venerdì 22 agosto 2008

Eugenio Bennato: la folgorante voce del Sud

Si può saltare al ritmo della taranta per ben tre ore? Direi proprio di sì. E' esattamente ciò che è accaduto a piazza S. Pietro a Riposto (Giarre), dove Eugenio Bennato, col suo piglio intarantato, si è divertito a ubriacare coi suoi musicisti e i suoi coristi etnici un pubblico di tutte le età. Musiche migranti fa anche questo. E festeggia i suoi primi dieci anni quasi di fronte al porto turistico. In una località straordinaria, dove ad ogni angolo di strada si respira l'odore del mare e sembra di assaporare il pesce appena pescato. Gli amici di Amnesty International (un saluto particolare a Simonetta Cormaci!) ne hanno approfittato per raccogliere le firme per un appello rivolto al ministro degli Esteri Frattini, per chiedere accoglienza sanitaria, economica e legale per i sempre più numerosi (ormai sono circa 4,7 milioni) sfollati e rifugiati politici iracheni nel nostro Paese (per firmare gli appelli, potete cliccare su http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/73).

Io invece ne ho approfittato (la tentazione era davvero irresistibile!) per scivolare, al termine del concerto, nel backstage e parlare un po' con l'inossidabile Eugenio Bennato ( incredibile, a parte qualche goccia di sudore, avrebbe volentieri ricominciato a suonare!!). E così, ho partorito un'intervista, che potete leggere qui di seguito. Ah, mi raccomando: il prossimo appuntamento con lui sarà dal 26 al 30 agosto a Kaulonia, in terra di Calabria.


Per fortuna ci pensa la musica a fare ciò che nessun governo sta riuscendo a fare. Per fortuna ci pensa la musica a sanare i dissidi, a rimarginare le fratture tra i popoli ormai divenute voragini, a placare le ire guerresche. E lo fa scavando un profondo canale di comunicazione, di dialogo, di scambio. E’ questa la musica popolare di Eugenio Bennato, un sound coinvolgente, avventuroso, che- come la luce bianca filtrata da un prisma che si scompone in mille colori, quelli dell’arcobaleno- sintonizza sulla stessa lunghezza d’onda l’eco frastagliata del Mediterraneo. Una colonna sonora, la sua, di chi è sempre in viaggio, del migrante che non si ferma, ma vive sempre l’ebbrezza dell’attesa di approdare in porti lontani. E Bennato è così, sempre in viaggio, senza sosta, neppure per un attimo, neppure dal palco di Musiche migranti a Riposto, rassegna giunta alla sua decima edizione. E piazza S. Pietro assiste a quasi tre ore di concerto. Un’unica tirata senza sosta che Bennato regala al pubblico (a fine serata, non sembra voler smettere di suonare) in una delle numerose tappe di un tour in giro per l’Italia. In attesa di approdare, dal 26 al 30 agosto, al Kaulonia Tarantella Festival, in provincia di Reggio Calabria, in cui vestirà i panni di direttore artistico. “Aprirò la kermesse che, nel segno della tarantella, unirà tanti linguaggi musicali diversi, con un mio concerto. Ci saranno tantissimi ospiti: Teofilo Chantre, Peppe Voltarelli, Ciccio Merolla, Raiz, Ornella Vanoni, Pietra Montecorvino, la più grande voce del Sud”. Di quel “Grande Sud” che Bennato non smette mai di celebrare e che ha omaggiato con grande generosità per tutta la serata.

“Il sud, se solo si piangesse un po’ meno addosso, riuscirebbe ad andare davvero lontano”, dice. Trent’anni di musica alle spalle, 17 dischi, una passione sfrenata per la musica popolare (Bennato nel ’69 fonda la Compagnia di Canto Popolare, all’epoca una vera scommessa, il primo e più importante gruppo di ricerca etnica e revival della musica popolare dell’Italia del sud) . Un’ inesauribile creatività che si traduce in innumerevoli progetti e un amore sconfinato per la Taranta (nel ’98 crea il movimento “Taranta power”, per ringiovanire il ritmo della Tarante rituale rivisitata in chiave moderna. La sua specialità è sviscerare fino al midollo le nostre radici, ma a una condizione: mantenere sempre lo sguardo rivolto verso il futuro. E’ questa la chiave di volta di un artista che, grazie al suo talento, è riuscito ad armonizzare passato e futuro, passando dal presente.
“Del resto, bisogna ammettere che la musica popolare sta compiendo una piccola rivoluzione in Italia”.

Cioè?
“Quella di non appiattirsi sulla perdita di identità, ma di lanciare una grande scommessa: diventare internazionale. Per esempio, esportare in tutta Europa una nuova espressione della Taranta è possibile. E devo dire che ha riscontrato anche una buona accoglienza”.
Per Eugenio Bennato, il futuro, piuttosto roseo, della musica popolare è segnato proprio da chi l’ascolta, ragazzi giovanissimi che ballano al ritmo della Taranta, lasciandosi avvolgere dalle sue sonorità, dalla sua energia. “Spesso vengono ai miei concerti portandosi dietro il tamburello, la chitarra battente”. Proprio com’è avvenuto nella gremita piazza S. Pietro di Riposto. “La musica è in crisi, è vero, ma quella di matrice popolare sicuramente no. Anzi, direi che è un boom che sta esplodendo in tutta Italia”.

Una scelta estetica netta, che ha segnato inequivocabilmente la sua forte identità artistica.
“Proprio così. Del resto, io fin dall’inizio ho amato e continuo ad amare le melodie sospese tra Napoli e il Brasile, tra la Sicilia e l’Africa del nord. Poi questo corrisponde anche a una scelta di ordine sociale. Nella società globalizzata, la perdita di identità è davvero un disastro”.

Il Sud è davvero grande?
“Sì, perché non è un concetto geografico limitato alla mia città, alla Sicilia, alla Calabria. Il Sud è un modo diverso di essere, più legati alla verità, alla vita, alla musica che accompagna la giornata. Tutto il Sud del mondo ha queste caratteristiche”.

Quindi il Mezzogiorno non è una spina nel fianco?
“Beh, nella musica non lo è senz’altro. Non dimentichiamo che gli schiavi neri con la loro musica hanno conquistato l’America. Basta pensare solo a questo per capire quanta energia c’è nel grido lacerato di un uomo del sud”.

Lei su questo palco ha cantato il Mediterraneo come metafora della vita, la melodia della dimenticanza, il migrante che si aggrappa disperatamente alla sua canzone, quella della povertà, e che su quel treno per Milano sente “una musica che batte/come batte forte il cuore/ di chi parte contadino e arriverà terrone". O di chi si porta dietro un sogno “grande come è grande il mare/che si porta i bastimenti /per le Americhe lontane".
Eugenio Bennato invece dove vorrebbe migrare?
“Dovunque è possibile farlo. Io penso che l’umanità debba viaggiare, spostarsi. Non è più possibile pensare che noi non ci interessiamo a tutte le isole del mondo, anche se magari fisicamente non è possibile arrivarci. Questo è un grande rimedio all’incomprensione fra i popoli, fra le razze, fra le lingue. La musica oggi ha un ruolo fondamentale come elemento di aggregazioe e superamento delle barriere”.

Il Sud è un’espressione molto complessa, che racchiude in sé tante realtà. Quali sono le differenze che le balzano subito agli occhi tra i vari angoli del sud Italia (Calabria, Sicilia, Campania, ecc.)?
“La Calabria, per esempio, seppure così disastrata, ha una fortissima tradizione musicale. Mentre Napoli e la Sicilia si sono un po’ troppo turistizzate, sono abbellite da troppi fiocchetti. Certo, qui ci sono senz’altro personaggi straordinari come Alfio Antico, musicisti di grande spessore, però spesso il folclore siciliano non è moderno, ma è decisamente troppo macchiettistico, oleografico. Mentre in Calabria invece vedi queste ragazze vestite in nero che sono davvero l’espressione del nostro flamenco”.

Ultima domanda: la sua Napoli, a cui stasera ha voluto dedicare “Tammurriata nera” di Roberto Murolo, e la “munnezza”. Una resurrezione a nuova vita è possibile?
“Io sono nato a Napoli e le devo tanto. Nonostante tutti i suoi problemi, resta una città aperta, con una grande vitalità. Credo che potrebbe fare grandi passi in avanti, ma deve smetterla di frignare e lamentarsi”.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Boutande eno-gastro-nomica (ma non meno veritiera):

E' curioso che nel Mezzogiorno, anziché pranzare a mezzogiorno, si preferisca farlo alle 13 o alle 14.
Quantomeno, nel Settentrione, si cena alle sette !

Stella mattutina ha detto...

Ti assicuro che il concerto è stato bellissimo. E.

Anonimo ha detto...

"A Sud di Mozart" esiste una "meridionalità" musicale? Eugenio Bennato nasce come autore alla "Numero Uno" di Lucio Battisti col desiderio (sempre rimandato) di scrivere testi per Mia Martini. Prima di abbracciare la "Canzone di protesta" per divenire capofila della "musica nova", nel '70 fu non a caso un cantastorie in un film di Blasetti ("Napoli 1860: la fine dei Borboni").

In pochi ricordano il suo ingresso sanremese nel '90 con Tony Esposito con una canzone un po' banale "Novecento Aufwiedersehen"... dove «quelli come noi / Che nei bar e le cantine / Suonavano per streghe e marinai...».

Eugenio Bennato è maturato molto; soprattutto bevendo spremute di folk, cocktail vitaminici di musica latino-americana, sciroppi di note partenopee, esotici drink etnici (come il pop raï algerino, o il rap marocchino in dialetto darija, le parole e le litanie in lingua monzambica).

Una sete ostinata di sonorità passionali e umorali dal sapore amaro, di quel gusto che solo la storia e la cultura dei sud del mondo tramandano da secoli e che nulla hanno a che vedere con la "musica del potere". La poesia dei cantastorie, le filastrocche ossessive, la contaminazione dei generi, la mediterraneità, le "tarante" coinvolgenti mitigano un "vento del sud" pieno di disperazione ma dal grande cuore, pieno di speranze.

Indefinibile la sua alchimia musicale, frutto di ricerca e di riscoperta della musica popolare: definibile in parte new age, in parte musica "world".
E dire che Eugenio Bennato aveva conseguito la Laurea in Ingegneria nucleare presso l'Università degli Studi Federico II di Napoli...
Probabilmente concorda con Einstein quando dice che "la scienza può solo accertare ciò che è, ma non ciò che dovrebbe essere, ed al di fuori del suo ambito restano necessari i giudizi di valore di ogni genere" (Albert Einstein, Pensieri degli anni difficili, Boringhieri, Torino, 1965, p. 134.).

Stella mattutina ha detto...

Vedi? I percorsi della vita sono imprevedibili... E.