mercoledì 2 settembre 2009

Tornatore e gli insuperabili difetti siciliani

Stavolta tocca a Peppino aprire le danze. Dopo due anni di lavoro, 4,5 milioni di euro spesi, oltre 200 attori, 35 mila com­parse, 1431 musicisti, brani di Ennio Morricone. E se è vero che buon sangue non mente, Tornatore dovrebbe non deludere le aspettative. A lui infatti l’arduo compito di riaccendere i riflettori sulla 66esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ma soprattutto su una Sicilia sempre più dimenticata da Dio e dagli uomini. Da Piersilvio Berlusconi a Flavio Briatore, ai colleghi registi Werner Herzog e Michael Moore. Saranno in tanti a sedere in platea nella Sala Grande del Palazzo del Cinema del Lido per assistere al grande ritorno del regista siciliano.
Ad accompagnare Tornatore ci sarà il suo cast da kolossal che vanta accanto ai giovani protagonisti Francesco Scianna e Margareth Madè, moltissimi volti noti del nostro cinema tra cui Nicole Gramaudo, Lina Sastri, Vincenzo Salemme, Ficarra e Picone, Luigi Lo Cascio, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Laura Chiatti, Giorgio Faletti, Leo Gullotta, Beppe Fiorello, Raoul Bova, Gabriele Lavia, Donatella Finocchiaro, mentre sarà assente Monica Bellucci, protagonista anche lei di un cameo nella pellicola, in due versioni: baarese e italiano.
E poi ancora Dolce e Gabbana, Simona Ventura (che ormai è come il prezzemolo, nel senso che la si trova dovunque), la campionessa di nuoto Federica Pellegrini, Giorgio Armani, Harvey Wieinstein, il premio oscar Dante Ferretti, Mario Monicelli e, ovvio, l’immancabile ministro per i Beni culturali, Sandro Bondi. E chi più ne ha, più ne metta. Tutti pronti a celebrare una terra mai troppo celebrata e sempre troppo oltraggiata. Madrina d’eccezione, Maria Grazia Cucinotta, anche lei siciliana di Sicilia, emigrata un po’ per ambizione, un po’ per disperazione. Ci sarà anche la giuria del concorso principale al completo, guidata da Ang Lee.

Quest’anno perfino il tradizionale galà offerto dalla Biennale sulla spiaggia dell'Hotel Excelsior del Lido sarà dedicato a Peppino e alla sua terra.
Il menù a buffet studiato dagli chef è tutto giocato sui sapori dell'isola. Si parte da un antipasto composto da burratine e fichi secchi, assortimento di salumi con fichi d'india e perle di melone, tonno e pesce spada leggermente affumicati con uva passa e mandorle, per passare poi a primi piatti come maccheroni spadellati con zucchine fritte e ragout d'agnello e trofie con le sarde, ma anche pasticcio di pesce alla Trapanese e sformato di melanzane al forno. Tutti siciliani anche i vini, offerti da Florence e Paolo Marzotto e provenienti dalla loro tenuta Baglio di Pianetto Santa Cristina in provincia di Palermo.


Sì, Baarìa - spiega Peppino -, il paese dove sono nato e cresciuto fino a 28 anni. Troppi per don Fabrizio Salina, il Principe del Gattopardo, che sosteneva si dovesse abbandonare la Sicilia prima del diciassettesimo compleanno, per impedire al carattere degli uomini di assimilare i difetti dei siciliani. Io, dunque, ho fatto a tempo ad assorbirli tutti. Primo, certamente, il credere che il luogo in cui si è nati sia l’ombelico del mondo, anzi, il mondo stesso. Ultimo, ma non meno grave, l’effimero rifugiarsi nel limbo dei ricordi una volta appurato che il mondo, in realtà, era sempre stato da un’altra parte e girava senza di noi».

Tra parentesi: mi riconosco in pieno nei difetti siciliani che elenca Tornatore. Li ho tutti. Forse perché sono uscita dalla Sicilia troppo tardi, quando di anni ne avevo già 26. Ed è per questo che il 25 settembre andrò a vedere Baarìa, è per questo che vomiterò addosso a tutti sempre e ovunque che cos’è per me la Sicilia, è per questo che leggerò e rileggerò fino alla nausea Leonardo Sciascia e penserò fino alla morte che essere siciliani rappresenta un valore aggiunto. A tutte le latitudini.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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