Quando la terra è ferma, non frana sotto i piedi. Eppure non c’è terra senza mare a Linosa, dove due donne, in realtà la stessa immagine riflessa da uno specchio d’acqua, quella salata e bizzarra del mare di Sicilia. All’apparenza così diverse Timnit, gli occhi pieni di speranza, quella di approdare in una terra capace di aprirle un nuovo orizzonte e cominciare una nuova storia, la sola sopravvissuta su quel barcone naufragato con 73 anime morte annegate su 79. “Il suo sguardo mi ha ipnotizzato: una donna che aveva appena attraversato l’inferno, con il volto di una persona che sembrava arrivata in paradiso”, racconta Emanuele Crialese, l’ “uomo fragile” del cinema italiano alla 68esima Mostra del cinema di Venezia nel suo giorno. Dall’altra parte un altro destino, quello di Giulietta (l’attrice catanese Donatella Finocchiaro), isolana vogliosa di staccarsi dal suo scoglio. Senza saperlo le due donne condividono lo stesso destino: un futuro diverso, la loro terraferma.
Con questo film si compie la trilogia, dopo Respiro girato a Lampedusa e Nuovo Mondo girato a Ragusa. Cinque mesi sul set, a contatto con una “natura invadente, con la quale all’inizio non è stato facile convivere”, come l’ha definita senza eufemismi Donatella Finocchiaro. Nel cast Beppe Fiorello, il maestro puparo Mimmo Cuticchio nel ruolo del vecchio pescatore, traghettatore di anime verso uno pseudo Paradiso, un po’ come Caronte all’inverso, Filippo Pupillo, alla sua terza volta con Crialese.
È con l’immobilità di questo tempo che la famiglia Pucillo deve confrontarsi. Ernesto ha 70 anni, vorrebbe fermare il tempo e non vorrebbe rottamare il suo peschereccio. Suo nipote Filippo ne ha 20, ha perso suo padre in mare ed è sospeso tra il tempo di suo nonno Ernesto e il tempo di suo zio Nino, che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti. Sua madre Giulietta, giovane vedova, sente che il tempo immutabile di quest’isola li ha resi tutti stranieri e che non potrà mai esserci un futuro né per lei, né per suo figlio Filippo. Per vivere bisogna trovare il coraggio di andare. Un giorno il mare sospinge nelle loro vite altri viaggiatori, tra cui Sara e suo figlio. Ernesto li accoglie: è l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo non lo permette e la vita della famiglia Pucillo è destinata a essere sconvolta e a dover scegliere una nuova rotta.
Verghiano fino in fondo, inclusa quella sottile vena di “compassione” che la “mano invisibile” dello scrittore verista, per vocazione ed estrazione, lo faceva essere dalla parte dei suoi “umili”.
In quell’isola di pescatori, il tempo si è fermato. Non ci sono iPhone, iPad, canali satellitari, computer a mostrare il resto del mondo, un mondo al di là dell’orizzonte, che però c’è esiste, e che la forza dell’ immaginazione quasi materializza del tutto. Inevitabili le polemiche sul tema di stretta attualità degli immigrati che continuano a sbarcare in Sicilia. «La risposta dello Stato è completamente inadeguata e va contro le regole più elementari di civiltà: lasciare morire gente in mezzo al mare è segno di grande inciviltà. Ci sono pescherecci che sono stati sequestrati perché hanno salvato migrati e portati in porto, pescatori accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Questa la realtà», si affretta a spiegare il regista, cavalcando le polemiche. Ma l’arte si nutre sempre dell' osservazione della realtà. Che spesso è più dura della pietra lavica. I Pucillo nella loro fierezza assomigliano tanto ai Malavoglia, Ernesto a padron ‘Ntoni, Giulietta ha la fisionomia di Maruzza “a longa” e in questo la Finocchiaro si rivela perfetta nel ruolo. Terraferma sarà nelle sale il 7 settembre per 01 Distribution. E al di là dell’atteso verdetto al Lido, resta un film da vedere con gli occhi del cuore. Per chi a quei luoghi è profondamente legato e per chi non ne conosce i contorni e le sfumature che Crialese rende con straordinaria poesia e realismo. Ché gli occhi di Timnit non si possono dimenticare. In bocca al lupo!
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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