
E ora si salvi chi può. Si possono scaricare applicazioni da App store (140mila) riadattabili al volo per iPad e le nuove realizzate con il kit di sviluppo messo a disposizione. Ma la cosa più preoccupante è che si possono vedere film e telefilm in alta definizione, oltre che gestire la propria musica, le proprie foto, la posta e i documenti di lavoro grazie alla suite iWork (con i programmi per la produttività di Apple: Keynote, Pages e Numbers, compatibili con gli equivalenti di Office di Microsoft) e si può avere un apparecchio a 499 dollari senza connessione Umts.
Apple ha segnato un importante risultato nella creazione di questo nuovo mercato. Sì, certo. Ma le emozioni uniche nel godersi un film in una sala cinematografica, laddove le immagini dello schermo gigante e l’effetto delle luci creano quell’insostituibile dimensione da sogno? Vogliamo dire che un film visto sull’iPad è la stessa cosa? Per non parlare poi della sacralità del rito stesso di andare al cinema, ritrovarsi con gli amici, sgranocchiare pop corn e limonare al buio, in sala. Jobs vorrebbe sostituire tutto questo con una tavoletta?
Ecco, l’umanità dovrebbe cominciare seriamente a preoccuparsi. La tecnologia, sempre più invasiva, ha migliorato la qualità della vita oppure l’ha inquinata in modo irreversibile?
Evviva l’homo erectus e l’homo sapiens sapiens. Loro sì che sviluppavano fantasia e creatività e sapevano ascoltare le proprie emozioni. Internet ha ridotto l’uomo contemporaneo in polpette. Gli ha rubato l’anima e ha frammentato il suo Essere. E in futuro potrà anche cambiare (in peggio) il modo di scrivere, pensare, parlare. Ma il linguaggio interiore, per fortuna, resterà sempre lo stesso.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
Evviva l’homo erectus e l’homo sapiens sapiens. Loro sì che sviluppavano fantasia e creatività e sapevano ascoltare le proprie emozioni. Internet ha ridotto l’uomo contemporaneo in polpette. Gli ha rubato l’anima e ha frammentato il suo Essere. E in futuro potrà anche cambiare (in peggio) il modo di scrivere, pensare, parlare. Ma il linguaggio interiore, per fortuna, resterà sempre lo stesso.
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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