giovedì 19 febbraio 2009

Sulla brezza del vino

Non solo Brunello. Magari Montalcino, capitale di uno dei vini più famosi del made in Italy, e ora anche città-modello di accoglienza e integrazione razziale. Qui infatti vivono e lavorano felicemente persone giunte da 47 differenti Paesi: dagli albanesi agli inglesi, dagli americani ai giapponesi, passando per romeni, filippini e tedeschi. Ma anche sloveni, tunisini, indiani e cubani. Un piccolo melting pot che in questa comunità di poco più di cinquemila persone sembra funzionare perfettamente: mai un problema di ordine pubblico, mai un episodio di criminalità, mai una tensione.

I protestanti vivono gomito a gomito con i musulmani, i cattolici con gli ortodossi, e le vie del paese sono una babele di lingue. Per non parlare delle scuole, in cui studiano insieme bambini di molteplici etnie. Intanto a “Benvenuto Brunello” (20 e 21 febbraio), si organizza l’evento di presentazione della nuova annata, per cui sono attesi a Montalcino giornalisti e operatori di tutto il mondo. Nel distretto del Brunello, che vanta mediamente un giro d’affari annuo di 130 milioni di euro, non c’è neppure il problema dei posti di lavoro, a partire dalle vigne, ma non solo. Alle aziende vinicole infatti servono manager, segretarie, responsabili commerciali ed enologi, con una buona padronanza delle lingue e una spiccata propensione ai contatti con l’estero, visto che ben il 60 per cento del Brunello si vende fuori dall’Italia.

A Montalcino risultano residenti 633 stranieri, il 12,09 per cento della popolazione - ma sono molti coloro che risiedono nei comuni limitrofi e che tutti i giorni si recano a lavorare a Montalcino, quindi la presenza straniera è in realtà maggiore. Si tratta di un dato nettamente più alto della media italiana, in cui l’incidenza percentuale degli stranieri sulla popolazione complessiva si attesta al 5 per cento.

Insomma, un vero e proprio paradiso terrestre, il luogo ideale in cui vivere. Assaporando a piccoli sorsi il sacro nettare degli dei, per poi verificare se si è davvero diventati immortali.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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