mercoledì 30 giugno 2010

Ciao Pietro, eroe dei nostri tempi

Se n’è andato da eroe Pietro Taricone, o’ guerriero, il volto e l’anima del “Grande Fratello”. Lui che coi suoi occhi verdi e intensi e un sorriso cavallino aveva fatto dell’esibizionismo eccentrico ed esasperato da reality il suo orgoglio e la sua forza. Lui che non si vergognava affatto di mostrare a tutti la sfrenata ambizione, il narcisismo, la voglia di notorietà, il desiderio di successo, la noia della provincia, lo spirito d'avventura. Lui che dieci anni fa, a 25 anni, appena arrivato da Caserta nella casa del Gf, nella prima edizione del programma allora rivelazione, piombato nel palinsesto di Canale 5 con un immediato effetto boomerang su audience e opinione pubblica, sognava Hollywood ma nel frattempo dedicava al suo pubblico lunghi confessionali in cui in modo schietto e diretto discettava sul gallismo di stampo meridionalista, rivisitava il Bell’Antonio di Vitaliano Brancati, il machismo sentimentale del III millennio, animava le strategie di gioco con estrema disinvoltura, un po’ bullo un po’ intellettuale improvvisato. Ma sempre con quel disincanto proprio delle persone intelligenti.
Nel tritacarne televisivo era riuscito a sopravvivere, cercando in tutti i modi di smarcarsi dalla figura ingombrante del Taricone personaggio da reality ma lasciando, senza neppure accorgersene troppo, in quel reality un’impronta talmente forte da creare una fisionomia e un carattere a cui tutti i concorrenti successivi hanno cercato di ispirarsi ma nessuno c’è riuscito davvero.
E a poco a poco ci stava riuscendo, a ritagliarsi un ruolo tutto suo, a farsi largo come attore. Nel cinema, grazie a una sua partecipazione al film di Gabriele Muccino “Ricordati di me” e soprattutto con la fiction: La nuova squadra, Don Gnocchi-l’angelo dei bimbi, Distretto di polizia, Radio West, Maradona-la mano de Dios. L’ultima sua apparizione televisiva risale a qualche mese fa, nella serie di successo Tutti pazzi per amore 2, andata in onda su Raiuno.

Pietro ammava lanciarsi col paracadute. E uno dei suoi 400 lanci gli è costato la vita. Morire nel giorno dell’onomastico, a 35 anni, farà di lui in questa mediocrità esasperante un mito per tanti. Per tutti quelli che avrebbero voglia di essere baciati dalla fortuna, di essere travolti da un’esplosione mediatica come la sua, che se non hai cervello può esserti fatale, di arrivare alla ribalta e capire che più che farti usare devi essere tu a saper usare i mezzi giusti per sopravvivere a chi vuole snobbarti, ghettizzarti, strumentalizzarti, distruggerti. E Pietro i mezzi giusti ce li aveva. Intelligenza e una buona capacità critica, ironia e quel sano distacco dalle cose. E poi tanta determinazione e coraggio. Lo stesso coraggio che lo ha spinto a lanciarsi ancora una volta, per l’ultima volta, dal suo amato paracadute.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

venerdì 25 giugno 2010

E dopo la sconfitta ai Mondiali, la Nazionale va a Prandelli

Si volta pagina. Dopo la sconfitta, si pensa al futuro. Si guarda oltre Shakira e i suoi roteamenti subinguinali. Oltre waka waka e le vane geometrie di Andrea Pirlo. Oltre il calcio italiano, dove i fenomeni sono ormai solo un lontano ricordo, oltre le file impoverirte dei club. E oltre Marcello Lippi, uscito perdente e pentito (impossibile con una squadra così bissare la vittoria di quattro anni fa), in ginocchio dinanzi ai tifosi che ancora ci credevano e alla federazione con un mea culpa doveroso e senza mezzi termini. “E' dipeso da me”, aveva detto alla conferenza stampa. Peccato che lui la sconfitta con la Slovacchia l’abbia attribuita esclusivamente a un crollo psicologico, a una paura immobilizzante che ha quasi atrofizzato i muscoli degli azzurri. Mica alla mancanza di qualità del nostro calcio o a qualche assenza di troppo.

Ma ormai il dado è tratto. Con due pareggi e una sconfitta l’Italia ha toccato il fondo col peggiore risultato nella storia delle sue partecipazioni al Mondiale e se torna a casa con la coda tra le gambe. Ora oltre Marcello Lippi c’è Cesare Prandelli. Come suggerisce Cannavaro bisogna guardare avanti. Ci si aspetta molto dal nuovo allenatore. Soprattutto un rinnovamento vero. Altre facce, facce nuove. Un gioco più aggressivo, maggiore personalità. E soprattutto i risultati. E poco importa se Alex Del Piero anziché lanciare un paio di assist continuerà a bere l’acqua della salute con la sua migliore amica, la statuaria Cristina Chiabotto. O se Francesco Totti sarà impegnato a leggere con attenzione il libretto delle istruzioni del suo nuovo smartphone, Antonio Cassano si godrà più a lungo la luna di miele e Mario Balotelli potrà ancora farsi fotografare con la bionda pseudofidanzata del “trota” Renzo Bossi. Ciò che importa davvero è rialzarsi dopo una caduta già annunciata, anche senza letture trascendentali. Era bastato infatti stare qualche minuto davanti allo schermo già quando abbiamo giocato contro il Paraguay e la Nuova Zelanda per capire che stavolta non c’era storia. Grandi assenti: personalità e gioco.

Bene intenzionato sul fronte di una immediata ripresa è anche Giancarlo Abete. "Non vedo il legame tra la nomina di Marcello Lippi e le mie dimissioni", ha detto oggi il presidente della federcalcio, che ha aggiunto: "Farò tutto quello che è utile per il calcio italiano come penso di aver fatto, sbagliando anche alcune volte, ma in buona fede. Non sono persona legata alla logica della poltrona. Rispondo con serenità in primis alla mia coscienza, alla base che mi ha eletto e alla responsabilità di far ripartire il sistema calcio. Se il problema delle dimissioni è legato alla scelta di Lippi, non si pone perchè l'individuazione del commissario tecnico è una scelta legittima del presidente federale". Che ci sarà al posto del tridente dell’iracondo Nettuno (Lippi nella partita della disfatta ha schierato un 4-3-3)? Prandelli è tipo da 4-2-3-1. E stavolta la combinazione fa ben sperare per la nuova stagione azzurra. Almeno fin qui, tutto fila liscio come l’olio. Gigi Buffon si prenderà il tempo necessario per operarsi e poi rimettersi in sesto. Manca solo l’ingrediente principale: i giocatori. Bisogna accarezzare i sogni, ma soprattutto fare in modo che si avverino. Anche senza materia prima?...

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

domenica 13 giugno 2010

Zaia contro l'inno di Mameli. Lo show estivo antitaliano della Lega è appena iniziato

E’ tempo d’estate, è tempo di panzane leghiste sparate a raffica sulla canicola estiva. Quasi un appuntamento scaramantico. Esattamente come un anno fa, quando sempre loro, le camicie verdi temutissime dagli alleati in casa Pdl, gioco-forza, lanciavano un giorno sì e l'altro pure, per bocca dei loro più accaniti tiratori scelti, Calderoli in testa, dictat, progetti, idee scabrose per un ' Italia dal sapore dissolto, formalmente unita ma in realtà più che mai frammentata. E quest’estate a fare da apripista alle dichiarazioni choc e pochissimo chic ci ha pensato Luca Zaia, il governatore del Veneto, in occasione dell’inaugurazione di una scuola nel trevigiano. “Vi prego, cantatemi ‘Va’ pensiero’ anziché l’Inno di Mameli”. Come volevasi dimostrare, i leghisti sono allergici non soltanto ai loro alleati della coalizione di centrodestra, ma anche e soprattutto all’idea obsoleta e raccapricciante di un’Italia unita. Ancora questa vecchissima storia? Ancora la retorica di un Paese unito? Lasciamo perdere e mettiamoci Nino Bixio, le cinque giornate di Milano alle spalle. E il canto degli italiani, simbolo della nostra Repubblica, il nostro inno nazionale composto nel 1847 con tanta solerzia da Goffredo Mameli, pure.

Ma spesso i leghisti fanno i conti senza l’oste. E allora il ministro della difesa Ignazio La Russa è sceso subito in campo, per fare da contrappeso, o meglio, metterci una pezza, ritenendo quanto accaduto: “un fatto grave, se fosse vero”. E “Farefuturo” ha già definito le dichiarazioni di Zaia “l’ultima sparata”. Ma niente critiche, annuncia il magazine della fondazione finiana, “è inutile fare il gioco del Carroccio”.
Peccato che tutto sia stato rigorosamente smentito poco dopo, facendo passare “La tribuna del Veneto” quasi come “Il vernacoliere”. "L'Inno di Mameli - si è difeso il governatore del Veneto - è stato regolarmente cantato dal coro al momento del taglio del nastro. Credo che queste precisazioni siano utili per chiudere definitivamente una polemica che non aveva e non ha ragion d'essere".

Puntuale come un orologio svizzero, è partita la girandola delle polemiche. Una su tutte, quella del ministro per le Politiche dell’Ue Andrea Ronchi, anche lui come La Russa un ex An, che non ha esitato a gelare Zaia: “Aver deciso che l'Inno di Mameli fosse suonato senza la presenza delle autorità è un oltraggio alla nazione italiana".
Ma siamo solo all'inizio. L'estate è appena cominciata. E i leghisti, con buona pace degli alleati, avranno tutto il tempo di surriscaldarla con altre dichiarazioni antipatriottiche, antimeridionalistiche, anticostituzionali e perfino un bel po’ antiquate.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

martedì 8 giugno 2010

Aridatece Paolini, l'elfo raggiante dei tiggì

La domanda è di quelle che bruciano più dell’asfalto incandescente d’estate, trapanano la mente, angosciano l’esistenza. Che cosa sarà il nuovo Tg1 senza più Gabriele Paolini? Meravigliosa creatura, elfo raggelante a caccia di scoop, sfrontatezza e malcostume insieme, faccia da “lato b”, con quell’espressione irriverente e scettica. Il molestatore doc dovrà rassegnarsi, almeno per il momento. Niente più blitz, incursioni moleste, apparizioni fugaci durante i servizi in diretta dei vari tg. Per lui è stato confermato anche dal tribunale del riesame un bel divieto di dimora a Roma.

Paolini e’ indagato per interruzione di pubblico servizio e violenza privata dopo l’ennesimo episodio nei confronti di una giornalista e della troupe del Tg3 avvenuto ad aprile. E ora, con un bagaglio di oltre 1000 querele e vari guai giudiziari sulle spalle, l’arlecchino dellla tv dovrà astenersi dal rompere le uova nel paniere ai giornalisti, dal macchiare un’informazione impeccabile e perfetta, confezionata ad arte per raccontare ciò che si deve. Ma ora che ne sarà di lui? Andrà in spiaggia a vendere bijoux? Di certo non se lo chiederà il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, impegnato proprio in questi giorni con tutto il suo staff, compresa la giovane e scattante redazione multimediale, a ridare scenografia, dinamismo, tinnovazione tecnologica e lustro all’informazione del tiggì più seguito d’Italia. Eppure piacevano quelle incursioni traumatiche, da far tremare le vene ai polsi, sollevare le più infauste ire. Quegli interventi così tanto molesti contro ogni deontologia professionale. E piacevano anche se dettate dal solo voler apparire. Se non altro perché restituivano un po’ di linfa reale ad una situazione costruita, finta, ipocritamente impeccabile, quella appunto dell’inviato pronto a fare il suo resoconto, ma solo dopo aver seguito attentamente le istruzioni.

Piaceva Paolini perché era insopportabile, imprevedibile, inutile in un contesto dove tutto deve filare liscio come l’olio. Era la ruggine che inceppava l’ingranaggio, in fondo la voce di un disperato come tanti in cerca di qualcosa di meglio. Caro Paolini, dovunque tu andrai, ti penseremo. Ogni volta che si accenderà la lucina rossa della telecamera e il giornalista attaccherà la sua ramanzina carina, il nostro pensiero volerà a te, ai tuoi condom, alle tue sbavate interruzioni. All’ unico momento umoristico che ci regalavi, nella selva di un’informazione imbellettata col frack.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 3 giugno 2010

Claudia Schiffer si fa nera

Michael Jackson avrebbe detto no. Lui da nero si è fatto bianco. Invece lei, Claudia Schiffer, la super top tedesca dai tratti algidi e rassicuranti, si fa nera. Per l’esattezza afro doc. Capello crespo, colorito deciso, anche se sul candido pallore del suo incarnato al cioccolato non si arriva. Al massimo latte e caffè.
La nuova Angela Devis si risveglia così, posando in versione black people su oltre 700 copertine internazionali. Muta il sembiante ma l’anima resta la stessa. Da vent'anni sgusciata ad arte dal vellutato obiettivo di Karl Lagerfeld. L’anniversario merita una certa attenzione. E allora la rivista tedesca di foto e stile “Stern Fotografie” pubblica una cover della supermodella. Ma nell’era del presidente americano total black, la trovata lagerfeldiana potrebbe leggersi come un contributo del mondo modaiolo e fashion a mettere nero su bianco l’orgoglio afro o più semplicemente si tratta di un’abile trovata pubblicitaria? Se così fosse, il turbolento Huffington Post, blog statunitense creato nel 2005 da Arianna Huffington, nonché uno dei siti più seguiti al mondo, ha già preparato terreno fertile all'eventuale polemica. Infatti si sta già chiedendo se poi sarebbe davvero così tanto immorale che una bianca si camuffi da nera. Piacerà a lady Obama, che ha da tempo rinnegato il suo crespo crine per un liscio morbido e setoso decisamente da bianca?
Al di là dei possibili apprezzamenti, la Schiffer ha dimostrato comunque di sapersi mettere in gioco quanto a look e immagine. Anche a rischio di apparire, così abbronzata, un po’ meno bella…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 2 giugno 2010

Con Diaco e Luzi a Unomattina la vis polemica si fa mattutina

Cambio di guardia a Unomattina. Il duetto corretto e cortese formato da Eleonora Daniele e Michele Cucuzza da qualche giorno ha passato il testimone agli alternativi innovativi Georgia Luzi e Pierluigi Diaco. Scelta coraggiosa per mamma Rai, in perfetta linea con la politica del dire e mai del fare che parla tanto di lifting, restyling e di rinnovamento di contenuti e conducenti. Per la versione estiva del programma, ecco la coppia dell’estate, che si giocherà la carta del contenitore mattutino più amato dagli italiani. Lei bionda, occhi azzurri, viene da Rai Sat, dove ha condotto per anni “Giga”, un programma per ragazzi e da varie partecipazioni a serie televisive, sempre per la Rai (Don Matteo, Carabinieri, Incantesimo). Lui, imprevedibile e irriverente, è stato l’enfant prodige del giornalismo italiano degli ultimi anni. Ha debuttato su Tmc alla tenera età di 18 anni, conducendo Tmc giovani. Poi si è dedicato al giornalismo politico e alla radio. E ora ritorna all’intrattenimento e, dopo 11 anni, ritorna in Rai (l’ultimo programma, Maglioni marroni, risale al ’99).

La cifra del programma è spiazzare gli ospiti, sfruculiare nelle questioni affrontate, mettere il dito nella piaga, fare domande sconce, non essere mai dalla parte degli intervistati e cercare di evitare banalità varie. In questo Diaco è il buon maestro, la Luzi ne è fedelissima allieva. Tant’è che i due conduttori viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e per l’occasione la Luzi ha abbandonato quasi del tutto la sua consueta mansuetudine per tirare fuori una vena decisamente più intellettuale e polemica. Però a volte sia l’uno che l’altra sembrano essere un po’ troppo prevenuti nei confronti degli ospiti che sottopongono al terzo grado, sapendo benissimo chi possono massacrare fino in fondo e danno l’impressone di voler rompere a tutti i costi le uova nel paniere solo per partito preso, per meglio calzare i panni dei personaggi che si sono abilmente costruiti. Così come i tempi sono troppo lunghi, e si finisce per non lasciare mai spazio al mini pubblico giovane presente in studio che magari vorrebbe intervenire con qualche domanda. Ma a voler essere in buona fede, l’ingranaggio è nuovo e per funzionare bene ha bisogno di un po’ d’olio. Quindi, considerando che Diaco-Luzi hanno iniziato la loro nuova avventura televisiva estiva da appena qualche giorno, potranno solo migliorare.
«Sarà un’avventura nuova, cambia soprattutto il linguaggio perché affronteremo tanti temi, ma mi porterò dietro tutto il mio bagaglio. Naturalmente, essendo estate, ci lasceremo anche andare a una certa leggerezza», aveva detto la Luzi in un’intervista. Assist perfetto per Diaco, che in alcuni momenti del programma ama abbandonarsi ad afflati romantici e sentimentali (“Care donne, non ricorrete alla chirurgia estetica, ma continuate ad amare. L’amore vive grazie alle donne”), anche nei confronti dell’azienda di viale Mazzini (Viva l’Italia, viva la Rai). E viva i due nuovi conduttori di Unomattina Estate. Irriverenti, sì, ma solo con chi si può fare.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)