sabato 27 giugno 2009

Dimmi che libro sei e ti dirò che fai

Quando sei disperato, puoi fare almeno due cose ascoltare l’omonima canzone di Marco Masini e precipitare ancora di più negli abissi del mare, oppure riscoprire l’otium letterario. Specie se ti senti “Diverso” (1994) probabilmente perché hai sulla pelle e nelle ossa “La febbre del ragno rosso” (1991) di William S. Burroughs e l’ultima cosa che vorresti è imboccare “Strade morte” (1983).
Ma non sempre si ha la fortuna di essere capiti dal mondo, perché la differenza tra “Uomini e topi” (1937) in certi casi non esiste. Per dirla con John Steinbeck, “La battaglia” (1936) della vita ti assorbe le energie e tu resti col “Furore” (1939) negli occhi e sotto un cielo senza stelle, in cui perfino “La luna è tramontata” (1942).
In questi casi, se pensi di non avere più chance e che sia cominciato quel “Lungo viaggio verso la notte” (1940) di Eugene O’ Neill, puoi sempre ripiegare su una “Festa da ballo” (1987) per distrarti un po’ e sperare che non sia troppo noiosa. O, altrimenti, chiudere gli occhi per qualche istante, in qualunque luogo ti trovi e qualsiasi cosa tu stia facendo, e sognare quei “Lembi di paradiso” (1975) descritti da Fitzgerald.

Se poi ognuno di questi tentativi fallisse miseramente, dissolvendo il miraggio della serenità e della pacificazione dei sensi come polvere al vento, non resta che ritornare sui propri passi. Ovvero, rinunciare definitivamente ai Caraibi e accontentarsi del mare nostrum, ripiegare su “Wilson lo Zuccone” (1894), come suggeriva Mark Twain, riprendere le frequentazioni musicali ammorbanti e soporifere con Marco Masini, comprare puntualmente Novella 2000, sognare l’America di Obama, acquistare qualche abito nuovo e alla moda, rinvigorire la propria collezione di scarpe, spalmarsi una buona dose di olio abbronzante, meglio se al cocco, quando si va al mare. E, a fine giornata, prima di andare a letto, riscoprirsi sanamente “folli” per guardare il mondo sempre con occhi nuovi.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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