martedì 16 dicembre 2008

Il Castello di Donnafugata e la leggenda della donna fuggita


Il castello di Donnafugata si perde nella leggenda, che vuole la regina Bianca di Navarra rinchiusa dal perfido conte Bernardo Cabrera, signore della Contea di Modica, in una stanza dalla quale riuscì a fuggire attraverso le gallerie che conducevano nella campagna che circondava il palazzo. Da qui il nome dialettale “Ronnafugata”, cioè “donna fuggita”. Abile stratega, scaltro, crudele e potente come nessun altro sull’isola, il conte Bernardo era temuto persino dai sovrani di Palermo che non fecero nulla per ridimensionare il suo potere. Entrato nella leggenda, divenne presto oggetto di una serie di storie popolari. Si diceva, ad esempio, che nascondesse un tesoro consistente in una capra tutta d’oro, la quale sarebbe saltata fuori dal luogo in cui era nascosta dopo un complicato incantesimo.


Si racconta inoltre che facesse fare una brutta fine a tutti coloro che lo ostacolavano e soprattutto ai suoi nemici tra i quali ci furono anche i Chiaramonte. In realtà è documentato che la principessa non mise mai piede nel Castello dato che ai suoi tempi (XIV secolo) il palazzo non era ancora stato edificato.


La regina Bianca, nella fuga disperata per sottrarsi all'accanito e potente Bernardo, per la fretta rinunciò pensino a vestirsi. Seminuda e con i lunghi capelli lungo le spalle, corse verso il porto in cui trovò rifugio sopra una galera ormeggiata presso la riva, dove protetta dalle ombre della notte, con la lunga camicia tirata fin sopra le ginocchia, si immerse senza esitare nelle gelide acque del mare per raggiungere la salvezza.


Dopo varie ricerche, il conte Bernardo la raggiunse e cercò di piegarla, con lusinghe e minacce, ai suoi voleri. Fino a quando, il 15 febbraio del 1412, venne stipulato un accordo alla presenza degli ambasciatori spagnoli. Furono convocati al castello Antonio Moncada e Calcerando Santapau per parte di Bianca, e Arcimbao di Foix e Artale di Luna per il Cabrera. L’accordo fu fatto tutto a vantaggio di lui e a danno della regina ma subito dopo venne violato dai partigiani. Alla fine, dietro compenso sugli introiti della tonnara, il castello venne assegnato come proprietà demaniale da Federico III a Manfredo Layhabixa.


Elena Orlando (elyorl@tiscali.it), pubblicato su "La Sicilia" del 17/12/2008

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