sabato 27 dicembre 2008

Lui… lei… la città… E il vento che sparge i desideri nella notte

I suoi grandi occhi castani contornati di matita nera e ombretto grigio, come fari nella notte, sprigionavano un’irrefrenabile voglia di vivere, godere, amare. Entrò in quel locale a passo felpato, sospesa nei suoi tacchi rosso fuoco alti dodici centimetri. Esile come una canna, la pelle del corpo liscia come seta sapeva di bergamotto che lasciava dietro di sé, nell’aria che attraversava, ad ogni passo.

Le luci soffuse delle candele sui tavoli ovali le illuminavano di un riflesso pallido e ramato i lunghi capelli neri che le incorniciavano il volto, una serie di riccioli le scendevano sulle spalle.
Miss Sixty era naturalmente sensuale, con quelle irresistibili labbra color glicine e un mezzo sorriso stampato in faccia. Sembrava prendersi gioco di tutto e di tutti e non prendere mai niente troppo sul serio. In realtà, si sentiva addosso il peso di ogni cosa. Perfino dello sguardo insistente degli uomini che la spogliavano con gli occhi e col cui desiderio non aveva ancora imparato a convivere.

Il tubino nero di raso l’avvolgeva con soffice delicatezza. Le sue curve appena accennate erano un inquietante mix di carnalità e grazia, sacro e profano, candido e perverso.

Jack sbucò all’improvviso, con la sua giacca marrone di velluto, i soliti occhiali da vista Bikkembergs, mentre lei si era appoggiata da qualche istante allo sgabello rivestito di pelle beidge a forma di conchiglia del bancone viola, fumando una sigaretta, col suo bicchiere di whisky in mano.

Le gambe lunghe e magre, rivestite da autoreggenti nere, accavallate l’una sull’altra, avevano fatto salire talmente tanto il tubino che l’effetto “vedo-non vedo” lasciava scoprire quasi gli slip. Il collo di cigno, come un dipinto di Modigliani, era leggermente inclinato, l’espressione più che mai sognante, il seno piccolo e sodo sotto il vestito aveva vinto ogni timidezza.

Appena lo vide, ebbe un sussulto, un sorriso le accese il volto, mentre strinse la borsetta a sé e iniziò a giocare col ghiaccio del bicchiere che avvicinò al collo. Un brivido le corse lungo tutta la schiena. In sottofondo, lo stereo diffondeva l'avvolgente melodia di "Let the Music Play" di Barry White.

Jack non era da solo
. Ma aveva accanto a sé una misteriosa donna che lei per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto guardare. Eppure lo fece. Fissò lo sguardo su di lei. E fu un attimo di eterno smarrimento. Lui, vago e distratto, appena varcata la soglia dell’ingresso, posò una mano sulla spalla della signorina che lo accompagnava e le indicò il tavolo attorno al quale sedersi.
Miss Sixty a stento tratteneva il fiato. Sarebbe voluta sprofondare in una voragine. Tutto avrebbe sopportato, ma non questo imbarazzante disagio. Ora non le restava che sperare che Jack non si accorgesse di lei. Ma sapeva che prima o poi sarebbe accaduto.

All’improvviso Jack si voltò verso il lungo bancone in stile lounge bar
e indicò con l’indice un paio di bottiglie di vetro limpido e cristallino piene di vodka. E poi, non si sa come, finì per incrociare quei grandi occhi castani che lo fissavano con malizia e incontenibile desiderio.
La calda voce di Barry White ora cantava con insistenza "Can't Get Enough of Your Love, Babe". C’era uno strano odore nell’aria. Come di incenso misto a tabacco. In sala, il fumo avvolgeva tutto di nebbia, donando alla sala un’atmosfera surreale.

Miss Sixty e Jack erano lontani eppur vicini. Circondati da mille persone, eppur soli. Ad ogni boccata di fumo, lei lo eccitava sempre di più. Finché lui si alzò e la raggiunse. L’afferrò con decisione e fermezza per il braccio sinistro e la portò nella toilette in fondo al corridoio, nell’ala destra della sala. Appena in tempo per chiudere la porta dietro che la soffocò con un bacio avvolgente, fino a non farla più respirare. Un bacio lungo, delicato e forte insieme, dal gusto dolce e amaro.

La signorina rimasta al tavolo iniziò a lamentarsi col cameriere di turno. Ma Jack tardava ad arrivare. Nessuno seppe che cosa accadde dentro quella toilette rivestita di mattonelle verdi e lucide. Per loro il tempo si era fermato lì, in quello spazio di cinquanta metri quadrati. Sull’ultima nota di "Change", qualcosa era davvero cambiata. Jack e Miss Sixty attraversarono il locale e schivarono i tavoli tenendosi per mano. Camminavano a passo sincronizzato, senza dirsi neppure una parola. Volarono fuori in fretta. Avevano perso fin troppo tempo.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il passo felpato, il tacco docidi, il tubino vedoNONvedo...bel racconto direi !
Mi piace molto ed io non sono sempre così parco di complimenti nei racconti altrui.
Penso tu abbia bisogno di compagnia: ti attendo il 31 dicembre prossimo con il primo volo Catania-Venezia Marco Polo.
A mezzanotte.
Abbiamo perso anche troppo tempo ;-P

Anonimo ha detto...

Volevo dire prodigo, non parco.
Si vede tanto che sono ambientalista ?

Stella mattutina ha detto...

Direi che sei un ambientalista romantico. Ti piace la sintesi?
:-) Apprezzo i complimenti. Fatti da te, che non sei prodigo, valgono il doppio. E.