martedì 28 settembre 2010

Mentana non fa sognare


Femminilità zero. Niente fiocchi rosa, servizi sul mondo del fashion, trastulli femminili, nuove frontiere del fitness, le tendenze delle ultime sfilate, riflettori puntati sulle agghindate passerelle della Milano alla moda. Per il Tg di Enrico Mentana su La7 non c’è posto per materiale usa e getta, riempi pista trascendentali, arrampicate sugli specchi. Insomma, per le cosiddette “stronzate”, come le definisce lui stesso, il terzo lato del triangolo (isoscele, ovvero con due lati uguali) dell’informazione. Tra la frivolezza annacquata del Tg1 e Tg5, Mentana rappresenta il serio. Il faceto lo ha lasciato agli altri, a quelli sotto padrone. Lui, al momento sottopagato (un contratto, il suo, di appena 350 mila euro lordi l’anno ma destinato a raddoppiare, dato il risultato degli ascolti, con punte del 10 per cento di share) preferisce parlare di problemi veri.

Scelta in controtendenza anche per la conduzione: niente mezzibusti in odore di veline, ma solo brave giornaliste non troppo appariscenti. Il Tg di Mentana insomma non fa spettacolo. Zero sfilate ma anche zero concerti, zero presentazioni di libri, zero show-biz. E, naturalmente, zero gossip. Solo iniezioni letali di politica raccontata per filo e per segno senza fraintendimenti, furberie e ambiguità. Chiarezza e imparzialità sono il suo mantra, recitato ogni mattina a partire dalle sei, l’ora in cui Mentana già comincia a leggere le agenzie.

Serietà, dunque. Ma seriosità, per favore, no. Il rischio di scivolare nella trappola del “secchione” che spiega i fatti più importanti della giornata, ma non lascia sognare, respirare, svolazzare il pubblico neppure per un secondo c’è. E siccome nella melassa maleodorante delle cattive notizie si rischia di sprofondare, sarebbe bello dedicare almeno cinque minuti alla frivolezza. Perché c’è tanto bisogno di sognare, di ridere, di progettare un week end a teatro o magari in concerto. Cinque minuti, non di più. Al massimo sette. Che nulla toglierebbero alla serietà del tg in toto. Anche sognando, s’impara. Ma soprattutto si sopravvive.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

giovedì 23 settembre 2010

Il savoir faire della Venier


Si muove poco, gesticola quasi per niente. Sorriso rassicurante e onori di casa degni del salotto mondano di madame de Stael in rue du Bac. Mara Venier alla conduzione de “La vita in diretta”, il contenitore pomeridiano di Raiuno, è riuscita a rendere a Lamberto Sposini il polpettone della conduzione a due meno indigesto. Tant’è che dopo il vivace scambio di idee sul dialetto (Mara aveva invitato l’irremovibile Sposini a parlare con Miss Italia in dialetto umbro e aveva rivendicato il suo amore per il dialetto, affermazione condita con qualche tipica sua solita espressione veneta), adesso quando si trovano insieme, lei non fa altro che mostrarsi cortese, discreta, mai invadente. “Lamberto vuoi parlare?”, “Lamberto che ne pensi?”, “Lamberto, non parli?”.

Gambe accavallate, tailleur di raso lucidi, make up leggero, tono di voce pacato, l’ex signora della domenica passa, senza troppi intellettualismi, con disinvoltura da un argomento di conversazione all’altro. Dalla chirurgia estetica ai quarant’anni, dall’eredità della compianta amica Sandra (Mondaini) alle manie Vip del mondo dello spettacolo. A Sposini tocca invece occuparsi delle rogne della vita quotidiana, dei piccoli-grandi drammi della società civile, delle seccature del mondo reale, e non patinato.
La coppia di conduttori sembra andare d’amore e d’accordo. Rispetto reciproco degli spazi di ciascuno, rapide incursioni ma senza disturbare troppo, armonia e un buon feeling.

Del resto Mara, donna navigata ed esperta, non poteva non sapere che a Sposini è cosa assai gradita non voler comandare troppo, andare oltre il limite consentito, scavalcare l’altro. Pena l’assestamento secco e diretto di una spietata battuta al vetriolo. Come quando non gli va giù l’osservazione, a suo dire fuori luogo, di qualche malcapitato ospite. E allora viva la diplomazia, la cortesia, il savoir faire della Venier. Che servirà a consolare Sposini dall’aver perso il ruolo da protagonista. E si spera pure a guadagnare qualche punto in più di share, visto che il programma ancora non decolla.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 9 settembre 2010

La rivincita di Elisabetta Tulliani


L’appuntamento è a Mirabello. Come ogni anno. Nel paese rosso del ferrarese dove nel Novecento si presero a scazzottate i fascisti e i non. Proprio lì, nel ritrovato covo dei camerati più nostalgici e sentimentali, dal pulpito, il presidente della Camera Gianfranco Fini ufficializza la rottura di quel vaso di coccio del Popolo della libertà. Allora? Nulla di nuovo sotto il cielo pidiellino. Lo si sapeva da tempo. Semmai Mirabello rivela a tutti qualche altra cosa. Nella platea, in prima fila Elisabetta Tulliani, la compagna di Fini, mestamente seduta, si prende una bella rivincita. Tutto merito del suo compagno. Un bacio lanciato dal palco, la strenua difesa della sua famiglia, teneri sguardi d’intesa, e poi un caloroso brindisi insieme, una cena casereccia e una manciata di carezze e parole sussurrate all’orecchio. Insomma, in poche parole una rinnovata e più che mai appassionata dichiarazione d’amore.

Una bella rivincita personale, appunto, per l’ex di Luciano Gaucci
, bollata per tutta l’estate dai giornali filo berlusconiani come cinica e calcolatrice, faccendiera dei cattivi sentimenti, lapidata come la Maddalena, esposta al pubblico ludibrio di un’Italia falsamente moralista e bacchettona. Lei che, bionda e appariscente, almeno quanto, a detta dei giornali, ambiziosa e arrivista, si era impossessata di una parte consistente del patrimonio di Gaucci, aveva fatto sonori investimenti, collezionato inviti nei salotti che contano, finché non aveva trovato la giusta preda, e aveva finalmente potuto insinuarsi come un cobra - a detta di Vittorio Sgarbi - nella mente di un debole come Fini.
Ma lei tira dritto, minaccia appena qualche querela, in pubblico non si scompone più di tanto. Armi affilate, doti nascoste, ars amandi degna della catulliana Lesbia, la Tulliani esce vittoriosa dal fastidioso impiccio. Investita da un pericoloso vortice mediatico, se l'è cavata più che bene, dando a tutti l'unica risposta che c'era da dare: il suo rapporto con Gianfranco Fini non solo non è stato minimamente scalfito, ma la loro unione appare più forte di prima. E lei sembra aver ritrovato quella fierezza nel volto che caratterizza la sua espressione più sicura e decisa. Se poi le ministre Gelmini, Prestigiacomo e forse un po’ anche la Carfagna dalle pagine del settimanale “A” di Maria Latella si uniscono alla schiera dei pubblici accusatori, chissenefrega. Ma sì, Eli ha in tasca la carta vincente. Quella della regina di cuori. E a tutti gli altri un bel due di picche. Finché dura…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)