Un nuovo Sessantotto? Anche stavolta tira un vento di protesta. Proprio come allora. Ma la rivolta, partita dal Geoffroy-Saint-Hilaire, nel dipartimento dell’ Hessonne, a sud di Parigi, non è affatto politicizzata, anche se facilmente strumentalizzabile. Incuranti del freddo, gli studenti francesi si ribellano al dictat di un preside che, stanco di intravedere brandelli di slip far capolino da pantaloni a vita bassa, ha deciso di vietare a scuola abiti troppo succinti. Follie liberticide, hanno gridato in coro centinaia di teenager dalle fredde aule dei licei di Francia. E , in barba ai castigatissimi tailleur di Carla Bruni, al secolo madame Sarkozy, hanno riesumato dal guardaroba il capo più sonnolente del pret-à-porter: la minigonna, simbolo di una rivoluzione culturale anni Sessanta, che inneggiava a libertà, modernità e uguaglianza.
La creatura di Mary Quant, la stilista che creò ad arte quella fascia di tessuto che copriva a malapena la zona da sotto l’ombelico all’inguine, rivive ora senza troppi perché. Michel Fize, sociologo francese, ricercatore della Cnrs specializzato in gioventù, in controtendenza coi suoi colleghi, sempre pronti a sguainare analisi complicate e complesse, interpellato dal quotidiano The Independent non si è dichiarato sorpreso dalla rivolta degli studenti che vogliono difendere un loro dress code fortemente provocatorio. D’altra parte — dice Fize —come potrebbe essere altrimenti, con dei mass media e una società che propongono modelli «iper-erotici»? Il grande educatore oggi è il piccolo schermo: «Con che faccia possiamo rimproverare a una teenager che mostra troppo, quando la tv fa esattamente quello, a tutte le ore?». Altro che rivoluzione culturale. Questa sembra la rivoluzione delle malelingue e rischia di diventare una truffa, come e peggio di quella del ’68. Attenti, cari studenti, dati i precedenti, meglio cambiare strada.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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