L’accanita nuotatrice, record del mondo dei 400 m e 200 m stile libero, ha notato un particolare non trascurabile sulla categoria in questione: “Il sesso è l’ossessione dei giornalisti”.
E c’è di più. La Pellegrini dimostra quasi quasi di essersi addentrata nel mestiere, passandone al setaccio qualcuno dei suoi ingranaggi. Tant’è che aggiunge: “Sui giornali ho capito una cosa: i titoli non sono fatti dagli autori degli articoli. Ma a volte mi arrabbio lo stesso”.
Beh, in tutta franchezza, su entrambe le cose la nuotatrice più paparazzata degli ultimi mesi potrebbe averci azzeccato. Non è escluso.
Ma forse la Pellegrini non sa che oggi il giornalista è uno che non ha più tempo nemmeno per il sesso. Al massimo, lo trova per “grattarsi la capa”. Il giornalista infatti è uno, per intenderci, costretto a schivare con uno slalom raccapricciante gli inviti a cena delle sue collezioni stagionali di femmine per correre a destra e a sinistra (ahimé, anche nel senso politico) a trovarsi la raccomandazione, meglio se bipartisan, per farsi invitare alle trasmissioni televisive per fare qualche comparsata, ricordare al mondo (che se ne frega altamente) che esiste e dire la sua (cosa a dir poco fondamentale, senza la quale non riuscire a sopravvivere) sull’amore, sulla famiglia, sui fannulloni e sui vari mali che affliggono il nostro Paese.
In poche parole, uno che – se gli è andata bene e qualcuno gli ha concesso un salvagente per restare a galla, senza affondare – gira da un salotto all’altro, da un ritrovo all’altro, da un bar all’altro per innaffiare le sue conoscenze e rinverdire i suoi rapporti socialmente utili.
Pubbliche relazioni a gogo, dunque. Le briciole si raccolgono anche così. Ma ogni tanto ti va bene e, anziché raccattare briciole, ti porti a casa una pagnotta. Ed è pure legittimo, uno che fa il giornalista da quand’è nato, mica si può reinventare da un giorno all'altro netturbino, operaio in fabbrica, impiegato all'anagrafe? Per carità, non diciamo bestemmie.
E c’è di più. La Pellegrini dimostra quasi quasi di essersi addentrata nel mestiere, passandone al setaccio qualcuno dei suoi ingranaggi. Tant’è che aggiunge: “Sui giornali ho capito una cosa: i titoli non sono fatti dagli autori degli articoli. Ma a volte mi arrabbio lo stesso”.
Beh, in tutta franchezza, su entrambe le cose la nuotatrice più paparazzata degli ultimi mesi potrebbe averci azzeccato. Non è escluso.
Ma forse la Pellegrini non sa che oggi il giornalista è uno che non ha più tempo nemmeno per il sesso. Al massimo, lo trova per “grattarsi la capa”. Il giornalista infatti è uno, per intenderci, costretto a schivare con uno slalom raccapricciante gli inviti a cena delle sue collezioni stagionali di femmine per correre a destra e a sinistra (ahimé, anche nel senso politico) a trovarsi la raccomandazione, meglio se bipartisan, per farsi invitare alle trasmissioni televisive per fare qualche comparsata, ricordare al mondo (che se ne frega altamente) che esiste e dire la sua (cosa a dir poco fondamentale, senza la quale non riuscire a sopravvivere) sull’amore, sulla famiglia, sui fannulloni e sui vari mali che affliggono il nostro Paese.
In poche parole, uno che – se gli è andata bene e qualcuno gli ha concesso un salvagente per restare a galla, senza affondare – gira da un salotto all’altro, da un ritrovo all’altro, da un bar all’altro per innaffiare le sue conoscenze e rinverdire i suoi rapporti socialmente utili.
Pubbliche relazioni a gogo, dunque. Le briciole si raccolgono anche così. Ma ogni tanto ti va bene e, anziché raccattare briciole, ti porti a casa una pagnotta. Ed è pure legittimo, uno che fa il giornalista da quand’è nato, mica si può reinventare da un giorno all'altro netturbino, operaio in fabbrica, impiegato all'anagrafe? Per carità, non diciamo bestemmie.
L’importante semmai sarebbe non farla sbriciolare troppo, la pagnotta. Conservare, durante lo struscio, il lecchinaggio (si spera) garbato e una discreta (che però sfocia sempre più spesso nella sfrontata) adulazione, se si riesce, un minimo di dignità che si ottiene quanto meno evitando gli eccessi. E infine assicurarsi, una volta afferrata la pagnotta, che non sia solo un effetto ottico momentaneo, ma che sotto la crosta croccante ci sia anche uno strato di mollica bianco e soffice. Perché al di là della forma si finisce sempre a dover fare i conti con la sostanza.
Per carità, ognuno ha le sue ossessioni. C'è chi colleziona scarpe, chi farfalle, chi pensa al sesso 36 ore su 24. Mica è da condannare, semmai è una condanna, un dispendio energetico non indifferente, alla cui onda d’urto può resistere solo chi è ben corazzato e ha fatto un’ottima cura ricostituente o praticato uno sport, se non proprio a livello agonistico, quasi.
Tornando alle ossessioni, c’è perfino chi colleziona aperitivi, sperando che prima o poi non gli venga una gastrite cronica. E in fatto di aperitivi, anche qui i giornalisti sono maestri.
C’è poco da fare: al giornalista l’aperitivo piace. Perché aggrega, assopisce, consola e favorisce l’inciucio e poi lo struscio. Certo, se è un prosecco d’annata, è ancora meglio. E tutto fila liscio come l'olio.
Sì, certo, la “nuova ossessione corrode ogni momento”, per dirla con i Subsonica. Ma è inevitabile, sul fondo della bottiglia resta un dubbio: appena finito di inciuciare, i giornalisti, come sano relax, preferiscono lo slow sex oppure si dedicano alla sveltina?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
Per carità, ognuno ha le sue ossessioni. C'è chi colleziona scarpe, chi farfalle, chi pensa al sesso 36 ore su 24. Mica è da condannare, semmai è una condanna, un dispendio energetico non indifferente, alla cui onda d’urto può resistere solo chi è ben corazzato e ha fatto un’ottima cura ricostituente o praticato uno sport, se non proprio a livello agonistico, quasi.
Tornando alle ossessioni, c’è perfino chi colleziona aperitivi, sperando che prima o poi non gli venga una gastrite cronica. E in fatto di aperitivi, anche qui i giornalisti sono maestri.
C’è poco da fare: al giornalista l’aperitivo piace. Perché aggrega, assopisce, consola e favorisce l’inciucio e poi lo struscio. Certo, se è un prosecco d’annata, è ancora meglio. E tutto fila liscio come l'olio.
Sì, certo, la “nuova ossessione corrode ogni momento”, per dirla con i Subsonica. Ma è inevitabile, sul fondo della bottiglia resta un dubbio: appena finito di inciuciare, i giornalisti, come sano relax, preferiscono lo slow sex oppure si dedicano alla sveltina?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
Nella foto, la locandina della magnifica "Ossessione" di Luchino Visconti (film del 1943, tratto dal romanzo "Il postino suona sempre due volte" di James Mallahan Cain).
5 commenti:
Il sesso fa muovere il mondo (e forse anche le altre stelle ?).
L'ossessione è invece spesso frutto della repressione (specie in questo Paese dalla mentalità caZZolica)...e così il sesso finisce spesso x trasformarsi in morbosità.
appena finito di inciuciare, i giornalisti, come sano relax, preferiscono lo slow sex oppure si dedicano alla sveltina?
possiamo scegliere?
Eh no, mi dispiace tanto, ma credo che stavolta non ci sia proprio altra scelta! :) E.
Nella multiformità del nostro reale, presi dalle regole, dalle frustrazioni, dalle vite altrui, i giornalisti dimenticano che il sesso è lusso, o come dice Sgarbi, è un cocomero. Mai nessuno ha detto che è divertente. Solo Jared Diamond riconosce la chiave di un problema di biologia evolutiva: «i comportamenti sessuali sono direttamente influenzati da meccanismi competitivi, che si sono affinati evolutivamente allo scopo di migliorare la probabilità di trasmettere i propri geni» (J.D., Perché il sesso è divertente?, BUR, 2006).
Accantonato il "mestiere" dell'intellettuale, forse è solo una strategia, un ottimo argomento per 'rompere il ghiaccio' della monotonia.
L'attrice Scarlett Johansson ha dichiarato:"Amo il sesso, è peccato?" La chiesa è baluardo della moralità che si vorrebbe recuperata, una bussola...
La morbosità è nevrosi, è negli occhi di chi la guarda, un'urgenza inderogabile per via dei bisogni che soddisfa in noi, un tentativo-bisogno di conferme, un sollievo dalla solitudine.
Per i media il sesso è la negazione della cronaca, è un cibo predigerito, svuotato di senso, consumato in fretta, e altrettanto velocemente rigenerato e riproposto.
Parlare di sesso, serve a farne sempre meno,e a.. diminuire la popolazione mondiale. Lo si intuisce leggendo il blog del prof. Luigi De Marchi che lo ripete di continuo: «L'aumento irrazionale, e non arginato, della popolazione è un elemento antierotico, ne diminuisce la carica simbolica, distrugge le stesse fonti, che l'eros, dovrebbero poterlo irradiare».
Bentornato!! :) E.
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