giovedì 20 gennaio 2011

Cara tv, Francesco Nuti faccelo ricordare così


Avremmo tanto preferito ricordarcelo così, schivo e introverso ma anche gran giocherellone, perennemente attorcigliato nei suoi pensieri, sempre immerso in storie d’ amore complicate, decisamente problematico. Sempre lì a sfidare il destino, a vivere fino in fondo le proprie passioni, come quella del biliardo in “Io, Chiara e lo scuro” (1983), accanto a un'insuperabile Giuliana De Sio, film che gli è valso il Nastro d'argento come miglior attore protagonista. E invece nella prima e per fortuna ultima puntata di “Stasera che sera”, lo show serale di Barbara D’Urso, Francesco Nuti è apparso come il pubblico a lui affezionato non avrebbe mai voluto vederlo. Il dolore stampato in faccia era davvero insostenibile, come lo era il cinismo di quella telecamera che stringeva continuamente il suo pianto in una sfacciata inquadratura. In quegli istanti la tv ha raggiunto davvero il suo massimo livello di disgusto.

Ben venga la decisione di Mediaset di chiudere il programma, che ha fornito un esempio tra i più riusciti di tv trash. Come si può spettacolarizzare a tutti i costi il dolore vero, il dramma umano personalissimo? In una società che esorcizza a tutti i costi con mille esercizi di benessere la sofferenza perché non vuole guardarla negli occhi, ad un tratto, solo ed esclusivamente per ragioni di audience, la D’Urso si presta a questo terribile e drammatico show.
Noi Francesco Nuti ce lo ricordiamo irrimediabilmente affascinante con la sua voce roca, i suoi interminabili monologhi interiori, i suoi bicchieri di whisky, le sue canottiere un po' impacciate, i suoi riccioli scomposti e quell'espressione trasognata in “Tutta colpa del Paradiso”(1985), cantore sarcastico di fragilità e stranezze in “Stregati” (1986), "Caruso Pascoski di padre polacco" (1988) con un'avvenente Clarissa Burt nei panni dell’altalenante Giulia, il fatalismo esasperato di "Willy Signori e vengo da lontano" (1990), o il maschio complessato di “Donne con le gonne” (1991, con Carol Bouquet). Con questi film Francesco Nuti ha vissuto la sua stagione di maggior successo, nella seconda metà degli anni Ottanta. Ed è così che vogliamo ricordarcelo. Con tutte le emozioni che ha voluto trasmetterci. Poi, a un certo punto il dramma. Si spengono i riflettori, le fragilità messe in piazza nei film hanno il sopravvento nella vita vera e partono i titoli di coda di una pellicola giunta quasi alle ultime battute. E così fanno capolino la depressione e l'alcol. Da quel momento in poi inizia un’altra vita, un’altra storia che non ci riguarda. Tutto il resto, il dopo, l’umana tragedia, appartengono solo a lui, anima indifesa e abbandonata a se stessa. Il rispetto impone degli argini. La sofferenza non è mai spettacolo, cara signora D’Urso.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

1 commento:

Anonimo ha detto...

ha sempre odiato la vita nuti.. raccogli quel che semini..