Dopo il reality della politica, c'è sempre un romanzo da scrivere. E dopo la breve ma intensa e, per certi versi. traumatica esperienza da leader piddino futurista e cinematografaro, Walter Veltroni ci riprova da romanziere. Perché no, potrebbe andargli anche meglio. Il titolo sta tutto in un “Noi”, che poi è la voglia di ricostruire il senso di una missione collettiva in un’epoca fortemente individualistica come la nostra, dove ognuno pensa spietatamente solo per sé. Uscirà a fine agosto. L’ex segretario del Pd l’ha scritto di getto nei mesi immediatamente successivi al suo prepensionamento da segretario, con uno stato d’animo oscillante tra la malinconia e la serenità. Il titolo è breve, ma il libro è lungo, tra le 350 e le 450 pagine, edito sempre da Rizzoli (così come i precedenti “Senza Patricio” (70 mila copie) e “La scoperta dell’alba” (300 mila, tradotto in sette lingue). Quattro i capitoli, ambientati in quattro anni diversi.
Il primo capitolo è ambientato nel 1943: il bombardamento di San Lorenzo, il 25 luglio, l’8 settembre, la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma. Il secondo, nel 1963: l’anno del primo centrosinistra, della morte di papa Giovanni, dell’assassinio di John Kennedy. Il terzo, nel 1980: strage di Bologna, Ustica, l’assassino di Walter Tobagi, lo scandalo del calcioscommesse, la marcia dei quarantamila a Torino, il terremoto dell’Irpinia, l’elezione di Reagan e la morte di Lennon. Il quarto, nel futuro, e precisamente nel 2025. «Ho scelto un futuro prossimo, non da fantascienza. Né il 1984 orwelliano, né il 1997 «Fuga da New York». Non il futuro catastrofista pensato talora a sinistra, ma neppure quello asettico caro a un pensiero acritico, per cui le cose non hanno significato in sé, basta che accadano. Ho cercato di immaginare come sarà l’Italia tra sedici anni».
Veltroni è un buono vero. E, come sempre, non tradisce le aspettative di chi se lo ricordava affaccendato a soccorrere i bambini dell’Africa. Non a caso, ogni capitolo ha per protagonista un bambino o meglio un ragazzino tra gli undici e i sedici anni. La storia fa da scenario alle vite dei protagonisti, influenzandole fortemente. Nei personaggi ci sono tutte le emozioni e i valori veltroniani, assicura l’autore, che tra il terzo e il quarto capitolo compie un salto nel futuro di ben 45 anni, ritrovandosi tutt’a un tratto nel 2025. Ma il presente che fine ha fatto? «Nel mio nuovo romanzo, il presente non c’è – dice Veltroni- Ho scelto così, sia per evitare il sospetto che volessi parlare furbescamente del nostro tempo, sia perché il nostro tempo non mi piace. È un tempo che dura appena ventiquattr’ore. La politica è concentrata sulle dichiarazioni di un giorno per l’altro. La società è bulimica e nevrotica, brucia tutto così in fretta che il mese scorso ci pare lontano mille miliardi di anni».
Riflessioni sagge. A Veltroni allentare la morsa della disperata rincorsa al potere così come liberarsi per un po' dell’ombra inquietante e minacciosa di Massimo D’Alema devono avergli fatto un bell’effetto.
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