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martedì 22 maggio 2012

Pizzarotti e pizzicotti al Pd (ma anche al Pdl) da Beppe Grillo. Meglio se con le note di Al Bano




Ci vorrebbe Al Bano. A festeggiare in musica la vittoria delle 5 stelle di Beppe Grillo a Parma con Pizzarotti, l’homo novus della politica made in Italy. Magari tra le note di Felicità in versione solista. Ma in realtà con un’eco di piazza. Chi infatti sarebbe più adatto a incarnare i buoni propositi di rinascita e di risanamento sociale dei grillini di Albano Carrisi da Cellino San Marco? Grillo e Al Bano uniti da una parola chiave: la piazza. Entrambi uomini di piazza. Quell'agorà luogo di compravendita nell'antica Roma, l'antica wall street e il termometro commerciale e che oggi serve a misurare il consenso. La stessa che applaude con estrema facilità l’anti-Bersani che rompe le uova nel paniere al Pd, ma un po’ a tutti i partiti, grida al popolo che applaude infervorato, come mosso dal furor delle migliori tragedie di Seneca. E’ il vento polupista, lo stesso che agita le canzoni accorate di Al Bano nelle piazze, magari durante le sagre di paese.


E se Nina Zilli ha spodestato Fiorella Mannoia come nuova icona musicale della sinistra, adesso tocca proprio all’ex consorte di Romina Power incarnare, musicalmente parlando, la vocazione studiata e mirata di stampo nazional-popolare di Beppe Grillo. E così Federico Pizzarotti, project manager dell’Information tecnology, faccia pulita e uomo qualunque, che fin da piccolo ha sempre voluto cambiare il mondo, ben si unisce alla poetica nostalgica di Al Bano, cantore della parabola umana e delle disgrazie del cuore, dei buoni sentimenti e dell'Italia che vuole cambiare. L’incoronazione dovrebbe avvenire con un atto solenne, in pompa magna. Perché Albano ha una storia pesante alle spalle. E’ un cantante di successo. E la gente lo sa bene. Tant’è che lo ama e lo acclama. Proprio come fa con Beppe Grillo, il nuovo uomo della Provvidenza, sceso in terra a lavare i mali di una galassia politica marcia e malata di corruzione.
L’investitura grillina è stata ricevuta involontariamente da un deus ex machina speciale: Pier Luigi Bersani, che Grillo dal suo blog non esita a ritenere quasi morto (“Chiamate un’ambulanza per un TSO. C’è un pollo che si crede un’aquila”).
E intanto, in attesa dell'ambulanza, semmai dovesse arrivare,  Al Bano canta. “Felicità, è tenersi per mano, andare lontano... [...] E' un bicchiere di vino con un panino". E la gente così si sente meglio. E canta insieme a lui di una felicità che forse non c’è ma che ci manca. Nonostante Grillo continui a strombazzare col microfono a palla tutti i mali della politica e continui a strillare da un pulpito che ai benpensanti ancora oggi convince poco.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 13 giugno 2011

Referendum 2011: quorum ampiamente superato. I cives si risvegliano

E alla fine il quorum non solo è stato raggiunto, ma anche ampiamente superato e viaggia verso un bel 60 per cento. Nel caldo weekend appena trascorso un salto al mare, ma prima un salto alle urne per votare sì ai quattro quesiti e far saltare di nuovo i nervi al premier, che aveva invitato a disertarle. Altro schiaffo dunque per Silvio Berlusconi, che di certo non avrà digerito il sì sull’abrogazione del legittimo impedimento. E una sonora bocciatura al suo governo.
“E’ un divorzio tra il governo e il Paese”, commenta Pier Luigi Bersani. Antonio Di Pietro esulta. L’opposizione compatta incita alle dimissioni, tranne l'Idv. Ma di fatto che cosa succederà? Riflettori puntati sul rapporto tra il Cavaliere e Umberto Bossi, nell’attesa della Filippica di Pontida nel mega raduno leghista il prossimo 19 giugno. Ma potrebbe anche gattopardianamente non cambiare nulla e tirare ancora una volta a campare, magari pure fino al 2013.

Di certo questo è un risultato chiaro, netto, che meglio fotografa lo stato di apnea in cui versa la maggioranza. Il dato più rilevante, oltre alla vittoria dei sì, è quello di una partecipazione massiccia all’istituto referendario, come non succedeva negli ultimi dieci anni. I cittadini riscoprono a gran voce uno dei principali strumenti di democrazia diretta, si sentono partecipi, vogliono esserci e decidere col loro voto. Vogliono insomma riscoprire più che mai il proprio ruolo di cives. E non essere più trattati come figuranti e comparse di uno sterile spettacolo dove gli attori principali sono sempre gli stessi e fanno un po’ come gli pare, a seconda del proprio “particulare”. Eccolo, il campanello d’allarme, è già suonato e non si può far finta di non sentirlo. I cittadini pretendono di essere parte attiva in una società liquida, che modifica le proprie sembianze alla velocità della luce. Ecco perché gli italiani domenica 12 giugno (si è votato fino alle 15 di lunedì 13) , prima di fare un salto al mare, sono andati a votare.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 8 giugno 2011

Berlusconi ai raggi X. Gli amici non servili tentano l'ultimo salvataggio. Risorgerà per l'ennesima volta?

C’è ma non si vede. Silvio Berlusconi alla fine non è arrivato al Capranica, tra i suoi amici non servili. Ma era come se la sua presenza sofferta, il suo volto stanco e tirato, il suo sorriso amaro e per una volta non beffardo, fossero lì presenti. Rimettersi in gioco con una grande campagna nazionale di rilegittimazione. Primarie, dunque, per riscoprire un animo democratico. L’autarchia si avvia definitivamente al tramonto. Giuliano Ferrara lo grida a gran voce. A fargli da spalla gli altri amici non servili del Cavaliere mascherato : Mario Sechi, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri.

In platea ad ascoltare, tanti parlamentari del Pdl e ministri tra cui Cicchitto, Santanche', Brunetta, Verdini, Meloni, Galan. Non si può proprio far finta di niente. La sconfitta elettorale c'e' stata, anche se Berlusconi fa fatica ad ammetterla. L’appello convinto dell’angelo custode Ferrara sa di un benevolo tentativo di salvataggio, per accelerare la fase di recupero ed evitare l’inevitabile sfacelo. “Non essere ingessato, non diventare una statua di cera. Torna a combattere”, esorta Ferrara vestito di beidge. Il Pdl? Il Titanic che affonda, con l’orchestra che continua a suonare, dice il direttore del “Tempo” Mario Sechi. “Che errore liquidare la sconfitta di Napoli e Milano come un episodio! Sono invece il picco di un'emergenza, che non si risolve con Alfano segretario politico. Dunque ci vuole umiltà per capire che la sconfitta è grave' e 'occorre soprattutto una rivoluzione dentro il Pdl. Bisogna coinvolgere il popolo sovrano, quello che si cita sempre ma che non si coinvolge''. E sembra di rileggere alcuni passi del De Republica di Platone.

Tutta colpa del dissenso che avanza. Il pubblico dileggio entra a pieno titolo nell’agone politico. Il clima generale di sfiducia e di scontento si sta allargando a macchia d’olio. Dalla platea arrivano fischi e urla. “Vai a casa, fuori!”, sbraitano gli uditori inferociti quando Marina Terragni del Corriere preme un po’ troppo l’acceleratore: “Le donne che hanno manifestato per lui a febbraio lo hanno abbandonato come Veronica”.
Anche se non è ancora detta l’ultima parola e la rimonta non è del tutto esclusa. Come nel 2006, quando Berlusconi all’ultimo momento riuscì a mobilitare gli indecisi. Tutto può succedere. Perfino il brutale risveglio di schegge impazzite di berlusconismo. Per chi crede ancora nei miracoli…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it )

venerdì 1 aprile 2011

Con l'affaire Borselli il Pdl ci guadagna


Corre sul filo di lana l’equilibrio instabile tra politica e spettacolo. Una contaminazione vincente, un groviglio ormai inestricabile, soprattutto all’interno del Popolo della libertà. Rino Formica docet: più che mai tempo di nani e ballerine. E voilà, soubrette mozzafiato zampillano di luce ispirata, studiano bene il copione, lavorano sull’immagine rendendola il più possibile sobria e professionale, si scrollano di dosso scollature vertiginose, ombretti sgargianti e minigonne inguinali per vestire i panni di un credibile cambiamento repentino, camaleontico ma deciso, in tailleur di raso lucido. In principio fu Gabriella Carlucci, pupilla di Enzo Tortora, reginetta di Rete 4, che nel 2001 approda alla Camera tra i banchi di Forza Italia (attualmente ricopre il ruolo di presidentessa del comitato bicamerale per l’infanzia). Poi nel 2004 tocca a Elisabetta Gardini scivolare dal tubo catodico direttamente in Transatlantico. Ora l’attrice-presentatrice è dal 2008 europarlamentare.


Nel 2006 eclatante è il caso di Mara Carfagna, passata grazie alle dritte di astuti consiglieri da telegatti e paillettes al mesto caschetto e al piglio concentrato di deputata, per poi essere nominata nel 2008 di impegnata ministra per le Pari opportunità. Infine Barbara Matera, ex attrice di fiction e signorina “buonasera” di Raiuno, dal 2009 europarlamentare nelle liste del Pdl. Presentando la sua candidatura, Silvio Berlusconi aveva commentato dicendo: « Barbara Matera è laureata in scienze politiche, me l’ha consigliata Gianni Letta, è la fidanzata del figlio di un prefetto suo amico. Ecco, ha fatto una parte in Carabinieri 7 su Canale 5, ma mai la velina”. E Antonio Ricci ci rimarrebbe male.


Il comune denominatore? Tutte in lizza per un posto al sole, ma soprattutto per la campagna pro gnocca cum cervello. L’ultima in ordine di tempo è lei, Hoara Borselli, ex compagna di Walter Zenga, ex soubrette del Bagaglino, danzatrice provetta a Ballando con le stelle, dal 10 marzo fedele collaboratrice del ministro Ignazio La Russa al ministero della Difesa. “Un affare”, lo ha definito l’entourage del ministro, alludendo probabilmente allo stipendio percepito dalla signora Borselli, 16.120 euro annui, ovvero 800 euro al mese. Pecunia non olet. Ma la causa è nobile: abbellire la politica, renderla più appetibile. Quindi la Borselli non solo ha accettato senza un attimo di esitazione, ma si è subito messa al lavoro per i 150 anni dell’Unità d’Italia e già il giorno 17 ha presentato il concerto della fanfara del Comando artiglieria contraerei dell'Esercito in piazza di Spagna. Sexy ma con garbo. Gnocca ma con la testa. I criteri di selezione naturalmente sono “a discrezione del ministero”, fanno sapere gli scagnozzi di La Russa. Meglio di così… C’è solo un curriculum meno telegenico gettato alle ortiche.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 9 settembre 2010

La rivincita di Elisabetta Tulliani


L’appuntamento è a Mirabello. Come ogni anno. Nel paese rosso del ferrarese dove nel Novecento si presero a scazzottate i fascisti e i non. Proprio lì, nel ritrovato covo dei camerati più nostalgici e sentimentali, dal pulpito, il presidente della Camera Gianfranco Fini ufficializza la rottura di quel vaso di coccio del Popolo della libertà. Allora? Nulla di nuovo sotto il cielo pidiellino. Lo si sapeva da tempo. Semmai Mirabello rivela a tutti qualche altra cosa. Nella platea, in prima fila Elisabetta Tulliani, la compagna di Fini, mestamente seduta, si prende una bella rivincita. Tutto merito del suo compagno. Un bacio lanciato dal palco, la strenua difesa della sua famiglia, teneri sguardi d’intesa, e poi un caloroso brindisi insieme, una cena casereccia e una manciata di carezze e parole sussurrate all’orecchio. Insomma, in poche parole una rinnovata e più che mai appassionata dichiarazione d’amore.

Una bella rivincita personale, appunto, per l’ex di Luciano Gaucci
, bollata per tutta l’estate dai giornali filo berlusconiani come cinica e calcolatrice, faccendiera dei cattivi sentimenti, lapidata come la Maddalena, esposta al pubblico ludibrio di un’Italia falsamente moralista e bacchettona. Lei che, bionda e appariscente, almeno quanto, a detta dei giornali, ambiziosa e arrivista, si era impossessata di una parte consistente del patrimonio di Gaucci, aveva fatto sonori investimenti, collezionato inviti nei salotti che contano, finché non aveva trovato la giusta preda, e aveva finalmente potuto insinuarsi come un cobra - a detta di Vittorio Sgarbi - nella mente di un debole come Fini.
Ma lei tira dritto, minaccia appena qualche querela, in pubblico non si scompone più di tanto. Armi affilate, doti nascoste, ars amandi degna della catulliana Lesbia, la Tulliani esce vittoriosa dal fastidioso impiccio. Investita da un pericoloso vortice mediatico, se l'è cavata più che bene, dando a tutti l'unica risposta che c'era da dare: il suo rapporto con Gianfranco Fini non solo non è stato minimamente scalfito, ma la loro unione appare più forte di prima. E lei sembra aver ritrovato quella fierezza nel volto che caratterizza la sua espressione più sicura e decisa. Se poi le ministre Gelmini, Prestigiacomo e forse un po’ anche la Carfagna dalle pagine del settimanale “A” di Maria Latella si uniscono alla schiera dei pubblici accusatori, chissenefrega. Ma sì, Eli ha in tasca la carta vincente. Quella della regina di cuori. E a tutti gli altri un bel due di picche. Finché dura…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)