martedì 7 luglio 2009

Incrocio di sguardi


“Non riesco a reggere il suo sguardo per più di due secondi. Proprio non ci riesco”.
- “Ma dai?”
- “Te lo giuro! Ieri si è avvicinato a passo felpato. Non me n’ero neppure accorta. A un tratto, mi giro e me lo trovo che mi guarda e mi sorride. Mi ha preso un colpo”.
“E allora?”
- “E allora che? Gli ho sorriso anch’io. E poi… Sono fuggita da un’altra parte”.
– “Cioè? Te ne sei andata?”.
– “Non esattamente. Non sono riuscita a tenere il suo sguardo, appunto. E, temendo che se ne potesse accorgere, mi sono subito girata dall’altra parte. Poi, mi sono alzata e ho camminato veloce verso la porta. Sono uscita in fretta. Avevo bisogno di far perdere le tracce”.

– “E perché mai?” – “Non volevo che si vedesse l’imbarazzo che mi aveva procurato l’incontro fugace coi suoi occhi. Non volevo. Mi sentivo così stupida…A volte lo guardo, ma faccio di tutto per farlo in modo asettico, disinteressato, distante, facendo finta che non me ne importa niente”.
- “Ma non parlate mai?”
- “No, quasi mai. Non ce la faccio. Non lo so, lì è tutto così strano. Sento che non è affatto come sarebbe se ci trovassimo in un bar, da soli, io e lui. Oppure a passeggiare in un parco, o in riva al mare, per esempio. Allora sarebbe diverso. Chissà… Chi può dirlo. Ma lì sento che è tutta un’altra storia”.
- “Tra voi, mai un avvicinamento?” .
– “No, lui se ne guarda bene. L’unico contatto è stato di mano. Una volta, al termine di una sua conferenza, anziché salutarlo con la destra, ho afferrato la sua mano con la sinistra e gliel’ho stretta forte. Volevo assolutamente trasmettergli tutto il mio calore”.
- “Scusa, ma perché non fai in modo di incontrarlo da qualche altra parte?”
- “Non ce la faccio. M’imbarazzo da morire. Ho paura che possa rifiutare. Lo sento così lontano, così distante… Inafferrabile… Eppure a volte sento che si avvicina, o che mi osserva da lontano. Io provo un sottile piacere misto a gioia. E, per il momento, mi basta. Non voglio costringerlo in nessun modo a fare ciò che non vuole o non si sente di fare. Per esempio, l’altro giorno, sentivo la sua voce. Parlava in fondo alla stanza, rideva, scherzava. Era così di buonumore. E la cosa mi faceva un gran piacere. Rallegrava anche me. Eppure, non mi sono voltata indietro neppure mezza volta. Neppure mezza volta, capisci?”
- “Temo di sì. Capisco, capisco… Vabbè, insomma?” .
– “Insomma che?”.
- “Insomma, la conclusione qual è?”.
- “Uffa, Liz, non cambi mai. Ma lo capisci che non sempre esiste una conclusione? Beato chi riesce a trovarla! Perché devi trovarne per forza una? Pensa che perfino un libro o un racconto possono non avere una conclusione. Possono restare sospesi…”.
- “Più che sospesi, direi appesi a un filo. (Ride...) Non dev’essere affatto una bella sensazione”. “No, infatti non lo è per niente”.
- “Lo vedi, lo vedi che alla fine ho ragione io?”- “Vabbè, pensala come vuoi. Lo sai che cosa sento dentro di me?” .
– “Dimmi pure…” .
- “Sento che questa è una storia ancora tutta da scrivere”.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

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