venerdì 23 dicembre 2011

Sanremo 2012: un festival social pop

In tempo di crisi, mamma Rai - come contropartita dell'aumento del canone - infiocchetta per bene una delle poche certezze d’Italia: il Festival di Sanremo. Nell’ edizione numero 62, in onda in prima serata su Raiuno dal 14 al 18 febbraio, mai come quest’anno nazional-popolare, mai come quest’anno social. Non a caso tra i big in gara svettano i già ben collaudati Toto Cutugno e Al Bano, rispettivamente alla 16esima e alla 15esima partecipazione.
Cambiano le mode, ma gli stereotipi no. Quelli al palco fiorito del teatro Ariston fanno solo bene. E all’italiano trombato da Monti, che per consolarsi suona con la chitarra in mano (della serie canta che ti passa), pure. Così come il predicozzo attesissimo di Adriano Celentano. Il molleggiato infatti sarà il superospite di quest’anno. “Basta con questi snobboni stranieri”, i commenti rimbalzano già da mesi nei corridoi di viale Mazzini. Tranne per Tamara Ecclestone, s’intende, pur sempre nata a Milano, anche se la figlia di Bernie, il boss della Formula 1 fa la bambola a Londra.


Un Festival interattivo, e appunto social. Che quest’anno apre ufficialmente le porte delle selezioni per i giovani e ad una golden share che il pubblico potrà riservare a uno dei big direttamente da facebook, attraverso la pagina “SanremoSocial”, che conta già oltre 25.000 contatti. Una bella idea del direttore artistico Gianmarco Mazzi.
A condurre il Festival torna, dopo il successo di ascolti dell’anno scorso. Con una media di oltre 11 milioni di spettatori e uno share del 47, 78 per cento, l’eterno ragazzo della canzone italiana Gianni Morandi, una certezza made in Italy anche questa, affiancato da Rocco Papaleo (andranno d’accordo?...).
A rappresentare la musica cantautorale ci sarà Eugenio Finardi, dopo il rifiuto di Roberto Vecchioni (“a vincere l’anno scorso ho avuto culo, ma averne due volte di seguito è davvero impossibile”). Insomma, nell’anno della crisi e del nuovo governo Sanremo punta tutto sulle storiche certezze all’italiana. W l’Italietta degli spaghetti al dente, del caffè ristretto e della moviola della domenica in tv. Questa sì che, direbbe l’ex ministro Renato Brunetta, è l’Italia migliore.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)  

domenica 11 dicembre 2011

I VIP in un tweet diventano normal chic



Un tempo immortalati da Mario Testino o Albert Watson. Non una sbavatura di rimmel, né un filo di capelli fuori posto. Make up perfetto e pose da starMa la crisi impone il low cost, e i Vip si impongono un vero o presunto low profile. Adesso le celebrities scendono tra i comuni mortali, svelando di sé un lato del tutto inedito. Dove? Su twitter, il social network del momento, come testimoniano i dati ( solo nel mese di ottobre 2 milioni di tweet e una crescita, negli ultimi tredici mesi, del 70,5 per cento (a fronte di un risicato 12 per cento di facebook). Un fenomeno, quello dello show-biz twitterino, in crescita, in perfetta linea con gli States, dove due Vip su tre (comprese le star di Hollywood e quelle della pop music) tweettano ogni giorno scambiandosi pensieri e condividendo esperienze. E il cinguettio non è patinato, ma tuttaltro.
E ciò avviene in netta controtendenza coi palazzi del potere che, sempre più arroccati e chiusi come torri d'avorio, hanno scavato un solco profondissimo che ormai è una voragine tra la politica e la società civile. Al contrario i Vip di casa nostra amano apparire casual, in pose casalinghe, trasmettere un senso di normalità, condividere ansie da prestazione e insicurezze, battute ironiche e prove di trucco e d’abito. Insomma, accorciare in tutti i modi le distanze dal proprio pubblico. E, di conseguenza, far lievitare di gran lunga il proprio indice di popolarità.



Ma cosa dicono i profili dei nostri Vip? Partiamo da Saro Fiorello, Francesco Facchinetti, Lorenzo Jovanotti, Claudio Cecchetto e Gerry Scotti, che cinguettano al forsennato ritmo di due minuti su due.
Fiorello anticipa umori e impressioni sul suo show (ormai concluso), Lorenzo comunica ai fan i suoi stati d’animo, Gerry Scotti scandisce la sua giornata e, nel frattempo, scambia qualche idea con amici e colleghi, Claudio Cecchetto si diverte a stuzzicare i suoi contatti, Francesco Facchinetti commenta qualsiasi cosa, dai programmi televisivi alle dichiarazioni del giorno, e quando serve invita perfino alla solidarietà, come nel caso degli alluvionati della Liguria e di Messina.
Poi, in seconda fila per numero di tweet ma non certo per quello di follower, troviamo Elisabetta Canalis, Melissa Satta, Elena Santarelli, Federica Panicucci e Alessia Marcuzzi. Loro s’ispirano a J. Lo e a Rihanna e oltre a ringraziare i tanti fan che inviano complimenti, postano una foto dopo l’altra, tutte rigorosamente con l’autoscatto. Tutte foto “fai-da-te”, scattate dalla sala prove o dal camerino, magari durante le prove o in attesa di andare in onda. Oppure mentre sono al trucco e il parrucchiere  sta facendo loro la messinpiega. Proprio l’altro giorno Elena Santarelli ha postato una foto che la ritraeva senza un filo di trucco mentre, col berretto di lana in testa, si accingeva a prendere la metro in una nuvolosa Milano. E poi comunicano tra loro, informano i fan dei loro spostamenti (sempre Elena Santarelli: “verso Cologno, dalla Silvia Toffanin…”), (“Al concerto di Lorenzo con mia figlia Angelica”, scriveva Giorgio Gori l’altra sera), scherzano sulle proprie performance ( “Non mangiare, potresti vomitare la cena guardando il mio balletto (vedi prove di Kalispera, il programma di Alfonso Signorini”). Claudio Cecchetto si presenta come "tweet scout" e dice che ha cominciato con Gerry Scotti. Zio Gerry, da bravo self-made man, condisce il suo profilo con un sottotitolo eloquente (“nipote di contadino e figlio di operaio”), rivela che finalmente ha imparato come si fa ( a pubblicare un tweet), risponde puntualmente a critiche e appunti dei fan e pubblica perfino la foto della sua mucca Bianchina. 


Insomma, i profili Vip appaiono sempre più invitanti e di gran lunga più interessanti di quelli dei giornalisti, che invece si limitano a commentare i fatti e a scambiarsi frecciate o a fare la gara a chi dà un’anticipazione per primo. Zio Gerry, da bravo self-made man, condisce il suo profilo con un sottotitolo eloquente (“nipote di contadino e figlio di operaio”), rivela che finalmente ha imparato come si fa ( a pubblicare un tweet), risponde puntualmente a critiche e appunti dei fan e pubblica perfino la foto della sua mucca Bianchina. Claudio Cecchetto si presenta come
In una parola: normalità. La nuova parola d’ordine tra Vip che ora diventano Vnp (“Very Normal People”). Almeno per la durata e lo spazio di un tweet.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)


sabato 10 dicembre 2011

"Tra Berlusconi e Monti? Meglio Berlumonti". Intervista al Peter Pan della radio: Stefano Piccirillo



“Berlusconi o Monti?”
“Berlumonti. Lui sì che sarebbe perfetto. Avrebbe la tecnicità e la credibilità di Monti unita all’entusiasmo e alla grande capacità di comunicazione di Berlusconi”.

Non ha dubbi Stefano “Steven” Piccirillo sull’identikit del nuovo premier, che per adesso però rimane un sogno. Come quelli che si fanno ascoltando la musica che di scatto disannuncia a radio Kiss kiss ogni weekend, il sabato dalle 16 alle 19 e la domenica dalle16 alle 20. Sottotitolo: “Notizie e curiosità dal mondo per tenere accesa l’immaginazione”. Del resto l’immaginazione è il "supremo realismo dello spirito", come diceva Charles Morgan. Per essere più pop, è come un pacco di Natale vuoto, che di volta in volta riempi con ciò che più desideri.

Stefano Piccirillo, napoletano, classe 1967, nella vita ha una grande passione : la radio. Da quel lontano giugno 1984, prima diretta e tanta emozione. Poi, ci fai l’abitudine. E ormai sono ventotto anni che Stefano è uno speaker fluorescente e bizzarro.
Una passione che nasce da ragazzino: “ Affascinato da quel mondo fatto di musica e voci , cercavo di capire con gli occhi e la mente di un bambino come fosse quel giocattolo da dentro. Grazie alla complicità di un mio amico , visitammo una piccola radio del mio quartiere, il Vomero, l'emittente era radio Spazio Uno, decidemmo di fare un provino, ci presero entrambi. Il provino fu in diretta.

Ma da un po’ di tempo Stefano Piccirillo fa anche qualcos’altro. Scrive libri. E dopo “La mia guarigione”, in cui affrontava il suo rapporto con le donne, un po’ Cirano un po’ Otello, adesso è la volta di “10 canzoni, una vita”, edizioni Emmebi (pp. 272, 18,00 € ). Un viaggio attraverso i più noti speaker, direttori artistici, fonici e responsabili della programmazione, raccontati attraverso le loro dieci canzoni del cuore, quelle che non smetterebbero mai di ascoltare. All’interno c’è una larga fetta dell’universo radiofonico italiano: Rosaria Renna (Rds), Pippo Pelo (Radio Kiss Kiss), Rudy Zerbi (Radio Deejay), Federico l'Olandese Volante (R101), Luisella Berrino (RMC), Joe Violanti (Radio Kiss Kiss), Cristina Chiabotto (Radio Kiss Kiss), Gianmaurizio Foderaro (RadioUno), DJ Provenzano (M2O), Marco Baldini, Rosario Pellecchia (Radio 105), Antonio Gerardi (Radio Kiss Kiss), Demo Mura (Radio Kiss Kiss), Federica Gentile (Radio 2), Claudio Guerrini (Rds), Marco Minelli (Radio Kiss Kiss), Guido Monti (R101), Antonio Irace (Radio Kiss Kiss), Dario Cassini (Radio Kiss Kiss), Corrado Gentile (Rds), Stefano Bragatto (RMC), Luigi Caliv…, Stefano Pozzovivo (Radio Subasio), Giancarlo Cattaneo (Radio Capital), Alan Palmieri (Radio Norba), Beppe Cogliandro (Radio Kiss Kiss), Michele Panzieri, Alfredo Porcaro (Radio Kiss Kiss), Francesco De Vena (R101) e tanti altri.

Il tuo preferito?
“I miei preferiti sono senz’altro Marco Baldini e Marco Minelli”
Perché?
“Perché sono due amici e mi hanno accettato subito per come sono, senza giudicarmi”.
Il più antipatico/antipatica in assoluto?
“Preferisco non fare nomi ma ce n’è uno in particolare (facile immaginare che non è tra i protagonisti del libro) che ha tentato pesantemente di pugnalarmi alle spalle. Per fortuna il mio direttore artistico di allora se n’è subito accorto ed è stato mandato via. Era tra l’altor una persona che io avevo spalleggiato. Quindi la delusione è stata ancora più grande".
Il tuo più grande pregio?
"La disponibilità”.
Il tuo più grande difetto?

“La pigrizia”.
La tua vita da 25 almeno è legata a un microfono. Sei una voce storica della radio. Da Rds a Rtl 102.5, passando per Radio 101 e ora a radio Kiss kiss. Rifaresti tutto quello che hai fatto finora?
“Forse non proprio tutto".
Rimpianti?
“Uno su tutti: l’aver lasciato Rds dopo 5 anni di grandi successi”.
Nella tua carriera non ti sei fatto mancare neppure qualche apparizione televisiva. Hai presentato “Un disco per l’estate”, “Angeli sotto le stelle”, hai fatto l’ inviato al Dopo-Festival, e hai avuto qualche ruolo di attore in fiction come “La Squadra” e “Un posto al sole”. Ma Stefano Piccirillo, quando non sta in radio, la guarda la tv?
“Eh sì, un po' di tv la guardo anch'io".
Programmi preferiti?
“Il più grande spettacolo dopo il weekend”.
Ma è finito!

“E allora Wimbledon su Sky. Sono un appassionato di tennis".
E poi?
“E poi… I bellissimi di Rete 4”.
Fiorello o Checco Zalone?
“Fiorello tutta la vita”.
La qualità numero uno di un dj?
“Un deejay parla facile. E non si autocensura mai”.
La speaker donna preferita?

“Luisella Berrino”.
E quella con cui ti piacerebbe condurre insieme un programma alla radio?
“Patrizia Facchetto. Ha una tecnica fantastica e riesce a parlare di qualsiasi cosa in modo incredibile”.
Sei reduce dall’aver accolto un superospite, Michael Bublè. Chi vorresti adesso?

“Tiziano Ferro e Giorgia”.
Il brano musicale del momento?
"Inevitabile di Giorgia ed Eros Ramazzotti".
E il brano di sempre?
"The long and winding road dei Beatles".
Già fatti i regali di Natale?
“No. Li faccio sempre alla vigilia. Ma credo che regalerò a tutti qualcosa di utile".
Hai festeggiato le nozze d’argento con la radio, hai cantato al Roxy Bar come fanno le star vere, hai passeggiato sul tappeto rosso dei Grammy Awards, hai intervistato 1000 artisti. Ti manca ancora qualcosa?
“Magari in futuro mi piacerebbe fare il direttore artistico di una radio. Per adesso preferisco rompere le scatole al mio direttore artistico”.
C'è chi sostiene che quello del deejay più che un lavoro è un cazzeggio perenne? Come rispondi?
“Che dovrebbe parlare delle cose che sa, perché allora vuol dire che di questo lavoro non capisce proprio un bel niente”.
Stefano Piccirillo, "bambino in napoletano, sta all' antropologia partenopea come il cornetto sta alla crema.
Solarità, napoletanità e tanta simpatia all’ombra di ‘na tazzulell 'e cafè.
In questo momento sei innamorato?
"Adesso no, ma mi manca esserlo".
Ultima domanda. Immaginiamo di avere accanto a noi un juke box. Di quello Anni '70 che in giro ormai non si vedono più. E che questa intervista cominci e finisca con due brani. Hai in mano due
 gettoni. Che brani metti?
“Allora. Iniziamo con “Gocce di memoria"di Giorgia e finiamo con “Close to you” di Burt Bucharach”.
Fantastico… Come dire: un po' democrat, un po' repubblicano...

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

mercoledì 7 dicembre 2011

Nina Senicar : una showgirl targata Bocconi. Ecco un valido motivo per fare di lei la nuova Mara Carfagna

La sua luce intermittente, a corrente alternata, rischiara la vista e incendia lo spirito a ogni apparizione televisiva. Non conduce nessun programma ma ogni volta che Nina Senicar ancheggia e poi si siede, ammicca alle telecamere col suo sguardo obliquo e sorride, gli ascolti s’impennano e lo share sale.
E solo questo basterebbe a fare di lei, in tempi in cui gli allori nel piccolo schermo se li pappa chi fa ascolti, qualcosa di più di una meteora e qualcosa di meno di una stella del firmamento televisivo.
Eppure nel curriculum della modella serba nata 26 anni fa a Novi Sad, già miss Yugoslavia nel 2001 alla tenera età di 16 anni, c’è una nota di merito. E non è l’aver affiancato Teo Mammuccari come valletta semimuta in “Distraction” (2007), né tantomeno quello di aver partecipato all’Isola dei Famosi nell’edizione numero 7 e nello stesso anno (2010) aver assistito Enzo Iacchetti in Velone su Canale 5. E neppure la pratica a livello agonistico dell’equitazione, che le ha fatto conquistare il titolo di Campionessa nazionale nel 2001 .




La nota di merito della Pocahontas delle passerelle è un'altra. E non da poco. Nina Senicar si è laureata in Economia internazionale alla Bocconi. E poco importa se il prezzo da pagare è che gli ex colleghi di corso ogni tanto le ripetono: "Ehy dottoressa, ti abbiamo visto sculettare in tv". Lei si diverte e ci ride su. E intanto si presenta con un titolo che di questi tempi porta bene. Si sa, essere passati dalla Bocconi è garanzia di "eunomia", ovvero di buon governo. E sarebbe la giusta chiave d'accesso per Palazzo Chigi. E ora che il governo è tecnico e tra i banchi dell’esecutivo svettano fior di professoroni di Economia, ecc. ecc. Nina Senicar potrebbe avere un posto assicurato come Ministro delle Pari opportunità, per esempio. In tal caso raccoglierebbe l’eredità di Mara Carfagna, cresciuta a pane e Bocchino (nel senso di Italo, che le impartiva accurate lezioni di cultura e strategia politica). Nina avrebbe anche un vantaggio in più: essendo passata dalla Bocconi, sarebbe come un’allieva un po’ di famiglia tra i signori nuovi ministri e non avrebbe neppure bisogno di tante lezioni. Però al momento, su questo fronte tutto tace. E Nina dovrà accontentarsi di una citazione in salsa rap di Marracash, nel suo ultimo album "King del Rap". Però, non si sa mai, la speranza è l'ultima a morire. E chissà, forse Nina Senicar potrebbe ancora entrare nel governo. Magari anche da sottosegretario, perché no.
Caro Presidente Monti, ci faccia un pensierino. Fornero &Co. sono eccezionali, s’intende. Ma con questa mossa lo share del nuovo governo, e per la verità pure il suo appeal, avrebbero di colpo un’impennata.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 3 dicembre 2011

Metamorfosi di un ex Ministro della Difesa. Ignazio-Mefistofele-La Russa: da testa calda a testa calva?

C’è apprensione nei Palazzi. Da giorni colleghi, amici e nemici di Mefistofele-La Russa non riescono a spiegarne il motivo. Pare che dal crine dell’ex Ministro della Difesa si sia perso qualche capello, ma soprattutto che la zazzera a un tratto abbia perso tutta la sua lucentezza. Che il cambio di governo ha di colpo sbiadito l’effetto shatush tendente al mogano di Ignazio-Mefistofele La Russa lo si nota a colpo d’occhio. Perfino mentre entra ed esce di corsa dai Palazzi, sorridendo a denti larghi. Perfino quando finisce di prendere il caffè (in genere l'ex Ministro ama intingere il cornetto nella tazzina) su facebook coi suoi fan (la pagina pubblica si chiama così, “Un caffè con Ignazio La Russa”,  e conta quasi 9 mila fan) o di mollare l’ affettuosa pacchetta sulla spalla all’amico Gasparri, con quella espressione semiseria e il timbro di voce baritonale. Perfino quando scorrazza per i meandri di Montecitorio, ammantati di velluto e di ombre, con la battuta sempre pronta in tasca e la promessa ai giornalisti che l’aspettano per un’intervista: “Sì, eccomi, sto arrivando”, per poi esordire dicendo “fate sempre le stesse domande” e interrompere la conversazione almeno un centinaio di volte.



Ultimamente però chi conosce bene l’ex Ministro nota nei suoi occhi sibillini una preoccupazione costante,  che gli fa volgere quasi sempre la mente e lo sguardo altrove. Pare che non riesca più nemmeno a concentrarsi troppo nelle pose galliche con le sue innumerevoli fan per le foto ricordo al termine di ogni intervento pubblico. Ormai l’unica preoccupazione di Ignazio La Russa sono i suoi tanto amati capelli. Anche perché, semmai dovessero subire una radicale metamorfosi, come le foglie d’autunno, di questo passo che fine farebbe il suo proverbiale pizzetto alla Jack Sparrow?
“Picciotti, amuninni”, esorta allora Ignazio alla fine di ogni lunga e faticosa giornata parlamentare, con tanto di rito scaramantico (toccatica fugace sui cabbasisi), quando la notte è ancora ggggiovane, si spengono i riflettori sui Palazzi, ma si accendono quelli televisivi di “Porta a Porta”. La Russa non bussa alla porta degli italiani, fa molto di più. Scatena quasi una rissa sul recente acquisto di 19 Maserati per il suo ormai ex ministero, che in tempi di crisi non è certo una scelta ponderata, e recupera su una clamorosa figuraccia (“con un milione di euro ci fai una casa buona, non un castello”) con un secco no al’Ici sulla prima casa. Primi segni di una folgorazione sulla via di Damasco. Mefistofele-La Russa ora infatti si dedica alla preghiera per scongiurare l’ eventuale maledizione della perdita del pelo, ma non del vizio. La preghiera mane e sera a San Canuto Lavard. Mani giunte e sguardo penitente. “Ti prego, ti prego, non farmeli cadere!”. E questo di certo laverà tutti i suoi peccati. Ottima penitenza. Diggiamolo…


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 1 dicembre 2011

Guzzanti e Dandini giù, Fiorello e Zalone su. Ma la satira?...


La breve incursione di Fiorello sul piccolo schermo sta per concludersi. Toccata e fuga. E allo showman resta soltanto un’ultima puntata con ospiti Jovanotti e Roberto Benigni. In totale quattro, le sue serate all’insegna del comico in stile nazional-popolare. E finora gli ascolti lo hanno premiato tantissimo, con punte di share del 43 per cento.
Ma il Tony Manero della risata sta per passare il testimone (si fa per dire, visto che si tratta della concorrenza) a tale Luca Pasquale Medici, in arte Checco Zalone, pugliese di Bari, lanciato da Zelig, che sarà protagonista di uno show tutto suo su Canale 5. Due le puntate previste. E, oltre ai classici tormentoni, anche l’imitazione di Michele Misseri.

E se Fiorello piace un po’ a tutti e non fa arricciare troppo il naso perfino agli intellettuali, Checco se la gioca tutta sul sex appeal da”uomo della strada”. Cafonal o mammoriano (per dirla con lo slang etneo) fino in fondo.  Comicità in apparenza banale ma spiazzante, non troppo laccata e infiocchettata. Come dire: divertiamoci, però senza pensare troppo che, per carità, fa male. Checco è il comico preferito del mio panettiere, del salumiere che affetta la mortadella al supermercato e nel frattempo racconta divertito le sue gag ai colleghi.
Ad ogni modo, la tendenza è la stessa. Dare il pass alla vis comica per rinverdire un po’, seppur di striscio, i grigi e ripetitivi palinsesti tv.
Sale in quota la comicità pura, sparisce del tutto la satira, sempre più un lontano miraggio. Soprattutto quella di stampo politico, così urticante per i lor signori dei Palazzi. E così, per evitare fastidiose allergie bipartisan, con conseguenti shock anafilattici tradotti in oscuramenti censuranti, et voilà, meglio lasciar perdere i vari Guzzanti, Dandini, ecc.ecc. Senza contare la recente chiusura del Bagaglino di Pier Francesco Pingitore, che pure qualche capatina in tv, sempre dal salone Margherita, la faceva.



Adesso nel menu non c’è più spazio per quel piatto di primizie caratterizzato da vari tipi di frutta  degli antichi romani,  ma solo per minestre riscaldate e al massimo una pepata di cozze. Non si può più innaffiare la pianta del sano dissenso. E no, nemmeno per sogno. Al massimo una risatina innocua e, semmai, proficua.
Unica eccezione: gli Sgommati, unica voce fuori dal coro, il programma di Sky Uno con le caricature dei nostri politici di gomma. Altro segno dei tempi. Una voragine separa la politica dalla gente, tanto che ormai i politici si disumanizzano diventando pupazzi di gomma. Appunto pupazzi. Nell’eterno teatrino della politica made in Italy che, nonostante sul palcoscenico ci sia ora un governo tecnico, nel backstage ancora continua.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 27 novembre 2011

Elsa Monti: una first lady senza bollicine

La parola d’ordine è sobrietà. L ‘ eleganza sta tutta nella semplicità. Statura morale elevatissima. Segni particolari: riservatezza e minimalismo. Niente eccessi per la nuova first lady, la signora Elsa, moglie di Mario Monti, il neo Salvatore della Patria. Ma per lei nessuna dote taumaturgica. A fare i miracoli, veri o presunti, ci pensa il fedele consorte. La signora per adesso si contiene nel modesto (poi neanche tanto) ruolo di spalla. Quasi sempre pantaloni neri, scarpe comode, tacco al massimo di 5 centimetri, non di più. Come dire: acqua liscia senza bollicine. Nessuna smania da diva e vocazione umanitaria, visto che la signora è presidente della sezione femminile della Croce Rossa milanese. Ecco. Nazionalità: milanese, appunto. E non è un dettaglio da poco. La signora è stata educata alla logica del fare, al lavoro inteso in senso calvinista, alla serietà e al rigore. Sarà dura per lei abituarsi alla caciara romana. Serietà e rigor, appunto. Gli stessi principi cardine sfoderati dal cilindro del marito nel suo primo discorso alla Camera. Pure lui serio. Anzi, di più, serissimo.
Non dev’essere stato facile raccogliere l’eredità di Veronica Lario, ma soprattutto delle tante, tantissime aspiranti fidanzate-first lady che l’hanno preceduta, che ronzavano quasi moleste attorno a Silvio Berlusconi con tacchi vertiginosi e abiti succinti. Ma chissenefrega, Elsa Monti ignora il gossip, parola che non rientra nel suo forbito vocabolario. E al momento pure il bunga bunga. A lei al massimo si addice un composto brunch, senza sbavature e con la massima puntualità.


Al posto del cappotto, un più comodo e metropolitano piumino d’oca. E nessuna posa, ma semplici gesti  d’affetto composto (che più composto non si può) all’uscita da Palazzo Chigi. Direzione: chiesa.
La signora Monti, se c’è da darsi da fare, serve perfino il caffè. A incontrarla per le strade del centro di Roma, si fa ancora fatica a considerarla la moglie del nuovo Presidente del Consiglio. Pochissimi gioielli (un paio di discreti orecchini di perle e nulla più), pochissimi fronzoli. A vederla sembrerebbe una signora comune, magari una maestra in pensione che aspetta di andare a trovare i nipotini per portare loro i tanto attesi regali di Natale. Viso rugoso, poco trucco, nessuna traccia di botox. Messimpiega politically correct e sguardo severo. Perfino la signora Lella Bertinotti a confronto sembrerebbe appena uscita da uno show room. La signora Monti non accenna mai un sorriso. Proba e integra. Saggia e integerrima. In una parola: la Virtù fatta persona. Un esempio ineccepibile di compostezza. Sulla via della Santità. Un’unica pecca: scarsissima capacità comunicativa e un alone di riluttanza nei confronti dei media che la fa già apparire come antipatica. In realtà la signora è seria e timida. Ma il risultato è quello che conta. E così la coppia Monti appare alquanto abitudinaria. Tant’è che vive da sempre nello stesso appartamento in un condominio di Milano. Niente ville, insomma. Sobrietà anche nel privato. E al posto dei telegatti, solo cani, gatti e canarini, dei quali però la signora non ha ancora rivelato i nomi agli ormai depressi e sfiduciati giornalisti. Nell’attesa, già fioccano gli sbadigli…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 22 novembre 2011

E Fiorello s'illumina d'incenso

E per la seconda volta ha vinto lui, Rosario Fiorello, il Tony Manero della boutade. Campione di share (una media del 42 per cento per l’intera serata) in prime time su Raiuno col suo show “Il più grande spettacolo dopo il weekend”. Il trionfo della satira da avanspettacolo, con monologhi tutti lustrini e pailettes come la giacca di scena di Giorgio Armani che Chris Martin gli ha voluto ridare prima di andarsene, anche se Fiorello gliel'aveva regalata.
Contento in primis Lorenzo Jovanotti, che con il libero riadattamento del suo brano di successo gli ha portato davvero fortuna. Del resto i due sono legati da un destino simile. A entrambi, il primo con le sue apparizioni televisive a Fantastico e il secondo col Karaoke, la critica aveva dato il ben servito col biglietto di sola andata. E invece anni dopo tutti lì a ricredersi. E ad applaudire al talento vero.





Meno contenti i denigratori del mattatore da villaggio turistico, passato agli onori dell’intrattenimento grazie al suo successo radiofonico in coppia con Marco Baldini su Radio 2.
Forse troppo moderato sulla politica (in Rai, si sa, meglio non strabordare). Seguitissimi i momenti musicali della serata, prima con i Coldplay e poi con Micheal Bublè, che ha cantato un brano tratto dal suo nuovo album “Christmas”. Ma anche la parodia di Morgan.
A fronte di un successo, un flop annunciato. Il Grande Fratello 12, che quest’anno ha puntato tutto sulla rissa fine a se stessa, sembra aver stancato il pubblico. Tant’è, ha iniziato male, e gli ascolti continuano a calare a picco, con uno scarso 15, 71 per cento di share e una media di appena 3.793.000 spettatori. All’infedele di Gad Lerner su La 7 è toccato appena un 3, 47 per cento di share. Dato indicativo. Agli spettatori piace ancora ridere, sorridere e insieme riflettere (come nella sortita sui telefonini e sul rapporto dei giovanissimi con le nuove tecnologie). E per una sera lo spread ha ceduto il passo allo slang da puro intrattenimento.



Alessia Marcuzzi glissa sull’argomento, senza entrare in polemica con l’amico Fiore, che dalle prime ore del mattino ringrazia su twitter . Tutti, tranne quelli della Dandini, in libera uscita dalla Rai e prossima ormai all’approdo su La 7. “Grazie dei vostri bellissimi twitt!!! stanco ma contento!! I Coldplay sono fantastici. Bubble un fratello!!”. Questo il commento a caldo dello showman dopo la puntata di ieri sul social network.
E alla Dandini non resta che mandare un nuovo twitt. Stavolta però da vera sportiva, con tanto di complimenti!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)  

sabato 19 novembre 2011

Lettera aperta a Paolo Bonolis : anzichè imitare Roberto da Crema, ti prego, vattene per un po’ alle Antille!

Da Bim Bum Bam a Non è la Rai, passando per Beato tra le donne, Tira e molla e Ciao Darwin. Lo slalom televisivo frenetico di Paolo Bonolis, grillo urlante del piccolo schermo di certo ha un paio di fiori all’occhiello nella sua carriera televisiva: Chi ha incastrato Peter Pan e il Festival di Sanremo. L’uno in prime time sulla rete ammiraglia Mediaset, con una media di ascolti di 6 milioni di spettatori a puntata, pari a uno share di circa il 23 per cento. I bambini a confronto con gli adulti in una osmosi del tutto spontanea e stimolante. L’altro in casa Rai, si ricorda ancora come l’edizione più seguita e sperimentale del festival (era il 2005 e Bonolis ne curò anche la direzione artistica, per poi condurre anche l’edizione del 2009). Gli ascolti arrivarono alle stelle e a seguire la puntata finale della kermesse furono quasi 12 milioni di spettatori, con uno share del 52.79 per cento. Ottimi risultati. Tanto che Bonolis diventa un presentatore conteso tra Rai Mediaset.



Accade però che a un certo punto anche la loquela a sbalzelloni, come diceva Pirandello, si trasformi in uno  strabordare di urla, strilli e una logorrea incomprensibile, nevrotica e molesta. Ecco. E’ questo il nuovo stile di cui fa sfoggio Paolo Bonolis nel suo attuale programma, il quiz prodotto da Endemol Avanti un altro! (c’è anche l’inseparabile Luca Laurenti ma con un ruolo assai più marginale del solito), ideato dallo stesso conduttore insieme a Stefano Santucci e scritto da Sergio Rubini e Marco Salvati.
Un groviglio inestricabile di strepiti a prova di nervi. Il conduttore esercita le corde vocali riscoprendo lo stile roboante di Roberto da Crema nelle sue famigerate televendite.
E così impone allo spettatore un’iniezione letale. Il gioco è un preserale con domande a raffica, a velocità supersonica. I concorrenti hanno la possibilità di scegliere tra due alternative di risposta.



Quella giusta paradossalmente è quella sbagliata. Così oltre ad essere sottoposti a un tour de force notevole i concorrenti devono tenere anche i nervi ben saldi (si fa per dire). Bonolis poi si accanisce in un crescendo di cavernicole esternazioni. Altro che evoluzione darwiniana. In questo caso, meglio parlare di involuzione degenerante. Da homo sapiens e sapiente oratore a homo Erectus, uomo delle caverne. E così avanti per un’ora e mezza, senza mai rallentare, senza mai abbassare per un istante il livello di guardia. Anche al telespettatore non restano che due alternative: o lanciare un oggetto contundente al televisore, anlche se nuovo e appena comprato, oppure accettare in tono dimesso il rimbambimento. Delle due, l’una.
Ma l’ideale in realtà sarebbe risolvere una volta per tutte il problema e spedire Paolo Bonolis alle Antille. Almeno per un po'. Fino a quando non avrà fatto pace con le sue corde vocali. Lì avrà tempo e modo di sfogare la sua veemente loquela assordante e molesta. Così da non assestare più il colpo di grazia a un povero lavoratore che, magari dopo una giornata in ufficio, torna finalmente a casa per trovare un po’ di pace. 

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 17 novembre 2011

Time out alle showgirl. Ora è tempo di business women

In un battito di ciglia dall’istrionico Andy Warhol al serio e impegnato Carl Dreyer. Come dire: sul piccolo schermo dal Drive In a un documentario di History Channel. E ora che Silvio Berlusconi ha passato il testimone a Mario Monti, il Professore, e le paroline magiche del nuovo esecutivo sono “riconciliazione dei cittadini con le istituzioni, crescita, equità e rigore”, c’è una certa apprensione per le sorti umane e progressive delle sue ministre-amiche fidate ormai decadute, ribattezzate negli ultimi giorni dai media le “orfanelle”. Eh sì, perdere poltrona e pigmalione in un colpo solo non dev’essere stato uno scherzo da niente. E così dopo quell’infausto 12 novembre le principessine di corte sono rimaste senza Re. E al momento senza la certezza di un possibile futuro riciclaggio, anche se continueranno a far parte della squadra. Che fine ha fatto la fedelissima rossa Michela Vittoria Brambilla, fino a pochi giorni fa sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del governo Berlusconi IV con delega al Turismo? E con lei, le sue autoreggenti che occhieggiavano alle telecamere di Porta a Porta e di Ballarò, la sua smodata passione animalista e quella voce vagamente ipnotica?


Che fine ha fatto Mara Carfagna, punta di diamante dell’ultimo governo Berlusconi, simbolo della donna  evoluta e trasformista, passata in brevissimo tempo da valletta televisiva a Ministro delle Pari Opportunità, i suoi occhi sbarrati, il suo look iperclassico e castigato, il suo caschetto da novizia?

E Stefania Prestigiacomo, cocca del premier in odore di maturità, sempre sorridente e affascinante, con le sua divisa in tailleur pantalone, discreta ma perennemente lusinghiera nei confronti del capo?
E Mariastella Gelmini, che al Ministero dell' Istruzione sarà ricordata per aver smantellato i licei e aver affermato (l'affermazione si commenta da sola) che “Il superamento della velocità della luce è una vittoria epocale per la ricerca scientifica di tutto il mondo. Alla costruzione del tunnel tra il Cern e il Laboratorio del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento stimabile in 45 milioni di euro"?
E infine, Giorgia Meloni, la ragazza acqua e sapone, quella della Garbatella, talmente agile da saltare in fretta sul carro di Silvio dopo lo strappo con Fini?
Tutte tristi, tutte imbronciate, tutte profondamente dispiaciute per aver lasciato le proprie stanze e i propri privilegi. Ci fermiamo qui, alle sole ministre. Senza contare le altre donne del governo Berlusconi. E ce n'erano  davvero tante.




Ma il governo Monti è senza una donna? Macché. Il bilancio di cinque a tre non è male per le quote rosa. Finora infatti ce ne sono ben tre. E tutte “sante donne”, dal profilo ineccepibile. Vedi per esempio Paola Severino, Ministro della Giustizia, curriculum di peso, vicerettore Luiss, fortemente voluta dagli uomini di Berlusconi (se ne parlava come possibile successore di Alfano alla Giustizia), prima donna nella storia a ricoprire l'incarico di vicepresidente del Consiglio della magistratura militare. Elsa Fornero, Ministro del Lavoro, ferma e determinata, grande esperta di pensioni. E ancora Anna Maria Cancellieri agli Interni, iperesperta nel problem solving e donna dalle spiccate capacità di mediazione. Insomma, dalle "gnocche con la testa" alla "testa senza gnocca". Time out. Breve sospensione del gioco. Chissà se torneranno in campo, le ex Ministre. Al momento non è più tempo di “ballerine”, avrebbe detto Rino Formica, tra i banchi di Montecitorio, di showgirl scadute come lo yogurt. Ma solo di solide business women. Di più modesto sembiante ma di spiccato ingegno. Chapeau!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

martedì 15 novembre 2011

S come Show, g come Gaffe, c come Cabaret: ecco che cosa ci mancherà di Silvio B.

Se fosse una canzone la colonna sonora di quel film a metà strada tra una commedia all’italiana di Alberto Sordi e un cinepanettone di Christian De Sica che vede protagonista assoluto e incontrastato Silvio Berlusconi, ad accompagnare i titoli di coda alle 21:42 del 12 novembre, quando cala il sipario, si spengono i riflettori e il premier sale al Colle per rassegnare al Presidente della Repubblica le sue dimissioni, sarebbe di certo “La musica è finita” nella magistrale interpretazione di Mina. Ma siamo davvero sicuri che dopo quasi 20 anni di regno l’Arcorman abbia davvero deciso di ritirarsi a vita privata? Di sicuro i sondaggi lo danno in caduta libera, reo di aver badato troppo ai fatti suoi e ben poco a quello degli italiani. Il “contratto” sfoderato dal cilindro in un videomessaggio che nel lontano ’94 sanciva la fine di un ‘epoca segnata da Tangentopoli e la discesa in campo di un imprenditore che con un partito azienda, Forza Italia, prometteva agli italiani lo stesso impegno e quella fatica che aveva impiegato per accumulare in modo certosino il patrimonio economico-finanziario che oggi possiede, è stato tradito. Il miracolo non è avvenuto. E, tradite le promesse, il sogno berlusconiano si è scolorito lentamente, fino ad assumere i contorni inquietanti di una macchia. E proprio il macchiettismo sarà il carattere dominante che più mancherà di lui. Le sue irresistibili gaffe, lo show perenne a braccio come in un programma da avanspettacolo, l’arte sottile e ineguagliabile di comunicare con slogan e immagini a effetto, il marketing politico, gli spot continui senza interruzioni pubblicitarie, le sue barzellette da bar Italia, le simpatiche scivolate che rendevano Silvio Berlusconi più unico che raro. Non un premier, ma un uomo di spettacolo, un cabarettista nato, un animale da palcoscenico, uno showman consumato.




Dai duetti con Apicella al Bunga bunga festaiolo e innocuo ("che male c'è se uno la sera si svaga un po' il cervello"), dalle veline in Parlamento all’ “Obama bello, giovane e abbronzato”, fino ad arrivare al giallo sulle fidanzate dell’ultima ora, ai suoi regali galanti, a “Pier Silvio, buon partito”. Ma lo show di Silvio accompagnato in ogni istante dal suo inconfondibile sorriso cavallino risale a un bel po’ di tempo fa. E visto che ormai il palcoscenico politico si è spostato a Bruxelles, vale la pena ricordare che in Europa l’ ex premier ha sprigionato negli ultimi tempi tutto il suo estro. Come quando viene beccato a fare le corna dietro la testa del ministro degli Esteri spagnolo Josep Pique. Oppure quando, nel lontano luglio 2003, di rimbalzo a un attacco del parlamentare socialista tedesco Martin Schulz nel corso della presentazione della presidenza italiana dell’Ue di fronte al Parlamento europeo, se ne esce a sangue freddo con questa osservazione: “Signor Schulz, so che in Italia c'è un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti. La proporrò nel ruolo di kapò. Sarebbe perfetto”. Indescrivibile il caos che, in un fibrillante crescendo rossiniano, si sviluppò nei giorni successivi sui media di tutto il mondo.



Un uomo di spettacolo, appunto. Che affila le armi usando l’argomento populista al momento giusto. Il più  gettonato, tirato fuori a quasi ogni occasione e recitato come un mantra è stato senz’altro quelli del machismo unito a un certo maschilismo di brancatiana memoria, che raggiunge il suo acme quando Berlusconi dichiara di aver usato il suo charme maschile per persuadere il presidente finlandese, Tarja Halonen, a lasciar cadere la richiesta del Paese di ospitare la nuova Authority europea sulla sicurezza alimentare. E’ il giugno 2005 e il premier fa sfoggio delle sue capacità di playboy consumato. La battutaccia a Rosy Bindi doveva ancora arrivare.
Niente a confronto con la dichiarazione choc di agosto, lanciata come un boomerang per esorcizzare una preoccupante battuta d’arresto del Pil nazionale. “Neanche l'economia va così male. Dalla mia villa ho una vista panoramica che si distingue anche quest'anno per i numerosi yacht... Nessuno può vantare più cellulari, più automobili, più televisioni degli italiani. Sapete quante delle nostre donne possono permettersi dei trattamenti di bellezza?" dice convinto Berlusconi in un'intervista al quotidiano "La Stampa".
E che dire invece di quella volta che il presidente del consiglio, nel gennaio 2006, promette di astenersi dal sesso fino alle elezioni generali di aprile? "Grazie Padre Massimiliano" disse ad un predicatore televisivo che lo aveva elogiato per la difesa dei valori della famiglia . "Cercherò di non deluderla e le prometto due mesi e mezzo di completa astinenza sessuale fino al 9 aprile". O ancora quando suggerisce a una ragazza precaria di puntare sul figlio Pier Silvio, lui sì un buon partito. Self-made man senza preamboli, molto naif. Scorza dura e cuore galante. D’ ora in poi tutti più seri a palazzo Chigi. E, ahimè, pure seriosi.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 12 novembre 2011

I ragazzi di Amici: star ad interim

Undicesima edizione. Numero significativo per la Cabala. Un po’ meno per il talent show dell’ex signora Costanzo, oggi Maria De Filippi e basta (quando si dice: la moglie supera il marito…). Stessa squadra, stessa formula. Ecco “Amici”, con le sue prove di canto e di ballo, il suo complicatissimo iter selettivo davanti alle terribili Celentano e Maionchi, la sua disciplina infarcita di rigore e impegno, quel calderone di emozioni snocciolate ad ogni esibizione, tutti ingredienti che fanno del talent di Canale 5 uno dei programmi più seguiti della rete ammiraglia Mediaset con una media di 4 milioni di telespettatori e un 22 per cento di share a puntata. Senza contare poi i serali, che arrivano anche a 8 milioni con uno share di quasi il 30 per cento.
Però, col senno di poi, uno si chiede: ma che fine fanno alla lunga i ragazzi di Amici? Durano davvero nel tempo? Entrano davvero a pieno titolo nella letteratura musicale italiana? Sono davvero dotati di elevate capacità interpretative, di originalità, di Arte nel senso più alto del termine?



La risposta non è così scontata. E se per i ballerini è più facile, visto che comunque restano nel giro e spesso entrano nel corpo di ballo del programma come professionisti, per il canto è molto più difficile restare a galla e non affondare. Partiamo da Alessandra Amoroso, la più quotata nella lista delle possibili nuove star del pop made in Italy, ora in lizza per Sanremo. I Pooh hanno detto di lei che canta all’ antica, lei ha detto di se stessa: "voglio diventare la nuova Mina"). Dopo la vittoria nel 2009, tre album multiplatino, tutti sopra le 200.000 copie vendute. E un tour europeo che per una 25enne non è poco. Ma dopo l’acme, il punto più alto, una brusca battuta d’arresto, come testimonia la tiepida accoglienza del nuovo brano “E’ vero che vuoi restare”, scritto dai già collaudati Federica Camba e Daniele Coro e arrangiato da Celsio Valli, accompagnato da un video decisamente poco originale girato a Tenerife, che avrebbe dovuto lanciare alla grande l’album natalizio “Cinque passi in più”. Per nulla galeotto il titolo, che per la verità finora ha fatto fare al sentimentalismo canoro smielato e scapigliato di Alessandra qualche passo indietro, visto che il brano non si sente nelle radio, scivolando all’ottantesimo posto della classifica col vecchio “Il mondo in un secondo”. E se resta buona la tenuta di Emma, che si attesta all’undicesima posizione col suo terzo album “Sarò libera” (strano, in realtà sta per sposarsi col ballerino di Amici Stefano), prima in assoluto tra gli artisti dei talent, sono caduti nel dimenticatoio sia Marco Carta che Valerio Scanu, l’uno vincitore del talent nel 2008 e l’altro del festival di Sanremo 2010 col suo brano pan naturalistico “Per tutte le volte che”.


In quello spazio grigio e anonimo che è il Limbo ecco ritrovare la rossa Annalisa, una mancata Fiorella  Mannoia superata di gran lunga dalla collega di X Factor Noemi ( a proposito, nelle vendite è crollato anche Marco Mengoni) il rassicurante Virginio, vincitore dell’anno scorso ma sempre più latitante in tv e nelle classifiche. Adesso spadroneggiano i Coldplay, David Guetta, Adele, Tiziano Ferro, Rihanna. 
In una frase, il fenomeno si potrebbe riassumere così: la quiete dopo la tempesta. Che tradotto in altri termini vuol dire: dopo l’exploit del televoto, l’onnipresenza televisiva, la pubblicità, i gadget, i fan spingono i loro idoli fino alle altissime vette. Ma poi, spenti i riflettori del talent, si cambia edizione e cambiano a velocità supersonica gli attori, anche se la trama della commedia resta la stessa.
E più tempo passa, più i fan o si stancano, o dimenticano o sostituiscono i ragazzi coi nuovi arrivi.
In questa disperata corsa, probabilmente nessuno è destinato a salvarsi, a passare alla storia, a durare nel tempo. Così, dopo qualche giro di giostra, la lenta e inesorabile decadenza. Ma è la dura legge dello show-biz. Dalle stelle alle stalle. Se non proprio, ma quasi. Un po’ come il meccanismo del Grande Fratello. Ma the show must go on. E Maria De Filippi,non curante del recente passato, già addestra i suoi nuovi inquilini della sua scuderia televisiva, mentre Marco Carta guarda la nuova edizione del suo talent preferito da casa. Magari tra una birra, un sacchetto di pop corn e l’sms di qualche amico che gli scrive “Ehy, ti ricordi?” .

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 6 novembre 2011

Batman Santoro fa segnare un clamoroso autogol a mamma Rai: nuovo Robespierre o un altro Masaniello?

La rivoluzione di Robespierre o la rivolta di Masaniello? Ancora presto per dirlo. In ogni caso, Santoro la sua ribellione contro il degrado della tv generalista in mano ai partiti la porta avanti da fin troppo tempo. Talmente tanto da non poterne quasi più. E adesso affila le armi e riappare, senza la minima intenzione di rabbonirsi come folgorato sulla via di Damasco di un possibile compromesso. Per carità, Cerbero-Santoro non ha certo la faccia di uno che a compromessi scende facilmente. Lui è duro e puro.
Ecco perché sbattuto fuori dalla Rai si era rifugiato nell’androne di La 7 ma, alla prima riga di un contratto in odore di compromessi al ribasso, ha girato i tacchi e se n’è andato. Dove? Chissà… Per un po’ di tempo l’affaire Santoro era caduto nel dimenticatoio. I palinsesti senza di lui piangevano, gli ascolti pure, lo share calava e del Michele-Batman-Santoro, un po’ paonazzo dall’ira e dall’indignazione, con gli occhi sbarrati, la voce grossa e fior di filippiche adirate non restava che qualche immaginetta benedetta da tenere nel portafoglio.
Cerbero-Santoro insomma non appariva più sul piccolo schermo a rappresentare la voce del dissenso. Niente più liti con La Russa, niente più parolacce ai leghisti, niente più messaggi chiari a Berlusconi. Insomma, niente di niente. Poi, improvvisamente, si riapre il caso Santoro. E di nuovo tutti a parlare di lui. Dov’è finito? Da quale canale trasmetterà “Servizio pubblico”, il suo nuovo programmino?
Il Fatto quotidiano e l’amico Travaglio (e Padellaro, pure) lo aiutano, chiedendo un contributo ai propri lettori. Si parla di canali sparsi sul web. Si parla di comizi d’amore. Strascichi di romanticismo scapigliato alla Henri Murger. Ma Cerbero-Santoro resiste, non si arrende. Continua a combattere con la sua corazza pesante. Pesantissima. Fino a quando ottiene giustizia.

Ed eccolo finalmente assestare con orgoglio un colpo basso alla dirigenza Rai, con un debutto su internet salutato da 3 milioni di spettatori e da un 12 per cento di share. Tant’è che Mauro Masi, ex direttore generale Rai, non può fare a meno di congratularsi per un esperimento coraggioso come questo. E già, coraggio. Perché nulla spaventa Michele-Batman-Santoro. Il suo affaire è sempre un caso nazionale, diplomatico e politico insieme. Che scuote le coscienze. Riempie le pagine dei giornali. Anima i dibattiti televisivi.
E così, la prima battaglia di una lunga ed estenuante Guerra Santa combattuta in nome della libertà d’informazione per ora è stata vinta. Il suo nome e la sua figura passeranno alla storia. E quando un giorno gli animi si saranno placati, Silvio Berlusconi sarà soltanto un lontano ricordo,  di Cerbero-Santoro, libero di tornare in Rai, e del suo caso televisivo (che noia, che barba) finalmente non si sentirà più parlare. Alè!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 24 ottobre 2011

Al via il Grande Fratello 12: un reality multicasting

Tre, due, uno, via. Riparte la più trasandata commedia all’italiana del piccolo schermo. Il Grande fratello. Qualcosa di più di un semplice reality. Un quadretto grottesco sceneggiato nei minimi dettagli. Nei 2000 metri quadrati della casa più spiata d’Italia, in diretta 24 ore su 24 su Mediaset Premium e ogni lunedì sera in prima serata su Canale 5, si consumeranno ancora congiure e tradimenti, litigi e complotti, con un linguaggio non proprio da Accademia della Crusca (si spera che non venga pronunciato il nome di Dio invano, pena un taglio di 50 mila euro sul montepremi ad ogni bestemmia) e idealità non troppo nobili. Il tripudio horror-tribale dei più bassi istinti troverà ancora una volta sfogo in pianti accorati e risate fragorose, amplessi malcelati, pose non troppo chic e abitudini da homo di Neanderthal. Il confessionale sarà ancora il siparietto di una serie di maschere che recitano apposta per l’ occasione. E l’Italia impicciona s’appassiona e s’infiamma. Endemol incassa. Mediaset è soddisfatta. E già si attende una prassi più chiara e trasparente per il televoto, nelle ultime edizioni nel mirino di reclami e chiacchiere per presunte irregolarità. Alessia Marcuzzi, conduttrice alla portata di tutti, strizza l’occhio da gran ruffiana allo stile low cost di H&M, il marchio che la vestirà nella prima puntata.

La prima inquilina annunciata è Claudia Letizia, 32enne napoletana con la passione per il Burlesque. Claudia  Letizia ha già partecipato ad un reality sul Burlesque in onda su Sky ed è conosciuta per lo più nelle televisioni locali dove spesso si cimenta a vestire i panni dell’inviata come tifosa del Napoli.
Primo concorrente ufficiale è Mario Erminto, un modello ventenne di Brindisi ma milanese d’adozione. Poi c’è Kirian, un misterioso principe indiano, che, secondo quanto rivelato da Alessia Marcuzzi, sarebbe in cerca di moglie. Presente anche un personaggio dal cognome illustre: Leone Guicciardini, nipote del celebre storico e poeta del XIV secolo Francesco Guicciardini. Ilenia Pascarelli, 25 anni, romana vorace dalla bellezza mediterranea.

Il reality dovrebbe andare in onda per 27 puntate. Nel cast c’è di tutto. Dai sudisti convinti ai nordisti per  convinzione e nascita. Dai nobili ai plebei. Certo è che si potrebbe evitare di creare l’illusione che tutti possano partecipare. E pure la fatica di migliaia di casting in tutta Italia. Visto che alla fine i nomi che spuntano sono sempre quelli di chi gravita in un modo o in un altro nel mondo dello spettacolo.
Quest’anno è il caso di Claudia Letizia, già nota al pubblico televisivo campano e a quello satellitare con il reality Lady Burlseque in onda su Sky. Oppure di Luca Di Tolla, modello che ha già una ricca pagina con tanto di book e scheda nel sito dell’agenzia che ne cura l’immagine e ha già lavorato per Endemol al format in onda su RaiUno, I Soliti Ignoti. Anche Mario Ermito è tra i concorrenti con un ricco curriculum nel mondo dello showbiz: vince il titolo di modello più bello d’Italia nel 2009, partecipa anche lui a I Soliti Ignoti, a Ciao Darwin 6 e sfila per numerose case d’abbigliamento.

Ecco. L’ennesimo teatrino ipocrita di chi vuol far credere che in certi ambienti c’è posto per tutti, con migliaia di inutili casting sparsi per l’Italia e videocasting attraverso il sito del programma. Sì, certo. Un posto si trova sempre. Magari dopo essere passati da un’agenzia coi numeri giusti. A proposito: il montepremi in palio per il vincitore sarà di 250 mila euro. Quanto meno se si è troppo sfigati per diventare una star tutta lustrini a paillettes, si avrà la consolazione di non rimanere morti di fama. Ops, di fame.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 15 ottobre 2011

Il Festival internazionale del Film di Roma sfida la Lega col Risorgimento sul set

Roma che scimmiotta Cannes o, peggio ancora, Venezia. Galan che fa "marameo" ad Alemanno ("di due rassegne non c'è bisogno). E Alemanno che risponde con una smorfia di disappunto a eventuali cancellazioni. Pillole di cinema in un red carpet scolorito. Non più rosso porpora ma rosa antico. Il Festival internazionale del Film di Roma è al suo sesto fiacco compleanno e veste abiti sgualciti. Come dire se Cannes e Venezia vestono in smoking, la kermesse romana veste decisamente casual. Sarà perché nel salvadanaio destinato ai finanziamenti ci sono appena 200.000 euro, somma alquanto esigua al paragone coi nove milioni di euro destinati a fare del Lido per una settimana intera una passerella ambita anche per le star di Hollywood. Sarà per questo che il Festival del Film di Roma, nato sotto il segno di Goffredo Bettini e la benedizione di Walter Veltroni, prodotto dalla fondazione Cinema per Roma, negli ultimi due anni ha visto ridimensionare di gran lunga le sue aspettative diventando un puntino appena visibile nell’universo cinematografico. Certo, ha attraversato indenne il cambio di bandiera al Campidoglio, quando tutti pensavano che il nuovo sindaco Gianni Alemanno avesse dato alla manifestazione il ciak finale senza happy end né possibilità di repliche. Ma su questo gli artisti di casa nostra si sono dovuti ricredere perché il festival esiste ancora. Anche se da un paio d’anni è passato decisamente in sordina. Eppure va avanti, anche se con affanno e senza particolari clamori. Quest’anno saranno 133 le pellicole provenienti da 27 Paesi a sfilare su quel tappeto scolorito dal 27 ottobre al 4 novembre, all’Auditorium Parco della musica.


Ad aprire i battenti sarà “The lady”, il nuovo film del produttore e regista francese Luc Besson sull’attivista  birmana Aung San Suu Kyi, tornata libera dopo vent’anni. Chiuderà invece la versione restaurata di “A colazione da Tiffany”.
In programma: Noomi Rapace dalla saga scandinava di Larsson a Babycall di Pal Sletaune; Kristin Scott Thomas in La Femme du cinquième di Pawel Pawlikowski; Charlotte Rampling in The Eye of the Storm di Fred Schepisi; Zhang Ziyi in Love for Life di Gu Changwei; Isabelle Huppert in Mon Pire Cauchemar di Anne Fontaine; Micaela Ramazzotti per Avati; Valeria Golino per Cotroneo; Claudia Gerini per la Spada.
Scontato l’omaggio per i 150 anni dell’Unità d’Italia con un viaggio nell’identità italiana dal sonoro al muto, con la prima della pellicola muta “Rotaie” di Mario Camerini in versione restaurata.
La madrina del festival sarà Luisa Ranieri e il Marc’Aurelio all’attore andrà a Richard Gere. C’è attesa per My week with Marilyn di Simon Curtis (sezione ufficiale “Fuori concorso”) e Butter di Jim Field Smith (sezione ufficiale Alice nella città). Douglas Gordon (Glasgow, 1966), vincitore del Turner Prize nel 1996, uno dei più importanti artisti internazionali, sarà al Festival Internazionale del Film di Roma con una nuova versione della sua installazione video più celebre “24 Hour Psycho” (1993). Accanto a questa installazione, Douglas Gordon esporrà una serie di fotografie che ritraggono celebri attori del cinema italiano.
E proprio perché la politica ormai è come il prezzemolo e si ficca dappertutto, in continuità con l’ impegno a sostenere il cinema emergente italiano, il Dipartimento della Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri con Fondazione Cinema per Roma inaugurano, in questa VI edizione, la “Vetrina dei giovani cineasti italiani. Sarà il pubblico a decretare il vincitore.
Un occhio di riguardo che sa tanto di contentino sarà quello per i corti cinematografici in un concorso rivolto agli studenti. Le mostre saranno dedicate a Monica Vitti, a Pier Paolo Pasolini, al Risorgimento sul set. Per quest’ultima, chissà se i leghisti apprezzeranno…


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)


venerdì 7 ottobre 2011

Rai-Mediaset: la stagione televisiva del "copia-incolla"

Piove sul bagnato. Nella nuova stagione televisiva da poco iniziata, nulla di nuovo sotto il cielo dei palinsesti. E come se non bastasse, sembrerebbe l’anno del copia- incolla tra Rai e Mediaset, per la verità già cominciato qualche tempo fa. Ad aprire le danze di questa simpatica querelle all’ultimo clone fu “Io Canto”, programma di Gerry Scotti apparso in prima serata su Canale 5, la fotocopia esatta di “Ti lascio una canzone”, gara canora per bambini condotta con successo su Raiuno da Antonella Clerici. Un ping pong di accuse tra Rai e Mediaset, che alla fine scivolano nel terreno sdrucciolevole dell’ambiguo. E si finisce a tarallucci e vino. Quindi i due programmi vanno in onda entrambi. Al massimo, resta l’amaro strascico di qualche lamentela della Clerici disseminata sui giornali. Poi è la volta del quizzone preserale, dove a  contendersi gli spettatori prima erano Amadeus e Gerry Scotti, adesso sono Paolo Bonolis e Carlo Conti. Ma c’è anche la copia di Forum, storico programma di Rita Dalla Chiesa, volto di Rete 4 prestato a Canale 5. E il tribunale televisivo entra nelle case degli italiani anche su Raiuno con Veronica Maya, che con nonchalance lascia scivolare le polemiche nel suo impermeabile fradicio di opportunismo. “Mattino Cinque” con Federica Panicucci e Paolo De Debbio scimmiotta a suo modo Uno Mattina, storico contenitore mattutino di Raiuno. Un egregio “copia-incolla” all’inverso.

Il salotto pomeridiano di Silvia Toffanin viene preso a modello da Lorella Landi con le sue “Amiche del sabato”. Quest’anno è toccata a Milly Carlucci dover fronteggiare l’imitazione del suo “Ballando con le stelle” col controverso “Baila” di Barbara D’Urso, sfoderato dal cilindro del Biscione all’improvviso. Questi i casi più eclatanti, ma di programmi-clone ce ne sono anche altri. Ogni suggerimento è bene accetto. Per esempio, resterebbe da copiare il re dei reality, il Grande Fratello, magari con qualche altro parente dell'albero genealogico (chessò, un'edizione della grande suocera, per esempio). In prime time sul primo canale Rai spunta "Me lo dicono tutti", programma di sit-com combinate nemmeno troppo liberamente ispirate al Grande bluff di Luca Barbareschi, programma di Canale 5  del lontano 1996.   
Questo il panorama, escludendo volutamente gli altri canali del digitale terrestre. Compresi quelli Rai E Mediaset.   
In tutta onestà, solo Antonio Ricci non è mai riuscito a farsi imitare. Perché il tg satirico “Striscia la notizia” finora resta davvero unico e inimitabile. Il resto si può pure scimmiottare. Sempre se i telespettatori non si annoiano… 

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

giovedì 29 settembre 2011

Sanremo 2012: con Ambra il Morandi bis. E la riconferma del trionfo assoluto della sana Italia di provincia

Nessun cambio d’abito. Al massimo, di cravatta. Sotto il cielo stellato dell’Ariston non ci sarà nessun homo novus, semmai l' eterno ragazzotto di provincia assunto al ruolo di uomo della Provvidenza, colui che col suo bon ton casereccio e una semplicità disarmante ha portato l’ultimo festival di Sanremo ad una media di ascolti di 12 milioni di telespettatori a puntata e uno share del 50 per cento. Insomma, sarà ancora lui, Gianni Morandi, a condurre la kermesse canora più chiacchierata dell’anno. Un evento mediatico tanto criticato quanto atteso. Chi accompagnerà Morandi? Ambra Angiolini, ex primadonna di “Non è la Rai”, che non è nuova a questa esperienza, visto che nell’edizione del 1996, dopo il flop televisivo di Generazione X su Italia 1, condusse con un filo di impertinenza e una gran voglia di polemiche fini a se stesse il Dopofestival insieme a Pippo Baudo. E l’accoppiata non fu proprio delle migliori. Stavolta però Ambra sarà co-conduttrice, nel senso che presenterà il festival insieme a Morandi. E l’accoppiata, consacrata dalla benedizione di Gianmarco Mazzi, ancora il direttore artistico. La conferma di Ambra arriva dopo il gran rifiuto di Federica Pellegrini, in lizza per Sanremo da settimane, ma che rinuncia per impegni sportivi di gran lunga più importanti, come le Olimpiadi di Londra, che inizieranno il 27 luglio. Parola d’ordine e leitmotiv vero del festival targato Morandi sarà ancora il gioco di squadra, suggellato dal “restiamo uniti” dell’anno scorso, recitato come un mantra ad ogni passo, tra una presentazione e l’altra delle canzoni in gara, e la musica al centro della scena. E che nessuno gliela rubi. “Perché Sanremo è innanzitutto il festival della canzone”, dice Morandi col suo inconfondibile sorriso a 365 denti, due mani giganti e spirito fanciullesco.

Riflettori puntati come sempre sugli ospiti (si parla già di un possibile andirivieni) e sui cantanti in  gara.  Mazzi avrebbe già scomodato Giorgia. E poi sognerebbe Mina, Celentano, ma anche Vasco e Ligabue (si spera in serate diverse e lontane, per evitare scazzotta menti vari). Arisa lancia messaggi nemmeno troppo velati (“se mi vogliono, sono qui”) e i figliocci artistici di Maria De Filippi, da Emma Marrone ad Alessandra Amoroso passando per Annalisa Scarrone, ai quali si vanno ad aggiungere quelli di X Factor (da Noemi a Marco Mengoni a Giusy Ferreri) su eventuali partecipazioni al festival lasciano ancora col fiato sospeso.
La macchina mediatica si è già messa in moto, contornata di fiori sanremesi dall’inconfondibile profumo. Quella delle polemiche sta già scaldando il motore. Del resto in Italia esistono poche certezze. Tra queste ci sono gli spaghetti, c’è il mandolino, la mafia, i luoghi comuni e pure il festival di Sanremo, lo specchio di un Paese afflitto, piegato, stanco, lento, impantanato ma pur sempre tradizionalista e un filino, giusto un filino, puritano. Ecco. Sanremo dovrà garantire questo: lo spasso provincialotto e scanzonato, apparentemente bipartisan ma poi in realtà assolutamente filogovernativo e politicamente corretto. Che sennò la commissione di vigilanza Rai tuona come fa Giove quando si arrabbia. Poi ci sarà tempo di dire, magari al bar, “Sanremo? E chi lo guarda!”, quando in realtà si scopre che almeno per una mezz' ora buona anche i più schizzinosi se lo sono visto. Quindi in bocca al lupo a Morandi, confidando in un cast che faccia da ponte tra passato e presente, con particolare attenzione ai nuovi talenti ma anche ai talenti storici, agli evergreen di lusso e alla musica d’autore (in linea con la vittoria dell'anno scorso di Roberto Vecchioni) come che deve assolutamente uscire dalla sua nicchia,  arrivare al grande pubblico ed essere a tutti gli effetti parte integrante di un evento popolare.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)