domenica 4 aprile 2010

Dal Comunismo a Facebook: ecco come cambia l'ideologia

Irraggiungibile come l’orizzonte. Persa come un’illusione. Fragile come ogni falso idolo che si rispetti. L’Utopia in “Come spiegare la storia del comunismo ai malati di mente” di Matei Visniec, è un “cavallo imbizzarrito. […] E’ quando siete nella merda fino al collo e volete tirarvene fuori”, scrive l’autore. Il drammaturgo romeno, divenuto a pieno titolo cittadino di Francia, spiega così il tragico paradosso dei regimi ideologici, spauracchio di un’umanità insoddisfatta, che fabbrica nuove idee del mondo solo per la disperata voglia di migliorare se stessa.
Prodotta dal Teatro Stabile, in scena all’Ambasciatori in prima nazionale dal 13 al 25 aprile e poi dal 27 aprile al 9 maggio al Valle di Roma, la pièce satirica si è avvalsa della nuova traduzione di Sergio Claudio Perroni. La regia, firmata da Giampiero Borgia, utilizza le scene di Giuseppe Andolfo, i costumi di Giuseppe Avallone, le musiche di “musiche Papaceccio MMC” e Francesco “Cespo” Santalucia. La coreografia è di Donatella Capraio, il protagonista è Angelo Tosto, nel ruolo corale del poeta Yuri Petrovski.

Un’utopia di oggi? Potrebbe essere Ikea o forse Facebook. Luoghi immaginari in cui ci si rifugia in una finta vita”, ha sottolineato il regista Borgia alla presentazione ufficiale di ieri nella sede della scuola d’arte drammatica del Teatro Stabile intitolata ad Umberto Spadaro e ospitata dal Comune di Catania nel Palazzo della Cultura. Una conferenza stampa-spettacolo, che ha visto l’esecuzione dal vivo di alcuni brani originali della colonna sonora dell’opera, che si rifanno tutti al periodo stalinista. Tra i presenti anche il presidente del Teatro Stabile Pietrangelo Buttafuoco, la vicepresidente Ersilia Saverino e il direttore Giuseppe Di Pasquale.
La novità, rispetto all’edizione del novembre 2008, è la riscoperta affinità col musical europeo di ascendenze brechtiane, in una messinscena che esalta un testo legato al teatro
dell’assurdo e alla lezione di Eugène Ionesco.
Siamo a Mosca. E’ il 1953, anno della morte di Stalin. Lo strambo direttore dell’ospedale per malattie mentali è convinto di aver scoperto una cura rivoluzionaria: raccontare ai pazienti la storia del Comunismo. Affida la missione al giovane poeta Yuri che, giorno dopo giorno, si lega ai malati e diventa sempre più contrario al pensiero dei dirigenti del manicomio, che a loro volta sospettano che sia un sabotatore della rivoluzione.
In quest’opera Visniec intreccia assurdità e paradosso in un vortice che fotografa poeticamente il delirio amoroso di un’intera nazione innamorata follemente di un’idea.

La mia utopia? Di sicuro nessuna ideologia. Sono profondamente laico. La mia ideologia semmai è la vita stessa. E non pontificare mai, anzi demolire tutti quelli che lo fanno”, ha precisato Borgia. Non a caso l’aspetto più importante dell’opera, come ha evidenziato lo stesso regista, è la totale assenza di moralismo: “Il mio è un palcoscenico, non un pulpito. Non credo sia compito del teatro produrre un giudizio morale. E’ più interessante indagare le vicende che hanno segnato la storia. Chiedersi come possa succedere che una nazione immensa si innamori di un’idea al punto da stravolgere comportamenti già sedimentati nei secoli. Eppure è un fenomeno che si ripete ciclicamente, ogni volta che appare un nuovo incantatore, un nuovo ‘Pifferaio magico’”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it), La Sicilia, 4/04/2010

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