
La prova generale è filata liscia come l’olio. O quasi. Per qualche rilevatore d’impronta o forse un paio di pulsanti che non hanno funzionato. Qualche minuto dopo mezzogiorno, Gianfranco Fini, paladino della battaglia contro i pianisti, suona la campanella e apre questa speciale seduta con gli "onorevoli colleghi giornalisti" incollati agli scranni dei deputati. Il presidente della Camera spiega passo passo come funziona il meccanismo, che è "estremamente semplice". E poi, il numero dei parlamentari che ancora non ha dato le proprie "minuzie" delle rispettive impronte è "talmente esiguo" che su questa vicenda "non si creerà alcun caso politico".
Le impronte le hanno già date in cinquecento su 630, Fini compreso, anche se il presidente per consuetudine non vota. Al netto di due deputati esentati "per cause fisiche", gli “obiettori” sono 19. Tra loro, il leghista Matteo Brigandì e il segretario del Pri Francesco Nucara sono i più agguerriti. "Ho parlato con i capigruppo - avverte Fini - e mi hanno assicurato che nessuno di loro intende dire 'no' al nuovo sistema. Sono convinto che martedì prossimo, quando ci saranno le prime votazioni con questo nuovo sistema, non saremo in presenza di un numero di parlamentari" dissidenti tale da "costituire un caso politico".
Per sperimentare la nuova tecnica, i cronisti parlamentari votano una finta proposta di legge costituzionale presentata dagli 'aulisti' dell'Ansa e dell'Apcom, per la riduzione a 300 del numero dei deputati. La “legge” passa a larghissima maggioranza. E Fini sorride: "la Camera vi è grata...". Si guadagnerà il tempo che di solito si perde a denunciare i 'pianisti' dello schieramento opposto.
I deputati hanno il dovere di votare solo per se stessi. Non esiste delega sul voto: è un fatto di «moralitè publiqué». E, in tempi di questione morale, non è poco.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it), pubblicato su www.politicamagazine.info
1 commento:
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