martedì 21 aprile 2009

Se potessi avere mille euro al mese…

Davvero basta così poco per essere felici? Una mogliettina giovane e carina, un modesto impiego, una casettina in periferia? Eppure, in tempi di magra come i nostri, c'è perfino chi a trent’anni suonati, si accontenterebbe (si fa per dire) quantomeno di un lavoro dignitoso per campare. Nell’attesa straziante di poter realizzare finalmente il sogno di una vita.

Massimo Venier, già autore di Aldo, Giovanni e Giacomo, con “Generazione 1000 euro”, il suo settimo film in uscita nelle sale cinematografiche il 24 aprile, rinnova le piaghe ai bamboccioni di Padoa Schioppa e racconta di Matteo (Alessandro Tiberi), un ragazzo come tanti, lavoratore precario a progetto in una spietata multinazionale milanese. Talento della matematica, Matteo divide il suo appartamento con Francesco, genio della Playstation e grande appassionato di cinema. La sua vita potrebbe cambiare in modo drastico dopo l'arrivo, nell'azienda in piena fase di ristrutturazione, del nuovo vicedirettore marketing Angelica (Carolina Crescentini) che gli offre una grande opportunità di promozione personale, e per coinvolgerlo nei suoi progetti non esita a "usarlo", anche fisicamente. Nel frattempo a casa di Matteo arriva una nuova coinquilina, Beatrice (Valentina Lodovini), che diventa in breve l'altra donna arrivata a sconvolgere la vita del ragazzo. Messo alle strette, nella scelta tra lavoro e sentimenti, Matteo prenderà una decisione. E sarà imprevedibile. Saprà cogliere l’occasione di fare davvero carriera e di stravolgere la propria vita?

Diversamente da “In questo mondo libero” di Ken Loach, in cui regnava sovrana la rivincita del precariato ed Angie, la protagonista, dopo un licenziamento, decideva di mettersi in proprio per creare un'agenzia finalizzata allo sfruttamento del lavoro degli immigrati, “Generazione 1000 euro” fa il paio a “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì ed esce quasi in contemporanea con “Fuga dal call center” di Federico Rizzo.
“Questo film tenta di raccontare il modo in cui sono cambiate le prospettive per chi si era appena laureato negli anni '80 e chi oggi si confronta per la prima volta con il mondo del lavoro", spiega Venier. “Prima c'era ancora la possibilità di avere il posto fisso e magari ci si chiedeva se quello fosse davvero il lavoro della vita. Ora il vero dramma del precariato è rovinare l'età in cui dobbiamo confrontarci con i nostri sogni".
L'importante è continuare a volare alto e, in attesa di tempi migliori, non strisciare troppo per terra.

Elena Orlando
(elyorl@tiscali.it)

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