sabato 22 novembre 2008

Troppa paura per nulla

Chi ha paura muore ogni giorno. E chi non ha paura, muore una volta sola”. Paolo Borsellino ne era convinto. E visse così, infischiandosene delle minacce di Cosa Nostra. Ma non tutti gli uomini arrivano a tanto. E troppo spesso si finisce invece per avere paura. Della morte, di soffrire, di non essere all’altezza, di non piacere abbastanza, di parlare troppo o troppo poco. A volte si ha paura perfino delle cose belle come l’amore, il cibo, la moda, per certi versi anche la solitudine.

Da bambini si ha spesso paura del buio e ci si rifugia, una notte sì e l’altra pure, tra le lenzuola del lettone di mamma e papà. Perché da qualche parte potrebbe sempre arrivare in punta di piedi la strega isterica, e certe sorprese è meglio evitarle. E poi c'è il lupo cattivo, pronto a divorarti manco fossi cappuccetto rosso.

Fin dai primi anni di vita, la nostra cultura ci educa alla paura. Non c’è favola che venga letta ai bambini senza un personaggio inquietante, che scatena la paura.

A un certo punto si cresce. E la paura pensavamo di averla sepolta per sempre. E invece, rieccola, come prima, più di prima, a tormentarci l’anima. Riemerge come uno spettro terrificante. Si teme il maniaco pedofilo, il vicino di casa pronto a sgozzarti, il tipo che ti offre qualche sostanza stupefacente, quello che t’invita a bere un goccio di troppo, i siti interneti incontrollati che mercificano il corpo col sesso a pagamento.

E poi, la paura di crescere troppo in fretta e ritrovarsi un bel giorno davanti allo specchio con un’espressione del volto piena di rimpianti. E senza essersi accorti che ormai si è entrati nel mondo dei grandi. E qui, ecco altre paure: quella di non farcela a realizzare i propri sogni in un mondo che ti fa lo sgambetto a ogni passo. La paura di far male a qualcuno, di non essere ricordati, che il tuo compagno/a un bel giorno ti lasci con un sms, senza neppure avere il coraggio di dirti che non ti ama più guardandoti negli occhi. La paura di essere aggrediti per strada, oppure quella che i nostri cari ci lascino per sempre, o che i nostri figli non siano abbastanza pronti per fregare in tempo chi avrebbe voluto fregarli.

C’è perfino chi ha paura di esprimere le proprie idee, anche quando si va controcorrente e la direzione in cui va la maggioranza non ci appaga. Di guardare in faccia la realtà anche se è molto diversa da come ce la saremmo aspettata. E la paura dei ricordi, e quella del futuro sempre più incerto e indefinito, ultimamente cresciuta a dismisura. O quella di rischiare, scommettere su se stessi, di mettersi in discussione e camminare appesi a un filo, rinunciando ad accomodarsi su poltrone facili e sicure, o di cambiare famiglia e città, alla ricerca di qualcos’altro.

Nei casi più disperati, si può arrivare perfino ad avere paura di campare, quasi che l’ansia di vivere a un certo punto diventi più forte di ogni gioia che si riesce a provare. Chissà perché, torna alla mente Edmund Burke, quando scriveva che “nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura."

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

5 commenti:

Anonimo ha detto...

E tu di che hai paura ?
Vogliamo conoscere TUTTO di te o quantomeno una parte (mi riservo di non specificare quale. Almeno non in puBico).

PS: sai qual è la differenza fondamentale fra me e te ?
Che tu sei laureata alla Luiss, mentre io alla Louis Stevenson (Bob per gli amici).
L'Isola dei pirati, ma anche quella del ratto delle Sabrine !
Delle Elene non so ancora. ;-)

Stella mattutina ha detto...

Divertente. Vuoi sapere di che cosa ho paura? Purtroppo di varie cose. Anche se il coraggio alla fine non mi manca.
Diciamo che vivo un rapporto di amore-odio con la solitudine. Non ne ho proprio paura, ma spesso mi capita di sentirmi sola anche in mezzo agli altri. Allora mi rifugio in me stessa e poi, però, mi stanco e scalpito perché vorrei uscire da me. E così va avanti una continua lotta (che non è "lotta continua", mi raccomando...).

Un'altra paura è quella del futuro. Un tempo l'ignoto mi eccitava. Ora mi inquieta. Non so cosa mi aspetta e questo mi crea un filo di'ansia. :-) E.

Anonimo ha detto...

La nostra abitudine\attitudine a scotomizzare le singole problematiche e a ignorarne le connessioni spesso non ci aiuta.
La solitudine non è solamente uno stato oggettivo della persona, è il risultato di una somma di più fattori (o criteri) momentanei: la sensazione di non riuscire a contenere la casualità e l'indeterminatezza delle circostanze, un bisogno irrisolto, un desiderio represso, una frustrazione nascosta sono concause di un modo di vivere la vita che con difficoltà consideriamo la nostra (a volte può sorgere perfino l'idea di una vita che avremmo voluto diversa).
La solitudine - come la sofferenza, la scrittura e la poesia - scaricano all'esterno della nostra coscienza la responsabilità del nostro stato mentale.
Pare che molti ascoltino «La cura» di Franco Battiato perché non solo è una delle più belle canzoni d'amore mai scritte, ma forse perché interpreta splendidamente l'abbandono\assenza di una persona della quale non si può più fare a meno, che catalizzi e assorba tutti i nostri pensieri, che inneschi quel vento di ottimismo che non ci lascia mai del tutto. Ve la trascrivo, ma leggetela lentamente:


"Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie/
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via./
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,/
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai./
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,/
dalle ossessioni delle tue manie./
Supererò le correnti gravitazionali,/
lo spazio e la luce/
per non farti invecchiare./
E guarirai da tutte le malattie,/
perché sei un essere speciale,/
ed io, avrò cura di te./

Vagavo per i campi del Tennessee/
(come vi ero arrivato, chissà)./
Non hai fiori bianchi per me?/
Più veloci di aquile i miei sogni/
attraversano il mare./
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza./
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza./
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,/
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi./
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto./
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono./
Supererò le correnti gravitazionali,/
lo spazio e la luce per non farti invecchiare./
Ti salverò da ogni malinconia,/
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te.../
Io sì, che avrò cura di te./


E concludo citando la scrittrice Lia Levi («Una bambina e basta», Edizioni E/O, 1994, p.84):
"Vorrei parlare con qualcuno, vorrei che qualcuno mi prendesse per mano e mi facesse sbarcare dolcemente sulla riva giusta...".


Elena hai capito cosa voglio dirti?
punto primo): devi avere pazienza.
punto secondo): troverai la riva giusta.

Anonimo ha detto...

Anch'io spesso mi sento solo assieme agli altri.
C'è così tanta vuotezza in giro ! ;-)
Scalpiti e vorresti uscire da te stessa ? Ma che è la lotta degli ultracorpi ? ;-)
Potrei capire se fossi in intimità con qualcuno e....volessi esserne liberata a causa magari dell'eccessiva pesantezza d'alito del lui in questione....;-)
Cmq l'unico modo x non avere paura di quasi nulla e del futuro è prendere consapevolezza che prima o poi dobbiamo morire e la vita è fatta di sicure insicurezze.

Anonimo ha detto...

Anna Oliverio Ferraris conosce bene la psicologia della paura. Ne ha parlato qualche anno fa alla RAI. Riporto stralci della puntata.

Che cos'è la paura?

É un'emozione che appartiene all'uomo (...), un campanello d'allarme (...) tra istinto ed elaborazione culturale, un determinante fattore di crescita o d'involuzione. Basta osservare le diverse espressioni che utilizziamo per parlare della paura: paura di crescere, paura di amare, paura del futuro, paura del nulla, paura del prossimo, paura di noi stessi.

Quando e perché oltrepassa i suoi limiti e diviene patologia?

La paura (...) serve per strutturare il nostro mondo, la nostra vita (...). In certe situazioni la paura finisce per essere terrore, soprattutto quando pensiamo di non avere vie d'uscita. Quando un bambino è molto piccolo si affida alle sue figure di attaccamento. Poi man mano che cresce deve imparare a contare su sé stesso.

In che modo il singolo individuo esorcizza le proprie paure?

È necessario che la paura sfoci nel coraggio, che non è incoscienza, perché il coraggio è qualcosa di calcolato e non sempre si manifesta nello stesso modo (...).

Condividere la paura è un bene?

Si. Raccontarsi le paure spesso significa esorcizzarle(...).

Molte persone, per paura di affrontare la realtà, si adeguano ad essa. Secondo Lei, questo conformismo, deriva dalla paura di essere sé stessi?

Si. Ci sono persone che preferiscono adeguarsi, conformarsi al gruppo piuttosto che esporsi a sostenere una tesi non condivisa dalla collettività(...). L’idea di rimanere soli aumenta il livello di paura e di ansia. Soltanto chi è sicuro di sé ha il coraggio di portare avanti un’idea che ritiene giusta. Ecco perché il coraggio è qualcosa che si costruisce nel corso di tutta la vita(...).

Come cambiano le paure dall'uomo alla donna?

La donna, fin da bambina, può manifestare le proprie paure senza che scattino, da parte del gruppo, meccanismi inibitori, lo stesso non si può dire per il maschio che deve invece celare le proprie paure, viverle e risolverle in silenzio perché questo è indice di forza.

Si può dire che per l'individuo, crescendo, la paura diventi sempre più astratta? Per esempio il bambino, quando è piccolo, ha paura del fuoco perché sa che, se si avvicina, si scotterà, quindi sentirà dolore. L’adulto invece ha paura del suo futuro?

In un certo senso è così. Ogni età ha le sue paure. E man mano che si va avanti si impara. Più si conosce, in genere, più la paura diminuisce. L’esperienza insegna, anche se talvolta è traumatizzante. Perché questa è un'altra caratteristica della paura: più si lascia passare il tempo, più c'è il rischio che s'ingigantisca a causa della nostra immaginazione.

Il filosofo Heidegger dice che l'angoscia è la disposizione fondamentale che ci mette di fronte al nulla. Secondo Lei qual'è la differenza tra angoscia e paura?

L’angoscia è qualcosa di molto diffuso, dipende dalle paure di natura esistenziale. se io ho paura dell’aereo usufruirò, per viaggiare, di un altro mezzo di trasporto, se ho paura dei luoghi chiusi o troppo affollati, preferirò quelli all’aria aperta. Queste sono strategie. Però, se, la paura è nella mia psiche, come la paura costante della morte e del pericolo in generale, allora è incontrollabile e, per questo, nessuna strategia sarà in grado di eluderla.

La psicoterapia cerca di aiutare l'individuo a superare le proprie paure, ma con quali metodi?

Ci sono vari metodi. Intanto bisogna vedere se è una paura localizzata e superficiale, legata a un trauma specifico oppure se è una paura di tipo esistenziale, più profonda. Nel caso in cui si cada da cavallo e si abbia paura di rimontare in sella, la terapia è abbastanza facile, perché ci si riavvicina al cavallo, con cautela, senza però lasciar passare troppo tempo. Se invece, dietro a quella paura, che sembra specifica, c'è un problema esistenziale, un'insicurezza di fondo, una mancanza di autostima, allora si ha a che fare con un problema più grave e dunque la terapia psicologica consisterà nel risalire all’origine di questo stato di crisi.

[Fonte:www.emsf.rai.it/grillo]