domenica 27 dicembre 2009

Sale la febbre dei Grammy. L’industria musicale all’attacco: vince chi vende

Conto alla rovescia per la 52esima edizione dei Grammy Awards 2010, il prestigioso Oscar della musica. Tra i nomi degli artisti già confermati all’evento che si terrà il 31 gennaio allo Staples Center di Los Angeles arrivano come razzi quelli di Beyoncè, titolare di ben dieci nomination e dei Black Eyed Peas, in lizza per sei awards grazie agli straordinari successi dell’album ‘The E.N.D.’ e del singolo ‘I gotta feeling’, ancora questa settimana il più scaricato da internet. Il brano è rimasto in vetta alla classifica più prestigiosa al mondo, la Billboard Hot 100 per ben 16 settimane.

Ormai è ufficiale. La cantautrice country-pop Taylor Swift, regina delle vendite negli Stati Uniti nel 2008, parteciperà all’ evento in veste di presentatrice e performer. Quest’anno i premi alla carriera andranno a Michael Jackson e a Leonard Coen, 75enne cantautore e poeta canadese. Previsione aurea per Lady Gaga, la rivoluzionaria del pop segnalata dalla rivista ‘Billboard’ insieme agli U2 e ai Green Day, il fidanzato di Beyoncè Jay-Z, i Kings of Leon e una Whitney Houston risorta a nuova vita. Se i pronostici portano bene, l’erede di Madonna potrebbe stupire tutti mettendosi ancora più a nudo di quanto abbia fatto finora. 'Paparazzi', all’attacco!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 24 dicembre 2009

Nei licei di Francia tira un vento di protesta. Il nuovo '68 delle malelingue

Un nuovo Sessantotto? Anche stavolta tira un vento di protesta. Proprio come allora. Ma la rivolta, partita dal Geoffroy-Saint-Hilaire, nel dipartimento dell’ Hessonne, a sud di Parigi, non è affatto politicizzata, anche se facilmente strumentalizzabile. Incuranti del freddo, gli studenti francesi si ribellano al dictat di un preside che, stanco di intravedere brandelli di slip far capolino da pantaloni a vita bassa, ha deciso di vietare a scuola abiti troppo succinti. Follie liberticide, hanno gridato in coro centinaia di teenager dalle fredde aule dei licei di Francia. E , in barba ai castigatissimi tailleur di Carla Bruni, al secolo madame Sarkozy, hanno riesumato dal guardaroba il capo più sonnolente del pret-à-porter: la minigonna, simbolo di una rivoluzione culturale anni Sessanta, che inneggiava a libertà, modernità e uguaglianza.
La creatura di Mary Quant, la stilista che creò ad arte quella fascia di tessuto che copriva a malapena la zona da sotto l’ombelico all’inguine, rivive ora senza troppi perché. Michel Fize, sociologo francese, ricercatore della Cnrs specializzato in gioventù, in controtendenza coi suoi colleghi, sempre pronti a sguainare analisi complicate e complesse, interpellato dal quotidiano The Independent non si è dichiarato sorpreso dalla rivolta degli studenti che vogliono difendere un loro dress code fortemente provocatorio. D’altra parte — dice Fize —come potrebbe essere altrimenti, con dei mass media e una società che propongono modelli «iper-erotici»? Il grande educatore oggi è il piccolo schermo: «Con che faccia possiamo rimproverare a una teenager che mostra troppo, quando la tv fa esattamente quello, a tutte le ore?». Altro che rivoluzione culturale. Questa sembra la rivoluzione delle malelingue e rischia di diventare una truffa, come e peggio di quella del ’68. Attenti, cari studenti, dati i precedenti, meglio cambiare strada.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 18 dicembre 2009

Barack Obama si contiene. Homo novus ma non troppo

Barack Obama, l’homo novus, l’incarnazione afroamericana del riscatto, il simbolo telegenico del cambiamento. Nuovo piano sulla sanità? Eccolo. Nuova politica economica? Subito. Premio Nobel per la pace? Se proprio si deve… Ritiro delle truppe dall’Afghanistan? Just a moment, please! Ora non esageriamo. Calma e sangue freddo. Si comincerà dal 2011. Nell’attesa, si mandano giù un paio di bocconi amari e un po’ di rinforzi. Ad annunciare le rivoluzioni ci si mette poco. A farle davvero invece parecchio. Ma Obama è l’incarnazione del successo e non tradirà le aspettative degli americani che gli hanno voluto e gli vogliono bene. Ecco perché metterà a segno un altro tiro per acquistare qualche punto di consenso in più. E prima o poi porterà a compimento perfino il suo piano strategico in politica estera. La Provvidenza gli ha dato carta bianca. Obama ha in mano il futuro del mondo. E ora ha in dote, oltre alla 'signora in giallo' per consorte, anche un lungo faccia a faccia col premier cinese Wen Jiabao a margine della conferenza sul clima a Copenaghen. Con le migliori intenzioni, ovvero quelle di fare tutto il possibile per trovare un accordo per frenare il riscaldamento del pianeta, anche se questo accordo non dovesse essere "perfetto". Certo, al meglio non c’è mai fine...

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

mercoledì 16 dicembre 2009

Dedicato a tutti quelli che... si riconoscono in queste righe

Lo è nella mossa, lo è nella posa. L’antipatico è fatto così. E non c’è niente da fare. Identikit: occhi leggermente obliqui e insignificanti, aria compassata e molto di maniera, leggerissima smorfia facciale, da accentuare di volta in volta dinanzi a chi ci si vuole mostrare ancora più antipatici. L'antipatia va dosata con cura, anche se l’antipatico non sa di esserlo già prima di nascere, già da quando nuotava nella placenta. Qualsiasi cosa dica, sia bella che brutta, sia importante che idiota, l’antipatico la dice in un certo modo: appunto, da antipatico. Umanità, scioltezza e familiarità non gli appartengono.
Quando interviene in una conversazione, è solo per affermare la sua dote di antipatia congenita e affinata ad arte negli anni. L’antipatico rimorchia in modo viscido, entra nel bel mezzo di una conversazione per dimostrare che fino a quel preciso momento, ovvero prima del suo "preziosissimo" intervento, si era parlato solo ed esclusivamente di emerite sciocchezze. L’antipatico si crede interessante quando invece è il primo a dire e fare cose del tutto prive di un minimo interesse. L’antipatico si diverte a sfoggiare un paio di nozioni che ha avuto la fortuna di rapinare in qualche salotto o che ha studiato da gran secchione, per mostrare poi agli altri che non sanno un bel niente. L’antipatico parla piano e lentamente, gesticola poco e ha sempre un’aria da zombie. L’antipatico si crede originale quando invece è l’ovvietà e la banalità fatta persona. L’antipatico ti guarda da lontano e dall’alto in basso, ma poi si sceglie un paio di persone esattamente come lui o, come diceva Nietzsche, con mentalità servile o, peggo, sufficientemente ipocrite e pronte alla falsa adulazione, su cui decide di puntare tutta la sua attenzione e con cui decide di simpatizzare a 360 gradi.
L’antipatico riesce ad esserlo perfino quando si sforza di apparire come in realtà non sarà mai, ovvero simpatico. E il miracolo avviene quasi sempre. Perché una battuta di spirito messa in bocca all’antipatico diventa una supposta alla glicerina, con gli inevitabili effetti del caso. E anziché venir da ridere, viene solo da piangere. Poi c’è il caso opposto, quello in cui l’antipatico, che ovviamente non sa di essere tale, decide di fare l’antipatico (secondo lui), senza sapere che in tal caso finirà col diventare davvero insopportabile. E qui si raggiunge il massimo della perversione mentale, comportamentale, sociale. Non c’è copione che tenga, ogni buon antipatico che si rispetti si rende insopportabile a suo modo. Per fortuna eliminarlo dal proprio raggio visivo si può. E ogni volta che succede te ne accorgi: riacquisti improvvisamente un’ insostenibile leggerezza dell’essere.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 14 dicembre 2009

In casa Forrester è tutto così... Beautiful

Ad oggi conta 5537 puntate. Beautiful (titolo originale ‘The Bold and the Beautiful’, letteralmente ‘Gli audaci e le belle’) è la soap made in Usa - prodotta dalla Cbs e ambientata a Los Angeles - più longeva del secolo. Ha battuto perfino Dinasty e i colossi latinoamericani in cui regnavano incontrastati il volto rassicurante, i lunghi capelli biondi e le tenere lacrime di Grecia Colmenares. Tutto merito della mente perversa e diabolica dei coniugi Bell, gli ideatori di ‘Febbre d’amore’. In America la prima puntata della soap risale al 23 marzo 1987, mentre in Italia è stata trasmessa il 4 giugno 1990 da Raidue. Dal 1994 Beautiful passa a Mediaset, perseverando con una certa convinzione nel nobile intento di dare un senso ai lunghi pomeriggi delle casalinghe italiane. C’è infatti chi vive per Beautiful, chi resta col fiato sospeso fino alla fine di ogni puntata, aspettando con ansia la puntata successiva, chi torna a casa di corsa, molla tutti e fa di tutto pur di esserci, pur di essere lì, davanti alla tv accesa e sintonizzata ogni giorno, alla stessa ora, sullo stesso canale.

Effetto della catarsi di cui parlava Aristotele, certo. Perché ognuno si immedesima nell’intrigo, vinto dal fascino dell’imprevedibile. Ma proviamo a capirci qualcosa. Al centro di tutto c’è la famiglia Forrester. Susan Flannery è la perfida Stephanie, John McCook è l’indomabile Eric. I due erano sposati, poi lui si è stancato e l’ha mollata per donne assai più giovani. Poi c’è il triangolo: l’intraprendente Brooke Logan, una che è stata con Eric, vive di continui flirt ma il suo vero amore è Ridge Forrester. I due sono rispettivamente interpretati da Katherine Kelly Lang e Ronn Moss, che nella soap ci sono invecchiati. Terzo lato del triangolo è Hunter Tylo, la remissiva dottoressa Taylor Hayes. In passato, nella vita di Ridge c’era Caroline Spencer (Joanna Johnson), figlia del magnate Bill, morta di leucemia e la storia inizia proprio col loro fiabesco matrimonio. Poi c’è la famiglia Spectra, rivale dei Forrester, con la matrona Sally (Darlene Conley, scomparsa nel 2007), Clarke, Macy. Poi c'è una folta schiera di fratelli, sorelle, figli illegittimi, amanti, comari, acerrimi nemici, e quant’altro serva a rendere il piatto ancora più ricco. Il tutto è condto da continue lotte intestine, ritorni di fiamma, improvvisi incidenti.

La caratteristica che accomuna tutti? Nessuno lavora o quantomeno, lavora sul serio. Mai un autobus da prendere, mai qualcosa di serio da sbrigare. Ogni tanto, per carità, si organizza qualche sfilata, ma la maggior parte del tempo è dedicata a intrighi, relazioni più o meno clandestine, con gente che va, gente che viene, perfino gente che resuscita. Quanti vorrebbero vivere così, dimenticandosi di una quotidianità monotona, grigia, insopportabile? I coniugi Bell giocano su questo e il meccanismo funziona. Ed è per questo motivo che la storia è infinita e si autoalimenta ormai da 22 anni. Così come infinita è l’attesa degli spettatori che resistono fedeli. I dati d'ascolto lo confermano. Beautiful viene trasmesso in circa 100 Paesi, ogni giorno è seguito da oltre 266 milioni di persone in tutto il mondo, ed è la soap opera più seguita del pianeta. Sul mercato televisivo francese la serie viene distribuita con il titolo di "Amour, Gloire et Beauté" (letteralmente "Amore, Gloria e Bellezza"), su quello tedesco con il nome di "Reich und Schön" (letteralmente "Ricco e Bello"), mentre in Belgio e Canada prende il nome di "Top Models". Ma visto che siamo a Beautiful e tutto può succedere, e se un bel giorno finalmente si stancassero (loro, i personaggi, mica noi. Eh...)?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.i)

lunedì 7 dicembre 2009

L' 'Io narrante': prove tecniche di espansione...

- Tutti vogliono scrivere. Tutti hanno l‘ansia di scrivere. Romanzi, racconti, pensieri. Ma perché se ne ha tanta voglia? Perché J., me lo spieghi? Ti prego, per favore, spiegamelo.
- Forse per avere l’illusione di restare da qualche parte, di espandere il proprio Essere, di uscire fuori da sé stessi per entrare nella vita degli altri . Forse perché percepiamo una tale velocità del tempo e dello spazio che ci circonda che in qualche modo abbiamo bisogno di illuderci che non passeremo.
- Ma io sono sempre voluta ‘passare’. J., sai che credo che l’ansia di voler lasciare a tutti i costi una traccia in questo mondo sia da stupidi? Perché mai? E’ così bello ‘passare’…
- Carol, ma passare potrebbe anche voler dire ‘passare inosservati’, vivere senza che nessuno se ne accorga. Oppure passare di moda e ritrovarsi a un tratto, senza neppure accorgersene, ad essere considerato un vecchio soprammobile ricoperto polvere, di uelli chesi mettono in cantina in attesa che prima o poi qualcuno si decida a buttarli via. Entrambe le sensazioni sono terrificanti.
- Sì, d’accordo J. Però....
- Però... prova a pensare all’ipotesi in cui la tua esistenza passi del tutto inosservata. Nessuno saprà mai che cos’hai da dire, che cosa fai, la tua visione del mondo, l’immagine che hai dell’universo. Nessuno saprà mai tutto questo.
- Appunto. Ed è proprio ciò che voglio. Che cosa potrò mai avere di tanto importante da dire agli altri che possa restare impresso nella loro memoria, essere ricordato?
Perché mai l’umanità distratta e persa nei mille rivoli dell’individualità più esasperata, dove i frammenti di ‘Io’ a loro volta perdono di vista perfino sé stessi, dovrebbe ricordarsi di me? Pura perversione mentale, J., fidati.
- Sai che ti dico? vivi pure nel più completo anonimato.
- E’ quello che ho scelto di fare. Che non vuol dire non vivere o vivere a metà. Ma anzi potrebbe voler dire vivere pienamente.
- Allora Carol, ti faccio una domanda. Tu compri mai dei libri da leggere?.
- Ultimamente un po’ meno. Ma comunque sì, certo che li compro.
- Bene. E perché mai li compreresti?
- Li compro perché ho sempre creduto nel potere salvifico della letteratura. Quei libri curano l’anima, salvano l’uomo contemporaneo dalla dannazione. Certo, non tutti possono faro. Solo a pochi è concesso questo dono. Molti dilettanti si credono capaci di scrivere. Ma non è affatto così. In realtà scrivono solo sciocchezze, banalità, luoghi comuni, frasi vuote e volutamente costruite per fare effetto e suggestionare l'immaginario degli altri, ma che in realtà non dicono un bel niente.
- Sono d'accordo. Ma io parlo dei grandi scrittori. Forse non sai che se quei libri che hai comprato e letto possono avere l'effetto salvifico che dici è solo perché qualcuno un bel giorno ha pensato di scriverli, mettendo nero su bianco esperienze di vita, sensazioni, impressioni, storie vissute in prima persona o raccontate da altri.
- Mi sembra una nobile ragione, questa.
- Lo vedi? Ma c’è anche un’altra ragione per cui quei libri sono stati scritti. Nell’atto stesso in cui si è fatt ciò, gli autori si sono espansi, hanno conquistato molti mondi. Tutte le vite delle persone che hanno comprato quei libri. Compreso te. E quindi saranno ricordati per sempre. Le loro esistenze non passeranno di certo inosservate.
- Narcisismo, J. Puro Narcisismo. Si scrive per se stessi oppure si scrive per gli altri? Io redo che si debba scrvere per gi altri e non pr alimentare il falso mito di se stessi. E raccontare cose utili per capire il mondo, J. Cose di una certa importanza.
- E invece è vero l’uno e l’altro Carol. Nessuno scrittore ha mai scrtto solo ed esclusivamente pergli altri, Ma in parte anche per se stesso. Mi dispiace, ma è così. E questo non deve deluderti, né tantomeno impedirti di comprare altri libri.

L’indomani Carol si alzò alle 8 del mattino. L’aria gelata di diembre le attraversò le vene. Dopo una doccia bollente, s’infilò jeans e maglione e il solito cappotto viola di cashmere. Uscì di casa e andò al lavoro. Mentre guidava, ripensò alle parole di J. e alla sua spiegazione del perché si scrive. E si accorse che in fondo tutti i libri che aveva letto fino a 28 anni le erano rimasti scolpiti nella memoria. Ma gli autori? Quelli erano rimasti sempre degli illustri sconosciuti”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 3 dicembre 2009

E non chiamatelo 'Maestro'!

Franco Battiato si dovrà rassegnare. Questa settimana, a pochi giorni dall’uscita, il suo nuovo album ‘Inneres auge’ è al quinto posto della classifica. Subito dopo Sting. Un risultato fin troppo pop per il cantautore catanese. E chissà se gli farà piacere, visto che prprio lui ha fatto della snobistica ricercatezza la sua cifra. E chissà se farà piacere all’inseparabile paroliere-filosofo Manlio Sgalambro, uno che, per intenderci, ama vivere felicemente ‘nella sua pelle’, tessuto isolante dal resto del mondo.
L’album presenta la ricchezza di una tracklist che affianca quattro brani inediti a reperti del passato completamente ricantati, riarrangiati e risuonati con una sensibilità tutta nuova.
Nel primo singolo estratto, che dà il titolo all' album, ritorna il leitmotiv dell’eterno conflitto interiore tra linea orizzontale, che ci spinge verso la materia e quella verticale che conduce verso lo spirito. Ma soprattutto, nel testo Battiato si scaglia apertamente contro politici senza morale che, per allietare se stessi, si fanno confezionare festini.

Ogni riferimento è puramente casuale? Mica tanto. Dall’eremo di Milo, l’aria buona dell’Etna ha ispirato un testo coraggioso e sfrontato, stavolta senza troppi accorgimenti ermetici e reticenze poetiche. Tanto che già si parla di censura, in una linea ideale che segue le ormai storiche 'Up patriots to arms', appello contro la stupiditá musicale, e 'Povera Patria', canto stanco e rassegnato sull’Italia sfigurata da Tangentopoli e minacciata dalla mafia.
La via d’uscita? Sta tutta nell’occhio interiore. Sì, proprio così. «Occhio interiore – dice Battiato - Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice “terzo occhio”, ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia».
Sono solo tre gli inediti in questo disco targato 'Universale', della durata di appena mezz'ora. Oltre a 'Inneres auge', c'è 'Tibet', in lingua inglese, in cui il cantautore denuncia l’occupazione che opprime da decenni il popolo tibetano. È cupa e in dialetto siciliano, 'U’cuntu', il terzo brano mai pubblicato. È invece una cover 'Inverno', rarefatto omaggio ad uno dei piú grandi autori della tradizione musicale e poetica italiana, Fabrizio De Andrè. A queste novitá si aggiungono altri 6 brani, tutte rielaborazioni di una ricca produzione.
Vivissimi complimenti, Maestro!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)