mercoledì 4 marzo 2009

Sul fronte pensioni, nessuna galanteria col gentil sesso


Si allunga come quello delle giraffe il collo di chi sperava di andare in pensione alle soglie dei sessanta e invece dovrà fare i conti con un “work in progress” a prova di bomba. Per fortuna c’è ancora un po’ di tempo per rassegnarsi psicologicamente all’allungamento. Perché il fatto riguarda il 2018, quando scatterà la fatidica ora in cui la parità tra uomini e donne si manifesterà anche dal punto di vista previdenziale. Quando cioè gli uomini e le donne che lavorano nel pubblico impiego potranno andare in pensione alla stessa età. Il tetto per le lavoratrici, infatti, così come chiesto dalla commissione europea, sarà innalzato a quota 65, anche se gradualmente e a partire dal 2010. La proposta, che è ancora una bozza, è stata inviata dal governo a Bruxelles per il via libera e solo in un secondo tempo arriverà in Parlamento sotto forma di emendamento che potrebbe diventare legge entro l'estate. Una misura che però per la Cgil non è altro che un "inaccettabile accanimento" contro le donne.

Salta intanto l'ipotesi di un decreto ad hoc sui precari. Nessuna corsia preferenziale per le norme che bloccano la stabilizzazione di chi non ha ancora un posto fisso e lavora nella pubblica amministrazione: le misure restano nel ddl lavoro (lo stesso in cui finirebbe la riforma della previdenza). Ergo, salvi anche i precari per i quali sono in corso le procedure di assunzione e che invece il provvedimento d'urgenza lasciava senza protezione. Il progetto di accelerare accarezzato dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta (che annuncia da lunedì il via a un monitoraggio per censire i precari) non ha infatti convinto molti colleghi e lo stesso premier Silvio Berlusconi, secondo quanto riferisce chi ha avuto modo di parlargli, non avrebbe nascosto dubbi circa l'opportunità di procedere a tappe forzate su una materia tanto delicata.
Sindacati e opposizione apprezzano la marcia indietro, anche se Cesare Damiano (Pd) assicura che "la battaglia per stabilizzare i precari della P.A. continuerà, perché - aggiunge - non è tollerabile che lo Stato licenzi i propri dipendenti soprattutto di fronte ad una grave crisi occupazionale". In attesa del via ai lavori parlamentari, l'attenzione si concentra sul capitolo 'previdenza'. Nonostante la maggioranza mostri di condividere l'idea di una riforma complessiva delle pensioni, il governo al momento sembra escludere l'idea di un progetto di ampio respiro: niente innalzamento dell'età pensionabile nel privato, niente ritocchi allo scalone. Il quadro di insieme è troppo fragile, si ragiona in ambienti dell'Esecutivo, per permettersi di creare nuova incertezza fra la gente.

E questo nonostante secondo i conti dei tecnici bloccare ad esempio le due finestre nel 2009 consentirebbe risparmi per due miliardi di euro. E nonostante la richiesta di procedere a una revisione dell'impianto previdenziale arrivi anche da esponenti del centrosinistra. Enrico Letta ieri, Linda Lanzillotta oggi: "Penso ad un all'allungamento dell'età pensionabile per tutti - dice l'esponente del Pd - senza però ridurre le pensioni".
Le risorse, spiega il fronte del sì, potrebbero infatti servire a rimpinguare gli ammortizzatori sociali. Il neo segretario del Pd Dario Franceschini, che insiste intanto con l'assegno per i disoccupati, non prende però una posizione secca sulle pensioni perché, spiega: "Non ci sottrarremo quando verrà il momento, ma è un tema che non c'entra nulla con la nostra proposta". E comunque, sottolinea riferendosi all'innalzamento del tetto per la pensione per le lavoratrici : "ciò che viene tolto alle donne vada alle donne". La strada scelta dal governo rischia insomma di far pagare i costi della crisi alla parte più debole del mondo del lavoro. E di essere decisamente poco galante e cavalleresca col gentil sesso.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it), pubblicato su www.politicamagazine.info

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