A meno di una settimana dal voto alle Regionali 2010 si materializza lo spettro dell’astensionismo, agitato dal premier Silvio Berlusconi anche nel giorno di gloria della manifestazione del Pdl a piazza S. Giovanni a Roma. Si teme che andranno a votare in pochi, soprattutto nel Lazio, dove il balletto delle liste che ha poi portato alla definitiva esclusione del Popolo della Libertà dalla competizione elettorale ha fatto perdere la faccia al popolo azzurro. E non ci sarebbe poi neanche da meravigliarsi troppo, visto che gli elettori, o meglio i cittadini, delle mancate promesse di buon governo e di una politica sempre più in mano a dilettanti allo sbaraglio ne hanno piene le tasche.
E allora se il 28 e il 29 marzo andranno tutti a farsi un'allegra scampagnata, anziché mettersi in fila ai seggi elettorali con la scheda tra le mani, non sarebbe uno scenario da "Independence Day" di Roland Emmerich, ma una realtà sempre più probabile. Ad ogni modo, questa campagna elettorale sarà ricordata senz’altro per l’ oscuramento televisivo. Uno switch off senza precedenti. Per tutto il periodo, non c'è stato nessun programma di approfondimento politico, nessun faccia a faccia televisivo, nessun confronto diretto davanti a milioni di italiani. Una par condicio da panico, che ha messo il bavaglio a candidati e liste. Dura è stata la linea del consiglio di amministrazione della Rai, che ha confermato la sospensione dei talk show sulla tv pubblica proprio quando sembrava essersi aperto uno spiraglio.
Ma la campagna elettorale per le Regionali 2010 sarà ricordata anche per un altro aspetto: spenti i riflettori sulla tv, la politica che fa? Torna in piazza. Almeno è quanto hanno fatto prima il Pd, poi il Pdl, chiamando a raccolta i propri fan, accorsi da tutta Italia ad agitare teste e striscioni con slogan costruiti ad arte. Il risultato di un lavoro di preparazione notevole: tam tam su facebook e sui siti e email inviate a pioggia nelle caselle di posta di amici e simpatizzanti, sostenitori e iscritti, con la raccomandazione tassativa del “passaparola”. Per essere quanti più possibile, per fare a tutti i costi bella figura.
La politica ripiega dunque sull’agorà, il luogo antico del commercio e degli affari, per mercanteggiare qualche consenso in più. E' la piazza fine a se stessa, usata solo per eccitare le folle ed esclusivamente come palcoscenico amplificatore del proprio marketing politico, in assenza di idee e programmi credibili per uscire davvero dalla crisi.
Se Vespa, Floris, Santoro e Co. sono rimasti a casa, poco male. Qualche settimana di riposo gli ha fatto anche bene. Peccato che però la vittima sacrificale di tutto questo sia stato il confronto diretto tra i leader politici, ritenuto inadeguato ancora oggi dal premier e che invece avrebbe dato la possibilità a molti di farsi quantomeno un’idea in più su chi votare. Senza confronto la democrazia va a quel paese, ma non certo in questo. La credibilità della politica, pure. E gli elettori, in vista del prossimo week end, cominciano già a organizzare la loro gita fuori porta.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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