
Non resta che consolarsi ascoltando il Nabucco di Giuseppe Verdi. Ma anche su questo l’Osservatore romano mette in guardia: “Chi non fa propri i valori dell'unità potrebbe cogliere l'occasione se non per cambiare idea - solo i visionari come Mazzini riconoscono tanto potere alla musica - almeno per scegliere un altro compositore di riferimento". Ogni riferimento non è puramente casuale, se si pensa alla Lega che ha deciso in tutti i modi di boicottare la ricorrenza. Così il critico musicale Marcello Filotei scrive che è "scontata ma inattaccabile" la scelta di "mettere in scena proprio la terza opera verdiana nel giorno delle celebrazioni per l'unità d'Italia il 17 marzo al Teatro dell'Opera di Roma, diretta da Riccardo Muti alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
"Certo - è scritto nell'articolo del quotidiano della Santa Sede- non è ancora l'esplicito riferimento a I vespri siciliani che arriverà decenni dopo, ma la 'patria perduta' che gli ebrei anelano nel celebre coro poteva a buon motivo rappresentare l'aspirazione degli idealisti che fecero l'impresa, che in realtà la patria non l'avevano perduta perché non l'avevano mai avuta. E certo la storia è per certi versi sempre la stessa, due giovani si amano ma appartengono a mondi diversi, in guerra tra loro. Come sempre salvare la diletta significa condannare il proprio popolo. Ma la tensione è verso quello che potrebbe essere: ogni parola è rivolta a un luogo lontano dove vivere in pace, tutti uniti. Impossibile, conoscendo l'opera, travisare questo messaggio". Impossibile, conoscendo la Lega, rinnovare l’invito. Nabucco a parte, Fratelli d’Italia, l’Italia s’ è desta. L’Inno di Mameli in testa rimane la colonna sonora di un’utopia mai realizzata, strombazzata ai quattro venti in un giorno di vacanza.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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