sabato 31 marzo 2012

Maria De Filippi su giovani e lavoro batte Mario Monti. Lui con l' art. 18 li licenzia, lei con "Amici" li fa lavorare



Lei è decisamente meglio di Mario Monti. Ma anche dei partiti. Non c’è nessuno che ultimamente sia riuscito in un modo migliore di Maria De Filippi a investire sul merito e sul talento veri o presunti dei giovani, di cui si fa spesso un gran parlare. Lei sì che i giovani li colloca. E pure discretamente bene, ovvero in quel dorato e tanto agognato mondo dello spettacolo. Un ufficio di collocamento di gran lusso, il suo. Visto che il famosissimo talent Amici è il primo format italiano che viene venduto all’estero. A comprarne i diritti è stata la statunitense Shed Media Us Inch di Los Angeles, che lo produrrà sia negli Stati Uniti, dove è in via di produzione il pilot, sia in Gran Bretagna, dove dovrebbe essere prodotto entro il 2013. Meglio di così c’è solo… Marco Carta. Perché Maria De Filippi fa di più. Non solo dà lavoro ai giovani, ma riesuma anche i cadaveri. E così Marco Carta, come Lazzaro, si rialza e cammina. O meglio ricomincia a camminare lungo la faticosissima strada che conduce al successo. E lo fa dopo un lungo periodo di assenza. Tutti pensavano che, nonostante due vittorie importanti in tasca, quella appunto di Amici e l'altra al Festival di Sanremo nel 2009 col brano “La forza mia” , la sua stella si fosse irrimediabilmente offuscata. E invece no. La meteora ritorna. E stavolta con la voglia di diventare una vera stella del firmamento musicale. Le intenzioni sono buone. A partire da quelle della sua madrina. Maria De Filippi lo accoglierà nel serale del talent, insieme alle sue illustri colleghe, le sue preferite. E non è poco.


Adesso però arriva il momento peggiore. Quello in cui 'u scugnizzu di Cagliari col suo nuovo album “Necessità lunatica”, in uscita il 10 aprile, dovrà dimostrare coi risultati delle vendite e le classifiche che non è più soltanto un lontano ricordo. E affrontare con dignità le sfide con le colleghe più affermate di lui, in primis Alessandra Amoroso e poi Emma Marrone, reginette incontrastate dell’Amarcord di Amici, ribattezzato “Sanremino”. Ci saranno anche Virginio Simonelli e Annalisa Scarrone, il cui destino dorato sembrava ormai caduto in prescrizione. E ci sarà perfino Valerio Scanu, per chi non avesse una memoria di ferro, è quello che nella città dei Fiori, sul palco del'Ariston faceva l'amore "in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi" per gentile concessione dell'altro collega-concorrente di Amici, il cantautore (bravo) Pierdavide Carone. Insomma, tutti insieme appassionatamente. L’importante è vincere? No, partecipare. Perché Amici è una squadra dove  a ognuno dei concorrenti che arriva in finale prima o poi la De Filippi una collocazione gliela trova. Altro che articolo 18, riforma del mercato del lavoro, licenziamenti facili. La vera risorsa del nostro Paese, i giovani, strattonati dalla politica ancora troppo falsa e clientelare, infarcita di promesse fasulle e mai mantenute in cambio del voto, e messa in ginocchio dalle riforme del Professore liberali più nella forma che nella sostanza, li aiuta solo lei, nostra signora di Canale 5. E di questi tempi non è poco. Molto meglio essere amici di Maria che di Bersani, Casini e Alfano. Loro promettono e non mantengono. Maria invece promette e poi mantiene. Ecco. Semmai un giorno, stanca della tv, dovesse scendere in politica, come Silvio Berlusconi nel ’94, un bel pacchetto di voti ce l'avrebbe assicurato.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 10 marzo 2012

Nina Zilli: nuova icona musicale della Sinistra dei nostri tempi. Snob, elitaria, antipatica



Sul palco dell’Ariston si è presentata nei vaporosi e sognanti abiti della stilista Vivienne Westwood. Portamento da diva, pose studiate, stile e talento. Nina Zilli canta come Mina ma razzola molto peggio, sventolando a destra e a manca una ritrosia vecchia maniera e un sofisticato distacco. Nina Zilli si concede poco e niente al pubblico. Elitaria, selettiva, ipercritica, difficile, ultrasnob. Insomma, vuoi o non vuoi, col suo sorriso scostante e la capigliatura Anni Trenta, incarna i peggiori difetti dell’attuale sinistra di casa nostra. Non a caso larga parte di quella stessa sinistra la corteggia e ne tesse le lodi. Del resto Nina è così. Un’anima soul e una pelliccia sempre a portata di mano, come quella con cui sfilava dietro le quinte di Sanremo, come una vera sciura della Milano, anzi della Piacenza bene, quando i giornalisti, per poterci parlare dovevano fare un voto come minimo a San Crispino, quello del vino buono.

Perfino la candida e diplomatica Mara Venier, in quei giorni del festival, dai rassicuranti divani del suo popolarissimo salotto pomeridiano de La vita in diretta, non aveva proprio potuto fare a meno di suggerirle di abbassare un po’ la cresta, mollandole un non troppo edulcorato suggerimento: “A Nina, abbiamo ancora tanto da imparare”. Ma Maria Laura Fraschetta, così si chiama davvero, nuova reginetta dell’R&B, reggie e soul, cresciuta a Gossolengo e vissuta per un paio d’anni negli States, aveva fatto spallucce perché si stava già preparando ad apparire come una dea al fianco di Giorgio Panariello nel suo attuale show in onda il lunedì in prima serata sulla rete ammiraglia Mediaset.
Nina con l’attuale sinistra va d’accordo. Anzi, d’amore e d’accordo. Bersani non prende voti nemmeno alle primarie. Alla nuova sinistra essere troppo pop è decisamente volgare, di cattivo gusto. Idem per Nina Zilli, che non vende tantissimo, anche se pubblica album con la Universal. Ed evita, perché è decisamente da sottoproletari, di fermarsi a parlare col pubblico, firmare autografi all'infinito, concedersi due minuti in più sul palco, e magari pure qualche bis fuori programma.
Del resto Nina si ascolta solo nell’ iPod più chic dei radical-chic. Quelli che, per intenderci, giusto se gli capita, sfoggiano l’iPhone di Steve Jobs come un trofeo e mettono sulla propria scrivania l’iPad in bella vista.

Mica robetta da talent show, Ninetta, mica come i divi di carta di Amici o X Factor. Nina è destinata a restare nel tempo. Sarà lei la vera erede di Amy Winehouse e Nina Simone. Sarà lei la nuova icona musicale della nuova sinistra postcomunista dei nostri tempi. Eh già, perché Nina Zilli, tra una posa e l’altra, un servizio fotografico in perfetto stile star di Hollywood e qualche scatto d’autore, con movenze da principessa Sissi è riuscita ad accaparrarsi il ruolo che un tempo era del sobrio e intimista Ivano Fossati, ormai ex colonna sonora con la sua “Canzone popolare” di quasi tutte le feste dell’Unità e i raduni democrats di D’Alema, Veltroni, Letta e compari. E ora si candida ad essere lei la nuova Fiorella Mannoia, che nel frattempo di sinistra lo è diventata davvero. Ma di quella sinistra che non c’è, non esiste e si rimpiange amaramente. E mentre Fiorella con la sua chioma rossa e boccolosa invoca al Pd di essere più di sinistra, lo strattona, facendogli notare che si è sempre più allontanato dalle fasce sociali più deboli,  Pd la ricambia sostituendola con un’altra che meglio lo rappresenta in musica. Un'altra che non è Noemi, simpatica e sportiva, né tantomeno Dolcenera, affabile e molto on the road. Ma Nina Zilli: tacco dodici, pochette griffata e portamento alla Anita Ekberg della Dolce vita.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 3 marzo 2012

Dal don Giovanni di Vitaliano Brancati all'intellettuale competente, passando per il modello Silvio: ecco il triste epilogo del gallismo made in Sicily


Catanese era, Giovanni Percolla. E “fino ai trentasei anni non aveva baciato una signorina perbene”. Molto male in una città in cui i discorsi sulle donne davano un maggior piacere che le donne stesse e si rimane estasiati anche solo per una taliata.
Nel ’94 arriva zio Silvio, che di gallismo ne sa qualcosa. Ma stavolta non si tratta di un gallismo millantato. Anno dopo anno, zio Silvio si specializza nell’esibizione di una virilità che riconduce il maschio al suo ruolo primordiale di cacciatore. Zio Silvio fa sul serio e raggiunge l’… acme negli anno 2000, il tempo in cui i classici ruoli del maschio e della femmina nella coppia sembrano essersi del tutto capovolti. Ci vuole un po’ di ordine nel paese, è arrivato il momento di rimettere le cose a posto. E zio Silvio avvia la sua missione: ricondurre la donna-preda a far poche chiacchiere e ad allargare le gambe all’occorrenza.
Ma zio Silvio, allegro e malandrino, sempre più apprezzato dal maschio italiano medio che ne decanta le doti al bar, nel talento naturale delle femmine ci crede davvero. E allora le promuove anche nel suo governo, le fa diventare ministre e onorevoli deputate.


Poi però a un certo punto l’ingranaggio perfetto comincia ad arrugginirsi e non c’è più un olio in grado di poterlo lubrificare. Zio Silvio colleziona magre figure, ma la sua dignità di gallo resiste. Persino più del sogno di rinascita del Paese che aveva promesso agli italiani. Eppure un bel giorno zio Silvio cade e si dimette. Le sue femmine piangono succinte lacrime di coccodrillo. Si volta pagina. Arriva il clever, l’intellettuale serio e impegnato. E il modello di maschio cambia decisamente. A un tratto appare un loden blu, una cartellina marrone, un volto inespressivo e monocorde. Al gallismo di siciliana memoria non resta che intonare un rassegnato de profundis. Al suo posto arriva Mario il Professore, quello capace, credibile, autorevole e competente. Sobrio e responsabile. Di poche parole e niente risate. E al suo seguito, una schiera di ministri uno più serio dell’altro. In poche parole, come passare -cambiando canale - da Padre Ralph di Uccelli di rovo a don Sciortino di Famiglia cristiana.
E intanto la femmina si disorienta, non sa che fare. E nell’attesa, rivendica il ruolo di eretica del focolare domestico, senza dover per forza fare la fine di Giovanna d’Arco. Ormai il suo regno non è più la casa. E per protestare si toglie le mutande per strada. Il disonore? Un lontano ricordo. L’onore? Un lontano miraggio.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 1 marzo 2012

Sara Tommasi e Mimmo Scilipoti: il galantuomo e la malafemmina


Dalla farfalla alla passera. Dal vedo non vedo al vedo tutto. L’immagine di Sara Tommasi che sfila senza mutande davanti a Montecitorio ha scaldato i bollenti spiriti, più che acceso dibattiti. Stavolta non si parla della condizione misera in cui versa la donna del III millennio, ma di candidature. La showgirl bocconiana ha dato in pasto a politici e giornalisti un prelibato boccone: la sua passera in bella vista. Un piacere per chi guarda, un dovere per la Tommasi, come lei stessa ha dichiarato. E si sa, l’uomo non resiste. Perché lo spirito è forte e la carne è debole, ma alla fine – chissà come mai - vince sempre la carne. E così sotto la gonna niente, per la giusta causa di sensibilizzare l’opinione pubblica sul signoraggio bancario. La Tommasi compete con Belen e lamenta di aver suscitato meno clamore dell’argentina sul palco dell’Ariston. Macché. Le foto sono rimbalzate dappertutto. E adesso destra e sinistra non potranno far finta di niente. Perché nemmeno troppo tra le righe la Tommasi il suo messaggio l’ha lanciato forte e chiaro: vi prego, candidatemi in Parlamento, apritemi le porte di Montecitorio, regalatemi un seggio.

E chi considerava ormai lontani i tempi in cui Cicciolina vantava di poter mostrare un paio di tette in libertà e poi battersi tra i banchi di Montecitorio per la libertà sessuale dovrà ricredersi. Tramontata da poco l’era di Carfagna &Co., del bunga bunga e delle feste a Palazzo Grazioli, la Tommasi si sente orfana, sola e disperata. E in vista delle prossime elezioni nel 2013 ci ha fatto un pensierino. Nel Grosso Inciucio tra Pdl e Pd chissà chi le darà retta. Magari a sorpresa il retto Bersani, per la giusta causa di risollevare le sorti di un partito claudicante. Intanto al momento l’on. Mimmo Scilipoti, che un anno fa ha fondato il Movimento di responsabilità nazionale, ha stretto un sodalizio con l’avvocato Alfonso Luigi Marra e Sara Tommasi (che usciva da un convegno sul tema), proprio contro il signoraggio bancario, ma ha poi smentito di averle offerto una candidatura. Eh già, Scilipoti, galantuomo di Sicilia, uomo del popolo e masculu perbene non cade nel tranello. A fimmina è fimmina, ma va pur sempre trattata con rispetto. Nessuna offerta di candidatura, dunque. A smentirlo, la stessa Tommasi, secondo cui invece pare che compare Mimmo gliel’avesse proprio offerta. E vabbè, resterà il dubbio. Santa pazienza. In compenso, abbiamo una solida certezza:  la passera muove il mondo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)