giovedì 11 ottobre 2012

Il fattore H? Solo un lontano ricordo



In una parola: diversi. Ma non per questo emarginati. Perché oltre la soglia della cosiddetta “normalità” c’è un mondo. Un altro mondo. Basta solo iniziare a guardarlo con gli occhi di chi sa che i diversamente abili, dentro e fuori dalla scuola, meritano di potersela giocare fino in fondo quella imprevedibile e allettante partita che si chiama vita. Patrizia Aminta Infantino se n’è accorta già da un po’. Proprio passando tra i banchi. E ha deciso di parlarne in un libro, “Alunni speciali. Apprendere l’inclusione a scuola”(pagg. 116, € 14, 50), edito da La Meridiana. Un libro scritto con la mente, ma soprattutto col cuore.

Come nasce l'idea di scrivere questo libro?

“In qualsiasi gruppo, famiglia, classe, angolo di vita c’è qualcuno che è stato o si sente escluso. E’ la pecora nera; è un qualcuno che aspetta di essere incluso e, più di altri ha bisogno della spinta propulsiva che lo rimetta al suo posto. Ha bisogno e vuole essere integrato. Ognuno di noi ha le proprie pecore nere; parti sconnesse, che sfuggono, che non approviamo, che giudichiamo e che aspettano di essere viste. Hanno bisogno e vogliono essere integrate. Il libro nasce dalla necessità di far comprendere ai colleghi quanto l’inclusione di un ragazzo con bisogni educativi speciali arricchisca il percorso di tutta la classe e la diversità del singolo arricchisca la forza del gruppo. Quanto l’inclusione sia necessaria e può essere appresa a scuola.
Nelle classi dove entra la pedagogia speciale c’è un riconoscimento della propria individualità che in altre classi manca. Nell’alchimia che nasce nel tener conto dell’aspetto sociale, affettivo e cognitivo del ragazzo, l’insegnamento diventa olistico e l’insegnante impara a valorizzare le diversità che ci caratterizzano: praticamente vengono potenziate tutte le intelligenze e non solo quella linguistica o matematica, tutti gli stili di apprendimento e non solo di quello analitico ed è operando verso una conoscenza metacognitiva, ma anche meta emozionale, che individua tutte le emozioni e impara a trasformare le qualità negative in positive”.

Da quanti anni insegni ai ragazzi speciali?

“Ho insegnato Scienze Motorie per trent’anni appassionandomi a tematiche riguardanti il senso della malattia, la psicosomatica, la medicina cinese, lo shiatsu, la postura…. Poi, un bel giorno il mio percorso di precariato scolastico mi ha assegnato tre casi di ragazzi speciali che hanno rapito il mio cuore. Ho preso la laurea specialistica all’insegnamento delle Attività di Integrazione e Sostegno all’università veneta Cà Foscari e ho lasciato le Scienze Motorie per amore della valorizzazione delle ‘pecore nere’. Adesso sono cinque anni che mi dedico con passione all’inclusione attraverso l’insegnamento”.

Qual è la mission di un prof. oggi?

“La missione è credere in ciò che si fa. Quando si opera nel campo del sociale occorre studiare ma soprattutto occorre mettere la testa al servizio del cuore. Creare pace con se e tra se con il mondo, saper educare e lasciarsi educare, arricchirsi con la cultura propria e altrui potrebbero essere gli obiettivi della vita di chi crede nell’ insegnamento olistico. In questo testo si vuole riconoscere quanto l’unicità del singolo valorizzi la forza del gruppo e quanto sia utile sfruttare questa forza per incrementare il miglioramento personale”.

Nell'applicazione della didattica speciale quali difficoltà concrete può incontrare un prof. in classe?


“Ancora oggi mi batto per far superare ai colleghi e alle famiglie l’idea che il gruppo dei normodotati non abbia nulla da guadagnare a svolgere attività che normalmente non vengono inserite. I benefici che i compagni normo-dotati possono trarre dalla condivisione sono molteplici: arricchire la comprensione dell’altro; abolire i preconcetti sulla disabilità demolendo le barriere interpersonali; superare le paure nei confronti dei disabili ottimizzando il concetto di sé, aiutando l’altro, acquisendo tolleranza, incrementando la sensibilità e la solidarietà; imparare a valorizzare e riconoscere le abilità operative dei compagni che palesano difficoltà nei confronti delle discipline curricolari; scoprire le qualità e le ricchezze che derivano dalle nostre stesse diversità”.

Qualche consiglio per chi insegna sostegno.


“Ci provo, senza retorica e con una mano sul cuore e l’altra sulle qualità istintive. Occorre non essere mai giudicante ne con i ragazzi e ne con i colleghi. Occorre imparare a sostenere l’altro soprattutto nella difficoltà di saper sostenere l’altro. Occorre non dimenticare mai i momenti in cui noi stessi ci siamo sentiti esclusi, rifiutati, eliminati e non dimenticare mai a integrare ogni più piccola parte di noi anche quelle che rifiutiamo.
Chi insegna sostegno è prima di tutto insegnante di attività integrative. La parola ‘sostegno’ è diventata un’etichetta anche per le famiglie, in realtà noi siamo tutor che operiamo per facilitare l’inclusione”.

Il segreto per volare alto a scuola?

“All’interno della scuola urge l’inserimento di figure semplici, ‘di cuore’ e specializzate che operino per una didattica inclusiva, cooperativa e metacognitiva che dia valore ed input alla motivazione intrinseca che è la sola che accresce la curiosità e senza la quale non può esistere il progresso”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 22 maggio 2012

Pizzarotti e pizzicotti al Pd (ma anche al Pdl) da Beppe Grillo. Meglio se con le note di Al Bano




Ci vorrebbe Al Bano. A festeggiare in musica la vittoria delle 5 stelle di Beppe Grillo a Parma con Pizzarotti, l’homo novus della politica made in Italy. Magari tra le note di Felicità in versione solista. Ma in realtà con un’eco di piazza. Chi infatti sarebbe più adatto a incarnare i buoni propositi di rinascita e di risanamento sociale dei grillini di Albano Carrisi da Cellino San Marco? Grillo e Al Bano uniti da una parola chiave: la piazza. Entrambi uomini di piazza. Quell'agorà luogo di compravendita nell'antica Roma, l'antica wall street e il termometro commerciale e che oggi serve a misurare il consenso. La stessa che applaude con estrema facilità l’anti-Bersani che rompe le uova nel paniere al Pd, ma un po’ a tutti i partiti, grida al popolo che applaude infervorato, come mosso dal furor delle migliori tragedie di Seneca. E’ il vento polupista, lo stesso che agita le canzoni accorate di Al Bano nelle piazze, magari durante le sagre di paese.


E se Nina Zilli ha spodestato Fiorella Mannoia come nuova icona musicale della sinistra, adesso tocca proprio all’ex consorte di Romina Power incarnare, musicalmente parlando, la vocazione studiata e mirata di stampo nazional-popolare di Beppe Grillo. E così Federico Pizzarotti, project manager dell’Information tecnology, faccia pulita e uomo qualunque, che fin da piccolo ha sempre voluto cambiare il mondo, ben si unisce alla poetica nostalgica di Al Bano, cantore della parabola umana e delle disgrazie del cuore, dei buoni sentimenti e dell'Italia che vuole cambiare. L’incoronazione dovrebbe avvenire con un atto solenne, in pompa magna. Perché Albano ha una storia pesante alle spalle. E’ un cantante di successo. E la gente lo sa bene. Tant’è che lo ama e lo acclama. Proprio come fa con Beppe Grillo, il nuovo uomo della Provvidenza, sceso in terra a lavare i mali di una galassia politica marcia e malata di corruzione.
L’investitura grillina è stata ricevuta involontariamente da un deus ex machina speciale: Pier Luigi Bersani, che Grillo dal suo blog non esita a ritenere quasi morto (“Chiamate un’ambulanza per un TSO. C’è un pollo che si crede un’aquila”).
E intanto, in attesa dell'ambulanza, semmai dovesse arrivare,  Al Bano canta. “Felicità, è tenersi per mano, andare lontano... [...] E' un bicchiere di vino con un panino". E la gente così si sente meglio. E canta insieme a lui di una felicità che forse non c’è ma che ci manca. Nonostante Grillo continui a strombazzare col microfono a palla tutti i mali della politica e continui a strillare da un pulpito che ai benpensanti ancora oggi convince poco.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 13 maggio 2012

Il sogno "comico" di Cesare Cremonini


Ultimamente si spara le pose. Un po’ come se fosse un attore. Sarà che ne “Il cuore grande delle ragazze” di Pupi Avati ha recitato davvero, da protagonista al fianco di Micaela Ramazzotti. E a recitare ci ha preso gusto. Ma il momento della verità prima o poi arriva. E per l’ex Lunapop sempre a bordo della vespa 50 special il momento della verità è quello della musica. In cui le emozioni prendono forma attraverso le parole infarcite di melodia, in un inestricabile intreccio di poesia e modernità. Proprio come ne “La teoria dei colori”, il nuovo album, il quarto, del cantautore bolognese classe 1980 ma con all’attivo già tre album di successo e numerosi riconoscimenti, per un totale di dieci anni di carriera. Un incontro precoce quello di Cesare Cremonini con la musica. A sei anni, la prima lezione di piano. Cantautore già a 14 anni: “Studiavo Chopin e Beethoven – racconta - poi per Natale mio padre mi regalò un disco dei Queen. Mi accorsi che c'erano riferimenti alla musica classica in così tante loro canzoni che chiesi alla mia professoressa di farmi studiare Bohemian Rhapsody. Ne fu contenta! Tre anni dopo, mentre ero in vacanza con i miei genitori, scrissi Vorrei, la mia prima canzone”.



Poi, il gruppo “Senza filtro” insieme ad alcuni suoi compagni di classe. L’incontro con Walter Mameli, che diventa il suo produttore artistico e manager. Ma soprattutto la straordinaria voglia di esprimere tutto il suo talento. Prima, con i Lunapop, poi da solista.
Nel 2000 vince il telegatto come rivelazione dell’anno e il Festivalbar col brano “Qualcosa di grande”. Tutto con un leitmotiv di fondo inequivocabile: l’originalità. Non c’è niente che Cesare Cremonini non faccia senza un’ impronta personale forte, marcata e più che mai caratterizzante. Ed è proprio questa la sua cifra, che lo rende sempre unico e inimitabile. Cesare Cremonini parla, e lo fa attraverso la musica, ma anche i libri, come quando pubblica per la Fazi Editore “I nostri ponti hanno un’anima, voi no – Lettere ai politici. E scrive articoli sui principali quotidiani italiani.



Ride, scherza, partecipa alle feste mondane, ai mega raduni. E nel 2009 con nonchalance intasca il premio History alla carriera ai Trl Awards. Non si ferma mai, aggiorna di continuo i suoi follower su twitter, gli racconta i suoi stati d’animo, gli rende note le sue variegate geografie interiori e le sue riflessioni sul mondo. Ma soprattutto li aggiorna costantemente sulle registrazioni del disco. Un disco con 11 brani inediti, tra cui “Tante belle cose” scritto per la colonna sonora dello spettacolo teatrale "Tante belle cose" (regia di Alessandro D'Alatri) e "Amor mio" scritta per il film di Edoardo Gabbriellini "I padroni di casa" interpretato da Gianni Morandi, Elio Germano e Valerio Mastandrea. Adesso è in vetta alle classifiche il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, “Il comico (sai che risate)”. Perché Cesare Cremonini tutto avrebbe fatto nella vita, tranne che il militare: “Gli applausi in un teatro hanno un suono particolare, ti piovono addosso come un temporale improvviso. Ma la cosa più emozionante è stata riuscire a far scoppiare a ridere il pubblico con una battuta. È un sogno che mi portavo dietro fin da bambino, quando all'asilo mettevo tutti i miei compagni di giochi sulle scale e cercavo di farli ridere rendendomi ridicolo”. Un sogno chiamato canzone. E un valido escamotage grazie al quale gli si perdona tutto. Perfino quelle pose da attore degli ultimi tempi, egocentriche sì, ma con fair play. Altrimenti, sai che risate...


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 30 aprile 2012

Belèn ha una nuova corona



Tolto un Corona se ne fa un altro, di nome Stefano De Martino. Si fa per dire. Perché il nuovo fidanzato di Belèn Rodriguez, il ballerino di Amici ex di Emma, potrebbe essere soltanto l’ennesima pedina di un’ operazione di marketing studiata nei minimi dettagli proprio da Fabrizio Corona. Primo indizio: il blog che si è aggiudicato l' esclusiva del primo bacio tra Belén e De Martino sarebbe di un amico del fotografo che ama girare senza patente. Altra stranezza: la maglietta indossata da De Martino nelle prime uscite pubbliche, un marchio legato al fotografo beccato a pagare in autogrill con banconote false. Senza tralasciare un terzo elemento: i due, quando vengono fotografati, hanno tutta l’ ara di chi sa benissimo di essere l’oggetto di un servizio fotografico.



E se tre indizi fanno una prova, per dirla con Sherlock Holmes, le probabilità che la love story più cliccata e paparazzata del momento sia tutta una montatura pubblicitaria ideata dalla mente diabolica di mister Corona si fanno sempre più alte. A soffrirne sarebbe comunque lei, Emma, cornuta sì ma non certo mazziata dai suoi fan, pronti a fare un tifo da stadio per lei proprio ad Amici e a fischiare Belèn e il suo trastullo senza remissione di colpa.
Il risultato? Maria De Filippi si imbarazza, Emma risorge in classifica scalzando la rivale storica Alessandra Amoroso, De Martino ne guadagna in immagine, anche con qualche punto di sutura a causa dell’incidente in moto proprio insieme a Belèn, che si conquista una nuova corona: quella del primato in classifica in fatto di click. La showgirl argentina infatti è ora la più cliccata in assoluto sul web. Tutti i siti internet e i giornali d gossip le dedicano servizi e copertine.



Meglio di Kate Middleton e di Laetitia Hortis, che fanno la spesa trascinando carrelli come le donne comuni, a lei invece,costantemente in posa per i paparazzi, i fedelissimi maggiordomi portano i pacchi e le tengono l’ombrello. Belèn è proprio una regina. Le basta sculettare un po’ con gli stiletti affusolati di Roberto Cavalli o un paio di shorts attillati per scatenare l’inimmaginabile. Rai e Mediaset se la contendono. E le trasmissioni televisive fano a gara per averla come ospite. Ogni sua scivolata su una buccia di banana, vedi la farfallina di Sanremo, diventa una scivolata glam. Ogni cosa che fa è sacra. Tanto che ora perfino il suo nuovo divertissement sentimental-pubblicitario con De Martino le viene perdonato in nome dell’enorme simpatia che gli italiani nutrono spudoratamente nei suoi confronti. Perché se c’è lei in tv, l’audience sale. Lo spirto si accende. L’elogio del nulla si risveglia. L’immagine della donna-oggetto rifiorisce come il mandorlo in fiore in primavera, il gossip vola basso ma vende un sacco. E così in quel magico mondo dello show-biz, sono tutti felici, paparazzati e contenti. Alè! (Si fa per dire...)  

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 31 marzo 2012

Maria De Filippi su giovani e lavoro batte Mario Monti. Lui con l' art. 18 li licenzia, lei con "Amici" li fa lavorare



Lei è decisamente meglio di Mario Monti. Ma anche dei partiti. Non c’è nessuno che ultimamente sia riuscito in un modo migliore di Maria De Filippi a investire sul merito e sul talento veri o presunti dei giovani, di cui si fa spesso un gran parlare. Lei sì che i giovani li colloca. E pure discretamente bene, ovvero in quel dorato e tanto agognato mondo dello spettacolo. Un ufficio di collocamento di gran lusso, il suo. Visto che il famosissimo talent Amici è il primo format italiano che viene venduto all’estero. A comprarne i diritti è stata la statunitense Shed Media Us Inch di Los Angeles, che lo produrrà sia negli Stati Uniti, dove è in via di produzione il pilot, sia in Gran Bretagna, dove dovrebbe essere prodotto entro il 2013. Meglio di così c’è solo… Marco Carta. Perché Maria De Filippi fa di più. Non solo dà lavoro ai giovani, ma riesuma anche i cadaveri. E così Marco Carta, come Lazzaro, si rialza e cammina. O meglio ricomincia a camminare lungo la faticosissima strada che conduce al successo. E lo fa dopo un lungo periodo di assenza. Tutti pensavano che, nonostante due vittorie importanti in tasca, quella appunto di Amici e l'altra al Festival di Sanremo nel 2009 col brano “La forza mia” , la sua stella si fosse irrimediabilmente offuscata. E invece no. La meteora ritorna. E stavolta con la voglia di diventare una vera stella del firmamento musicale. Le intenzioni sono buone. A partire da quelle della sua madrina. Maria De Filippi lo accoglierà nel serale del talent, insieme alle sue illustri colleghe, le sue preferite. E non è poco.


Adesso però arriva il momento peggiore. Quello in cui 'u scugnizzu di Cagliari col suo nuovo album “Necessità lunatica”, in uscita il 10 aprile, dovrà dimostrare coi risultati delle vendite e le classifiche che non è più soltanto un lontano ricordo. E affrontare con dignità le sfide con le colleghe più affermate di lui, in primis Alessandra Amoroso e poi Emma Marrone, reginette incontrastate dell’Amarcord di Amici, ribattezzato “Sanremino”. Ci saranno anche Virginio Simonelli e Annalisa Scarrone, il cui destino dorato sembrava ormai caduto in prescrizione. E ci sarà perfino Valerio Scanu, per chi non avesse una memoria di ferro, è quello che nella città dei Fiori, sul palco del'Ariston faceva l'amore "in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi" per gentile concessione dell'altro collega-concorrente di Amici, il cantautore (bravo) Pierdavide Carone. Insomma, tutti insieme appassionatamente. L’importante è vincere? No, partecipare. Perché Amici è una squadra dove  a ognuno dei concorrenti che arriva in finale prima o poi la De Filippi una collocazione gliela trova. Altro che articolo 18, riforma del mercato del lavoro, licenziamenti facili. La vera risorsa del nostro Paese, i giovani, strattonati dalla politica ancora troppo falsa e clientelare, infarcita di promesse fasulle e mai mantenute in cambio del voto, e messa in ginocchio dalle riforme del Professore liberali più nella forma che nella sostanza, li aiuta solo lei, nostra signora di Canale 5. E di questi tempi non è poco. Molto meglio essere amici di Maria che di Bersani, Casini e Alfano. Loro promettono e non mantengono. Maria invece promette e poi mantiene. Ecco. Semmai un giorno, stanca della tv, dovesse scendere in politica, come Silvio Berlusconi nel ’94, un bel pacchetto di voti ce l'avrebbe assicurato.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 10 marzo 2012

Nina Zilli: nuova icona musicale della Sinistra dei nostri tempi. Snob, elitaria, antipatica



Sul palco dell’Ariston si è presentata nei vaporosi e sognanti abiti della stilista Vivienne Westwood. Portamento da diva, pose studiate, stile e talento. Nina Zilli canta come Mina ma razzola molto peggio, sventolando a destra e a manca una ritrosia vecchia maniera e un sofisticato distacco. Nina Zilli si concede poco e niente al pubblico. Elitaria, selettiva, ipercritica, difficile, ultrasnob. Insomma, vuoi o non vuoi, col suo sorriso scostante e la capigliatura Anni Trenta, incarna i peggiori difetti dell’attuale sinistra di casa nostra. Non a caso larga parte di quella stessa sinistra la corteggia e ne tesse le lodi. Del resto Nina è così. Un’anima soul e una pelliccia sempre a portata di mano, come quella con cui sfilava dietro le quinte di Sanremo, come una vera sciura della Milano, anzi della Piacenza bene, quando i giornalisti, per poterci parlare dovevano fare un voto come minimo a San Crispino, quello del vino buono.

Perfino la candida e diplomatica Mara Venier, in quei giorni del festival, dai rassicuranti divani del suo popolarissimo salotto pomeridiano de La vita in diretta, non aveva proprio potuto fare a meno di suggerirle di abbassare un po’ la cresta, mollandole un non troppo edulcorato suggerimento: “A Nina, abbiamo ancora tanto da imparare”. Ma Maria Laura Fraschetta, così si chiama davvero, nuova reginetta dell’R&B, reggie e soul, cresciuta a Gossolengo e vissuta per un paio d’anni negli States, aveva fatto spallucce perché si stava già preparando ad apparire come una dea al fianco di Giorgio Panariello nel suo attuale show in onda il lunedì in prima serata sulla rete ammiraglia Mediaset.
Nina con l’attuale sinistra va d’accordo. Anzi, d’amore e d’accordo. Bersani non prende voti nemmeno alle primarie. Alla nuova sinistra essere troppo pop è decisamente volgare, di cattivo gusto. Idem per Nina Zilli, che non vende tantissimo, anche se pubblica album con la Universal. Ed evita, perché è decisamente da sottoproletari, di fermarsi a parlare col pubblico, firmare autografi all'infinito, concedersi due minuti in più sul palco, e magari pure qualche bis fuori programma.
Del resto Nina si ascolta solo nell’ iPod più chic dei radical-chic. Quelli che, per intenderci, giusto se gli capita, sfoggiano l’iPhone di Steve Jobs come un trofeo e mettono sulla propria scrivania l’iPad in bella vista.

Mica robetta da talent show, Ninetta, mica come i divi di carta di Amici o X Factor. Nina è destinata a restare nel tempo. Sarà lei la vera erede di Amy Winehouse e Nina Simone. Sarà lei la nuova icona musicale della nuova sinistra postcomunista dei nostri tempi. Eh già, perché Nina Zilli, tra una posa e l’altra, un servizio fotografico in perfetto stile star di Hollywood e qualche scatto d’autore, con movenze da principessa Sissi è riuscita ad accaparrarsi il ruolo che un tempo era del sobrio e intimista Ivano Fossati, ormai ex colonna sonora con la sua “Canzone popolare” di quasi tutte le feste dell’Unità e i raduni democrats di D’Alema, Veltroni, Letta e compari. E ora si candida ad essere lei la nuova Fiorella Mannoia, che nel frattempo di sinistra lo è diventata davvero. Ma di quella sinistra che non c’è, non esiste e si rimpiange amaramente. E mentre Fiorella con la sua chioma rossa e boccolosa invoca al Pd di essere più di sinistra, lo strattona, facendogli notare che si è sempre più allontanato dalle fasce sociali più deboli,  Pd la ricambia sostituendola con un’altra che meglio lo rappresenta in musica. Un'altra che non è Noemi, simpatica e sportiva, né tantomeno Dolcenera, affabile e molto on the road. Ma Nina Zilli: tacco dodici, pochette griffata e portamento alla Anita Ekberg della Dolce vita.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 3 marzo 2012

Dal don Giovanni di Vitaliano Brancati all'intellettuale competente, passando per il modello Silvio: ecco il triste epilogo del gallismo made in Sicily


Catanese era, Giovanni Percolla. E “fino ai trentasei anni non aveva baciato una signorina perbene”. Molto male in una città in cui i discorsi sulle donne davano un maggior piacere che le donne stesse e si rimane estasiati anche solo per una taliata.
Nel ’94 arriva zio Silvio, che di gallismo ne sa qualcosa. Ma stavolta non si tratta di un gallismo millantato. Anno dopo anno, zio Silvio si specializza nell’esibizione di una virilità che riconduce il maschio al suo ruolo primordiale di cacciatore. Zio Silvio fa sul serio e raggiunge l’… acme negli anno 2000, il tempo in cui i classici ruoli del maschio e della femmina nella coppia sembrano essersi del tutto capovolti. Ci vuole un po’ di ordine nel paese, è arrivato il momento di rimettere le cose a posto. E zio Silvio avvia la sua missione: ricondurre la donna-preda a far poche chiacchiere e ad allargare le gambe all’occorrenza.
Ma zio Silvio, allegro e malandrino, sempre più apprezzato dal maschio italiano medio che ne decanta le doti al bar, nel talento naturale delle femmine ci crede davvero. E allora le promuove anche nel suo governo, le fa diventare ministre e onorevoli deputate.


Poi però a un certo punto l’ingranaggio perfetto comincia ad arrugginirsi e non c’è più un olio in grado di poterlo lubrificare. Zio Silvio colleziona magre figure, ma la sua dignità di gallo resiste. Persino più del sogno di rinascita del Paese che aveva promesso agli italiani. Eppure un bel giorno zio Silvio cade e si dimette. Le sue femmine piangono succinte lacrime di coccodrillo. Si volta pagina. Arriva il clever, l’intellettuale serio e impegnato. E il modello di maschio cambia decisamente. A un tratto appare un loden blu, una cartellina marrone, un volto inespressivo e monocorde. Al gallismo di siciliana memoria non resta che intonare un rassegnato de profundis. Al suo posto arriva Mario il Professore, quello capace, credibile, autorevole e competente. Sobrio e responsabile. Di poche parole e niente risate. E al suo seguito, una schiera di ministri uno più serio dell’altro. In poche parole, come passare -cambiando canale - da Padre Ralph di Uccelli di rovo a don Sciortino di Famiglia cristiana.
E intanto la femmina si disorienta, non sa che fare. E nell’attesa, rivendica il ruolo di eretica del focolare domestico, senza dover per forza fare la fine di Giovanna d’Arco. Ormai il suo regno non è più la casa. E per protestare si toglie le mutande per strada. Il disonore? Un lontano ricordo. L’onore? Un lontano miraggio.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 1 marzo 2012

Sara Tommasi e Mimmo Scilipoti: il galantuomo e la malafemmina


Dalla farfalla alla passera. Dal vedo non vedo al vedo tutto. L’immagine di Sara Tommasi che sfila senza mutande davanti a Montecitorio ha scaldato i bollenti spiriti, più che acceso dibattiti. Stavolta non si parla della condizione misera in cui versa la donna del III millennio, ma di candidature. La showgirl bocconiana ha dato in pasto a politici e giornalisti un prelibato boccone: la sua passera in bella vista. Un piacere per chi guarda, un dovere per la Tommasi, come lei stessa ha dichiarato. E si sa, l’uomo non resiste. Perché lo spirito è forte e la carne è debole, ma alla fine – chissà come mai - vince sempre la carne. E così sotto la gonna niente, per la giusta causa di sensibilizzare l’opinione pubblica sul signoraggio bancario. La Tommasi compete con Belen e lamenta di aver suscitato meno clamore dell’argentina sul palco dell’Ariston. Macché. Le foto sono rimbalzate dappertutto. E adesso destra e sinistra non potranno far finta di niente. Perché nemmeno troppo tra le righe la Tommasi il suo messaggio l’ha lanciato forte e chiaro: vi prego, candidatemi in Parlamento, apritemi le porte di Montecitorio, regalatemi un seggio.

E chi considerava ormai lontani i tempi in cui Cicciolina vantava di poter mostrare un paio di tette in libertà e poi battersi tra i banchi di Montecitorio per la libertà sessuale dovrà ricredersi. Tramontata da poco l’era di Carfagna &Co., del bunga bunga e delle feste a Palazzo Grazioli, la Tommasi si sente orfana, sola e disperata. E in vista delle prossime elezioni nel 2013 ci ha fatto un pensierino. Nel Grosso Inciucio tra Pdl e Pd chissà chi le darà retta. Magari a sorpresa il retto Bersani, per la giusta causa di risollevare le sorti di un partito claudicante. Intanto al momento l’on. Mimmo Scilipoti, che un anno fa ha fondato il Movimento di responsabilità nazionale, ha stretto un sodalizio con l’avvocato Alfonso Luigi Marra e Sara Tommasi (che usciva da un convegno sul tema), proprio contro il signoraggio bancario, ma ha poi smentito di averle offerto una candidatura. Eh già, Scilipoti, galantuomo di Sicilia, uomo del popolo e masculu perbene non cade nel tranello. A fimmina è fimmina, ma va pur sempre trattata con rispetto. Nessuna offerta di candidatura, dunque. A smentirlo, la stessa Tommasi, secondo cui invece pare che compare Mimmo gliel’avesse proprio offerta. E vabbè, resterà il dubbio. Santa pazienza. In compenso, abbiamo una solida certezza:  la passera muove il mondo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 17 febbraio 2012

Sanremo 2012: Belen, Canalis e Mrazova ovvero donne sull'orlo di una crisi di tette


Sanremo. Tutto comincia da una farfalla. Cercata, voluta, desiderata. E quello spacco vertiginoso tuttavia non ne rivela la fisionomia, la scopre appena e poi la ricopre con un cinismo inesorabile, lasciando aleggiare sul palco dell’Ariston, in sala e nelle case di ogni telespettatore l’ansimante e amletico dubbio. Il caso mediatico del 62esimo festival di Sanremo è senza dubbio Adriano Celentano. Ma la cover story dell’album sanremese spetta a pieno titolo a Belen Rodriguez e al sacro mistero della sua mutanda.
C’era o non c’era? “Sì che c’era. Ma era cucita in modo molto particolare”, ha poi chiarito la showgirl argentina a Repubblica. E meno male. Perché gli italiani non ci hanno dormito per un’intera notte. Esattamente 24 ore dopo, una timida e riservata Ivana Mrazova ancheggiava come una libellula accanto a Rocco Papaleo e Gianni Morandi con un altro spacco vertiginoso. Stavolta tutto merito di un abito rosso vermiglio di Alberta Ferretti. Ma stavolta l’anca è appena scoperta. E dell’inguine non c’è traccia. Ivana non eccede. O meglio eccede quel tanto che basta per far parlare di sé. Per il resto, non accade nulla. Quasi non parlano, occupano la scena ma soltanto coi loro imponenti corpi statuari. Talvolta, quasi per miracolo, si ritrovano a seminare qua e là qualche papera, sorridono ai fotografi, farfugliano mezze frasi del tutto irrilevanti.  



L’indomani, puntuali come un orologio svizzero, intere pagine di giornali, riviste, settimanali, mensili, siti internet e social network dedicati al caso Belen e dintorni, con tanto di foto, naturalmente. E anche Elisabetta Canalis sta al gioco. Appare ai giornalisti in tenuta ultra casual, ma ogni occasione è buona per gareggiare con le simpatiche colleghe su un centimetro in più di carne scoperta. Che diventa, ahimè, carne da macello. Quest'anno l'attenzione si sposta sulla zona che va dall'inguine in giù, trascurando il decollete e perfino il tanto amato lato b. Che diventa, ahimè, carne da macello. Sembra di risentire l’ex premier Silvio Berlusconi e i suoi commenti su Mara Carfagna e sulle altre sue donne di corte e su Angela Merkel.
Donne consapevoli? No, consenzienti nel dare un’immagine mortificante. E se Sanremo è lo specchio del Belpaese investito dalla crisi e dal gelo ormai opportunamente scomparso, le donne del festival quest’anno diventano più che mai preziosi suppellettili da sfoggiare solo e unicamente ad uso dello share. Chi ci perde in tutto questo? Naturalmente ci perdono innanzitutto loro. E poi le donne in generale. Quelle belle e intelligenti, le “gnocche con la testa”, per usare un’espressione da bar, che combattono tutti i santi giorni per affermarsi in maniera onesta nel lavoro, pur dichiarando una inesorabile passione per il tacco 12 e la minigonna. Quelle che hanno personalità e carattere e non penserebbero mai di usare in maniera squallida bellezza e fascino. Quelle che camminano per strada ma temono che alle loro spalle ci sia qualcuno a seguirle. Quelle che vorrebbero essere libere da ogni paura e invece si ritrovano prigioniere in una gabbia di dubbi, soprusi e, quando va peggio, persino di qualche abuso.
Ma non lamentiamoci se a una manifestazione nazional-popolare come Sanremo, avviene questo. Se davanti a 14 milioni di telespettatori si ripropone ancora una volta il modello “gnocca e basta”.
Gnocca che precipita inesorabilmente in pentola. E la donna che ha qualche neurone funzionante in testa ne esce con le ossa rotte. Anni di femminismo gettati alle ortiche. Anni di studio e di lavoro buttati nel cesso. E si perdoni l’espressione colorita. Del resto, Sanremo 2012 è il festival delle parolacce.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 16 febbraio 2012

Sanremo 2012: Arisa e la sua notte insonne...



Sanremo. La Notte porta consiglio. Ma Ad Arisa non deve averne portato poi così tanto, se per esprimere “"il doloroso e intricato turbinio di emozioni vissute alla fine di un amore, emozioni che riempiono i pensieri di una donna da sola durante una lunga notte" la cantante lucana che quando è apparsa sembrava appena uscita da un romanzo di Lewis Carroll ha abbandonato i suoi vecchi panni e ha indossato le vesti di una pantera ma per nulla agile.


Arisa, ci spiega perché la dolorosa scelta di togliersi gli occhiali?

“Ogni tanto cambiare fa bene. E poi non è vero che l’Arisa con gli occhialoni di Sincerità (Sanremo 2009, tra i giovani) non c’è più. E’ solo che stavolta ho voluto dare una luce alla parte più intima di me stessa”.

 E quale sarebbe?
"Quella parte più introspettiva che ognuno di noi ha”.

Ma noi nel suo look alla Alice nel Paese delle meraviglie ci avevamo creduto davvero…
“Infatti mai stata un’operazione commerciale. Sono sempre stata me stessa”.

Ne è proprio sicura? A dire il vero nei suoi tacchi sul palco dell’ Ariston sembrava galleggiare non proprio bene…
“ (ride) E invece d’ora in poi dovrò abituarmici!".

Anche noi. Celentano grande artista o predicatore fuori luogo, tempo e spazio?
“Decisamente grande artista”.

Anche lei come Francesco Renga ce l'ha con lui per essersi mangiato i cantanti in gara?
"Beh, in effetti si è parlato tantissimo di lui, ma era prevedibile. Quando si parla di Celentano, si parla di un vero ciclone. Ma va bene così. L'importante è che la gara e soprattutto la musica e le canzoni di noi artisti non passino troppo in secondo piano"."

Che voto dà al suo amico-conterraneo Rocco Papaleo?
"E' semplicemente fantastico. Bravissimo. Rocco poi è una gran bella persona".
Rifarà X Factor, nonostante l'abbiano accusata di non avere personalità?
“Se Dio vuole, sì. Cioè se me lo chiedono, lo rifarò molto volentieri”.

Progetti per il futuro?
"Il brano di anremo fa parte di un nuovo album, Amami. E poi sto per partire per un tour teatrale che inizierà il 17 aprile. E poi ancora, dopo "Il paradiso non è un granché - storia di un motivetto orecchiabile, ed. Mondadori,  mi piacerebbe scrivere un altro libro".
Torniamo a Sanremo. Le è piaciuta di più Belen o Elisabetta Canalis?
“Direi con un pizzico di invidia entrambe bellissime (ma non ne sembra troppo convinta).

Ma secondo lei Belen Rodriguez le mutande ce le aveva?
"(Ride) Non so... Bisognerebbe chiederlo a lei. Comunque penso proprio di sì, anche se lo spacco era davvero vertiginoso".

Chi ha apprezzato di più tra gli artisti in gara?
“Domanda di riserva? Un po’ tutti”.

Non mi dica che non c'è competizione dietro le quinte...
"Infatti non glielo dico, perché la competizione c'è ed essendo una gara è giusto che ci sia. Ma per fortuna si scherza insieme e non ci si prende troppo sul serio".

Ma lei, Arisa, è sempre così politically correct?
“Sì, ma solo nel lavoro. Nella vita provata sono un vero disastro”.

La prego, ci faccia qualche esempio…
“Sono piuttosto insicura, mi metto sempre in discussione e penso sempre di non farcela ma poi ce la faccio”.

Nello show di Fiorello Marco Baldini l’ha imitata…
“(Ride) Sì, e lo ha fatto anche bene. E’ interessante vedere come sei vista dagli altri ”.

Ultima domanda: chi vincerà questa 62esima edizione del Festival?
“Ehmmm, non posso sbilanciarmi troppo. Davvero".

Sì, ma ce l'avrà un favorito o una favorita?
"Non vorrei fare nomi per orientare in qualche modo i gusti del pubblico. Diciamo che Emma ha molte chance di vincere, ma anche Renga, Nina Zilli e molti altri. E poi  la Bertè è davvero straordinaria. Quest’anno devo dire che ci sono gran belle canzoni, non proprio canzonette”.

Scusi, ma lei non si vede tra i possibili vincitori? “E no, sono scaramantica. Non vorrei portarmi iella da sola…”.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Le pagelle di Sanremo 2012


Sanremo. Nella seconda serata, tornano protagoniste la canzoni. E finalmente appare la bellissima Ivana Mrazova. Eliminati per il momento Dalla e Carone, Irene Fornaciari, i Marlene Kuntz e la strana coppia Bertè-D’Alessio, ripescabili tutti e quattro col televoto.


Dalla-Carone: canzone a dir poco antiquata. Quasi alla Nino D'Angelo. Interpretazione quasi demodè. Dire che il brano assomiglia anche solo vagamente a 4 marzo 1943 sarebbe come avere le traveggole. Dalla ha già dato. Ma per Pierdavide Carone, ex Amici, occasione mancata. Peccato. La prossima volta, vada da solo, che è meglio. L’eliminazione ci sta. E ora, Dalla, non sparare sul festival. Voto 4

Bertè-D’Alessio: lui scugnizzu in frac, lei ribattezzata Richard Benson, resta istrionica e fedele a se stessa. Il brano “Respirare” è orecchiabile e radiofonico, ha un testo ovvio, d’alessiano, ma l’interpretazione di Loredana Bertè gli regalava una marcia in più. Ingiustamente eliminato. Speriamo venga ripescato. Voto: 7 e mezzo.

Nina Zilli: reginetta di questa edizione del festival. Elegante, mai sopra le righe. Il brano “Per sepre” le calza a pennello. Il garbo dell’interpretazione le regala un bel voto: 8.


Arisa: impacciata nel nuovo look, che sembrava promettere faville. E invece si è rivelato un fuoco di paglia. Patetica nell’interpretazione. Meritava l’eliminazione. Voto 4

Marlene Kuntz: sono gli incompresi di questa edizione del festival. Non condivisibile l’eliminazione. Speriamo li riammettano in gara. Voto: 7 e mezzo


Emma: la favorita, non emoziona più di tanto. Il testo del brano appare retorico e un filo melenso. Voto: 7

Eugenio Finardi: per dirla con Dante Alighieri, sanza infamia e sanza lode. Voto 5 e mezzo


Chiara Civello: ci si aspettava di più. Ma non disturba. Interpretazione contenuta, look sobrio per la cantante jazz più conosciuta all’estero. Si attende il suo duetto. Voto: 7

Irene Fornaciari: in una sola parola insignificante. Il brano non adatto alle sue doti vocali, le appiattisce e quasi le mortifica. Giusta eliminazione, condivisibile in pieno. Voto: 4

Matia Bazar: i soliti noti. Habituè del festival. Sempre fedeli a se stessi. Che noia… Voto: 5

Samuele Bersani: decisamente di nicchia, ma resiste. Look interessante e spermentale. Forse non è proprio al meglio di sé ma sempre originale. Voto: 8

Dolcenera: senza pianoforte perde qualche punto. Il brano “Ci vediamo a casa” non è un capolavoro. Voto: 5

Noemi: deludente nella mise e nell’interpretazione. Voto: 5 e mezzo

Francesco Renga: elegante, melodico ma non troppo. Eppure pian piano il brano “La tua bellezza”, che ne esalta a pieno le sue doti vocali, sta entrando a pieno titolo nella terna dei favoriti. Potrebbe conquistare i piani alti del podio e arrivare secondo o terzo. Voto: 7 e mezzo

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 15 febbraio 2012

Sanremo 2012 si trasforma nell'Adriano Celentano Show



Sanremo. Il Festival della canzone italiana? No, l’Adriano Celentano Show. Quasi un’ora sul palco dell’Ariston, per una performance da vero Messia. A introdurre il Molleggiato ci hanno pensato spari, bombe e immagini di guerra. Poi lui, col suo solito piglio, il bicchiere d’acqua mezzo vuoto “perché qui l’aria è secca”. E via libera su vita, morte, Paradiso, le battaglie perse della Sinistra, una su tutte la bocciatura del referendum da parte della Consulta, il popolo che dovrebbe essere sovrano ma non lo è affatto. Ma prima ancora Celentano ha sparato a zero sui preti, tranne don Gallo, e su Avvenire e Famiglia cristiana, giornali ipocriti che non si occupano di Dio. Il Messia, camminando lentamente, con le sue solite e attesissime pause, ha riservato un pensiero caritatevole agli ultimi, e con Pupo e Morandi, orfano di valletta (Ivana Mrazova ha il torcicollo), si è persino spinto un po’ più in là, discettando sull’altezza e la bassezza d’animo. Troppo ingombrante, Celentano, troppo invadente, e troppo lunghi i monologhi, in un piatto misto che, a causa di troppi ingredienti, alla fine è risultato indigesto, sia a destra che a sinistra. E gli scappa pure un insulto ad Aldo Grasso, che si becca un bel "deficiente".



E alla fine il nuovo messia, il predicatore rude e scostante, dai sermoni faticosi e sofferti. Ma soprattutto chiacchierati, bocciati, commissariati, è stato premiato dall'audience. La prima serata del festival ha registrato infatti ascolti da record, col 48, 50 per cento di share, 14 milioni 378mila telespettatori, che durante il sermone celentanesco è salito fino a raggiungere il 55, 40 per cento, ovvero oltre 15 milioni di spettatori.
Questo basterà a placare le ire del clero e degli alti prelati? Macché. Anzi. Ha scatenato una vera e propria bufera. E più che una polemica l’intervento audace del molleggiato ha assunto la fisionomia di un caso di Stato vaticano. Ci sarebbe voluta l'Inquisizione per far giustizia divina in terra. Osare troppo non conviene. E insinuare che Avvenire e Famiglia cristiana dovrebbero chiudere è davvero troppo. Interviene il direttore di rete, Mauro Mazza, dissociandosi da questa considerazione. Piena libertà di espressione. Ma senza esagerare. E Lorenza Lei che dopo aver ascoltato informalmente il presidente Paolo Garimberti e i consiglieri di amministrazione dell’azienda, ha deciso di ‘commissariare’ il Festival, inviando il vicedirettore generale responsabile per l’offerta radiotelevisiva Antonio Marano a coordinare “con potere di intervento” il lavoro del festival di Sanremo.



In tutto questo ne escono con le ossa semirotte i cantanti, oscurati dal ciclone Celentano, ancora più di quanto si era previsto. Sanremo dunque dà spettacolo. E la musica, almeno fino a questo momento, resta solo un pallido e sbiadito sottofondo. La gara tra i big ha subito anche un'altra battuta d'arresto. E' infatti  rimandata a stasera (e rischierà di mettere in ombra l'esibizione degli otto giovani). Quindi niente classifica provvisoria, ma soprattutto nessuna eliminazione. Infatti il sistema tecnico di voto usato dalla giuria demoscopica s' inceppa  subito dopo l'esibizione di Samuele Bersani, decisamente promosso col suo brano "Un pallone"  in un efficace mix di elegante (smoking) e sportivo (sneakers). Un po’ come alle primarie del Pd, dove c’è sempre qualcosa che non quadra. «In deroga al regolamento del festival, Rai1 e la direzione artistica, preso atto del blocco del sistema di voto, hanno deciso di sospendere la gara di stasera, permettendo a tutti e 14 gli artisti di riesibirsi domani», spiega Gianni Morandi tra fischi e proteste in sala. E i giurati lanciano in aria le loro schede coi voti. Ivana ha il torcicollo. Ma in compenso si ripresentano i soliti noti dell’anno scorso: Belen-Canalis. che anticipano d una serata e Luca e Paolo dedicano il loro monologo alla crisi e aprono con un ricordo nostalgico di Silvio Berlusconi. E già, “se un anno fa avevamo la cacca fino al collo, chi avrebbe mai pensato di rivederci un anno dopo completamente sommersi”, scherzano.

La scenografia di Gaetano Castelli, al suo 19esimo anno di collaborazione col festival,  fa il suo effetto, così come l’arca della musica portata sul palco. L’orchestra non è al suo momento migliore e fa un esordio in sordina. Come un po’ tutti i 14 big in gara, Bertè-D’Alessio e Dalla-Carone compresi. Con qualche scivolata evidente di Noemi e Irene Fornaciari, che non colpiscono. L’elegante Francesco Renga poteva osare di più e Arisa pure. Convince subito, fin dal primo ascolto, sia per le doti interrpretative che per quelle di autrice Nina Zilli, e la Bertè compie il miracolo e rende più sopportabile perfino D'Alessio. Ed Emma appare retorica e melensa. Ci si aspettava di più sia da Eugenio Finardi che soprattutto da Lucio Dalla, ma si confida nel riascolto.
Il look degli artisti non spiazza. E Dolcenera appare con uno stile troppo easy per il palco dell'Ariston. Ma si sa, la crisi si fa sentire. Come ci ricorda a ogni presentazione di un brano in gara Rocco Papaleo, in loden blu e con una cartella in mano, che fa il verso all’insopportabile monotonia di Mario Monti, che purtroppo almeno finora deve aver maledettamente contagiato anche questa sessantaduesima edizione fin troppo ordinaria del festival. Ma al verdetto finale mancano ancora quattro serate...


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 5 febbraio 2012

Sanremo 2012: la polemica agghiacciante e scivolosa dei politici su Celentano


I politici da un po’ di tempo a questa parte, soprattutto da quando è arrivato il governo Monti, non sanno che cosa fare. Persa decisamente autorevolezza, calata a picco la loro popolarità, investiti da un gelido vento di antipolitica e precipitata sotto i talloni qualsiasi credibilità agli occhi dei cittadini, allora hanno pensato bene di rompere un po’ le scatole ad Adriano Celentano su twitter.
Oggetto della critica: il compenso di Sanremo 2012 pari a 350 mila euro a puntata devoluto interamente in beneficenza a Emergency e alle famiglie più bisognose di sette città. E il molleggiat ci pagherà sopra pure le tasse.
Da Adriana Poli Bortone, ex ministro del I governo Berlusconi, ex sindaco di Lecce e leader del movimento Io Sud, che dal suo profilo twitter ha addirittura proposto una sorta di sciopero della tv contro Celentano, consigliando di spegnere la televisione durante le sue apparizioni sul palco dell’Ariston, al deputato Pd Marco Carra, che si è spinto più in là depositando un’interrogazione parlamentare per chiedere a Monti e a Passera (come se non avessero cose più importanti a cui pensare) “quali strumenti siano a disposizione dell’Esecutivo per evitare, nel rispetto dell’autonomia gestionale della Rai, compensi eccessivamente elevati”.


Sollevare una polemica del genere imbruttisce di colpo e, semmai ce ne fosse bisogno, ancora di più i nostri politici che già belli non sono. E addirittura li abbrutisce, consegnando al pubblico fischi e critiche ad una politica che ormai appare sempre più come un mendicante stanco, rugoso, vecchio, quasi accasciato al suolo. Detto questo, ripercorriamo i cachet assai più alti di chi ha preceduto il Molleggiato sul palco dell’Ariston.
Cominciamo da Jennifer Lopez: alla popstar una comparata quasi da figurante sul palco dell’Ariston è costata a mamma Rai ben 800 mila euro e solo per una serata. La Lopez è entrata, si è seduta e ha scherzato un po’. In tutto poco più di dieci frasi e un’aria da diva che, intervistata dalla casereccia Antonella Clerici, non le stava proprio bene.
Ma il top dei cachet è stato raggiunto da Mike Tyson, intervistato da Paolo Bonolis nell’ edizione del 2006 del festival: 90 mila euro per un’intervista choc al campione di boxe condannato per violenza sessuale. E sempre nel 2006 si spesero dai 400 ai 500 mila euro per pagare un’apparizione scialba di John Travolta. Due anni prima, nel 2004, Dustin Hoffman per due performance semiridicole si pappò 180 mila dollari e Sharon Stone, nell’edizione condotta da Pippo Baudo, fu pagata 250 mila euro. E l’anno dopo gli spettatori del festival hanno dovuto sorbirsi anche Hugh Grant da 500 mila euro, sbarcato nella città dei fiori solo per prendersi un the sul palco e infastidirsi dopo un rapido scambio di battute. Niente rispetto al compenso di Roberto Benigni, 250 mila euro (ma neanche poi tanto male…), in parte devoluti in beneficenza ma senza l’aggiunta delle imposte.

E che dire di Iva Zanicchi, che non sarà una star di Hollywood ma che, invitata nel 2004 dal direttore artistico Tony Renis per una serata revival aveva chiesto un po’ troppo. Senza contare poi i compensi record dei conduttori di Sanremo, i più lauti quello di Paolo Bonolis (un milione di euro nel 2009) e di Michelle Hunziker, che arrivò di poco al di sotto.
Quindi, lunga vita ad Adriano Celentano e alle sue beneficenze. E voi, cari signori politici, attenti alle scivolate ridicole e imbarazzanti sul ghiaccio per terra. Guardare la pagliuzza altrui anziché la propria trave è fin troppo facile. Rivolgete piuttosto un pensiero ai vostri lauti e immeritati compensi. Almeno due minuti al giorno…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 1 febbraio 2012

I Ghost: "Dateci uno specchio e ci guarderemo dentro"



Dategli uno specchio e saranno ben contenti di guardarsi. “Perché lo specchio ti aiuta a guardarti dentro”, dicono. Loro si chiamano Ghost ma non fanno paura. Alex ed Enrico Magistri sono fratelli, nati ad Albano laziale e quando hanno deciso, nell’ormai lontano 1995 di chiamarsi così, lo hanno fatto per un motivo ben preciso: “ Dientro un fantasma si può nascondere qualsiasi cosa. Anche qualcosa di magico come la musica”.
Perché per loro la musica è un universo pieno di magia , un luogo incontaminato dove poter sentire emozioni forti da condividere con gli altri.
Una storia musicale nata nel 1995, quando giovanissimi formano una band e cominciano a suonare in locali e piazze dell'ambiente romano. Nel corso degli anni allargano notevolmente il loro "raggio d'azione", realizzando dei veri e propri tour nazionali, grazie anche ad una bellissima struttura di camion-palco, realizzato con un loro progetto, grazie al quale contano oltre 850 concerti all’attivo. Due dischi d’oro con i singoli “Aveva perso la testa” e “Farfallina”, (rispettivamente 21 e 30 settimane consecutive di permanenza in classifica). Nel 2007 sono premiati al Mei di Faenza (Meeting Etichette Indipendenti) come Band Rivelazione Pop-Rock. Nello stesso anno esce “Ghost” il loro primo Album, un viaggio tra diversi stili musicali con varie “contaminazioni”. Il Singolo "Angie" (2008) rimane per 46 settimane consecutive nella Classifica Nazionale dei Singoli (M&D). Il 29 Maggio 2010 si esibiscono per la prima volta nella mitica Arena di Verona, in occasione del “Wind Music Awards". Da Settembre 2010 inizia la collaborazione con il produttore artistico Carlo Avarello (Isola degli Artisti). Il 25 Ottobre 2010 entra in distribuzione digitale il singolo “La Vita è uno Specchio”, che ottiene un clamoroso successo di vendite e dà il titolo all’album uscito lo scorso 23 gennaio. Una tappa importante per la band romana, che segna l’inizio di una nuova collaborazione con la Warner. “Speriamo di continuare questo percorso iniziato insieme”, dice Enrico, l’anima “razionale” e riflessiva del duo.

Il vostro rapporto con lo specchio?

Alex: “Guardarsi allo specchio è un po’ guardarsi dentro”.

Enrico: “Una vera tragedia. Mi vedo sempre un sacco di difetti.”

Il più grande complimento che si sono fatti di recente i fratelli Gallagher è stato prendersi a cazzotti, dopo una valanga di insulti. E voi, quand'è stata l'ultima volta che vi siete lanciati qualche piatto o padella?

Alex: “Sì, decisamente sì. Che non significa non litigare. Anzi. Questa, se vuoi, è la nostra arma vincente”.

Enrico: “Io sono del toro, mio fratello è un capricorno. Insomma, siamo tutt’e due un bel po’ tosti. I testi li scriviamo insieme a quattro mani e capita spesso che se uno dei due lascia il lavoro, l continui l’altro esattamente con lo stesso criterio. Insomma, siamo talmente diversi che ci completiamo a vicenda e dal punto di vista artistico c’è una simbiosi perfetta”.

Un disco, il vostro, di dieci brani inediti, compresi i già noti “Vivi e lascia vivre”, disco d’oro dell’estate scorsa, e “La vita è uno specchio”, il brano che ha poi dato il titolo all’intero album. Qual è il leit motiv di quest’ultimo lavoro?

Alex: “E’ il viaggio”.

Le valigie vanno di moda… Anche Ligabue e i Litfiba nei nuovi singoli ne parlano…

Alex: “Sì, ma il nostro è un viaggio che abbiamo fatto molto volentieri stando insieme alla gente comune. Abbiamo così fotografato impressioni, stati d’animo, immagini, emozioni…”

La crisi si sente?

Alex: “Certo che si sente. Ed è proprio così, stando a contatto diretto con la gente, che si riesce a descriverla un po’ meglio”.

Nel brano “Un cantante di strada” parlate della gavetta…

Alex: “Assolutamente sì. E ci schieriamo nettamente con chi sceglie di farla. La gavetta è una cosa assolutamente sana, buona e giusta”.

Enrico: "In questo brano il cantante di strada in realtà può essere metaforicamente un giornalista, un operaio, insomma, ogni lavoratore onesto che sceglie di arrivare al traguardo lavorando e facendo sacrifici”.

A proposito di gavetta: talent sì o talent no? Per esempio, per farvi conoscere prima al pubblico  non sarebbe stato più facile anche per voi fare un talent?

Alex: “Talent sì, dai... Nel senso che  io salvo la parte che riguarda la formazione, il fatto che c sia una scuola e che gli aspiranti musicisti vengano esaminati da professionisti del settore. E comunque continuo a stare dalla parte della gavetta, cioè di chi si spacca in due pur di arrivare al traguardo”.

Enrico: “Sì, però io proprio non sopporto in certi casi la totale mancanza di rspetto per l’insegnante e certi meccanismi studiati ad hoc per fare audience. E comunque viva il contatto diretto col pubblico a suon di concerti”.

X Factor o Amici?

Alex: “Nello specifico né l’uno né l’altro”.

Mai fatto un provino per uno dei due o per Sanremo?

"Per Amici e X Factor mai fatti provini. Mentre per Sanremo anni fa mandammo il classico plico per l'iscrizione ma all'epoca non avevamo ancora un'etichetta discografica. Ora chissà... Magari un giorno un bel Sanremo sarebbeil coronamento di una giusta gavetta".  

In un altro brano dell’album, “Chissà”, si parla delle difficoltà di una coppia a mettere al mondo un figlio. Un problema che, specie in questo momento di crisi, coinvlge milioni di giovani coppie...

Alex: “Infatti noi cerchiamo di parlare sepre d ciò che osserviamo e fotografiamo intorno a noi. Nel brano raccontiamo tutte le incertezze e i dubbi che stanno dietro a questo passo. Ma la coa bella è che in fondo c’è la forza di voler regalare a questo figlio un sogno e che quel sogno sia il più bello possibile”.

La classifica di Rolling Stone ha incoronato Vasco con Bollicine al primo poso della classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre e Ligabue con Buon compleanno Elvis è stato piazzato al n. 11. Domanda inevitabile: Vasco o Liga?

Alex: “Per me Vasco. Sono entrambi due grandi realtà italiane, ma scelgo Vasco per un discorso di affetto musicale e perché è più vicino a noi”.

Enrico: “Sì, dico Vasco anch’io”.

Chi avreste voluto quest’anno sul palco dell’Ariston?

(In coro): “Vasco”. (Ridono)

Alex: “ Sanremo è la più bella vetrina che c’è in Italia. Ma spero che si dia più spazio alle canzoni, visto che è il festival della canzone italiana, e un po’ meno a tutto ciò che gira intorno. Un po’ più musica e un po’ meno spettacolo”.

Enrico: “Sinceramente avrei voluto band come i Negramaro, i Subsonica. Comunque apprezzo Renga e Bersani per la carriera”.

Adriano Celentano. Promosso o bocciato?

Enrico: “Promosso”.

Alex: “Decisamente promosso. E’ un grande artista e un personaggio che divide, anche se mi piace quando dice le cose che pensa ma non mi piace quando fa di tutta l’erba un fascio…”.

I vostri cantanti preferiti al festival di Sanremo di quest’anno?

Alex: “Aspettiamo di ascoltare le canzoni”.

La band del momento?

Alex: “I Nickelback. Hanno un ottimo rapporto tra energia rock e modernità”.

L’ultimo libro letto?

Alex: “Il piccolo principe. Lo tengo sempre sul mio comodino. Ogni volta lo rileggo con un occhio diverso. Un po’ come la vita è uno specchio mi fa riflettere sulla semplicità e sull’importanza delle cose semplici”.

L'ultimo film visto al cinema?

Enrico: "Ci vado poco, sto sempre a suonare...".

Siete su face book e su twitter?

Alex: “Su twitter no. Facebook è meglio. Su twitter è tutto troppo stringato”.

Enrico: “Grazie a face book riusciamo a comunicare costantemente con il nostro fan club che ormai conta 20.000 iscritti”.

Domanda per le vostre fan. Siete fidanzati?

Alex: “No e sto bene così”.

Enrico: “ Sì, ho una storia non ufficiale in corso…”.

L’imperativo “con una fan mai” è tassativo o è ammessa qualche eccezione?

Enrico (ride): “No, no, qualche eccezione è ammessa… Scherzi a parte, è capitato, per carità, però capita molto più spesso che venga fraintesa la cordialità con qualche altra cosa. E poi avere una storia con una tua fan non è mai facile”.

Ultima domanda: c’è un occhio nella copertina del disco. Non è mica la citazione del Grande fratello…

Alex (ride): “No, un occhio in copertina è metafora di un modo per guardare oltre, per guardarsi dentro”.

Ah già, lo specchio. Ma non è che poi va a finire come la strega di Biancaneve, o peggio, come Narciso… A proposito: l’intervista è finita. Ma i fratelli Magistri iniziano a scaldarsi i muscoli perché in questi giorni li attende una serie di presentazioni dell’album nelle librerie d’Italia e, a partire da maggio-giugno, un tour in giro per le piazze. Ovviamente, nella loro valigia non potrà mancare assolutamente uno specchio. Sperando che non s rompa, che sennò porta male…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Sanremo 2012: compenso ricco, mi ci ficco! Giuliano Ferrara invita Celentano a pensare ai non nati


Giuliano Ferrara gode della mia stima incondizionata. E’ un grande giornalista. Non c’è dubbio. Ma forse poteva evitare nella puntata di Qui radio Londra, in onda dal lunedì al venerdì su Raiuno subito dopo il tg della sera, di appellarsi alla vena filantropica di Adriano Celentano, che darà in beneficenza l’intero cachet di Sanremo a Emergency e alle famiglie povere di sette città e ci pagherà pure le tasse, per riprendere la sua crociata in difesa della vita. “Adriano, pensaci...”, è stato il flemmatico appello pronunciato direttamente dal suo programma. Si potrebbe devolvere una parte dei 350 mila euro a puntata anche ai non nati. A quei bambini uccisi, assassinati, a cui le madri hanno deciso di negare il futuro.

La crociata di Ferrara in difesa della vita inizia nel 2007, in cui a Otto e mezzo propone una moratoria universale sull’aborto. Poi, l ’associazione in difesa della vita. Aborto? No grazie, in cui il giornalista ateo devoto decide di scendere in politica da solo, dopo un mancato accordo col Pdl alle Politiche del 2008. La lista “Aborto? No grazie” ottiene un magrissimo e catatrofico 0,371 per cento dei voti e non supera nemmeno la soglia di sbarramento. Ecco. Tutto questo Ferrara se lo ricorda bene, visto che ne ha pagato le conseguenze anche in fatto di immagine, ma soprattutto di consensi.
E, se vogliamo, tentare di strumentalizzare l’atto benefico di Celentano per ricominciare a battersi contro l’aborto è stato quasi inopportuno. Sia perché Celentano sarà pur libero di devolvere il suo cachet a chi vuole lui, sia perché – con tutto il rispetto per la vita - tante, tantissime madri decidono di abortire non perchè sono delle assassine, ma perché magari preferiscono non abbandonare dopo la nascita quella piccola e indifesa creatura al proprio destino. Ma qui si riapre una questione etica assai controversa. Ecco, meglio lasciare Celentano, le sue filippiche, le sue bizzarrie al contesto sanremese, alla musica, allo spettacolo. A ferrarailgrasso (su twitter si chiama così) non piacerà questa riflessione, come non piace l’espressione “freddo siberiano”. Ma Sanremo è Sanremo. Celentano è Celentano. L’aborto è l’aborto. Per carità. Ma in certi casi, un po' di ragionevolezza non guasta.    


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 27 gennaio 2012

Sanremo 2012: Adriano Celentano non si svende e alza il prezzo della polemica.



Un sogno eroico. Adriano Celentano che varca le soglie del teatro Ariston e appare come d’incanto col suo corpo snodato. Ma stavolta si rischia grosso. Il molleggiato potrebbe voltare le spalle al festival, un po’ come fece provocatoriamente nel lontano 1961, quando propose una versione decisamente insolita di Ventiquattromila baci. Allora arrivò secondo ma riuscì a vendere 500 mila copie. Ricordi lontani. Adesso padre Celentano in odor di predica vorrebbe salire sul pulpito e sentenziare a ritmo lento su liberalizzazioni, tasse, proteste, crisi, autotrasportatori, scioperi, tassisti e perfino su Aldo Grasso e quelli come lui, che sostengono che la sua sia tutta una manovra pubblicitaria a vantaggio del suo nuovo album, “Facciamo finta che sia vero”.

Macché. Come al solito tutta colpa di quelle brutte bestie dei giornalisti. In primis, quelli della Stampa, che hanno sfoderato dal cilindro un possibile cachet di un milione e 200 mila euro. “ Bella figura che farà questo quotidiano quando si saprà ciò che realmente prenderei”, scandisce Celentano dal suo blog.
L’invito è agli amici Morandi e Mazzi. “Io altrimenti, se voi non vi decidete a chiarire, a Sanremo non ci vengo”. Che cosa si dovrebbe chiarire? Il veto espresso dalla Rai attraverso Lorenza Lei. L’artista sarebbe stato costretto ad accettare condizioni-bavaglio che avrebbero leso la sua libertà di espressione. Quindi, stando a quanto rende noto il clan, l’ oggetto del contendere non sarebbe il probabile compenso, col tentativo di “alzare il prezzo”. Ma nelle ultime ore finalmente l'accordo tra mamma Rai e il molleggiato è stato raggiunto. Nessuna pubblicità durante gli interventi sul palco, 350 mila euro per ogni  apparizione a puntata  e soprattutto piena libertà di espressione, nel senso che non ci sarà nessun controllo preventivo, in quanto i contenuti delle Filippiche celentanesche resteranno top secret fino alla sua esibizione. I malpensanti direbbero che si avverte la differenza senza Silvio Berlusconi -Presidente del Consiglio tra i piedi. 

Un fatto è certo: Celentano è un caso. Ogni volta che appare in video. Un caso nazionale. Derubricato come se nulla fosse alle pagine di “Spettacolo" dei quotidiani, ingiustamente. Eh sì, lui si merita lo stesso trattamento di tassisti e autotrasportatori. Fa finta di arrabbiarsi, ma in realtà se la gode tutta la celebrità di rimbalzo a questa polemica. E la moglie-manager Claudia Mori, se tutto alla fine filerà liscio come previsto, potrà dirsi soddisfatta. Chi non lavora, non fa l’amore, ma chi partecipa al festival di Sanremo a certe condizioni, ne ricaverà talmente tanti benefici da poter fare l’amore giorno e notte almeno per i prossimi cinquant'anni. E' solo che stavolta c'è l'happy end, con tanto di effetto sorpresa. Celentano infatti devolverà l' intero compenso in  beneficenza a Emergency e alle famiglie povere di sette città. Il molleggiato  spiazza sempre. Giuliano Ferrara lo elogia, incoronandolo filantropo e lo invita a pensare anche ai figli non nati di chi decide di abortire. E chissà, magari il re degli ignoranti accoglierà anche questo appello... 

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 26 gennaio 2012

L'isola degli sfigati



Chiamarli naufraghi, dopo il naufragio all’isola del Giglio, sarebbe davvero di cattivo gusto. Quindi meglio sfigati, per dirla con Michel Martone. Ma qui non si tratta di studenti universitari fuori corso, bensì di Vip momentaneamente fuori servizio. Valeria Marini, Carmen Russo, Flavia Vento, Aida Yespica, Arianna David, Guendalina Tavassi: tutte in crisi di astinenza televisiva.
A seguire: Cristiano Malgioglio, il mago Otelma, Rossano Rubicondi, Deh Harrow, Alessandro Cecchi Paone, Apicella, Enzo Paolo Turchi. Tutti, tranne il mago, Malgioglio, Apicella e  Tavassi,  già concorrenti nelle precedenti edizioni del reality di Raidue. Tutti in odore di rispolvero.
La prima puntata inizia bene in fatto di ascolti, con 3, 3 milioni di telespettatori e uno share del 13, 43 per cento (gran risultato se si considera che giocava l’Inter).
Prima edizione orfana di Simona Ventura, che assai sportivamente manda un video messaggio di saluto. E non poteva fare diversamente, visto che il suo nome era fortemente legato a questo programma.
Vladimir Luxuria, conduttrice dall’isola, se la cava bene. Nicola Savino invece, conduttore in studio, se la cava di meno. Inadatto ai tempi televisivi, sfoggia anche il savinese, nuovo slang anti-Accademia della Crusca. Nina Moric, Laura Barriales e Lucilla Agosti si presentano minimal nel look e pure nel pensiero. Tant’è che le tre opinioniste appaiono come complementi d’arredo.

Ecco il quadretto dell’Isola edizione numero 9. Se non fosse stato per Cristiano Malgioglio, unico vero deus ex machina dello show, a un certo punto sarebbe perfino calata la palpebra. Anziché rilanciarsi nello star-sistem, Malgioglio ha deciso di lanciarsi con apprezzabile coraggio dall’elicottero.
A Guendalina Tavassi, in mancanza di qualità e talento, non rimane che saltellare da un reality all’altro. E dopo il Grande fratello, stavolta addirittura le tocca un forzato soggiorno in Honduras tra i famosi. Eh già, perché sarebbe famosa pure lei? Sì, famosa fomentatrice di risse.
Non resta che affidarsi al divino Otelma e alle sue profezie: Flavia Vento, aiutata da Savino, solleverà qualche altro polverone linguistico? Si attendono news varie ed eventuali…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it )