«Cosa bella e mortal passa e non dura». In un verso del sonetto 190 del Canzoniere di Petrarca è racchiusa l’essenza del caso Antonelli. Di quella meravigliosa creatura drammaticamente ingrassata, sciupata, invecchiata. Forse perché alla fine la bellezza di un corpo che il cinema degli anni ’70 consegnava senza troppi tabù all’immaginario erotico di milioni di italiani è meno duratura del bronzo. In quegli anni Laura Antonelli è stata baciata dalla fortuna. Era bella, affascinante, e non solo. Seduceva e intrigava con un’innata “malizia” (titolo del celebre film di Samperi del ’73). Lo sapeva fare con naturalezza e disinvoltura, ce l'aveva nel dna. E proprio per questo si ritrovò ad avere molto successo.
Oggi Laura Antonelli è una donna diversa, sofferente, profondamente segnata da una lunga vicenda giudiziaria in cui è stata coinvolta. E in alcune nuove foto pubblicate da un settimanale riappare come forse non la si era mai vista. In soprappeso, l’incedere goffo e lento, le movenze elefantine, lo sguardo spento e perso nel vuoto.
A far precipitare l’attrice nel baratro della disperazione sono stati l'arresto del 1991 e il malriuscito intervento estetico durante la lavorazione del film Malizia 2000, poi rivelatosi un insuccesso commerciale. Le iniezioni di collagene per cancellare i segni dell'età scatenarono una reazione allergica che gonfiò e deformò il viso dell’attrice, già segnata dall'accusa di spaccio, dalla quale è stata prosciolta nel 2000. Allontanata dall'ambiente artistico, devastata nella psiche (con frequenti ricoveri al centro di igiene mentale di Civitavecchia), Laura Antonelli ha chiesto allo Stato italiano un risarcimento per i danni materiali e morali subiti. Di fronte ai diecimila euro accordati i suoi legali hanno fatto ricorso alla Corte Suprema dei Diritti dell'uomo di Strasburgo, fino a ottenere un risarcimento definitivo di 108 mila euro più interessi, confermato nel 2007 dalla Corte di Cassazione italiana.
Sembra la legge del contrappasso dantesca: tanto desiderata prima ,quanto sola e fragile dopo. Perché un dopo c’è sempre. Certo, che fosse così cupo non se l’aspettava nessuno.
Ad ogni modo, la triste vicenda solleva un pesante interrogativo: ci si può fidare troppo della bellezza esteriore? Si può puntare tutto sull’aspetto fisico? O piuttosto conviene investire in qualcos’altro che sia più duraturo del bronzo, come per esempio gli affetti veri e autentici, il proprio equilibrio personale, la gioia delle piccole cose?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it).
La foto è stata pubblicata dal settimanale Vero
martedì 31 marzo 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento