venerdì 28 agosto 2009

Caro aspirante prof., tuffati subito in classe

Due anni in un vortice asfissiante. Un deja vu mostruoso: la Siss. Perché la laurea non bastava. Ok. C’era estremamente bisogno di ripassare ancora una volta le materie degli esami universitari e quelli che ai miei tempi, nel vecchio ordinamento si chiamavano corsi monografici, presentati dai docenti esattamente come avevano fatto a lezione. Due anni in cui la tua vita si fermava e si ripetevano quasi allo stesso modo le scene vissute negli anni universitari. Eccetto che per la didattica e la pedagogia, uniche novità assolute.
Adesso per i futuri insegnanti, la sonata cambia. Dopo la laurea quinquennale, per legare teoria a pratica ci sarà un anno di tirocinio con oltre 400 ore in classe, anziché 300. Può sembrar banale, ma la Commissione presieduta dal professor Giorgio Israel, a cui è già seguita un’azione di primo confronto col mondo della scuola e delle associazioni per l’integrazione scolastica, su questo ci ha preso, eccome. Nel senso che per i futuri docenti due anni di abilitazione post laurea erano davvero troppi. Un’ apnea pericolosa, esasperante, ripetitiva e nevrotica finalmente sostituita dal Tirocinio Formativo Attivo, direttamente a contatto con le scuole. Così “si passa dal semplice sapere al sapere insegnare e ci si forma sul campo”, dice il ministro Maria Stella Gelmini.


L’idea non sarebbe male, anche perché di teoria, nelle università italiane, ce n’è fin troppa. Nozioni su nozioni, spremute come succo di limone sui neuroni stanchi e annoiati. Ma se per Lettere è indispensabile leggere quanto più possibile e l’approfondimento è fondamentale, è anche vero che dilungarsi troppo non serve, specie su cose già fatte. Io, dopo la laurea in Lettere classiche, nei due anni di Sissis ho trascorso uno dei periodi più inutili dlla mia vita, come comparsa di un film già visto. Non un solo colpo di scena. Stessi docenti, stesse materie, perfino gli stessi approfondimenti. Era ora di dare una svolta alla preparazione all’insegnamento e renderla molto più concreta e spendibile, preparando sul serio il docente ad affrontare la classe e tutto il suo universo di situazioni e problemi. Così, nel momento in cui un insegnante appena abilitato entrerà per la prima volta in classe, eviterà (si spera) di farlo con un incedere lento e, pur sapendo esattamente che cosa e come spiegare, con un’aria incerta e smarrita. Perché tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare. E spesso l’oceano. E allora tanto vale tuffarsi subito in acqua.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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