sabato 29 agosto 2009

Ci manca tanto la Catania di Bianco

Enzo Bianco, nella sua carriera politica, di cose ne ha fatte parecchie. Cresciuto alla scuola repubblicana di Ugo La Malfa, Bruno Vicentini e Giovanni Spadolini, presidente della federazione giovanile, poi responsabile in politica estera del PRI fino al 1984.
E ancora membro dell'"European Liberal-Democratic Bureau" dal 1984 al 1990, dal 1995 presidente dell’Anci e nel 1999 dell’Agenzia nazionale dei segretari comunali. E poi, tra i fondatori di Legambiente, del movimento Centocittà. Dal dicembre 1999 al giugno 2001 ministro dell’Interno nei secondi governi D’Alema e Amato e presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (Copaco), eletto con sei voti su sette votanti. Margheritiano doc, poi democratico, ora piddino dell’ala più moderata e franceschiniana. Il tutto non fa una piega, per un avvocato rampante nato pur sempre nell’entroterra siciliano di Aidone, in provincia di Enna.
Ma in realtà, il ruolo più bello ricoperto da Enzo Bianco è stato e continua a essere senza dubbio quello di sindaco di Catania.
La prima volta, nel 1988
, per pochi mesi. Già allora, saltando da consigliere comunale a primo cittadino, aveva fatto assaggiare ai catanesi una primavera breve ma intensa (restò in carica per pochi mesi). Nel novembre 1997, secondo tempo di una partita da urlo: col 67 per cento dei voti, Bianco è di nuovo il sindaco di Catania.

Chi non lo ricorda? La città respirava, si muoveva, era come un atleta in ripresa a tempo di record. Quando mi sono trasferita definitivamente a Catania, negli anni universitari, era l’ultimo scampolo di quella gloriosa stagione. Gloriosa perché Enzo Bianco era attivissimo come l’Etna. Tutti i santi giorni dell’anno. Ogni occasione era buona per annunciare e dare il la a iniziative culturali, sociali, imprenditoriali nel pubblico e nel privato. La rivalutazione del centro storico si deve a quegli anni, così come la cura e il senso civico per la propria città, a cui Bianco stava pian piano educando i catanesi abituati a lanciare carte per strada e a depositare i sacchetti della spazzatura dovunque. Con Enzo Bianco Catania era fiorente, pulita, magnetica, creativa.
Lo sguardo rivolto alla Bellezza e alle arti, così come l’attenzione alla cultura erano di casa, attraverso un rapporto costante con l’Università. L’amore per la città si avvertiva ad ogni respiro, in tutti gli interventi pubblici e in ogni progetto.
E’ questa la Catania che vorremmo ritornare a vedere, una città operativa, dinamica, ottimista e non una città “nera” come la lava dopo che si raffredda, una città che arranca, lasciata al più totale abbandono, come un fiore senz'acqua, lasciato appassire.
Senatore, la prego, impegni nazionali a parte, anche in vacanza
in montagna, tra una lunga passeggiata e l’altra, anche se siamo un po’ in anticipo, torni a prendere sul serio in considerazione un revival tutt’altro che nostalgico, che potrebbe far risorgere a nuova vita una città bella e morente.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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