giovedì 29 settembre 2011

Sanremo 2012: con Ambra il Morandi bis. E la riconferma del trionfo assoluto della sana Italia di provincia

Nessun cambio d’abito. Al massimo, di cravatta. Sotto il cielo stellato dell’Ariston non ci sarà nessun homo novus, semmai l' eterno ragazzotto di provincia assunto al ruolo di uomo della Provvidenza, colui che col suo bon ton casereccio e una semplicità disarmante ha portato l’ultimo festival di Sanremo ad una media di ascolti di 12 milioni di telespettatori a puntata e uno share del 50 per cento. Insomma, sarà ancora lui, Gianni Morandi, a condurre la kermesse canora più chiacchierata dell’anno. Un evento mediatico tanto criticato quanto atteso. Chi accompagnerà Morandi? Ambra Angiolini, ex primadonna di “Non è la Rai”, che non è nuova a questa esperienza, visto che nell’edizione del 1996, dopo il flop televisivo di Generazione X su Italia 1, condusse con un filo di impertinenza e una gran voglia di polemiche fini a se stesse il Dopofestival insieme a Pippo Baudo. E l’accoppiata non fu proprio delle migliori. Stavolta però Ambra sarà co-conduttrice, nel senso che presenterà il festival insieme a Morandi. E l’accoppiata, consacrata dalla benedizione di Gianmarco Mazzi, ancora il direttore artistico. La conferma di Ambra arriva dopo il gran rifiuto di Federica Pellegrini, in lizza per Sanremo da settimane, ma che rinuncia per impegni sportivi di gran lunga più importanti, come le Olimpiadi di Londra, che inizieranno il 27 luglio. Parola d’ordine e leitmotiv vero del festival targato Morandi sarà ancora il gioco di squadra, suggellato dal “restiamo uniti” dell’anno scorso, recitato come un mantra ad ogni passo, tra una presentazione e l’altra delle canzoni in gara, e la musica al centro della scena. E che nessuno gliela rubi. “Perché Sanremo è innanzitutto il festival della canzone”, dice Morandi col suo inconfondibile sorriso a 365 denti, due mani giganti e spirito fanciullesco.

Riflettori puntati come sempre sugli ospiti (si parla già di un possibile andirivieni) e sui cantanti in  gara.  Mazzi avrebbe già scomodato Giorgia. E poi sognerebbe Mina, Celentano, ma anche Vasco e Ligabue (si spera in serate diverse e lontane, per evitare scazzotta menti vari). Arisa lancia messaggi nemmeno troppo velati (“se mi vogliono, sono qui”) e i figliocci artistici di Maria De Filippi, da Emma Marrone ad Alessandra Amoroso passando per Annalisa Scarrone, ai quali si vanno ad aggiungere quelli di X Factor (da Noemi a Marco Mengoni a Giusy Ferreri) su eventuali partecipazioni al festival lasciano ancora col fiato sospeso.
La macchina mediatica si è già messa in moto, contornata di fiori sanremesi dall’inconfondibile profumo. Quella delle polemiche sta già scaldando il motore. Del resto in Italia esistono poche certezze. Tra queste ci sono gli spaghetti, c’è il mandolino, la mafia, i luoghi comuni e pure il festival di Sanremo, lo specchio di un Paese afflitto, piegato, stanco, lento, impantanato ma pur sempre tradizionalista e un filino, giusto un filino, puritano. Ecco. Sanremo dovrà garantire questo: lo spasso provincialotto e scanzonato, apparentemente bipartisan ma poi in realtà assolutamente filogovernativo e politicamente corretto. Che sennò la commissione di vigilanza Rai tuona come fa Giove quando si arrabbia. Poi ci sarà tempo di dire, magari al bar, “Sanremo? E chi lo guarda!”, quando in realtà si scopre che almeno per una mezz' ora buona anche i più schizzinosi se lo sono visto. Quindi in bocca al lupo a Morandi, confidando in un cast che faccia da ponte tra passato e presente, con particolare attenzione ai nuovi talenti ma anche ai talenti storici, agli evergreen di lusso e alla musica d’autore (in linea con la vittoria dell'anno scorso di Roberto Vecchioni) come che deve assolutamente uscire dalla sua nicchia,  arrivare al grande pubblico ed essere a tutti gli effetti parte integrante di un evento popolare.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 18 settembre 2011

Silvia Toffanin: una femme d’esprit esageratamente b(u)ona

Si potrebbero citare il fervido salotto politico di Elena Gozzadini Marescotti e il salon di Carolina Pepoli, o ancora la lucida grazia di Teresa Malvezzi e l’illuminata curiosità di Maria Laura Malvezzi Hercolani e Gualberta Beccari. Ma non siamo nella Bologna ottocentesca, dove donne aristocratiche e alto-borghesi si davano da fare. Siamo su Canale 5 e la padrona di casa è per la sesta volta ancora lei, Silvia Toffanin, l’ex letterina di Passaparola, compagna di Pier Silvio Berlusconi e mamma del piccolo Lorenzo Mattia. Il salotto in questione è quello televisivo di Verissimo, che il 17 settembre ha riaperto le garbate porte con la presenza dell’opinionista esperto di gossip Alfonso Signorini, l’esperto di moda Jonathan (ex concorrente Gf) e quello di tendenze giovanili Alvin. Da quest’anno alla squadra si è aggiunto anche Daniele Bossari, per parlare di nuove tecnologie e social network.




Il salotto è formato famiglia, il clima è molto da sabato pomeriggio, i temi sono leggeri, gli ospiti  divertenti, “ma non sono esclusi anche momenti in cui ci si può commuovere”, aveva detto la conduttrice alla presentazione ufficiale della nuova edizione. Bene. Già alla prima puntata Silvia non tradisce le aspettative. Il solito low profile, mai una domanda sconcia, né un’osservazione a sproposito, figurarsi se c scappa una domandina impertinente, una riflessione pungente, o chessò, un filo sarcastica? Ma per carità! Non diciamo eresie. Nel salotto di Silvia i Vip si raccontano. Cominciamo da Gerry Scotti, anzi dallo zio Gerry col suo sorriso rassicurante. Silvia a cominciato a fare tv proprio con lui, a Passaparola. Bei ricordi. Bellissimi. Quegli stacchetti un po’ ingessati segnarono per lei l’inizio di una carriera fortunatissima. Poi è la volta delle tate, che si dilettano a dare alle mamme a casa preziosi consigli su come sopravvivere allo svezzamento di un bebè o agli accadimenti d un figlio. Poi tocca a Gaia De Laurentis, che si attesta come una delle più volenterose mamme famose, visto che non ama delegare troppo alle tate ed è davvero un modello per tutte le donne. Sulla stessa linea Sabrina Ferilli, anche lei donna forte, di carattere, una roccia, ecc. ecc.


Il piatto forte arriva verso le 17, quando fa il suo ingresso Manuelona Arcuri, che per la verità  sembra essere un po’ sulle spine. Macché. Silvia, da brava padrona di casa, noncurante delle intercettazioni che vedrebbero l’attrice in qualche modo coinvolta in inviti a feste con Berlusconi pubblicate su tutti i giornali e rimbalzate su decine di siti internet, rassicura pure lei, consacrandola come la brava ragazza di provincia, la gloria di Latina. E’ l’effetto domino del buonismo toffaniniano, quel buonismo esageratamente chic che non guasta. Come quando chicchiera del più e del meno con Filippo Magnini, senza farlo sentire troppo in colpa per aver soffiato Federica Pellegrini a quello che era il suo più caro amico, Luca Marin. Per carità. Ci sono fin troppe polemiche che ruotano attorno al salellite televisivo. Il salotto della Toffanin vuole essere per scelta un universo felice, una sorta di paradiso terrestre, un mondo ovattato ed edulcorato, un’oasi felice tutta fashion e spetteguless. Dove tutto fila liscio come l’olio e nessuno scivola su bucce di banana. “La gentilezza non dev’essere scambiata con l’incapacità di fare domande”, aveva dichiarato a giugno proprio a “Chi”, il settimanale diretto da Signorini. Di risse televisive ce ne sono fin troppe. E poi, dopo un’estate trascorsa a studiare talk americani, sollevare anche la minima obiezione su Verissimo, tutti i colori della cronaca, sarebbe proprio una cattiveria. In fondo che male c’è. Silvia è così, una conduttrice esageratamente buona che spalma a gogo miele sulle sue poltronicine a conchiglia. In poche parole, sulla strada giusta, se non per la santità, quantomeno per la beatificazione.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 16 settembre 2011

Baila!, che ti passa

Bypassando la questione giudiziaria (Milly Carlucci ha denunciato Mediaset) per cui lo spettro dell' accusa di plagio aleggia ancora negli studi di Cologno, facendo ancora temere un possibile blocco del programma, Barbara D’Urso - al timone del nuovo chiacchieratissimo talent che pare faccia nemmeno troppo timidamente il verso al noto Ballando con le stelle di Milly Carlucci - non sembra essere preoccupata più di tanto. Tanto si sa come va a finire. Va a finire che si balla. Tant’è che la concentrazione della conduttrice più amata dalle casalinghe italiane è tutta rivolta ai passi seducenti e contorti del tango argentino, a quelli zigzaganti del sempre attuale cha cha cha, alle bizzarre e intriganti movenze del paso doble, con leggerezza e grazia, per carità, che nel ballo sono essenziali. Dal 27 settembre in prime time sulla rete ammiraglia Mediaset scenderanno in pista volti noti come Luca Marin, che dopo aver rimediato una brutta figura (a causa della tresca saltata fuori tra il suo migliore amico Filippo Magnini e quella che a breve sarebbe poi diventata la sua ex Federica Pellegrini), rialzerà il capo un po’ troppo appesantito con un agile tip tap e una salsa decisamente condita.

Al Bano non se ne va ma resta, anche se non da concorrente, bensì da membro della giuria. Farà compagnia alla ballerina Rossella Brescia. Costantino Vitaliano si prepara a grandi esibizioni. Si spera solo che il suo flirt col ballo durerà più a lungo di quelli che normalmente intrattiene con le sue (?) donne. Insieme a lui balleranno anche Max Laudadio, Paolo Seganti, Kristian Ghedina.
Il casto femminile sarà composto da un’atletica Elisabetta Gregoraci, che torna in tv dopo due anni di assenza (causa cambio pannolini, o giù di lì), Martina Colombari, Raffaella Fico, Marianna De Micheli e la cantante Marcella Bella.
Questi i Vip. Ma come vuole il format sudamericano, accanto ai volti famosi ci saranno quelli sconosciuti di persone comuni. La prima a cimentarsi nel ballo sarà Rossella Canuti, 20enne di Parma, studentessa universitaria di Scienze motorie. A seguire, gli altri concorrenti non famosi selezionati dalla gente, annunciati di volta in volta dalla D’Urso. Tanto per marcare ancora di più il gap tra chi fa parte dello show-biz e chi no.

Ma poco importa. Il ballo è democratico e dà ancora una speranza. Aggrega, coinvolge, dà a tutti le stesse opportunità, raccomandati e non, senza talento e bravi veri. Perché dinanzi a un merenghe tutti possono dimostrare di saperci fare oppure di essere totalmente negati.
Tutto si svolgerà sotto il segno di Tersicore, che ispirerà le danze e proteggerà i concorrenti dalle maledizioni di Milly Carlucci & Co. in casa Rai. Al pubblico una consolazione: in quest’era così drammaticamente spoetizzata, il ballo diletterà i loro animi e li solleverà dall’ansia e dall’ angoscia. Del resto, per dirla con John Dryden, “ballare è la poesia dei piedi”. E non è poco.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 4 settembre 2011

Terraferma è l'approdo di Crialese, verghiano fino in fondo

Quando la terra è ferma, non frana sotto i piedi. Eppure non c’è terra senza mare a Linosa, dove due donne, in realtà la stessa immagine riflessa da uno specchio d’acqua, quella salata e bizzarra del mare di Sicilia. All’apparenza così diverse Timnit, gli occhi pieni di speranza, quella di approdare in una terra capace di aprirle un nuovo orizzonte e cominciare una nuova storia, la sola sopravvissuta su quel barcone naufragato con 73 anime morte annegate su 79. “Il suo sguardo mi ha ipnotizzato: una donna che aveva appena attraversato l’inferno, con il volto di una persona che sembrava arrivata in paradiso”, racconta Emanuele Crialese, l’ “uomo fragile” del cinema italiano alla 68esima Mostra del cinema di Venezia nel suo giorno. Dall’altra parte un altro destino, quello di Giulietta (l’attrice catanese Donatella Finocchiaro), isolana vogliosa di staccarsi dal suo scoglio. Senza saperlo le due donne condividono lo stesso destino: un futuro diverso, la loro terraferma.
Con questo film si compie la trilogia, dopo Respiro girato a Lampedusa e Nuovo Mondo girato a Ragusa. Cinque mesi sul set, a contatto con una “natura invadente, con la quale all’inizio non è stato facile convivere”, come l’ha definita senza eufemismi Donatella Finocchiaro. Nel cast Beppe Fiorello, il maestro puparo Mimmo Cuticchio nel ruolo del vecchio pescatore, traghettatore di anime verso uno pseudo Paradiso, un po’ come Caronte all’inverso, Filippo Pupillo, alla sua terza volta con Crialese.

È con l’immobilità di questo tempo che la famiglia Pucillo deve confrontarsi. Ernesto ha 70 anni,  vorrebbe fermare il tempo e non vorrebbe rottamare il suo peschereccio. Suo nipote Filippo ne ha 20, ha perso suo padre in mare ed è sospeso tra il tempo di suo nonno Ernesto e il tempo di suo zio Nino, che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti. Sua madre Giulietta, giovane vedova, sente che il tempo immutabile di quest’isola li ha resi tutti stranieri e che non potrà mai esserci un futuro né per lei, né per suo figlio Filippo. Per vivere bisogna trovare il coraggio di andare. Un giorno il mare sospinge nelle loro vite altri viaggiatori, tra cui Sara e suo figlio. Ernesto li accoglie: è l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo non lo permette e la vita della famiglia Pucillo è destinata a essere sconvolta e a dover scegliere una nuova rotta.
Verghiano fino in fondo, inclusa quella sottile vena di “compassione” che la “mano invisibile” dello scrittore verista, per vocazione ed estrazione, lo faceva essere dalla parte dei suoi “umili”.

In quell’isola di pescatori, il tempo si è fermato. Non ci sono iPhone, iPad, canali satellitari, computer a mostrare il resto del mondo, un mondo al di là dell’orizzonte, che però c’è esiste, e che la forza dell’ immaginazione quasi materializza del tutto. Inevitabili le polemiche sul tema di stretta attualità degli immigrati che continuano a sbarcare in Sicilia. «La risposta dello Stato è completamente inadeguata e va contro le regole più elementari di civiltà: lasciare morire gente in mezzo al mare è segno di grande inciviltà. Ci sono pescherecci che sono stati sequestrati perché hanno salvato migrati e portati in porto, pescatori accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Questa la realtà», si affretta a spiegare il regista, cavalcando le polemiche. Ma l’arte si nutre sempre dell' osservazione della realtà. Che spesso è più dura della pietra lavica. I Pucillo nella loro fierezza assomigliano tanto ai Malavoglia, Ernesto a padron ‘Ntoni, Giulietta ha la fisionomia di Maruzza “a longa” e in questo la Finocchiaro si rivela perfetta nel ruolo. Terraferma sarà nelle sale il 7 settembre per 01 Distribution. E al di là dell’atteso verdetto al Lido, resta un film da vedere con gli occhi del cuore. Per chi a quei luoghi è profondamente legato e per chi non ne conosce i contorni e le sfumature che Crialese rende con straordinaria poesia e realismo. Ché gli occhi di Timnit non si possono dimenticare. In bocca al lupo!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)