sabato 27 febbraio 2010

Ribas-Travaglio: gossip zero

Nessuna tresca tra Marco Travaglio e Ana Laura Ribas. Lo assicura lei direttamente dal parterre d’ onore alle passerelle di moda milanesi, in scena in questi giorni con la nuova collezione autunno-inverno 2010-2011. E così, dietro l’incontro tra i due in un ristorante romano non c’era proprio un bel niente, nonostante le audaci insinuazioni di Lele Mora. Tra il giornalista più scomodo e fazioso del panorama mediatico e la showgirl brasiliana nessuna presunta relazione. Non solo. La Ribas tiene a sottolineare che oltre a una profonda stima per Travaglio non ci sarebbe neppure un’amicizia.Lo conosco e basta. Non è neppure un mio amico”, ha precisato l’ex velina , oggi speaker radiofonica su Rtl 102.5.

Certo, se la storia della loro relazione fosse stata vera, sarebbe stata una gran notizia. Non tanto per il fatto in sé, ma perché avrebbe dimostrato che le accuse rivolte a Travaglio del direttore di Libero Maurizio Belpietro e del vicedirettore del Giornale Nicola Porro durante la recente burrascosa puntata di Anno zero, che sembrava aver messo in forse perfino la sua partecipazione al programma, se non altro lo avevano fatto riflettere. E a tal punto da indurlo sul serio a cominciare a cambiare genere di frequentazioni. E invece…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 25 febbraio 2010

L'isola dei caduti

L’isola dei famosi edizione numero 7: prima puntata all’insegna della sfiga vera per il reality di Raidue condotto da Simona Ventura. Caduta all’indietro della conduttrice rampante in abito blu targato Armani. Caduta di stile di Loredana Lecciso che, non avendo retto alla prova del fuoco, dovrà accenderselo da sola. Riuscirà, da brava naufraga, a far definitivamente naufragare le sue maldestre ambizioni televisive vaganti? Cadute “sinistre” dall’elicottero, con tanto di infortuni per Luca Ward alla schiena, Mastrostefano alla caviglia, Claudia Galanti al "lato b". L'infortunio più serio però è quello capitato a Denis Dallan, giocatore di rugby: il concorrente trevigiano infatti sembra aver subito una distorsione al ginocchio e alla caviglia.
Caduto dalle nuvole l’inviato speciale Rossano Rubicondi, poco sintonizzato coi naufraghi (ma si può sempre migliorare) e con le loro “ansie da prestazione”.
Poco male. L’importante, come dice SuperSimo, non è cadere, ma sapersi rialzare. E portarsi sempre in tasca il famigerato cornetto rosso. Alla prossima caduta!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 24 febbraio 2010

Sanremo 2010: lo specchio di un’Italia corrotta

Il Festival d Sanremo è proprio lo specchio dell’Italia. Rappresenta fedelmente il nostro Paese. Ne fa un ritratto spietatamente realista. Se infatti i giornali e i mezzi d’informazione ci parlano ogni giorno a tutti i livelli di inchieste, frodi, truffe, rapine, l’ evento nazional-popolare per eccellenza non poteva certo esimersi da tutto questo, rappresentare un’Italia sana, onesta, decorosa, leale, franca e trasparente come l’acqua cristallina, mettendo in scena una gara canora vera e competitiva nel senso più bello e letterale del termine. Sarebbe stato questo il vero bluff.

Grassetto
E allora… non poteva essere altrimenti. Ed ecco un Sanremo truccato, un televoto sabotato, un Festival corrotto. Lo ha svelato molto bene l’Avvenire, coi dati alla mano, a confermare la pioggia di polemiche partite già subito dopo la proclamazione dei vincitori sul palco dell’Ariston. La rivelazione è questa: nonostante i fischi, non si sa bene come, ma il contestatissimo trio Emanuele Filiberto-Pupo-Luca Canonici, col brano “Italia amore mio” stava davvero per vincere il Festival. Infatti alle 23.12 di sabato i magnifici tre avevano raggiunto il 32,95 per cento dei voti ed erano primi, con 212.482 preferenze, come rivela Avvenire in un articolo di Gigio Rancilio, a fronte dei 135.588 di Valerio Scanu, che si sarebbe dovuto piazzare al secondo posto e gli 80.287 voti di Marco Mengoni, che in ogni caso sarebbe rimasto al terzo posto. Dunque misteriosa accelerazione con tanto di sorpasso all’ultima ora, anzi, negli ultimi 53 minuti. Il televoto resta inspiegabilmente aperto fino alle 00.32 e 58 secondi. E il ribaltone, come previsto da copione, di fatto avviene. In conclusione: agli orchestrali non è rimasto che lanciare all’aria gli spartiti, il pubblico in sala ha continuato a riempirsi la bocca di fischi, la Clerici si è affrettata a concludere, il principe e Pupo hanno promesso che la loro canzone girerà il mondo. E il televoto? Ha regalato alla Rai un business da guinness dei primati: con un pacchetto di 3.606.950 televoti al costo di 0,75 euro l’uno, sono entrati in cassa ben 2.705.202,50 euro. Meglio di così…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 23 febbraio 2010

La principessa Sissi: il passo azzardato di Cristiana Capotondi

C’era una volta l'affascinante Romy Schneider nel ruolo che le fu più caro e la portò alla ribalta del cinema mondiale: quello della principessa Sissi. Adesso nello stesso ruolo c'è Cristiana Capotondi, eroina del nostro cinema giovanilista, che domenica 28 febbraio e lunedì 1 marzo ne vestirà i sontuosi abiti nella miniserie in onda in prima serata su Raiuno. Un kolossal da 12 milioni di euro. Una coproduzione internazionale guidata dalla Publispei di Carlo Bixio, in collaborazione con la tedesca Eos e l'austriaca Summerset per Rai Fiction, Orf e Zdf. Un cast stellare: David Rott, lo Scamarcio tedesco, è Franz Joseph; Martina Gedeck (protagonista de Le vite degli altri) è l'arciduchessa Sophia; Licia Maglietta (Ludovica, madre di Sissi). E tra gli altri Andrea Oswart e Christiane Filangieri. La regia è di Xaver Schwarzenberger, la sceneggiatura di Ivan Cotroneo e Monica Rametta. Le musiche sono di Pino Donaggio.

Un passaggio di testimone azzardato ma audace, per la trentenne romana che col suo pallore lunare, i tratti svedesi e l’aria da timida è arrivata al grande pubblico grazie al film Notte prima degli esami, pellicola giovanilista partorita nel 2006 dalla mente di Fausto Brizzi (su quel set incontrò il suo ormai ex Nicolas Vaporidis). Nella sua carriera cinematografica non manca un cinepanettone (nel ’95 esordisce nel grande schermo con Massimo Boldi in Vacanze di Natale, e non mancano neppure un paio di miniserie tv con Carlo Vanzina (Anni ’50 e Anni ’60). Nel 2001 in Compagni di scuola aveva recitato coi sex simbol più noti del cinema di casa nostra, Riccardo Scamarcio e Laura Chiatti. Nel frattempo, nel 2005 aveva trovato anche un po’ di tempo per laurearsi in Scienze della Comunicazione all’Università La Sapienza di Roma con 110 e lode.

Indossare costumi d’epoca non è una novità per la Capotondi, già protagonista de Il giovane Casanova con Stefano Accorsi e della serie Orgoglio e che nel 2007 si era trasferita a Catania per girare tra le strade del centro storico I Vicerè di Roberto Faenza, anch'esso un film in costume. L'attrice romana è sempre apparsa in pubblico con un’immagine di ragazza perbene, secchiona, perfettina e pignola. Pochi vizi, molte virtù e tanta voglia di imparare. Peccato che fai notizia solo quando ti comporti in modo sbagliato e fai qualcosa di moralmente riprovevole”, aveva dichiarato qualche anno fa con un filo di amarezza in un’intervista al settimanale “Vanity Fair”. Adesso la vedremo interpretare la favola triste della principessa tanto amata, fragile, intensa, idealista e romantica, dall'aria sognante e sofferta. Ce la farà, pur con la sua vaga somiglianza, a reggere il duro confronto con l’insuperata Romy Schneider? Forse no. L’ importante è che quantomeno non la faccia rimpiangere troppo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 21 febbraio 2010

Sanremo 2010: vince Valerio Scanu, ma soprattutto il televoto. E la giuria demoscopica va in vacanza

E alla fine ha vinto lui. Valerio Scanu, il volto pulito del programma per giovani talenti musicali più amato dai ragazzi. Ma soprattutto lei, nostra signora di Canale 5 Maria De Filippi, più che mai defilata. Nell'era dei talent show, "Amici" vince a pari merito con "X Factor" (Tony Maiello, pupillo d Mara Maionchi ha vinto tra i giovani). Ma la consorte di Maurizio Costanzo, sua eminenza grigia, anzi, bionda, del Festival e regina incontrastata delle ultime due edizioni vince su tutti. E ancora una volta vince la Sardegna (Scanu è de La Maddalena), proprio come un anno fa con Marco Carta, pure lui sardo, pure lui pischello in cerca di fotuna, allevato dalla scuderia di "Amici".

Vittoria consumata in fretta, senza troppi giri di parole, con l’approvazione di Marco Mengoni, del trio Pupo-Emanuele Filiberto-Luca Canonici e, naturalmente, di Antonella Clerici, contenuta nella sua flemma, nel suo chignon e nel suo abito nero, in un Festival totalmente in mano al televoto. Un televoto che sa di bruciato. Non si sa quando è stato aperto, ma soprattutto quando è stato chiuso, visto che sono mancati del tutto sul palco gli annunci ufficiali di apertura e chiusura da parte della conduttrice. Un Festival che ha mandato forse definitivamente in cassa integrazione la giuria demoscopica, sempre più una cariatide sfilacciata nei meandri dell’Ariston, senza alcuna voce in capitolo. Questa è stata la novità assoluta della sessantesima edizione del Festival. Ormai comandano loro, i telespettatori da casa, quelli senza nome e senza volto che votano digitando il codice con le dita. Chi saranno stati? Giovani, anziani, bambini? Fan, amici, parenti, conoscenti o sinistre compravendite? Poco importa. Ciò che conta è che hanno riammesso il loro idolo in gara dopo l’espulsione. E non solo. Regalandogli una tempesta di voti, alla fine ne hanno decretato la vittoria. Ecco. Al Festival di Sanremo ormai è cambiato davvero tutto.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 18 febbraio 2010

Sanremo 2010: un Festival super casual

Che fine hanno fatto gli atelier più prestigiosi d’Italia? Le griffe più in voga del momento, dal made in Italy di Valentino, Giorgio Armani, Versace, Roberto Cavalli, Dolce e Gabbana, ecc. ai grandi nomi internazionali del calibro di Diane Von Furstenberg? Che fine ha fatto il pret-à-porter di lusso prestato allo spettacolo? Quello che riempiva di stuzzicanti note di costume fior di pagine di giornali? Quest’anno nei pianeti gossippari che ruotano intorno al Festival di Sanremo edizione numero 60 l’ultimo argomento di cui si parla è quello degli stilisti che hanno vestito la conduttrice e i cantanti in gara. Una brevissima nota su Gai Mattiolo che con le sue paillettes fascia la burrosa Antonella Clerici. Poi, per il resto, il buio più nero. Non a caso, la prima cosa che balza all’occhio è non solo l'assenza di grandi firme della moda, ma la mancanza assoluta di eleganza, ricercatezza, chiccheria negli abiti e negli accessori per lasciare il posto all'ordinarietà, alla sciatteria e alla trasandatezza del look sul palco dell’Ariston.

Vabbè, Sanremo è una kermesse canora. Le canzoni e le voci, le melodie e le note, innanzitutto. Eppure chi non ricorda ancora le gare di eleganza combattute a colpi di corpetti e code di chiffon tra le due vallette (da Anna Falchi-Claudia Koll ad Arcuri-Belvedere, da Cuccarini-Parietti-Carlucci fino a Bianca Guaccero e Andrea Osvart). Per non parlare poi, senza scomodare l'alta moda, dei giochi di stile di Anna Oxa nelle sue mirabili performance canore, in cui da abile sperimentatrice, tra un gorgheggio e l’altro si divertiva a sfoggiare ardite e inedite combinazioni di stile, solleticando la curiosità dei tanti giornalisti-inviati, oltre che del pubblico. O ancora delle irrefrenabili provocazioni modaiole di Loredana Bertè, che nel lontano 1986 osò cantare il brano scritto per lei da Mango, “Re”, in minigonna e finto pancione da nono mese di gravidanza.
In questa edizione nessun artista gioca, osa e scherza più di tanto con la propria immagine. Stavolta a farla da padrone sono esclusivamente le rime baciate dei testi delle canzoni in gara e i prodotti piacioni da talent show col loro abbigliamento casual e ultra minimalista. Come a dGrassettoire: quest’anno al Festival, più che la moda vera e propria, vanno di moda le canzoni. Sperando che non si avveri la triste profezia di Fabrizio De Andrè che nel 1985, un anno prima della bomba Bertè, dichiarava: “Quello che mi disturba del Festival è che non serve quasi mai ad aiutare un talento, ma troppo spesso a fabbricare illusioni". E non aveva ancora visto una sola puntata di “Amici” e “X Factor”…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Ritorno in grande stile per la raffinata Sadè, pocahontas del cool jazz

E’ in vetta alla classifica degli album col suo “Soldier of love”(etichetta Suk/Sony). Dopo dieci anni di assenza Sadè, nelle vesti impalpabili di amazzone, immersa anima e corpo in atmosfere oniriche, torna alla ribalta del pop, sempre con la solita raffinata miscela di rhythm’n’blues e jazz , sempre da reginetta del cool. Per la nigeriana cresciuta in Inghilterra, patita del black-soul e di Curtis Mayfield e Marvin Gaye, da giovanissima la musica non era esattamente nei suoi programmi, visto che studiava da stilista alla St. Martin ‘s School di Londra. Ma poi arrivano gli anni Ottanta e il gruppo di latin funk, denominato prima "Ariva", poi "Pride". E Sadè si trasforma d’incanto in raffinata interprete di r’n’b. Da lì nasce “Smooth operator”, che in un paio d’anni diventa il suo singolo più famoso. E nel 1984 il primo album, “Diamond Life”.

Sadè incanta con melodie sempre più sofisticate, brani dove si respira il soul della Motown ma anche il pop più tradizionale e bianco, in cui jazz e un groove pacato e suadente diventavano la base su cui adagiare accattivanti ritmi di samba, come in "When Am I Going To Make A Living", o delicate canzoni d'amore quali "Your Love Is King", scelta come singolo di punta e destinato a diventare uno tra i maggiori successi pop degli anni 80.
Dopo la vittoria del Grammy nel 1985 come "Best new artist" il Time la porterà in copertina con il titolo di "Queen of Cool", termine anche musicale per indicare tutto ciò che è "calmo" e "rilassante". Nonostante non fosse un'artista pop in senso stretto, genere in cui l'iconografia è fondamentale, Sade diventerà trend-setter di una sorta di revival musicale e non, tutto giocato sulle atmosfere "old-style" anni ‘40, verrà persino chiamata a recitare una parte nel film di Julian Temple del 1986 "Absolute Beginners" (con David Bowie e Patsy Kensit) ma soprattutto diverrà l'artista di punta (e unica a conquistare in modo duraturo anche il mercato americano) di quel movimento soul tutto inglese che annoverava tra le sue fila Everything But The Girl, Matt Bianco e Style Council (denominato appunto cool-jazz-pop) e che, passando per Simply Red e Lisa Stansfield, sfocerà nell'acid jazz all'alba del decennio successivo.

Oggi Sadè torna con le atmosfere di sempre. Dunque sempre fedele a se stessa, pur in continua evoluzione. In tutte le dieci tracce dell'ottavo album “Soldier of love” si avverte delizia in ogni sua sfaccettatura. La voce è perfetta, fluida, profonda, quasi irraggiungibile. Le melodie sono soffici e ipnotiche. E arrivano già ascoltando il primo brano, “The Moon and the Sky”, burroso ma non smielato, intriso di ritmi soul davvero incantevoli.
Scorrono altrettanto belli e delicati su un dolcissimo tappeto sonoro anche i pezzi "Morning Bird", "Babyfather" e "Long Hard Road", dove pianoforte e voce - come in "Morning bird"- regalano all'ascoltatore una formula quasi magica, quella di sognare ad occhi aperti paesi lontani. “Be That Easy”, “Bring Me Home”, “In Another Time” e “Skin” sono brani dal sapore primaverile e autunnale allo stesso tempo, tutti concentrati in uno stile che sta in perfetto equilibrio tra la forma stilistica di Sade (quella soul jazz) e la forma canora che la rende carismatica. Infine “The Safest Place”, l’ultimo brano, traccia dal sapore elegante, equilibrato e affascinante. Per sprofondare negli abissi più profondi del sogno.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 17 febbraio 2010

Sanremo senza scale: non si scende e manco si sale

E in tarda mattina arriva a sorpresa la notizia. E la brutta bestia dell' Auditel appare ora la creatura più amabile del pianeta. Hanno seguito la prima serata del Festival di Sanremo quasi 11 milioni di spettatori, un po' di più dell'anno scorso, con uno share del 45 per cento. Mica male per un Festival... iridescente? Ma solo per le paillettes sull’abito rosso di Antonella Clerici. Rinvigorente? Il passaggio di testimone da parte di Bonolis-Laurenti. Giovanilista? Se non fosse stato per Valerio Scanu e Marco Mengoni, ragazzi di belle speranze e prodotto da talent show, tra i promossi della serata insieme a Irene Grandi, Arisa e Simone Cristicchi sarebbe rimasto ben poco.

Festival senza scale? Nell’era Avatar ora è tempo di odissee spaziali e dischi volanti. Dunque, addio a ingressi trepidanti, fissando ogni gradino con lo sguardo. Festival dilettantesco? Emanuele Filiberto però è stato subito eliminato, e con lui Pupo, Luca Canonici e l’amor patrio. Festival matronale? Ci ha pensato Susan Boyle con la sua figura massiccia. Festival erotico? Dita Von Teese, per l’occasione, si è tuffata nella sua gigantesca coppa di champagne senza troppe bollicine. Festival sportivo? Quasi... Antonio Cassano si lancia in battute in barese rivolte a Marcello Lippi, dedicandogli il celebre brano “Pigliate ’na pastiglia”. Festival spettrale? C’è il fantasma di Morgan che aleggia tra le poltroncine di porpora dell’Ariston. Tant’è che la Clerici declama i versi della sua canzone: “Quando ormai mi credevo disperso/Con stupore immenso tutto ritorna per me ad avere un senso”. Il commento a distanza dell’ex dei Bluvertigo? “L’ennesima boiata pubblicitaria in perfetto stile sanremese. Usano il mio caso per farsi pubblicità. Nella lettura ha perfino sbagliato alcuni passaggi”. Ma si sa, Morgan non è uno che le manda a dire. Subito esclusi dalla giuria demoscopica, oltre al principe & co. anche Toto Cutugno e Nino D’Angelo. Ma potrebbero sempre essere ripescati. Per carità, al peggio non c’è mai fine.
Ultima nota: tra tutti gli aggettivi usati per definire questo Festival, ne manca solo uno, il più importante e significativo: originale? Poteva esserlo, ma non è stato. Certo, ancora presto per dirlo. Ma se il buongiorno si vede dal mattino...

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 15 febbraio 2010

E se Giorgio Mastrota si ribellasse al suo destino?

Insomma, a lui è toccata. Qualcuno gli ha assegnato un ruolo televisivo. E quel ruolo gli è rimasto addosso come un marchio a fuoco sulla pelle: fare il mattatore delle televendite, persuasivo e convincente. Inneggiare a pieni polmoni all'offerta speciale, al risparmio, al confort e all'acquisto. E dopo anni non glielo leva più nessuno. Probabilmente neppure lui se lo sarebbe mai aspettato. Magheggi dello show business, se Giorgio Mastrota, volto noto e rassicurante delle reti Mediaset, ormai sembra destinato a fare solo quello: le televendite. Compare sempre nell’intervallo pubblicitario. Prima con la rossa Patrizia Rossetti, ora per lo più in compagnia della bionda pin up Gisella Donadoni. Così, tra una soap opera e l'altra, dopo un'amabile sigletta, Mastrota appare sullo schermo decantando con scioltezza, uno ad uno, gli innumerevoli pregi di materassi e pentole: quelli più evidenti e quelli più nascosti, i veri e i presunti.

Lontani i tempi di “Bellezze al bagno”, “Buongiorno amica” e “Il nuovo gioco delle coppie”, quando Giorgio Mastrota conduceva un programma tutto suo. Dal 1995 l’incontro col mondo degli spot televisivi gli ha segnato la vita, trasformandolo da conduttore a venditore appassionato. Tant'è che con gli amici e i colleghi che lo sfottono per questo lui non sembra affatto prendersela più di tanto. Ma a che cosa è dovuta questa svolta professionale? Ai postumi della separazione con la soubrette spagnola Natalia Estrada, avvenuta nel lontano 1998? A una forma di sfiga latente? All’ impossibilità di convincere chi di dovere a fargli fare qualcos’altro? Chissà… Piccola curiosità: è possibile che Mastrota non sappia più fare il conduttore, esprimere a pieno la propria personalità, stare al timone di uno show o magari di un gioco o ancora fare l’inviato di un reality, così come ha fatto Marco Liorni col “Grande Fratello” fino alla settima edizione? Certo, un bel giorno, e non ci sarebbe nemmeno da stupirsi così tanto, il simpatico televenditore lanciato da Gianfranco Funari potrebbe anche stancarsi di questo ruolo fisso e immutabile. A quel punto, si spera solo che non decida di fare il valletto, la comparsa cinematografica o il figurante di un presepe vivente.

Elena Orlando (e
lyorl@tiscali.it)

giovedì 11 febbraio 2010

Arisa nel paese delle meraviglie

Un anno fa sembrava l’ennesima pagliacciata in perfetto stile sanremese. Il clown Arisa fa la sua comparsa al Teatro Ariston, che sembra trasformarsi apposta per l’occasione nel circo Astley, dove Burt alla fine del Settecento si divertiva a fare il verso ai cavallerizzi. Lei col brano ‘Sincerità’, i suoi occhialoni vintage, l’espressione burlesca e un’immagine decisamente buffa, il verso invece l’ha fatto ai malpensanti, sedicenti anticonformisti tutto fumo e niente arrosto. Io, sembrava dirgli, a dispetto vostro e delle vostre presunte bizzarrie, cerco la mia bella casettina in Canadà, un amore solido, una famiglia felice e tanta tanta normalità. Risultato? Il personaggio perfettamente riuscito portò a casa una bella vittoria tra le Nuove Proposte. Non male come primo traguardo ufficiale per Rosalba Pippa, nata a Pignola, in provincia di Potenza 28 anni, fa sotto il segno del Leone.

Quest’anno Arisa ci riprova. Stesso look, stessa dichiarazione d’intenti: recitare la Bibbia dei buoni sentimenti. “Può scoppiare in un attimo il sole/Tutto quanto potrebbe finire/Ma l’amore, ma l’amore no”, è solo l'incipit di “Malamorenò”, il nuovo brano scritto dal fidanzato Giuseppe Anastasi, che presenterà a Sanremo tra qualche giorno insieme al Trio di drag queen “Sorelle Marinetti”, vocalist “en travesti”in perfetto stile Trio Lescano.
“Mi piace dire cose importanti utilizzando una melodia orecchiabile, immediata, che arrivi subito”, dice Arisa. A costo di essere presa a pomodori da tutti quelli che si aspettano sempre a tutti i costi, perfino a Sanremo, prodotti di una certa levatura intellettuale. Ci si augura solo che riesca a meravigliarli, scandalizzarli e indignarli come e più dell’anno scorso. In bocca al lupo!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 9 febbraio 2010

Vittorio Sgarbi al GF 10?

Nel tiro a segno del GF 10 ora ci sono ben sette persone: Gianluca Bedin, Mauro Marin, Carmela Gualtieri, Carmen Andolina, Cristina Pignataro, Veronica Ciardi e Mara Adriani, tutte in nomination, tutte nelle mani dei telespettatori. Mauro è sempre più Cerbero. A detta dei compagni, un vero mostro di falsità e arroganza. Unica e sola vittima al banco degli imputati, con tutta la solidarietà del pubblico. Alessia Giovagnoli è uscita. George e Carmela sono sempre più innamorati, nonostante il gossip al veleno, e lo ha testimoniato il loro ultimo incontro nella casa.

Risultato: uno share del 27.92 per cento, con picchi di sette milioni di spettatori intorno alle 22. E ora già si parla di Vittorio Sgarbi , palpabile guest star che potrebbe varcare la soglia d’ingresso della casa ed essere ospitato dai ragazzi per una sera. Della serie ‘aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più’, forse. La provocazione, lanciata a ‘Mattino Cinque’ dalla giornalista di Libero Alessandra Menzani, ha fatto scaldare il noto critico televisivo (si sa, quando c’è da prestare il fianco e la faccia a qualcosa di seguito e chiacchierato, Sgarbi lo fa sempre molto volentieri). Infatti, dopo aver abbracciato la giornalista, lui stesso ha dichiarato di volerne parlare subito con Salem, direttore generale contenuti Mediaset, perché la cosa possa eventualmente concretizzarsi. Tanto Sgarbi è immune. Dopo aver incontrato Vito Ciancimino a Cortina tra il ’93 e il ’94 a mezzanotte all’Hotel Savoy ed essere rimasto con lui per ben cinque ore di fila ad ascoltare la sua vita, incontrare i ragazzi del Gf sarà per lui quasi come andar per chiese di notte a cercare tele inedite.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 8 febbraio 2010

La metamorfosi di George Leonard, ultimo eroe del machismo romantico: da Casanova a giovane Werther

Fosse vissuto nell’antica Grecia sarebbe stato un sofista del calibro di Protagora, che ubriavaca l’uditorio all’infinito con le sue mirabili antilogie. Prima dice una cosa, poi ne dice un’altra, contraria a quella di prima. Poi ridice quella di prima. E' fatto così George Leonard, eroe contraddittorio e controverso del machismo romantico, sciupatore di femmine pentito e ora ragazzo innamorato di Carmela. Lui, il principe del GF 10, non ci sta più. Semmai ci stava prima. Adesso con la sua vecchia vita ha chiuso. E con le (ex?..) amanti, pure. Punto e a capo. D'ora in poi si pensa solo a mantenere la promessa di matrimonio fatta alla sua farfallina davanti a milioni di spettatori, con tanto di anello di famiglia.
Insomma George, colpito dalla freccia di Cupido, si è spogliato dei panni di Casanova per essere assalito e vinto dai dolori del giovane Werther.
Necessità da copione o autenticità di sentimenti? E’ ancora presto per dirlo, nonostante le cattive insinuazioni di Sarah Nile, coniglietta in calore (qualche tempo fa spalmata con le sue grazie sulle copertine di Playboy Italia) a cui questa storia d’amore proprio non garba.
Cominciamo dall'inizio. Doveva aspettarselo, il principe di Foligno. Chi troppe ne fa… qualcuna ne sconta. E allora, subito dopo l' uscita dalla casa del GF, ecco le sue ragazze sedotte e abbandonate fare il loro ingresso, in fila per due col resto di sei, in tv e nelle riviste di gossip. Tutte lì, in bella posa pubblicitaria a raccontare all’Italia intera, che con quella promessa d’amore aveva voluto sognare ad occhi aperti e aggrapparsi disperatamente a questo sogno, le gagliarde malefatte di Mr Leonard.

E lui? Dinanzi a prove inequivocabili (le donzelle si sono presentate con tanto di sms e foto) in un primo momento non le conosce, poi le riconosce. Anzi, ne riconosce qualcuna. Nel frattempo a Carmela, ancora nella casa, il polverone sollevato dal suo amato sale agli occhi e le annebbia un po’ la vista. Ne sono prova gli ultimi confessionali conditi con l'acidità del succo di limone e contenenti messaggi chiari e inequivocabili. Ora lei si chiede se il matrimonio si farà davvero. Ma il suo George, tra una firma di autografo sul decolletè e l’altra, ha preparato una torta per festeggiare insieme il suo compleanno, rientrando per qualche istante nella casa. Il resto della love story? Ancora da scrivere...

Una cosa è certa: la redenzione paga sempre. E l’assoluzione collettiva lava ogni colpa. Che cosa c’è di meglio di un'indulgenza plenaria? George è una persona nuova. Vuole esserlo. Vuole cambiare per il bene di suo figlio. E solo questo basterebbe per accaparrarsi il sostegno e l’approvazione del pubblico (e il principe, infatti, ci sta provando). Unica perplessità: riuscirà Carmela a distoglierlo sul serio dalle sue umane debolezze? E lui ce la farà a rinunciare una volta per tutte al divertissement eccentrico col suo ormai scomodo gineceo? Chi vedrà, capirà...

Morale della favola gieffina (anche questa col punto interrogativo): possiamo credere davvero nell’amore tra i due? Morale della favola esistenziale : possiamo credere davvero nell’amore eterno? Morale della favola televisiva: possiamo ancora credere nei reality?

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

venerdì 5 febbraio 2010

Ci mancava solo l'iPad

All'iPod ci eravamo abituati. All'iPhone anche. Ma Steve Jobs, mente diabolica della Apple, stavolta l'ha fatta grossa. E ora la deriva compulsiva della web-mania è al top. Nessuno ne sarà più immune, né potrà disintossicarsi facilmente. Nei giorni scorsi Jobs sul palco dello Yerba Buena di San Francisco ha presentato al mondo intero il suo ultimo gioiello: l’iPad. Creatura ibrida, un po’ iPhone, un po’ computer portatile. Per dirla con le sue parole, "la terza via dell’informatica”. Uno schermo multi-touch da 9,7 pollici a fronte di un peso da piuma: 680 grammi per 1,27 centimetri.

E ora si salvi chi può. Si possono scaricare applicazioni da App store (140mila) riadattabili al volo per iPad e le nuove realizzate con il kit di sviluppo messo a disposizione. Ma la cosa più preoccupante è che si possono vedere film e telefilm in alta definizione, oltre che gestire la propria musica, le proprie foto, la posta e i documenti di lavoro grazie alla suite iWork (con i programmi per la produttività di Apple: Keynote, Pages e Numbers, compatibili con gli equivalenti di Office di Microsoft) e si può avere un apparecchio a 499 dollari senza connessione Umts.

Apple ha segnato un importante risultato nella creazione di questo nuovo mercato. Sì, certo. Ma le emozioni uniche nel godersi un film in una sala cinematografica, laddove le immagini dello schermo gigante e l’effetto delle luci creano quell’insostituibile dimensione da sogno? Vogliamo dire che un film visto sull’iPad è la stessa cosa? Per non parlare poi della sacralità del rito stesso di andare al cinema, ritrovarsi con gli amici, sgranocchiare pop corn e limonare al buio, in sala. Jobs vorrebbe sostituire tutto questo con una tavoletta?


Ecco, l’umanità dovrebbe cominciare seriamente a preoccuparsi. La tecnologia, sempre più invasiva, ha migliorato la qualità della vita oppure l’ha inquinata in modo irreversibile?
Evviva l’homo erectus e l’homo sapiens sapiens. Loro sì che sviluppavano fantasia e creatività e sapevano ascoltare le proprie emozioni. Internet ha ridotto l’uomo contemporaneo in polpette. Gli ha rubato l’anima e ha frammentato il suo Essere. E in futuro potrà anche cambiare (in peggio) il modo di scrivere, pensare, parlare. Ma il linguaggio interiore, per fortuna, resterà sempre lo stesso.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 4 febbraio 2010

Il GF piagnone? E’ il coro tragico di Euripide

Alessia Marcuzzi è diventata il capro espiatorio di tutti i mali psicofisici che affliggono il GF 10. L’edizione off limits del reality dei reality di Canale 5, dicono alcuni esperti tra psicologi, sacerdoti e critici televisivi, ha veramente toccato il fondo. E’ troppo piagnona, vuota, di cattivo gusto. Dalla bestemmia di Massimo ai pianti continui tra disperazione, vittimismo e voglia di farsi notare.
Ma come rispondono i concorrenti nella casa? Con tragedie, innanzitutto. Di quelle euripidee nel senso stretto del termine, che hanno causato non poche critiche alla conduttrice del programma. E se ogni lunedì sera una media di 7 milioni di spettatori s’identifica con gli psicodrammi scatenati di volta in volta da trame e intrighi che nascono e si sviluppano all’interno della casa, Alessia si dimena con sportività e simpatia tra litigi, discussioni sgradevoli, nominati avvelenati, donzelle indispettite, pettegolezzi e gelosie varie e chi più ne ha più ne metta. E lo fa tenendo le redini anche quando i concorrenti vanno a briglia sciolta, senza pensare troppo alle telecamere. E così, riprende George Leonard che ammicca pur di avere la parola, richiama all’ordine Daniele e Massimo, invitandoli a usare toni più dialettici e rispettosi l’uno dell’altro, si sforza di capire perché Mauro reagisce con troppa aggressività. A costo di apparire una zia un po' rompi...

Insomma la Marcuzzi, suo malgrado, sembra essere diventata sempre più una psicologa-psicoterapeuta. Perché alla fine è così, quando si scoprono i nervi più deboli, si mettono in piazza le emozioni più intime e si entra in relazione diretta e continua con persone mai conosciute prima d’ora, si finisce per filtrare con una lente d’ingrandimento ogni minima sensazione, ogni stato d’animo, ogni umore. E i concorrenti in gara, se proprio non si dimenticano del montepremi e del fascino maledetto della notorietà, finiscono comunque per mostrare in qualche modo davvero i lati più oscuri del proprio carattere. Ne sa qualcosa Maicol, che potrebbe vincere questa decima edizione del programma, che vive da giorni con sofferenza l’innamoramento non ricambiato con Giorgio e non perde occasione per rendere partecipi tutti di pianti e angosce.

Ma alla base di tutto questo c'è soltanto una cosa: i concorrenti avvertono un continuo e disperato bisogno di condivisione. Questa sembra essere la parola d’ordine nella casa. Condivisione totale, assoluta e continua di gioie, dolori, dubbi, insicurezze, vanità, sogni, speranze. Coi loro compagni d'avventura e idealmente col pubblico a casa. Lo testimonia il fatto che quando non hanno approvazione intorno, i ragazzi crollano emotivamente e psicologicamente.
Una reazione netta all’individualismo esasperato dei nostri tempi, quello che porta ciascuno a fare da sé, a pensare per sé, ad agire esclusivamente per sé, per le proprie ambizioni e per il proprio benessere. Ecco, nella casa del Grande Fratello non ci sono porte chiuse, né muri che separano il soggiorno dalla cucina e dalla camera da letto. C’è un unico ambiente. E il desiderio più o meno allargato, a seconda delle affinità che si stabiliscono tra i concorrenti, di essere ascoltati, confortati, considerati. Che poi è il desiderio di ciascuno di noi in famiglia, con l'altra metà, con gli amici, al lavoro. Veronica e Sarah, ad esempio, condividevano qualsiasi cosa. Così come Mauro si diverte a provocare tutti, per vedere le loro reazioni. Segno evidente, più che di strategia da gioco, di profonda insicurezza.

Ma a che serve condividere? Ad alleggerire i sentimenti più negativi e ad amplificare le sensazioni più belle e piacevoli. E’ a questo che serve la condivisione. Se si gode da soli, si gode soltanto a metà. Così come se si gioisce da soli, la gioia è dimezzata. E al di là del bon ton e di una scarsa cultura generale, come si continua a sottolineare, i concorrenti del GF 10 stanno dimostrando proprio questo. L’’Io’ da solo non basta più. E’ fragile e si scioglie come cera. Nonostante l’immagine che se ne vuole dare, le foto fighe pubblicate sui profili di facebook e sui vari blog, le vacanze esotiche, il vestito alla moda, le pose attraenti, le amiche o gli amici belli e trendy e racconti di vita vuoti e frivoli, per intenderci alla ‘Sex and the City’, che imperversano dovunque su Internet.


Ecco perché il coro tragico di Euripide ha fatto di nuovo ingresso sulla scena in modo prorompente. E stavolta abdicando alla sua storica funzione di spiegare gli antefatti e soprattutto di esprimere l’opinione della gente comune per assumere invece il ruolo freudiano di amplificazione emozionale. Per diventare cassa di risonanza della disperata ricerca di notorietà e della voglia di non passare mai inosservati, tutte inconsapevoli risposte all’indifferenza e all’individualismo dilaganti, che purtroppo imperversano fuori dalla casa del Grande fratello e in ogni luogo. Reazione, questa, che probabilmente neppure gli autori stessi del programma avevano previsto fino in fondo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 3 febbraio 2010

Sa(n)remo dopati?

Sanremo, capitolo primo. Licenziamento in tronco per Morgan, escluso dal Festival dopo l’intervista in cui ammetteva l’uso di droghe. Nonostante la smentita del cantante, che ora si dice "traumatizzato" per quanto è accaduto, è arrivata la decisione della Rai di escluderlo dal concorso canoro. Il direttore di Raiuno Mauro Mazza, d'intesa con il direttore Generale Mauro Masi, dopo aver consultato il direttore artistico del Festival Gianmarco Mazzi, ha deciso - informa una nota - l'esclusione del cantante Morgan dalla 60^ edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Dopo l'esclusione, una valanga di polemiche. Il presidente della commissione per l’Infanzia, Alessandra Mussolini, in accordo con la vicepresidente Gabriella Carlucci e con Mariella Bocciardo, propone che tutti i cantanti in gara al Festival di Sanremo facciano il test antidroga. «Il Festival - dice la Mussolini - è ormai un’istituzione e deve rimanere un veicolo di valori sani e trasparenti. Anche la canzone italiana dev' essere pulita!».
Sanremo, capitolo secondo. Prosegue la bagarre tra Pupo e Nino D’Angelo sul principe canterino che ora indigna i comunisti. Infatti ci mancava solo Flavio Arzarello a gettare benzina sull’infuocato ping pong di polemiche fra i tre. Il coordinatore nazionale della Fgci, l’organizzazione giovanile del Pdci, lamenta sdegno e irriverenza per il testo della canzone che Emanuele Filiberto dovrebbe cantare insieme a Pupo (il condizionale è d’obbligo, visto che forse Pupo, stanco delle polemiche e dei tanti ritocchi al testo, vorrebbe mandare la sua partecipazione a Sanremo a quel paese...).
"Morgan? Il vero scandalo non e' lui – dice Arzarello - artista di grande valore, nonostante le affermazioni sbagliate sull'uso della cocaina. Il vero scandalo e' che il servizio pubblico lasci cantare a Emanuele Filiberto un inno all'ancien regime di Casa Savoia".

La stonatura del testo giudicata inammissibile sarebbe questa: “Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente”. Assoluzione dei Savoia in piena regola, secondo Arzarello, dalle pesanti responsabilità storiche. “Una vergogna che non può passare inosservata. Siamo passati dalla tragedia del passato alla farsa di oggi, con il benestare della Rai". Una bocciatura in tronco, che si unisce alle parole non proprio lusinghiere pronunciate ieri da Nino D’Angelo ai microfoni del programma di Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro su Radio2: “Se vince il principe, io non canto più”. Con la pronta risposta di Pupo: "Se vince D'Angelo, farò ritonare rospo il principe".
E vabbè. I Savoia non saranno tanto amati. Però quest’anno, quantomeno finora, sono riusciti a rubare la scena al solito Povia, che si era preparato a esplodere puntuale come sempre con la bomba mediatica sul brano dedicato a Eluana Englaro. Ma il festival non è ancora iniziato e la rimonta potrebbe essere dietro l’angolo. Anzi, dietro l’ Ariston.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 1 febbraio 2010

E se Giacobbe avesse sbagliato parola?

Quando si è un po’ s………….. insomma stronzi, tutto diventa più facile. Addirittura l’essere stronzi significa essere adulti, indipendenti e ci aiuta perfino a risolvere i problemi. Parola di Giacobbe. Macché Bibbia. Trattasi di uno psicologo e psicoterapeuta. Intervistato dal settimanale di moda, costume e società ‘Grazia’, lo specialista parla del suo nuovo libro, ‘Il fascino discreto degli stronzi’ (Mondadori, 140 pagine, 16 euro), che si prepara a bissare il successo dei precedenti “Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita”, “Come diventare un Buddha in cinque settimane” e “Come diventare bella, ricca e stronza”. Giacobbe risponde alla domanda crescente della maggior parte della gente che si chiede come fare ad aver seguito, successo, un’immagine appetibile e vincente. E allora la strada è a senso unico: essere stronzi.

Finiamola una volta per tutte con buonismo e generosità, altruismi e filantropie d’ogni sorta. “Lo stronzo è il vero adulto, non chiede aiuto, stabilisce con gli altri un rapporto alla pari. Non tratta e non contratta - dice Giulio Cesare Giacobbe – non va in giro a questuare, e non manipola e neppure bara”. Tutte grandi doti, per carità. Anzi, eccellenti. E in amore? “Lo stronzo, siccome appunto è adulto e indipendente, non ha bisogno di stabilire relazioni assistenziali. Cioè, per intenderci, lo stronzo non cerca la mamma o il papà nel partner. Altra dote eccelsa.


Peccato però che questo identikit corrisponda non tanto a quello di uno stronzo, quanto piuttosto a un individuo equilibrato, leale, indipendente, razionale, ponderato, ecc. Insomma, a tutto tranne che a uno stronzo. Magari lo psicoterapeuta voleva essere originale. E pur di esserlo fino in fondo, ha appioppato una parola che non c’entra niente ad alcune caratteristiche che, secondo lui, aiuterebbero uomini e donne a vivere meglio. Con un rischio: che gli stronzi veri potrebbero davvero offendersi…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)