lunedì 4 agosto 2008

L'irresistibile fascino della trasparenza


Cari amici, l'altra sera il quotidiano "La Sicilia" mi ha spedito come inviata a San Giovanni La Punta, uno dei paesi alle pendici dell'Etna. Aria sana, un'autentica boccata d'ossigeno a pieni polmoni, direi una piacevole, seppur temporanea, fuga dal caos catanese...

Ma soprattutto, la gioia di un incontro. Quello con Leo Gullotta, a cui è stato consegnato, nell'Anfiteatro comunale, il premio "Turi Ferro", giunto ormai alla sua terza edizione.

Leo, grazie per la bella serata. Grazie per la tua amicizia, semplicità, umanità e per averci ricordato che la diversità è ricchezza e che bisogna avere il coraggio di essere diversi. Sei la dimostrazione vivente di come si può arrivare al successo partendo da zero. Senza essere figli d'arte, né figli di papà. Senza essere raccomandati, né ricchi, né furbi. Senza essere imbroglioni, disonesti, arraffoni, ecc, ecc. Insomma, per dirla in breve, con tanta fatica e dedizione, e grazie al proprio talento e alla propria tenacia. E di come poi, una volta arrivati al successo, si può restare se stessi, rimanendo fedeli ai propri valori e coi piedi ben piantati a terra, senza tirarsela affatto.

Pubblico qui di seguito, l'articolo che ho scritto sulla serata, apparso su "La Sicilia" del 5/08/2008. Nelle foto, Leo Gullotta e io insieme a Ida Carrara, moglie di Turi Ferro.


Un adorabile cruccio, ma soprattutto un seme aureo da spargere senza risparmio su chiunque avesse la fortuna di assistere a qualcuno dei suoi spettacoli. Questa fu la sicilianità per Turi Ferro. Ma non per la Sicilia, troppo spesso prigioniera di chichè infarciti di folclore e ormai sempre più argomento banale e semplicistico, denigratorio e a tratti perfino irriverente. E non a torto, quando si allude a una sicilianità malata, discriminante, che limita e castra. Quella che ci fa sentire al centro del mondo, e ci impedisce di guardare al di là di un orizzonte, il nostro, piccolo e meraviglioso.

Ecco perché Leo Gullotta preferisce iscriversi alla schiera di quei siciliani che, pur amando moltissimo la loro terra, si ostinano a guardare al di là di quell’orizzonte, quanto meno per cercare di capire che cosa c’è. E lo sottolinea dal palco dell’Anfiteatro di San Giovanni La Punta, mentre la consorte di Turi Ferro, Ida Carrara, anche lei attrice (sarà la protagonista di uno spettacolo della prossima stagione dello Stabile, un omaggio alle più note scrittrici del ‘900), gli consegna in mano il pesantissimo premio dedicato al marito, che l’assessorato comunale al Turismo e allo spettacolo ha organizzato con cura per il terzo anno consecutivo. E lo fa alla presenza di 2000 persone che lo applaudono con affetto quasi ad ogni parola pronunciata dal palco con la consueta familiarità e simpatia che lo caratterizzano.

“Un premio che quest’anno va a Leo Gullotta perché è un attore che si è formato alla scuola di Turi Ferro e ne ha saputo raccogliere l’eredità, attraverso una straordinaria poliedricità, che gli permette di passare con estrema disinvoltura dal comico al tragico, e attraverso lo spessore umano, che lo rende un uomo davvero straordinario”, scandisce Sara Zappulla Muscarà, docente di Letteratura italiana all’Università di Catania e appassionata studiosa di Turi Ferro e del suo teatro, che ha espresso la motivazione del premio.

Un premio dunque all’attore e all’uomo Gullotta, che non manca di ricordare il suo incontro fatale col celebre attore conterraneo, agli esordi di quella che poi si sarebbe rivelata una fortunata carriera: “Avevo 14 anni e sono entrato allo Stabile per pura curiosità, restandoci poi dal ’61 al ’72. Allora, sapete, non c’erano i mezzi di comunicazione di oggi. E, come una spugna, ho iniziato ad assorbire quell’acqua, un’acqua sana, pulita e onesta. L’acqua che sgorgava dall’insegnamento di Turi Ferro e dalla disciplina di Mario Giusti, l’allora direttore del Teatro”, ricorda Gullotta, non senza un filo di emozione. Lui, ultimo di sei figli, nato e cresciuto al Fortino di Catania, un quartieraccio. Eppure il padre pasticciere lo ha mandato subito a scuola, a differenza di tanti suoi più sfortunati compagni di gioco.

“I miei mi hanno insegnato tre cose molto importanti: il rispetto per i diritti degli altri, non dare facili giudizi ed essere onesti”. Ed è proprio l’onestà il più alto valore che Turi Ferro gli ha trasmesso: “Lo ricordo come una persona onesta nel lavoro e nella vita, e molto esigente”. Esigente ai limiti del perfezionismo. Ma andava bene così. Visto che oggi siamo arrivati all’estremo nell’altro senso: “C’è una totale mancanza di disciplina e di studio. Si è convinti di poter arrivare subito al successo, si va troppo di fretta e ci si monta subito la testa. Il successo invece dev’essere innanzitutto con noi stessi, nel senso di riuscire a trovare equilibrio e serenità prima di tutto dentro di noi”, dice Gullotta, un attimo prima di passare a scherzare sui programmi televisivi, specie su quelli di costume. “L’importante è apparire, anche senza essere. Mostrare l’iPhone, anche se poi non lo si sa usare”.

Del resto, la tivù vuole stupire a tutti i costi e ammorbare le coscienze critiche. “Siamo tutti in preda a un virus. Non sappiamo più distinguere la qualità dalla banalità. Anche i politici che vanno in tivù cercano solo di farsi notare e basta. Se poi non hanno validi argomenti, poco importa”. Non dimentichiamoci che la diversità è ricchezza, e non bisogna avere paura di esprimerla. Un rapporto d’amore-odio, quello di Leo Gullotta con la televisione, che dice “siamo costretti a subire, mentre invece col cinema e col teatro per fortuna possiamo scegliere noi che cosa andare a vedere”. Reduce da due anni di tournèe con “L’uomo, la bestia, e la virtù” di Luigi Pirandello, ha appena finito di girare un film in Francia, “Quella sera”, e continuerà la sua collaborazione con gli amici del Bagaglino.


Abituato a vestire panni sempre nuovi, perché “l’attore è un clown che si deve saper donare a tutto e a tutti, con grande piacere e grande voglia”, e a interpretare ruoli totalmente diversi gli uni dagli altri, visto che “il medico, se cura un raffreddore, non vale meno di quando opera per una cistifellea”, tornerà in scena ancora con Pirandello, inaugurando il 14 ottobre la prossima stagione teatrale dell’Eliseo a Roma con “Il piacere dell’onestà”. Già, l’onestà, che ormai è diventata una favola. A metà serata, Gianni Bella, che di recente ha presieduto la giuria del festival di Castrocaro, selezionando in appena 20 giorni 450 giovani musicisti, rispolvera prima la sua più bella creazione portata al successo da Adriano Celentano, “L’emozione non ha voce”, e poi, la dolce e intensa “Dormi amore”, scritta sempre da lui per l’ultimo album del molleggiato. E annuncia: “Il Teatro Stabile di Catania mi ha coinvolto, comporrò le musiche di “Civitoti in pretura”.

Nel corso della serata, non sono mancati momenti di danza acrobatica con i Camutis Dance Company e la campionessa mondiale di scherma Rossella Fiammingo, e la reinterpretazione da parte di Edoardo Comis della parodia di Hitler ne “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin. In chiusura, un mini-concerto del popolarissimo Al Bano che, con la sua ugola d’oro, ha interpretato i suoi più grandi successi di oggi e di ieri, con una scaletta dettata dal pubblico. E un appello di Leo Gullotta: “Ora, dopo San Giovanni La Punta, ci attendiamo un omaggio a Turi Ferro da Catania e dal Teatro Stabile”.

Elena Orlando
(elyorl@tiscali.it)

3 commenti:

Marco Cavallaro ha detto...

Leo è stato e sarà sempre un esempio per chi come me ha lasciato la sicilia per inseguire il suo sogno.

Stella mattutina ha detto...

E che sogno... Beh, però, visti i risultati, direi che ne è valsa la pena

Stella mattutina ha detto...

Ehilà, guardati in home page e vedi un po' se ti piaci... E.