse al centro piuttosto che a sinistra.

E allora, si volta pagina. Senza troppo piangere. E Rutelli, attualmente presidente del Copasir, per chi non l'avesse ancora capito, lo va a dire domani a Sky Tg24 Pomeriggio, l’approfondimento condotto da Paola Saluzzi. Al centro dell’intervista sarà il suo libro dal titolo 'La svolta. Lettera aperta ad un partito mai nato', dedicato appunto al Pd. Fra gli ospiti ci sarà Antonio Polito, direttore del Riformista, Federico Geremicca, vicedirettore della Stampa e Oscar Giannino, editorialista economico. “Ora basta. Il Pd ha tradito tutte le aspettative e non è stato in grado di dare le risposte di cui avevamo bisogno”, dice Rutelli. Un modo politicamente corretto di assestare il colpo di grazia a una sinistra sempre più in panne. Spietato fino in fondo. Ma quanno ce vo', ce vo'.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 14 ottobre 2009

Lady G ci ripensa. Da bad girl a cocca di mamma

La ‘Poker face’ di Lady Gaga era tutta una montatura. Stefani Joanne Angelina Germanotta in realtà è come Santa Maria Goretti. O quasi. Nel senso che è una brava ragazza, cocca di mamma e papà e sfigatissima con gli uomini. A briglie sciolte sul palco, tra le sgargianti note di ‘Paparazzi’, la cantautrice statunitense nel privato possiede una “rigida morale”. Parole sue, spifferate a ‘Topgirl’, il mensile Gruner+Jahr/Mondadori diretto da Annalisa Monfreda, che questo mese le dedica la copertina.

"La vera Lady Gaga? In realtà sono una ragazza adorabile”, sottolinea a sorpresa l’artista, che ammette di indossare la maschera di un personaggio totalmente costruito. “Mi comporto come Lady Gaga 24 ore su 24 perché devo, ma la vera me stessa è quella che si sente vicina al papà, alla mamma e alla sorellina. A volte chiamo mia madre e mi scuso per aver creato loro tanti problemi. La mia famiglia è la mia vita. Sono così orgogliosi di me!".

Brava figlia, santa femmina, ragazza fortunata nel senso ‘jovanottiano’ del termine. Ma la cantautrice statunitense non era una sgambettona col parruccone biondo e tre quintali di trucco spalmati in faccia, tutta sesso e alcol, un po’ gay un po’ pop? Nella vita c’è sempre un ripensamento. Ma forse Lady G. si è semplicemente accorta che in realtà era stata ”mostrizzata” dalla discografia mondiale. E si è affrettata a salvare in tempo se stessa. "Dio mi ha dato il dono della musica. Ma come tutte le persone con un dono, anch’io ho il mio tallone d’Achille. Per me il problema sono gli uomini: mi sono innamorata sul serio soltanto una volta". E anche se confessa di voler "incontrare Marilyn Manson, perché affascinante e intelligente", poi dichiara: "Ora ho troppo da fare per pensare agli uomini, non ne ho bisogno. La musica è il mio primo amore, il mio primo marito". E sui soldi? "Mi annoiano – dice - li vedo come un modo per alimentare la mia arte. Non mi interessa comprarmi un’auto di lusso. Voglio investire tutto nella mia musica. Per diventare sempre più grande". Ambizione, questa, assai trasgressiva. Resta solo un dubbio: ma perché gli uomini proprio non se la filano?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 13 ottobre 2009

Gli Avion Travel rileggono l’ ‘amico magico’ di Federico Fellini

Spero che i miei amici, unendosi insieme, riusciranno almeno a formarne uno”, dice sorridendo Peppe Servillo, voce degli Avion Travel, alludendo a Nino Rota, l’ ‘amico magico’ di Federico Fellini, a cui rendono omaggio a trent’anni dalla morte, stasera, con un concerto all’Auditorium della Conciliazione a Roma, che inaugura la quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

Consapevoli della patata bollente che Caterina Caselli gli ha messo in mano, gli Avion Travel, in compagnia dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Marcello Rota, suoneranno i pezzi del nuovo album, interamente dedicato a Rota, che uscirà il 16 ottobre su etichetta Sugar e sarà in vendita con un dvd. Nel disco trovano posto brani come ‘Parlami di me’ tratto da 'La dolce vita', un'imperdibile versione mai incisa di ‘Brucia la terra’ , contenuta nella colonna sonora de 'Il Padrino III', un testo in dialetto siciliano scritto da Kaballà, ‘Bevete più latte’ da 'Boccaccio ‘70', inno ironico e beatlesiano alla brevità della pubblicità, con la partecipazione straordinaria di Elio e le storie tese, a ‘Lo struscio’ , tratto dall'indimenticabile 'Amarcord'.

Peppe Servillo, Fausto Mesolella e Mimì Ciaramella persistono. Nel senso che non si sono ancora stancati di “tradire e tradurre” la musica d’autore in perfetto stile Avion, con esibizioni lunghissime e tutte dal vivo, anti televisive per eccellenza. Un matrimonio perfetto anche quello con l’orchestra, sulla scia di un confronto aperto con territori dello spettacolo limitrofi come il cinema e lo spettacolo che ormai coinvolge da anni il gruppo casertano. Le scene dello spettacolo di stasera saranno costruite in diretta dall’artista visuale Giuseppe Ragazzini, mixando contributi fotografici e cinematografici con la sua tecnica di video pitture animate che creano un movimento continuo di sottofondo. Nel corso della serata verranno letti alcuni documenti inediti, tra i quali la lettera in ricordo de ‘l’amico magico’ che Federico Fellini inviò il giorno della morte di Nino alla signora Silvia Blancheart, sua cugina.

"Sappiamo che rendere un omaggio come questo a un personaggio del calibro di Nino Rota è una di quelle esperienze per cui è meglio prima studiare, anche se noi siamo sempre stati autodidatti e, nonostante l'esperienza sanremese ci abbia dipinto come professori d'orchestra - sottolinea Peppe Servillo - veniamo da una provincia, quella di Caserta, in cui non c'è nemmeno il conservatorio. Stasera apriremo il concerto con quella che secondo me è la più bella canzone dell'album, 'Ai giochi addio', brano tratto dal 'Romeo e Giulietta' di Zeffirelli, in cui Elsa Morante associa la nascita dell'amore alla fine dei giochi. Tutti gli episodi che racconterò tra un brano e l'altro sono di Ennio Flaiano. Interpretare brani d'autore - conclude Servillo - è sempre un rischio. Ma noi l'abbiamo affrontato consapevoli che un po' bisogna tradire e tradurre l'interprete, magari tirando fuori qualcosa di implicito che l'autore stesso non aveva ancora svelato. Una bella sfida, che abbiamo cercato di affrontare con la freschezza e la naturalezza di Nino Rota. Un buon esercizio di memoria, che secondo noi è fondamentale. Implica un confronto ed è la premessa di un rinnovamento”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 12 ottobre 2009

Dategli il giornale che non c'è (tra quelli citati nel pezzo o perché è ancora da inventare?...)

Marco è disperato. Da un po’ di tempo non sa più che giornale leggere. Se compra il Corriere della Sera di Ferruccio De Bortoli gli sembra di stare nel limbo, in una zona grigia: né col governo né contro. Anzi, non abbastanza contro come La Repubblica di Eugenio Scalfari, che però, se la leggi bene, è contro un po’ troppo. Meglio stare a favore del governo, così come fanno Il giornale, Libero, Il Tempo. Però poi non gli sta bene questa faziosità estrema e indigesta e allora meglio leggere L’Unità, almeno c’è il ragionier Fantozzi e lì i giornalisti scrivono bene e sono bravi. Però sono bravi anche quelli del Secolo d'Italia.

Insomma, il dilemma è grande, insuperabile. Intanto Marco, nell’incertezza e nella più totale confusione, ha sospeso l’acquisto e la lettura di tutti questi giornali, nessuno escluso. Ormai, per sapere che cosa succede nel mondo, legge solo il New York Times, il Washington Post, Le Monde. Però in questi giornali si parla sempre male dell’Italia, la si dipinge come una Babele indecifrabile, il teatro dell’assurdo, il Paese di Pinco Pallino. E a Marco dispiace troppo, gli si gonfia il cuore e allora richiude quelle pagine e quei siti internet e non legge più neppure quei giornali. Insomma, Marco da qualche mese non ha più notizie. Gli spedite urgentemente un giornale indipendente, che lo informi davvero sui fatti, lo aiuti a decifrare il presente e non gli confonda più le idee?

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

sabato 10 ottobre 2009

C'è più comfort a... guardare il mondo da qualche centimetro più in giù

E’ la donna dinamica, certo, quella che gli impegni di lavoro imbrigliano fuori casa quasi tutto il giorno, ma che non rinuncia a femminilità e comfort. L’identikit emerge dalla girandola di consuete dichiarazioni a raffica rilasciate dai nostri più grandi stilisti ogni volta che presentano una nuova collezione. E’ questa la donna del Duemila e qualcosa, griffata al punto giusto, maniacalmente seducente.
Però, a ben guardare la scarpa nella foto, regina delle ultime sfilate e colpevole di aver trascinato in ginocchio più di una modella che tentava di galleggiarci sopra, non si può non notare, nel ragionamento dei nostri stilisti, qualche grinza, di quelle da far rabbrividire qualsiasi tessuto, se avesse un’anima.

Perché qualcosa proprio non va. Nel senso che, anche a volercela mettere tutta, esercitandosi per ore intere su e giù per il corridoio di casa con un libro in testa e il pigiama di flanella addosso, come fa una donna “normale” a indossare queste scarpe? Anzi, per l’esattezza, la donna “dinamica e che non rinuncia al comfort”, per dirla come i nostri cari stilisti? Bisogna ammetterlo: il corridoio di casa è assai diverso dalle strade asfaltate e brulicanti di tram e auto delle nostre città.
Mettiamo caso che una donna, seppur dinamica e seducente, debba calzare le scarpe della foto in non più di cinque secondi, uscire di casa, recuperare il ritardo in cui si trova e prendere al volo il primo mezzo urbano per raggiungere al più presto il luogo di lavoro. Le cose sono due: o il tacco s’infilza da qualche parte, oppure i piedi e la colonna vertebrale si vanno a fare… un bel giretto dall’ortopedico. Vi prego, cari stilisti, la donna dinamica e seducente, se proprio non vuole rinunciare al proprio comfort, ha bisogno di abbassare la cresta di qualche centimetro. Questione di humanitas…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 9 ottobre 2009

La fissa di Jane

Jane odiava la fissità. Di uno sguardo, quando restava sospeso su qualcosa o qualcuno per troppo tempo. Di una situazione, quando all’orizzonte non s'intravedevano le sfumature di colore, di un pensiero quando si ostinava a restare sempre uguale a se stesso, di un'immagine o di un ragionamento quando era a una sola dimensione, come le figure geometriche piane, dai contorni scolpiti. Jane odiava la fissità di certi rapporti, di certe dinamiche, di certe regole e perfino dell’espressione del suo volto e di quella persa nel vuoto delle decine di persone che incontrava ogni mattina sull’autobus.
A Jane la fissità faceva paura. Le apriva uno squarcio immenso nel petto. Al solo pensarci, la terra le sembrava franare sotto i piedi.
Non sopportava neppure la fissità degli orari con cui era costretta a scandire le sue giornate, sempre uguali a se stesse.
Ma ultimamente c’era una fissità che Jane proprio non riusciva a comprendere. Quella del luogo che era obbligata a frequentare ogni giorno. Sempre lo stesso, sempre quello. Stessa stanza, stesse pareti bianco sporco, stesso squallore che trasudavano i muri con spietata malvagità, stesso insopportabile odore di rancido. Un cono d’ombra nel quale veniva spinta da una forza più grande di lei, contro cui non riusciva a contrapporsi. Era come se la spingessero lì le possenti braccia di un mostro invisibile.
Quello era un luogo grigio, anonimo, privo di senso. E Jane odiava la fissità di quelle ore interminabili trascorse sul niente. Il pensiero di doverci restare quando al di là della cortina di ferro di quelle pareti c’erano il mondo, la vita o semplicemente il tiepido sole di ottobre che accarezzava dolce le strade e i monumenti di Roma, le metteva angoscia e un sottile dispiacere.
A quella fissità avrebbe voluto ribellarsi, ma sapeva che in fondo non ci sarebbe mai riuscita. Neppure ora che aveva imparato a camminare leggera, come si fa sulle acque, e a respirare piano, senza fare rumore. /…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 6 ottobre 2009

Noi siamo i mejo giovani

E’ l’infiltrata speciale del Festival Internazionale del Film di Roma. Giorgia Meloni quest'anno trascinerà il suo Ministero della Gioventù sul red carpet. A passo di marcia. Due le iniziative: New Cinema network Lab, un laboratorio speciale dedicato a giovani registi e produttori per "dar loro la possibilità di partecipare al festival a fianco dei big del cinema. Professionisti al massimo livello, da cui imparare i segreti del mestiere e a vivere l'audiovisivo non come un'attività solitaria ma come condivisione creativa", spiega il Ministro.

E da quest'anno l'impegno nella creazione di un nuovissimo premio fuori concorso, intitolato "La Meglio Gioventù" e dedicato al film della Selezione Ufficiale dalla maggior valenza educativa, capace di trasmettere con più efficacia "valori positivi", come coraggio, libertà, solidarietà e amor di patria.
"La Meglio Gioventù è varie cose – dice la Meloni - è una raccolta di poesie friulane di Pasolini, una canzone alpina e il titolo del bel film di Marco Tullio Giordana. Abbiamo utilizzato questa dicitura abbastanza comunemente nel lavoro Ministero per fare 'controinformazione' rispetto ai media che dei giovani mostrano solo il lato deteriore, mentre noi vogliamo mettere in luce quanto vi sia di bello in questa generazione, che per la prima volta si trova di fronte a condizioni peggiori di quelle affrontate dai propri genitori e dai propri nonni". Per questo il premio è dedicato alle opere "che siano un esempio per i giovani, che li sappiano rappresentare o che siano in grado di trasmettere loro un messaggio positivo".

Ad assegnare il riconoscimento sarà una giuria di 10 giovanissimi aspiranti critici e produttori (indicati rispettivamente dal festival e dall'associazione "Giovani Produttori") e presieduta dall' onnipresente Federico Moccia. Il Premio sarà consegnato al vincitore il 22 ottobre, nell'ambito di un evento organizzato dal Festival di Roma, che sarà anche l'occasione per presentare prima della sua uscita nelle sale il cortometraggio "AutoVelox". Realizzato su iniziativa del Ministero della Gioventù e interpretato, tra gli altri, da Nicolas Vaporidis, il corto mira a sensibilizzare il pubblico sul tema della sicurezza stradale e, precisa Giorgia Meloni, "è uno degli strumenti che utilizziamo per raggiungere i giovani in maniera innovativa, e tra l'altro a costo 0, visto che tutti vi hanno partecipato a titolo gratuito". E se le offrissero una parte?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 3 ottobre 2009

Gigi D’Alessio torna in sé(i)

Si era piacevolmente smarrito tra le pieghe del rinnovato décolleté della sua amata Anna e ormai, affogato nel mare infinito del gossip, sembrava risalire a galla a stento, per scrivere melodie suadenti e dolci parole solo per lei.
Ma un bel giorno, Gigi D’Alessio rientra nei suoi panni e ritorna con “6 come Sei”, il nuovo album uscito lo scorso 18 settembre, pubblicato dalla sua etichetta Ggd Productions e distribuito da Sony Music, in vendita al prezzo speciale di 10,90 euro.

Sei storie, sei canzoni. Sullo sfondo, l’esortazione a essere se stessi. “Non riattaccare”, il singolo che ha annunciato l’arrivo del nuovo album, trasmesso da tutte le radio dal 28 agosto, parla della gelosia. Ma nessun autobiografismo, assicura il cantautore napoletano.
Fin dalle prime note del brano, si ritrova il D’Alessio di sempre, quello delle ballate melodiche e popolari, quello degli esordi, quello sentimentale e scapigliato di “Non dirgli mai”, il brano sanremese del 2000 che lo consegnò al grande pubblico, quello dei ritornelli soffici e orecchiabili. Ecco, Gigi D’Alessio ha capito, per fortuna in tempo, che il pubblico aveva bisogno di ritrovarlo al più presto, e di ritrovare il figlioccio di Mario Merola tale e quale a come l’avevamo lasciato qualche tempo fa. Bentornato Giggggi, un po' eterno scugnizzo, un po' Frank Sinatra ‘e Napule. E ora, per favore, lasciatelo cantare, per Cient'anne almeno.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 2 ottobre 2009

Un po' fuori. Per portarsi a casa un premio da ridere

Erasmo da Rotterdam nel suo ‘Elogio’ la descrive come una dea in veste di donna, bollandola come l’unica guida per accedere alla vera Sapienza. E’ la Follia, che regala a chi ha affidato tra le sue braccia i propri neuroni un premio Nobel. Anzi, IgNobel, il riconoscimento alle idee e ai progetti più bizzarri, assegnato in pompa magna presso la sede dell’ Università di Harvard durante una cerimonia organizzata dal magazine Annals of Improbable Research. Come avviene ogni anno dal 1991, il comitato di giudici dell’edizione 2009 ha nominato un vincitore per ciascuna delle 10 categorie in concorso.

Il Giappone si è guadagnato il premio per la biologia grazie a uno studio su come ridurre del 90 per cento i rifiuti domestici attraverso i batteri contenuti nelle feci del panda gigante. Passando poi alla medicina, il californiano Donald Unger è stato premiato per aver dimostrato che – al contrario di quanto gli diceva la mamma quando era piccolo – far scrocchiare le dita delle mani non provoca l’artrite. A tal fine Unger ha fatto scrocchiare le dita della mano sinistra ogni giorno, per 60 anni. Nel settore salute pubblica è stato premiato il reggiseno che in caso di necessità si trasforma in maschera anti-gas per due persone, mentre in campo veterinario ha vinto la dimostrazione che le mucche cui è stato dato un nome producono più latte di quelle anonime.

L’ IgNobel per l’economia è andato ai direttori di tre istituti di credito islandesi, che con il crac hanno dimostrato come le fluttuazioni dei mercati finanziari possono trasformare le piccole banche in grandi banche e viceversa, arrivando perfino a demolire l'economia di una nazione. Non male in tempi di recessione come i nostri.
Il premio per la migliore follia in campo matematico è andato al governatore della Reserve Bank dello Zimbabwe, Gideon Gono, che per consentire alla popolazione locale di prendere confidenza con i grandi numeri ha fatto stampare banconote in tagli che vanno da 1 centesimo fino a 100 trilioni di dollari del Paese. Un gruppo di antropologi americani si è aggiudicato il premio per la fisica, fornendo la spiegazione del «perché le donne incinte non cadono in avanti», mentre nel campo della chimica è stato premiato un team di scienziati messicani che con la tequila hanno creato pellicole di diamante.


L'IgNobel per la letteratura è andato alla polizia irlandese, che per più di 50 volte ha multato l’automobilista più indisciplinato del Paese, Prawo Jazdy, ovvero “patente di guida” in polacco. Infine, il prestigioso IgNobel per la pace è stato vinto da un team svizzero che ha condotto uno studio per comprendere se sia più pericoloso essere colpiti in testa da una bottiglia di birra piena o da una vuota. Pare che a far più male sia la bottiglia vuota. Sarà... In fin dei onti, l'importante è che non sia vuota la testa.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 1 ottobre 2009

Lo scudo fiscale o lo scudo di Achille?

Onorevole, baciamo le mani… Per scongiurare l’approvazione dello scudo fiscale, il cui voto definitivo è slittato alle 13 di domani, Antonio Di Pietro si è travestito da galantuomo. Di quelli veri, che nell’espressione del volto e nella postura non tradiscono la benché minima incertezza. Espressione convinta, abiti folk incisivi e il solito slang dipietrichese. Così, proprio come nella foto che vedete, l'ex pm di Mani Pulite ha resistito per l’intera mattinata davanti a Montecitorio, insieme al resto dell’esercito dell’ Italia dei Valori. Senza kalashnikov, ma a momenti con la lupara in tasca. Perché con questo governo ci vogliono le maniere forti.

«La mafia ringrazia», c’era scritto sui cartelli innalzati da qualche decina di militanti, che hanno intonato slogan come «Lo scudo fiscale serve al principale». Tutti indossavano le magliette «Giorgio non firmare», e dalla piazza, lo stesso Di Pietro ha rinnovato «l’ultimo, estremo appello» al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Fermi una norma che sancisce definitivamente l’aiuto del Parlamento alla mafia. Chiedere a Napolitano di non prestarsi a questa opera mafiosa è un dovere di ogni cittadino che di fronte a un Parlamento che fa leggi a esclusivo vantaggio dei delinquenti non può che rivolgersi all’ultimo baluardo di democrazia». Gli stessi slogan li ha portati all'interno dell'Aula il deputato dipietrista Francesco Barbato, che ha mostrato volantini e indossato sul viso un foulard con l'esortazione al presidente della Repubblica a non avallare il provvedimento.

Un appello che l’Idv rivolge «con la dignità di una forza politica che già sarebbe riuscita a fermare questa legge, se al momento del voto sulle pregiudiziali di incostituzionalità tutte le opposizioni fossero state presenti in Aula». Ora resta solo «l’ultimo baluardo», cioè il Capo dello Stato, per riuscire a fermare "una legge che - insiste Di Pietro - fa sì che soldi che provengono da delitti possano essere utilizzati. Finora era vietato dal 648 comma bis e comma ter del codice penale, ora si introduce il 648 comma Silvio".
A questo punto, meglio lo scudo di Achille, quello originale, forgiato dal dio Efesto e descritto nel XVIII libro dell'Iliade? Quanto meno rappresenterebbe la città ideale, quella che non siamo ancora riusciti a trovare. Oppure, in alternativa, la spada di Damocle.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)