giovedì 3 dicembre 2009

E non chiamatelo 'Maestro'!

Franco Battiato si dovrà rassegnare. Questa settimana, a pochi giorni dall’uscita, il suo nuovo album ‘Inneres auge’ è al quinto posto della classifica. Subito dopo Sting. Un risultato fin troppo pop per il cantautore catanese. E chissà se gli farà piacere, visto che prprio lui ha fatto della snobistica ricercatezza la sua cifra. E chissà se farà piacere all’inseparabile paroliere-filosofo Manlio Sgalambro, uno che, per intenderci, ama vivere felicemente ‘nella sua pelle’, tessuto isolante dal resto del mondo.
L’album presenta la ricchezza di una tracklist che affianca quattro brani inediti a reperti del passato completamente ricantati, riarrangiati e risuonati con una sensibilità tutta nuova.
Nel primo singolo estratto, che dà il titolo all' album, ritorna il leitmotiv dell’eterno conflitto interiore tra linea orizzontale, che ci spinge verso la materia e quella verticale che conduce verso lo spirito. Ma soprattutto, nel testo Battiato si scaglia apertamente contro politici senza morale che, per allietare se stessi, si fanno confezionare festini.

Ogni riferimento è puramente casuale? Mica tanto. Dall’eremo di Milo, l’aria buona dell’Etna ha ispirato un testo coraggioso e sfrontato, stavolta senza troppi accorgimenti ermetici e reticenze poetiche. Tanto che già si parla di censura, in una linea ideale che segue le ormai storiche 'Up patriots to arms', appello contro la stupiditá musicale, e 'Povera Patria', canto stanco e rassegnato sull’Italia sfigurata da Tangentopoli e minacciata dalla mafia.
La via d’uscita? Sta tutta nell’occhio interiore. Sì, proprio così. «Occhio interiore – dice Battiato - Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice “terzo occhio”, ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia».
Sono solo tre gli inediti in questo disco targato 'Universale', della durata di appena mezz'ora. Oltre a 'Inneres auge', c'è 'Tibet', in lingua inglese, in cui il cantautore denuncia l’occupazione che opprime da decenni il popolo tibetano. È cupa e in dialetto siciliano, 'U’cuntu', il terzo brano mai pubblicato. È invece una cover 'Inverno', rarefatto omaggio ad uno dei piú grandi autori della tradizione musicale e poetica italiana, Fabrizio De Andrè. A queste novitá si aggiungono altri 6 brani, tutte rielaborazioni di una ricca produzione.
Vivissimi complimenti, Maestro!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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