
Voleva farlo un po' per gratitudine, un po' per narcisismo. Ormai era alla resa dei conti. Ma gli addii hanno sempre un sapore amaro. E quella sera Micheal si sentiva come se avesse il fiele in bocca. Il suo animo era come attraversato da un fuoco incandescente, adrenalina e angoscia si rincorrevano nelle vene. La voce rauca come non mai faceva vibrare senza alcuna pietà le corde vocali.
Aveva indossato quella t-shirt nera con la scritta argento “I love you” che Mirella, una fan abruzzese, gli aveva lanciato all’ultimo concerto a Pescara. Sulla pelle il brivido della brezza marina, ma anche di un congedo che l’avrebbe consacrato per sempre come un mito intramontabile. Forse. Un piacere indescrivibile al solo pensiero, per uno come lu,i di scorza ruvida, senza mezze misure, cresciuto a birra e Rolling Stones con pochi soldi in tasca e molti sogni nel cassetto, qualche graffio di troppo sull’anima e una testa affollata di idee sparse a casaccio.
Qualche istante prima di salire sul palco, il fiato corto di chi sta per giocarsi l’ultima partita. “Voglio emozionarli come non sono mai riuscito a fare prima d’ora”. Dall’altra parte lo attendevano con ansia. Le urla gli rimbombavano nella testa. Era il momento di riapparire sul palco, dopo un brevissimo intervallo. Appena il tempo di qualche prova e un pauio di sorsi d'acqua calati giù a forza dietro le quinte. L’inseparabile chitarra elettrica non aspettava altro che le sue mani vaganti che si muovevano a ritmo accelerato, come quello del cuore che gli batteva nel petto. Dentro di sè, lo sapeva bene. L'emozione che avrebbe provato lassù avrebbe cancellato ogni angoscia. Chissà se quella sera sarebbe stata davvero l’ultima.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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