domenica 27 novembre 2011

Elsa Monti: una first lady senza bollicine

La parola d’ordine è sobrietà. L ‘ eleganza sta tutta nella semplicità. Statura morale elevatissima. Segni particolari: riservatezza e minimalismo. Niente eccessi per la nuova first lady, la signora Elsa, moglie di Mario Monti, il neo Salvatore della Patria. Ma per lei nessuna dote taumaturgica. A fare i miracoli, veri o presunti, ci pensa il fedele consorte. La signora per adesso si contiene nel modesto (poi neanche tanto) ruolo di spalla. Quasi sempre pantaloni neri, scarpe comode, tacco al massimo di 5 centimetri, non di più. Come dire: acqua liscia senza bollicine. Nessuna smania da diva e vocazione umanitaria, visto che la signora è presidente della sezione femminile della Croce Rossa milanese. Ecco. Nazionalità: milanese, appunto. E non è un dettaglio da poco. La signora è stata educata alla logica del fare, al lavoro inteso in senso calvinista, alla serietà e al rigore. Sarà dura per lei abituarsi alla caciara romana. Serietà e rigor, appunto. Gli stessi principi cardine sfoderati dal cilindro del marito nel suo primo discorso alla Camera. Pure lui serio. Anzi, di più, serissimo.
Non dev’essere stato facile raccogliere l’eredità di Veronica Lario, ma soprattutto delle tante, tantissime aspiranti fidanzate-first lady che l’hanno preceduta, che ronzavano quasi moleste attorno a Silvio Berlusconi con tacchi vertiginosi e abiti succinti. Ma chissenefrega, Elsa Monti ignora il gossip, parola che non rientra nel suo forbito vocabolario. E al momento pure il bunga bunga. A lei al massimo si addice un composto brunch, senza sbavature e con la massima puntualità.


Al posto del cappotto, un più comodo e metropolitano piumino d’oca. E nessuna posa, ma semplici gesti  d’affetto composto (che più composto non si può) all’uscita da Palazzo Chigi. Direzione: chiesa.
La signora Monti, se c’è da darsi da fare, serve perfino il caffè. A incontrarla per le strade del centro di Roma, si fa ancora fatica a considerarla la moglie del nuovo Presidente del Consiglio. Pochissimi gioielli (un paio di discreti orecchini di perle e nulla più), pochissimi fronzoli. A vederla sembrerebbe una signora comune, magari una maestra in pensione che aspetta di andare a trovare i nipotini per portare loro i tanto attesi regali di Natale. Viso rugoso, poco trucco, nessuna traccia di botox. Messimpiega politically correct e sguardo severo. Perfino la signora Lella Bertinotti a confronto sembrerebbe appena uscita da uno show room. La signora Monti non accenna mai un sorriso. Proba e integra. Saggia e integerrima. In una parola: la Virtù fatta persona. Un esempio ineccepibile di compostezza. Sulla via della Santità. Un’unica pecca: scarsissima capacità comunicativa e un alone di riluttanza nei confronti dei media che la fa già apparire come antipatica. In realtà la signora è seria e timida. Ma il risultato è quello che conta. E così la coppia Monti appare alquanto abitudinaria. Tant’è che vive da sempre nello stesso appartamento in un condominio di Milano. Niente ville, insomma. Sobrietà anche nel privato. E al posto dei telegatti, solo cani, gatti e canarini, dei quali però la signora non ha ancora rivelato i nomi agli ormai depressi e sfiduciati giornalisti. Nell’attesa, già fioccano gli sbadigli…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 22 novembre 2011

E Fiorello s'illumina d'incenso

E per la seconda volta ha vinto lui, Rosario Fiorello, il Tony Manero della boutade. Campione di share (una media del 42 per cento per l’intera serata) in prime time su Raiuno col suo show “Il più grande spettacolo dopo il weekend”. Il trionfo della satira da avanspettacolo, con monologhi tutti lustrini e pailettes come la giacca di scena di Giorgio Armani che Chris Martin gli ha voluto ridare prima di andarsene, anche se Fiorello gliel'aveva regalata.
Contento in primis Lorenzo Jovanotti, che con il libero riadattamento del suo brano di successo gli ha portato davvero fortuna. Del resto i due sono legati da un destino simile. A entrambi, il primo con le sue apparizioni televisive a Fantastico e il secondo col Karaoke, la critica aveva dato il ben servito col biglietto di sola andata. E invece anni dopo tutti lì a ricredersi. E ad applaudire al talento vero.





Meno contenti i denigratori del mattatore da villaggio turistico, passato agli onori dell’intrattenimento grazie al suo successo radiofonico in coppia con Marco Baldini su Radio 2.
Forse troppo moderato sulla politica (in Rai, si sa, meglio non strabordare). Seguitissimi i momenti musicali della serata, prima con i Coldplay e poi con Micheal Bublè, che ha cantato un brano tratto dal suo nuovo album “Christmas”. Ma anche la parodia di Morgan.
A fronte di un successo, un flop annunciato. Il Grande Fratello 12, che quest’anno ha puntato tutto sulla rissa fine a se stessa, sembra aver stancato il pubblico. Tant’è, ha iniziato male, e gli ascolti continuano a calare a picco, con uno scarso 15, 71 per cento di share e una media di appena 3.793.000 spettatori. All’infedele di Gad Lerner su La 7 è toccato appena un 3, 47 per cento di share. Dato indicativo. Agli spettatori piace ancora ridere, sorridere e insieme riflettere (come nella sortita sui telefonini e sul rapporto dei giovanissimi con le nuove tecnologie). E per una sera lo spread ha ceduto il passo allo slang da puro intrattenimento.



Alessia Marcuzzi glissa sull’argomento, senza entrare in polemica con l’amico Fiore, che dalle prime ore del mattino ringrazia su twitter . Tutti, tranne quelli della Dandini, in libera uscita dalla Rai e prossima ormai all’approdo su La 7. “Grazie dei vostri bellissimi twitt!!! stanco ma contento!! I Coldplay sono fantastici. Bubble un fratello!!”. Questo il commento a caldo dello showman dopo la puntata di ieri sul social network.
E alla Dandini non resta che mandare un nuovo twitt. Stavolta però da vera sportiva, con tanto di complimenti!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)  

sabato 19 novembre 2011

Lettera aperta a Paolo Bonolis : anzichè imitare Roberto da Crema, ti prego, vattene per un po’ alle Antille!

Da Bim Bum Bam a Non è la Rai, passando per Beato tra le donne, Tira e molla e Ciao Darwin. Lo slalom televisivo frenetico di Paolo Bonolis, grillo urlante del piccolo schermo di certo ha un paio di fiori all’occhiello nella sua carriera televisiva: Chi ha incastrato Peter Pan e il Festival di Sanremo. L’uno in prime time sulla rete ammiraglia Mediaset, con una media di ascolti di 6 milioni di spettatori a puntata, pari a uno share di circa il 23 per cento. I bambini a confronto con gli adulti in una osmosi del tutto spontanea e stimolante. L’altro in casa Rai, si ricorda ancora come l’edizione più seguita e sperimentale del festival (era il 2005 e Bonolis ne curò anche la direzione artistica, per poi condurre anche l’edizione del 2009). Gli ascolti arrivarono alle stelle e a seguire la puntata finale della kermesse furono quasi 12 milioni di spettatori, con uno share del 52.79 per cento. Ottimi risultati. Tanto che Bonolis diventa un presentatore conteso tra Rai Mediaset.



Accade però che a un certo punto anche la loquela a sbalzelloni, come diceva Pirandello, si trasformi in uno  strabordare di urla, strilli e una logorrea incomprensibile, nevrotica e molesta. Ecco. E’ questo il nuovo stile di cui fa sfoggio Paolo Bonolis nel suo attuale programma, il quiz prodotto da Endemol Avanti un altro! (c’è anche l’inseparabile Luca Laurenti ma con un ruolo assai più marginale del solito), ideato dallo stesso conduttore insieme a Stefano Santucci e scritto da Sergio Rubini e Marco Salvati.
Un groviglio inestricabile di strepiti a prova di nervi. Il conduttore esercita le corde vocali riscoprendo lo stile roboante di Roberto da Crema nelle sue famigerate televendite.
E così impone allo spettatore un’iniezione letale. Il gioco è un preserale con domande a raffica, a velocità supersonica. I concorrenti hanno la possibilità di scegliere tra due alternative di risposta.



Quella giusta paradossalmente è quella sbagliata. Così oltre ad essere sottoposti a un tour de force notevole i concorrenti devono tenere anche i nervi ben saldi (si fa per dire). Bonolis poi si accanisce in un crescendo di cavernicole esternazioni. Altro che evoluzione darwiniana. In questo caso, meglio parlare di involuzione degenerante. Da homo sapiens e sapiente oratore a homo Erectus, uomo delle caverne. E così avanti per un’ora e mezza, senza mai rallentare, senza mai abbassare per un istante il livello di guardia. Anche al telespettatore non restano che due alternative: o lanciare un oggetto contundente al televisore, anlche se nuovo e appena comprato, oppure accettare in tono dimesso il rimbambimento. Delle due, l’una.
Ma l’ideale in realtà sarebbe risolvere una volta per tutte il problema e spedire Paolo Bonolis alle Antille. Almeno per un po'. Fino a quando non avrà fatto pace con le sue corde vocali. Lì avrà tempo e modo di sfogare la sua veemente loquela assordante e molesta. Così da non assestare più il colpo di grazia a un povero lavoratore che, magari dopo una giornata in ufficio, torna finalmente a casa per trovare un po’ di pace. 

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 17 novembre 2011

Time out alle showgirl. Ora è tempo di business women

In un battito di ciglia dall’istrionico Andy Warhol al serio e impegnato Carl Dreyer. Come dire: sul piccolo schermo dal Drive In a un documentario di History Channel. E ora che Silvio Berlusconi ha passato il testimone a Mario Monti, il Professore, e le paroline magiche del nuovo esecutivo sono “riconciliazione dei cittadini con le istituzioni, crescita, equità e rigore”, c’è una certa apprensione per le sorti umane e progressive delle sue ministre-amiche fidate ormai decadute, ribattezzate negli ultimi giorni dai media le “orfanelle”. Eh sì, perdere poltrona e pigmalione in un colpo solo non dev’essere stato uno scherzo da niente. E così dopo quell’infausto 12 novembre le principessine di corte sono rimaste senza Re. E al momento senza la certezza di un possibile futuro riciclaggio, anche se continueranno a far parte della squadra. Che fine ha fatto la fedelissima rossa Michela Vittoria Brambilla, fino a pochi giorni fa sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Berlusconi IV con delega al Turismo? E con lei, le sue autoreggenti che occhieggiavano alle telecamere di Porta a Porta e di Ballarò, la sua smodata passione animalista e quella voce vagamente ipnotica?


Che fine ha fatto Mara Carfagna, punta di diamante dell’ultimo governo Berlusconi, simbolo della donna  evoluta e trasformista, passata in brevissimo tempo da valletta televisiva a Ministro delle Pari Opportunità, i suoi occhi sbarrati, il suo look iperclassico e castigato, il suo caschetto da novizia?

E Stefania Prestigiacomo, cocca del premier in odore di maturità, sempre sorridente e affascinante, con le sua divisa in tailleur pantalone, discreta ma perennemente lusinghiera nei confronti del capo?
E Mariastella Gelmini, che al Ministero dell' Istruzione sarà ricordata per aver smantellato i licei e aver affermato (l'affermazione si commenta da sola) che “Il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo. Alla costruzione del tunnel tra il Cern e il Laboratorio del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento stimabile in 45 milioni di euro"?
E infine, Giorgia Meloni, la ragazza acqua e sapone, quella della Garbatella, talmente agile da saltare in fretta sul carro di Silvio dopo lo strappo con Fini?
Tutte tristi, tutte imbronciate, tutte profondamente dispiaciute per aver lasciato le proprie stanze e i propri privilegi. Ci fermiamo qui, alle sole ministre. Senza contare le altre donne del governo Berlusconi. E ce n'erano  davvero tante.




Ma il governo Monti è senza una donna? Macché. Il bilancio di cinque a tre non è male per le quote rosa. Finora infatti ce ne sono ben tre. E tutte “sante donne”, dal profilo ineccepibile. Vedi per esempio Paola Severino, Ministro della Giustizia, curriculum di peso, vicerettore Luiss, fortemente voluta dagli uomini di Berlusconi (se ne parlava come possibile successore di Alfano alla Giustizia), prima donna nella storia a ricoprire l'incarico di vicepresidente del Consiglio della magistratura militare. Elsa Fornero, Ministro del Lavoro, ferma e determinata, grande esperta di pensioni. E ancora Anna Maria Cancellieri agli Interni, iperesperta nel problem solving e donna dalle spiccate capacità di mediazione. Insomma, dalle "gnocche con la testa" alla "testa senza gnocca". Time out. Breve sospensione del gioco. Chissà se torneranno in campo, le ex Ministre. Al momento non è più tempo di “ballerine”, avrebbe detto Rino Formica, tra i banchi di Montecitorio, di showgirl scadute come lo yogurt. Ma solo di solide business women. Di più modesto sembiante ma di spiccato ingegno. Chapeau!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 15 novembre 2011

S come Show, g come Gaffe, c come Cabaret: ecco che cosa ci mancherà di Silvio B.

Se fosse una canzone la colonna sonora di quel film a metà strada tra una commedia all’italiana di Alberto Sordi e un cinepanettone di Christian De Sica che vede protagonista assoluto e incontrastato Silvio Berlusconi, ad accompagnare i titoli di coda alle 21:42 del 12 novembre, quando cala il sipario, si spengono i riflettori e il premier sale al Colle per rassegnare al Presidente della Repubblica le sue dimissioni, sarebbe di certo “La musica è finita” nella magistrale interpretazione di Mina. Ma siamo davvero sicuri che dopo quasi 20 anni di regno l’Arcorman abbia davvero deciso di ritirarsi a vita privata? Di sicuro i sondaggi lo danno in caduta libera, reo di aver badato troppo ai fatti suoi e ben poco a quello degli italiani. Il “contratto” sfoderato dal cilindro in un videomessaggio che nel lontano ’94 sanciva la fine di un ‘epoca segnata da Tangentopoli e la discesa in campo di un imprenditore che con un partito azienda, Forza Italia, prometteva agli italiani lo stesso impegno e quella fatica che aveva impiegato per accumulare in modo certosino il patrimonio economico-finanziario che oggi possiede, è stato tradito. Il miracolo non è avvenuto. E, tradite le promesse, il sogno berlusconiano si è scolorito lentamente, fino ad assumere i contorni inquietanti di una macchia. E proprio il macchiettismo sarà il carattere dominante che più mancherà di lui. Le sue irresistibili gaffe, lo show perenne a braccio come in un programma da avanspettacolo, l’arte sottile e ineguagliabile di comunicare con slogan e immagini a effetto, il marketing politico, gli spot continui senza interruzioni pubblicitarie, le sue barzellette da bar Italia, le simpatiche scivolate che rendevano Silvio Berlusconi più unico che raro. Non un premier, ma un uomo di spettacolo, un cabarettista nato, un animale da palcoscenico, uno showman consumato.




Dai duetti con Apicella al Bunga bunga festaiolo e innocuo ("che male c'è se uno la sera si svaga un po' il cervello"), dalle veline in Parlamento all’ “Obama bello, giovane e abbronzato”, fino ad arrivare al giallo sulle fidanzate dell’ultima ora, ai suoi regali galanti, a “Pier Silvio, buon partito”. Ma lo show di Silvio accompagnato in ogni istante dal suo inconfondibile sorriso cavallino risale a un bel po’ di tempo fa. E visto che ormai il palcoscenico politico si è spostato a Bruxelles, vale la pena ricordare che in Europa l’ ex premier ha sprigionato negli ultimi tempi tutto il suo estro. Come quando viene beccato a fare le corna dietro la testa del ministro degli Esteri spagnolo Josep Pique. Oppure quando, nel lontano luglio 2003, di rimbalzo a un attacco del parlamentare socialista tedesco Martin Schulz nel corso della presentazione della presidenza italiana dell’Ue di fronte al Parlamento europeo, se ne esce a sangue freddo con questa osservazione: “Signor Schulz, so che in Italia c'è un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti. La proporrò nel ruolo di kapò. Sarebbe perfetto”. Indescrivibile il caos che, in un fibrillante crescendo rossiniano, si sviluppò nei giorni successivi sui media di tutto il mondo.



Un uomo di spettacolo, appunto. Che affila le armi usando l’argomento populista al momento giusto. Il più  gettonato, tirato fuori a quasi ogni occasione e recitato come un mantra è stato senz’altro quelli del machismo unito a un certo maschilismo di brancatiana memoria, che raggiunge il suo acme quando Berlusconi dichiara di aver usato il suo charme maschile per persuadere il presidente finlandese, Tarja Halonen, a lasciar cadere la richiesta del Paese di ospitare la nuova Authority europea sulla sicurezza alimentare. E’ il giugno 2005 e il premier fa sfoggio delle sue capacità di playboy consumato. La battutaccia a Rosy Bindi doveva ancora arrivare.
Niente a confronto con la dichiarazione choc di agosto, lanciata come un boomerang per esorcizzare una preoccupante battuta d’arresto del Pil nazionale. “Neanche l'economia va così male. Dalla mia villa ho una vista panoramica che si distingue anche quest'anno per i numerosi yacht... Nessuno può vantare più cellulari, più automobili, più televisioni degli italiani. Sapete quante delle nostre donne possono permettersi dei trattamenti di bellezza?" dice convinto Berlusconi in un'intervista al quotidiano "La Stampa".
E che dire invece di quella volta che il presidente del consiglio, nel gennaio 2006, promette di astenersi dal sesso fino alle elezioni generali di aprile? "Grazie Padre Massimiliano" disse ad un predicatore televisivo che lo aveva elogiato per la difesa dei valori della famiglia . "Cercherò di non deluderla e le prometto due mesi e mezzo di completa astinenza sessuale fino al 9 aprile". O ancora quando suggerisce a una ragazza precaria di puntare sul figlio Pier Silvio, lui sì un buon partito. Self-made man senza preamboli, molto naif. Scorza dura e cuore galante. D’ ora in poi tutti più seri a palazzo Chigi. E, ahimè, pure seriosi.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 12 novembre 2011

I ragazzi di Amici: star ad interim

Undicesima edizione. Numero significativo per la Cabala. Un po’ meno per il talent show dell’ex signora Costanzo, oggi Maria De Filippi e basta (quando si dice: la moglie supera il marito…). Stessa squadra, stessa formula. Ecco “Amici”, con le sue prove di canto e di ballo, il suo complicatissimo iter selettivo davanti alle terribili Celentano e Maionchi, la sua disciplina infarcita di rigore e impegno, quel calderone di emozioni snocciolate ad ogni esibizione, tutti ingredienti che fanno del talent di Canale 5 uno dei programmi più seguiti della rete ammiraglia Mediaset con una media di 4 milioni di telespettatori e un 22 per cento di share a puntata. Senza contare poi i serali, che arrivano anche a 8 milioni con uno share di quasi il 30 per cento.
Però, col senno di poi, uno si chiede: ma che fine fanno alla lunga i ragazzi di Amici? Durano davvero nel tempo? Entrano davvero a pieno titolo nella letteratura musicale italiana? Sono davvero dotati di elevate capacità interpretative, di originalità, di Arte nel senso più alto del termine?



La risposta non è così scontata. E se per i ballerini è più facile, visto che comunque restano nel giro e spesso entrano nel corpo di ballo del programma come professionisti, per il canto è molto più difficile restare a galla e non affondare. Partiamo da Alessandra Amoroso, la più quotata nella lista delle possibili nuove star del pop made in Italy, ora in lizza per Sanremo. I Pooh hanno detto di lei che canta all’ antica, lei ha detto di se stessa: "voglio diventare la nuova Mina"). Dopo la vittoria nel 2009, tre album multiplatino, tutti sopra le 200.000 copie vendute. E un tour europeo che per una 25enne non è poco. Ma dopo l’acme, il punto più alto, una brusca battuta d’arresto, come testimonia la tiepida accoglienza del nuovo brano “E’ vero che vuoi restare”, scritto dai già collaudati Federica Camba e Daniele Coro e arrangiato da Celsio Valli, accompagnato da un video decisamente poco originale girato a Tenerife, che avrebbe dovuto lanciare alla grande l’album natalizio “Cinque passi in più”. Per nulla galeotto il titolo, che per la verità finora ha fatto fare al sentimentalismo canoro smielato e scapigliato di Alessandra qualche passo indietro, visto che il brano non si sente nelle radio, scivolando all’ottantesimo posto della classifica col vecchio “Il mondo in un secondo”. E se resta buona la tenuta di Emma, che si attesta all’undicesima posizione col suo terzo album “Sarò libera” (strano, in realtà sta per sposarsi col ballerino di Amici Stefano), prima in assoluto tra gli artisti dei talent, sono caduti nel dimenticatoio sia Marco Carta che Valerio Scanu, l’uno vincitore del talent nel 2008 e l’altro del festival di Sanremo 2010 col suo brano pan naturalistico “Per tutte le volte che”.


In quello spazio grigio e anonimo che è il Limbo ecco ritrovare la rossa Annalisa, una mancata Fiorella  Mannoia superata di gran lunga dalla collega di X Factor Noemi ( a proposito, nelle vendite è crollato anche Marco Mengoni) il rassicurante Virginio, vincitore dell’anno scorso ma sempre più latitante in tv e nelle classifiche. Adesso spadroneggiano i Coldplay, David Guetta, Adele, Tiziano Ferro, Rihanna. 
In una frase, il fenomeno si potrebbe riassumere così: la quiete dopo la tempesta. Che tradotto in altri termini vuol dire: dopo l’exploit del televoto, l’onnipresenza televisiva, la pubblicità, i gadget, i fan spingono i loro idoli fino alle altissime vette. Ma poi, spenti i riflettori del talent, si cambia edizione e cambiano a velocità supersonica gli attori, anche se la trama della commedia resta la stessa.
E più tempo passa, più i fan o si stancano, o dimenticano o sostituiscono i ragazzi coi nuovi arrivi.
In questa disperata corsa, probabilmente nessuno è destinato a salvarsi, a passare alla storia, a durare nel tempo. Così, dopo qualche giro di giostra, la lenta e inesorabile decadenza. Ma è la dura legge dello show-biz. Dalle stelle alle stalle. Se non proprio, ma quasi. Un po’ come il meccanismo del Grande Fratello. Ma the show must go on. E Maria De Filippi,non curante del recente passato, già addestra i suoi nuovi inquilini della sua scuderia televisiva, mentre Marco Carta guarda la nuova edizione del suo talent preferito da casa. Magari tra una birra, un sacchetto di pop corn e l’sms di qualche amico che gli scrive “Ehy, ti ricordi?” .

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 6 novembre 2011

Batman Santoro fa segnare un clamoroso autogol a mamma Rai: nuovo Robespierre o un altro Masaniello?

La rivoluzione di Robespierre o la rivolta di Masaniello? Ancora presto per dirlo. In ogni caso, Santoro la sua ribellione contro il degrado della tv generalista in mano ai partiti la porta avanti da fin troppo tempo. Talmente tanto da non poterne quasi più. E adesso affila le armi e riappare, senza la minima intenzione di rabbonirsi come folgorato sulla via di Damasco di un possibile compromesso. Per carità, Cerbero-Santoro non ha certo la faccia di uno che a compromessi scende facilmente. Lui è duro e puro.
Ecco perché sbattuto fuori dalla Rai si era rifugiato nell’androne di La 7 ma, alla prima riga di un contratto in odore di compromessi al ribasso, ha girato i tacchi e se n’è andato. Dove? Chissà… Per un po’ di tempo l’affaire Santoro era caduto nel dimenticatoio. I palinsesti senza di lui piangevano, gli ascolti pure, lo share calava e del Michele-Batman-Santoro, un po’ paonazzo dall’ira e dall’indignazione, con gli occhi sbarrati, la voce grossa e fior di filippiche adirate non restava che qualche immaginetta benedetta da tenere nel portafoglio.
Cerbero-Santoro insomma non appariva più sul piccolo schermo a rappresentare la voce del dissenso. Niente più liti con La Russa, niente più parolacce ai leghisti, niente più messaggi chiari a Berlusconi. Insomma, niente di niente. Poi, improvvisamente, si riapre il caso Santoro. E di nuovo tutti a parlare di lui. Dov’è finito? Da quale canale trasmetterà “Servizio pubblico”, il suo nuovo programmino?
Il Fatto quotidiano e l’amico Travaglio (e Padellaro, pure) lo aiutano, chiedendo un contributo ai propri lettori. Si parla di canali sparsi sul web. Si parla di comizi d’amore. Strascichi di romanticismo scapigliato alla Henri Murger. Ma Cerbero-Santoro resiste, non si arrende. Continua a combattere con la sua corazza pesante. Pesantissima. Fino a quando ottiene giustizia.

Ed eccolo finalmente assestare con orgoglio un colpo basso alla dirigenza Rai, con un debutto su internet salutato da 3 milioni di spettatori e da un 12 per cento di share. Tant’è che Mauro Masi, ex direttore generale Rai, non può fare a meno di congratularsi per un esperimento coraggioso come questo. E già, coraggio. Perché nulla spaventa Michele-Batman-Santoro. Il suo affaire è sempre un caso nazionale, diplomatico e politico insieme. Che scuote le coscienze. Riempie le pagine dei giornali. Anima i dibattiti televisivi.
E così, la prima battaglia di una lunga ed estenuante Guerra Santa combattuta in nome della libertà d’informazione per ora è stata vinta. Il suo nome e la sua figura passeranno alla storia. E quando un giorno gli animi si saranno placati, Silvio Berlusconi sarà soltanto un lontano ricordo,  di Cerbero-Santoro, libero di tornare in Rai, e del suo caso televisivo (che noia, che barba) finalmente non si sentirà più parlare. Alè!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)