La notizia la ha annunciata al Tg3. Anche se una profonda insoddisfazione politica nei confronti di Rifondazione comunista, Nichi Vendola se la porta dentro da qualche tempo. Ma ora la corda per troppo tempo tirata si è rotta. E il governatore della Puglia lascia il suo partito. O meglio quel che resta di un partito che già qualche giorno fa il dimissionato direttore di “Liberazione” Piero Sansonetti ha definito ormai morto. Lontani i tempi in cui Rifondazione proponeva un percorso politico di una sinistra d’ispirazione europea, movimentista e pacifista. Una sinistra forte, con un progetto serio, pronta a guardare al futuro e che invece oggi è finita per ripiegarsi su se stessa e restare imprigionata nei suoi limiti. Un regresso in piena regola, testimoniato anche dal crollo del consenso, dalla perdita di fiducia della classe operaia, l’elettorato per antonomasia di Rifondazione, che non si sente più rappresentato.
Non a caso, la spia rossa di questa crisi è stata la storica scomparsa di Rifondazione dal Parlamento. Fuori dai giochi, con un potere di contrattazione ormai quasi nullo. Poi Fausto Bertinotti che, dinanzi alla sconfitta epocale, fa autocritica e si dimette. Gli succede Paolo Ferrero.
Per la successione, più volte si era fatto il nome di Nichi Vendola, senza però mai arrivare alla concretezza del ruolo che gli sarebbe spettato quasi di diritto. Perché Vendola fa politica sul serio e la fa in mezzo alla gente. Si batte da sempre contro le mafie e per il riconoscimento dei diritti civili di tutti, omosessuali compresi, è un uomo che scalda la piazza e ascolta le richieste della gente comune, lavora sodo e possiede il carisma necessario a risollevare le sorti di un partito asmatico e claudicante.
E invece no. Non è accaduto. E Vendola, autore della mozione sconfitta all’ultimo congresso, vittima inconsapevole del perverso meccanismo delle correnti interne al partito, viene ripetutamente messo in minoranza e relegato in un angolo con possibilità d’azione molto limitate. Un ruolo, questo, che proprio non gli si addice. E lui, perfettamente consapevole, alla fine ha preso l’unica decisione che c’era da prendere. Se ne va perché «vivere da separati in casa mi pare un non senso», dice.
Sabato Vendola riunirà a Chianciano i sostenitori della sua mozione al congresso e darà l’annuncio ufficiale. «Credo che chiuderemo una stagione politica, faremo i conti con questa crisi travolgente della sinistra che c'è in Italia. Con tante compagne e compagni di Rifondazione c'è oggi un corto circuito, non solo della politica, ma pure del linguaggio. Parlo di fronte a compagni e compagni che hanno investito sulla mia persona, ma non chiedo un reclutamento: ognuno deve fare i conti con la propria coscienza».
Un epilogo triste, che lascia un certo amaro in bocca. Ed è un vero peccato. Perché è un evidente segno di miopia. Vendola infatti avrebbe aiutato Rifondazione a riprendere un nuovo cammino, a risorgere dalle macerie, a essere più credibile nei confronti degli elettori e a riconquistare il consenso.
E invece no. Non è successo. Perché accade quasi sempre che chi ha davvero qualità nel nostro Paese resta quasi sempre ai margini, chi ha carisma viene visto con un certo sospetto. Molto meglio se sei un mediocre. Non dai nell’occhio e non dai fastidio, non spaventi perché sei più facilmente manovrabile. Ecco, allora sì che ti viene concesso lo spazio necessario per avanzare.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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2 commenti:
Bel post davvero, complimenti.
Sono stati sugli stessi toni, forse un po' meno accalorato, ma pure sempre dello stesso avviso:
http://riciardengo.blogspot.com/2009/01/nichi-vendola-lascia-rifondazione.html
Sono convinto che sia l'uomo giusto al momento giusto, che sappia riscattare la gente, far capire nuovamente che una sinistra ci può e ci deve essere. Una forte parte del compito spetta a noi, alla base, alla massa.
Grazie Riccardo, sono contenta che il pezzo ti sia piaciuto. Su Stella mattutina sei il benvenuto. Scrivi quando vuoi e teniamoci in contatto. E.
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