-Scusi, mi sono persa Arlecchino. Lei mica l’ha visto?
- A dire il vero ce l’ho qui davanti.
-Come scusi?
-Ma davvero non lo vede?
-Che fa mi prende in giro?
-Non ci penso nemmeno. Arlecchino è qui, proprio qui davanti.
-Ma che cosa dice? Lo cerco da un’ora! Ci prova gusto a prendersi gioco di me, dica la verità? Eppure una signora come lei, di aspetto gradevole, di mezza età, seria quanto basta, non dovrebbe comportarsi così con una giovane donna, per di più straniera, arrivata da poco in questa odiosissima città.
-Ma lei, scusi, è proprio fuori strada. E perché mai dovrei esprimerle la mia solidarietà, o umana comprensione o peggio, regalarle un afflato di umanità vera e sincera? Non sa che invidio profondamente la sua giovinezza? E poi non sa che il mondo affoga nella falsità più devastante? Cosa vuole che sia Arlecchino in un mondo dove ognuno recita una parte. Ormai siamo tutti un po’ Arlecchino. Un po’ io, un po’ lei. Insomma, come le dicevo prima, Arlecchino è qui con noi.
- (sospira, alza gli occhi al cielo e appoggia le mani sui fianchi) Lei è davvero insopportabile, lo sa?
-Certo! Recito questa parte da anni. Da anni recito me stessa. Seriosa, antipatica e rompiballe. E lei invece che parte recita, quella della damigella smarrita, o della cuccioletta in calore? Ah, forse ho capito: lei recita la parte della finta ingenua. Ma si ricordi una cosa: io le starò pure antipatica ma almeno le ho detto la verità. Ma lei evidentemente non apprezza. Le sembra che i sorrisi che le fanno sono tutti sinceri? Le cose che le raccontano o le fanno pensare siano tutte vere? Ciò che gli altri le fanno apparire è esattamente la realtà delle cose? Eh no, guardi che spesso è l’esatto contrario.
-Quindi viviamo in un mondo falso.
-Esatto. Vedo che apprende in fretta (annuisce col capo, poi si passa un fazzoletto sulla fronte…) Che sudata. La gente è così testarda, ostinata, illusa. Ma si può sapere che cosa c’è di tanto difficile da capire?
-Se mi dicesse dov’è scappato Arlecchino, forse sarebbe tutto un po’ più semplice. Comunque ha ragione. L’altro giorno parlavo con un tizio che mi stava davvero antipatico. E mica potevo dirglielo. Mentre lui parlava a me e io a lui, abbiamo recitato entrambi. Probabilmente avremmo pensato una decina di volte “oddio quant’è insopportabile”, senza dircelo nemmeno una volta. All’apparenza eravamo cordiali e gentili. Insomma, in poche parole, falsi. Ma che c’entrano le maschere di Carnevale come quella di Arlecchino?
-C’entrano eccome. Ognuno di noi sceglie la maschera più adatta a se stesso. E poi, voilà, comincia a recitare la sua parte.
-Beh, non è proprio così. Magari è solo una maschera che gli altri gli costringono a mettere. Che ne so, lei è allegra e gliene mettono una triste, è intelligente e gliene appiccicano una da scema, o viceversa.
-(Sorride) Vedo che comincia a capire. Meno male. Certo, può accadere che la maschera indossata ce l’abbiano messa magari in un contesto in cui ci si deve comportare per forza in un certo modo.
-Eh già. Io per esempio in ufficio vorrei tanto ballare ma non posso. O baciare il mio collega sulle labbra, giocare con l’iPhone e canticchiare una canzone di Neffa. Se lo facessi mi prenderebbero per pazza e mi porterebbero dritta dritta al manicomio. Ora che ci penso, l’altro giorno ho parlato con un tipo che mi piaceva tantissimo, dico tantissimo. E mica gliel’ho fatto capire. Tutt’altro. Ho fatto finta di niente. Come se mi fosse del tutto indifferente.
-(Con l’indice disapprova) Eh no, questa mica è falsità. Questa è timidezza.
-Sì, d’accordo, però ho capito cosa intende dire.. (Guarda l’orologio) Scusi ma è passata mezz’ora. E di Arlecchino non c’è traccia! Come faremo? Dobbiamo provare lo spettacolo di Carnevale!
-(La signora si avvicina alla ragazza e le dà una vigorosa pacca sulla spalla. Poi si sfila lentamente la sciarpa di seta dal collo) Non si preoccupi, lo spettacolo lo facciamo noi. Mica c’è una sceneggiatura! E’ Carnevale tutti i giorni.
-(Ride) Vabbè… Lei esagera… Signora, lei è un’iperbole vivente!
-Un Ape.. che? (fa il broncio) Questo non me l’aveva mai detto nessuno. Lei è una tipetta originale, sa? Vada, vada, cerchi pure il suo Arlecchino. Faccia pure il suo spettacolo. Festeggi pure il suo Carnevale. Tanto il Carnevale più bello è quello che vive ogni giorno, alla fermata dell’autobus, al lavoro, a casa, perfino sotto l’ombrellone.
La ragazza saluta la signora bionda con gli occhiali da sole e i capelli cotonati, il cappotto marrone e il collo di volpe color miele e riprende la sua ricerca. Cammina e ripensa alle parole di quella signora e alle vene sporgenti delle sue mani anziane. E se avesse davvero ragione?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
- A dire il vero ce l’ho qui davanti.
-Come scusi?
-Ma davvero non lo vede?
-Che fa mi prende in giro?
-Non ci penso nemmeno. Arlecchino è qui, proprio qui davanti.
-Ma che cosa dice? Lo cerco da un’ora! Ci prova gusto a prendersi gioco di me, dica la verità? Eppure una signora come lei, di aspetto gradevole, di mezza età, seria quanto basta, non dovrebbe comportarsi così con una giovane donna, per di più straniera, arrivata da poco in questa odiosissima città.
-Ma lei, scusi, è proprio fuori strada. E perché mai dovrei esprimerle la mia solidarietà, o umana comprensione o peggio, regalarle un afflato di umanità vera e sincera? Non sa che invidio profondamente la sua giovinezza? E poi non sa che il mondo affoga nella falsità più devastante? Cosa vuole che sia Arlecchino in un mondo dove ognuno recita una parte. Ormai siamo tutti un po’ Arlecchino. Un po’ io, un po’ lei. Insomma, come le dicevo prima, Arlecchino è qui con noi.
- (sospira, alza gli occhi al cielo e appoggia le mani sui fianchi) Lei è davvero insopportabile, lo sa?
-Certo! Recito questa parte da anni. Da anni recito me stessa. Seriosa, antipatica e rompiballe. E lei invece che parte recita, quella della damigella smarrita, o della cuccioletta in calore? Ah, forse ho capito: lei recita la parte della finta ingenua. Ma si ricordi una cosa: io le starò pure antipatica ma almeno le ho detto la verità. Ma lei evidentemente non apprezza. Le sembra che i sorrisi che le fanno sono tutti sinceri? Le cose che le raccontano o le fanno pensare siano tutte vere? Ciò che gli altri le fanno apparire è esattamente la realtà delle cose? Eh no, guardi che spesso è l’esatto contrario.
-Quindi viviamo in un mondo falso.
-Esatto. Vedo che apprende in fretta (annuisce col capo, poi si passa un fazzoletto sulla fronte…) Che sudata. La gente è così testarda, ostinata, illusa. Ma si può sapere che cosa c’è di tanto difficile da capire?
-Se mi dicesse dov’è scappato Arlecchino, forse sarebbe tutto un po’ più semplice. Comunque ha ragione. L’altro giorno parlavo con un tizio che mi stava davvero antipatico. E mica potevo dirglielo. Mentre lui parlava a me e io a lui, abbiamo recitato entrambi. Probabilmente avremmo pensato una decina di volte “oddio quant’è insopportabile”, senza dircelo nemmeno una volta. All’apparenza eravamo cordiali e gentili. Insomma, in poche parole, falsi. Ma che c’entrano le maschere di Carnevale come quella di Arlecchino?
-C’entrano eccome. Ognuno di noi sceglie la maschera più adatta a se stesso. E poi, voilà, comincia a recitare la sua parte.
-Beh, non è proprio così. Magari è solo una maschera che gli altri gli costringono a mettere. Che ne so, lei è allegra e gliene mettono una triste, è intelligente e gliene appiccicano una da scema, o viceversa.
-(Sorride) Vedo che comincia a capire. Meno male. Certo, può accadere che la maschera indossata ce l’abbiano messa magari in un contesto in cui ci si deve comportare per forza in un certo modo.
-Eh già. Io per esempio in ufficio vorrei tanto ballare ma non posso. O baciare il mio collega sulle labbra, giocare con l’iPhone e canticchiare una canzone di Neffa. Se lo facessi mi prenderebbero per pazza e mi porterebbero dritta dritta al manicomio. Ora che ci penso, l’altro giorno ho parlato con un tipo che mi piaceva tantissimo, dico tantissimo. E mica gliel’ho fatto capire. Tutt’altro. Ho fatto finta di niente. Come se mi fosse del tutto indifferente.
-(Con l’indice disapprova) Eh no, questa mica è falsità. Questa è timidezza.
-Sì, d’accordo, però ho capito cosa intende dire.. (Guarda l’orologio) Scusi ma è passata mezz’ora. E di Arlecchino non c’è traccia! Come faremo? Dobbiamo provare lo spettacolo di Carnevale!
-(La signora si avvicina alla ragazza e le dà una vigorosa pacca sulla spalla. Poi si sfila lentamente la sciarpa di seta dal collo) Non si preoccupi, lo spettacolo lo facciamo noi. Mica c’è una sceneggiatura! E’ Carnevale tutti i giorni.
-(Ride) Vabbè… Lei esagera… Signora, lei è un’iperbole vivente!
-Un Ape.. che? (fa il broncio) Questo non me l’aveva mai detto nessuno. Lei è una tipetta originale, sa? Vada, vada, cerchi pure il suo Arlecchino. Faccia pure il suo spettacolo. Festeggi pure il suo Carnevale. Tanto il Carnevale più bello è quello che vive ogni giorno, alla fermata dell’autobus, al lavoro, a casa, perfino sotto l’ombrellone.
La ragazza saluta la signora bionda con gli occhiali da sole e i capelli cotonati, il cappotto marrone e il collo di volpe color miele e riprende la sua ricerca. Cammina e ripensa alle parole di quella signora e alle vene sporgenti delle sue mani anziane. E se avesse davvero ragione?
Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)
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