sabato 26 febbraio 2011

Nuovi sbarchi: in arrivo un esercito di dsf, donne sessualmente flessibili


L’amore saffico è un lontano ricordo. Si squarcia un velo sul tiaso. La rupe di Leucade è pronta ad accogliere le vittime sacrificali di una nuova svolta. Passati di moda gay e lesbiche, adesso tocca alle donne flexisexual. Baciano le ragazze ma poi vanno coi maschi. Come ha raccontato in un lungo articolo il sito web dell'Abc questo tipo di donna è attratta profondamente dalla bellezza femminile e ama frequentare ragazze carine e sexy. Tuttavia non è né lesbica, né bisessuale, ma continua a preferire sessualmente gli uomini. Così Madonna, già nel 2003 durante gli Mtv Video Music Awards, bacia sulle labbra Britney Spears e Angiolina Jolie racconta alle riviste patinate la sua lunga relazione con Jenny Shimizu ma poi a letto se la sbrigano con gli uomini più virili e attraenti.
Manifesto ideologico di questa nuova tendenza, un brano di Kate Perry del 2008, “I kissed a girl”. «Ho baciato una ragazza e mi è piaciuto il gusto del suo lucidalabbra alla ciliegia - canta la Perry - Ho baciato una ragazza solo per provare, spero che al mio ragazzo non importi».

«Penso che le ragazze bacino altre donne per attirare l'attenzione dei ragazzi, perché questi ultimi pensano che il bacio saffico sia sexy e seduttivo - spiega al sito della Abc la giovane Lauren De Giorgi, laureanda in psicologia alla East Carolina University - Di solito noi siamo ubriache quando facciamo cose simili». Lisa Diamond, autrice del libro Sexual Fluidity: Understanding Women's Love and Desire («Fluidità sessuale: capire l'amore e il desiderio delle donne») afferma che oggi «vi è una crescente consapevolezza che non bisogna essere al 100% gay per avere un contatto sessuale con una persona dello stesso sesso. In passato - continua la scrittrice - qualsiasi forma di attrazione per lo stesso sesso è stata bollata automaticamente come un esempio di bisessualità o di omosessualità. Invece ora ci rendiamo conto che le donne sono molto più complesse».

Esiste anche un sito web (www.flexisexual.net) che permette alle ragazze «sexy, aperte intellettualmente e desiderose di esplorare la propria sessualità» di incontrarsi e chattare con altre donne. Un colpo al cuore in un’epoca mai tanto conservatrice come la nostra, costellata da ipocrisie e falsità rivestite di un abito perbenista e bacchettone. Un’epoca che fa eco a quella vittoriana. Poi poco importa se tra le mura domestiche esplodono i più grandi drammi, nelle strade si consumano le peggiori violenze, le donne belle e disinvolte ma anche intelligenti e colte devono dimostrare dovunque e comunque che hanno pure qualche idea e un briciolo di cervello.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

Futuro e libertà: tra un po' saranno in due a ballare l'alligalli


Ad uno ad uno i guerrieri hanno deposto le armi, si sono scrollati di dosso l’armatura, hanno abbandonato il campo di battaglia. E così “Futuro e libertà”, il movimento politico di Gianfranco Fini si è immaginato per un attimo gigante ma poi, guardandosi allo specchio, ha scoperto di essere soltanto un pigmeo, un lampo fulmineo nel cielo nero del dissenso rivolto al Pdl. Una luce flebile, più che un faro abbagliante. E così, senza dieta, il Fli ha finito talmente per assottigliarsi che rasenta l’anoressia. Certo, poteva andare anche peggio. Potevano anche rimanere in due a ballare l’alligalli: ovvero Gianfranco Fini e Italo Bocchino. Ma di sicuro non è andata bene. Per farla breve, il gruppo Fli al Senato si è dissolto: erano in 10, ora a Palazzo Madama sono rimasti in 6. E lo scioglimento è d’obbligo, visto che il numero minimo è di 10 senatori. A lasciare, dopo Pontone e Menardi, hanno ufficializzato anche l'ex capogruppo Pasquale Viespoli e Maurizio Saia. Divergenze insuperabili, la motivazione ufficiale.
Resta invece Baldassarri, un voto "cruciale" per il federalismo in Commissione bicamerale.
Alla Camera, un po’ meglio: resistono in 29. Ma in bilico restano soprattutto Adolfo Urso e Scalia, corteggiatissimi dal Pdl. E pure l'ex ministro Andrea Ronchi. Sapranno resistere alla voce del padrone?

Ma che cos’è che non convince di un gruppo nato per assestare il definitivo colpo di grazia a un premier considerato ormai alle ultime battute? Probabilmente la risposta è da rasoio di Occam. E sta tutta in due parole dello slogan “un'alternativa competitiva all'attuale centro-destra". Appunto. Un’alternativa competitiva. Attualmente un lontano miraggio. Se ne sono accorti anche loro. Tant’è che il decreto milleproroghe ala Camera è passato con 309 voti di fiducia e 287 no. Bel risultato per Silvio Berlusconi che ha riconquistato il voto di molti ex finiani. Magie da Cavaliere, che alla fine ha sventato l’ennesima congiura. E, a dispetto di opinionisti convintissimi dell’imminente tracollo, della rapidissima discesa, della funesta fine, chissà come mai, finora continua a resistere…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

venerdì 25 febbraio 2011

Emma Marrone difende le donne con "Calore". E strappa Kekko ai Modà?


Canta con la voce e non con le tette. L’ha detto lei. Emma Marrone. Un prodotto sfornato caldo dalla scuderia di “Amici”. Novella creatura di Maria De Filippi. Ma se lo scrivono i giornali, che è un prodotto da talent, lei si arrabbia. E ha ragione. Perché non è un’etichetta discografica stampata in faccia, ma un marchio impresso a fuoco sulla pelle che rischia di provocare un vero e proprio ostracismo. Peggio di una bolla papale. Si sa, da essere considerati un prodotto da talent a venir riconosciuta come un’artista con personalità e talento il passo è lungo. Se poi ci si mette pure Luttazzo Fegiz che i talent non li può proprio tollerare allora a Emma saltano su i nervi. E allora impugna il microfono e comincia a sputare sentenze, difendere il proprio ruolo di donna nell’Italia maschilista e retrograda, puntare l’accento contro la mercificazione dilagante del corpo femminile, mostrare totale disappunto su un certo modo di fare musica. In barba al più sfrontato pop femminile d’oltreoceano, dalla provocante Shakira ai bollenti video di Rihanna. Altro che low profile. Quello di Emma è un grido di ribellione che anticipa un cammino di virtù e santità musicale.

Emma poi porta bene. I Modà, dopo aver duettato con lei a Sanremo, ora sono balzati da new entry direttamente in vetta alla classifica con “Viva i romantici”. E pare che a causa sua il gruppo si sia addirittura sciolto. Si parla infatti di una love story tra Emma e Kekko Silvestre, leader del gruppo. Ma i componenti della band non vedono di buon occhio la presunta liaison e starebbero minacciando di abbandonare il loro frontman, decretando di fatto lo scioglimento dei Modà per timore di una cattiva pubblicità. Vabbè. Però tra Emma e Kekko è amore. E l’amore innanzitutto. A Stefano Di Martino, ballerino di Amici e ormai ex della cantante salentina, non resta che danzare. Magari sulle note di “Arriverà”, il brano sanremese, magari sulle frequenze di Radio 2, che il brano non lo vuole mandare perché “non in linea con le scelte musicali della radio”. Tutta colpa degli Ultrasuoni…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

lunedì 21 febbraio 2011

Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu al bar Italia dei fatti propri


“Non ha sbagliato. Stavolta gli è andata un po’ di sfiga”. Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu alla fine lo giustificano, Silvio Berlusconi. Sul caso Ruby, sui festini ad Arcore. Le belle donne piacciono a tutti. Lo giustificano un po’ come fanno gli italiani. Alcuni, s’intende. Che ne parlano al bar, proprio come il duo delle Iene fa nella quarta serata del festival di Sanremo, seduti a un tavolino, durante una partita a scacchi. Magari tra un caffè e un rapido sguardo al quotidiano locale. Magari aggiungendo pure lo sfogo per il goal subito dalla propria squadra del cuore. Proprio da bar, Luca e Paolo. Da bar Italia.
L’ennesima espressione dell’italianità media. Meglio di un film di Alberto Sordi. Né a destra, né a sinistra. Bipartisan? No, ciascuno a farsi i c… propri, che non fa mai male. E allora perché prendersela tanto col presidente del Consiglio, rischiando di far scatenare l’ira dei dirigenti Rai facendoli ricorrere alla tanto temuta censura? Ma soprattutto perché prendersela così tanto con uno che in fondo non è né meglio né peggio della maggior parte degli italiani che rappresenta. Non rispetta le istituzioni? E allora? Se è per quello, nessuno le rispetta. “Ti piace forse fare la fila dal medico?”, chiede Paolo a Luca. Ecco svelato l’arcano. Ecco perché Berlusconi, da quando è sceso in politica, ha conquistato il consenso di una fetta importante del nostro Paese. “Nella pancia della nazione si muovono tanti elementi: umanità e opportunismo, cautela e astuzia, distrazione e confusione, fantasia e ottimismo”, ha scritto Beppe Severgnini ne “La pancia degli italiani”. Ecco la risposta. Le Iene lo sanno. E prima di ritornare nell’alveo rassicurante di Mediaset, danno il due di picche a chi voleva politicizzare il festival targato Gianni Morandi. Più che mai il festival degli italiani. Confusi, smarriti, di malumore, stanchi, stufi, qualunquisti, opportunisti. Ma in fin dei conti indulgenti. Perché chi è senza peccato, scagli la prima pietra…

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

domenica 20 febbraio 2011

Sanremo 2011: vince Roberto Vecchioni, cantore di amore, dissenso e libertà


Era nell’aria. E nel televoto. La vittoria di Roberto Vecchioni al 61esimo festival di Sanremo non è stata una sorpresa. Il professore era già in testa alla classifica delle preferenze. Ed era anche trapelato. Morandi e Mazzi si erano infuriati, già si gridava all’impeachment. Ma poi il buon senso ha voluto che a “Chiamami ancora amore”, il brano più bello in assoluto e più apprezzato dal pubblico a casa, da quello in sala e dagli addetti ai lavori, venisse data la giusta ricompensa. Una scelta condivisa a pieno anche dai giornalisti che quest’ anno hanno avuto parte attiva anche loro nel voto, grazie alla golden share. Una sala stampa soddisfatta, in festa, a mezzanotte e mezza, orgogliosa di aver contribuito ad una vittoria più che meritata. All’una arriva il verdetto. Vecchioni è il numero uno, seguito dai Modà con Emma e dal popolarissimo Al Bano, fiero del suo appeal musicale da sagra paesana e genuino come gli acuti vocali di "Amanda è libera". E già, la libertà. Quasi il suggello, di quello che è stato, insieme all’unione, il motivo dominante della formula Morandi, dove il motto “restiamo uniti”, tra il serio e il faceto ha catalizzato per quasi una settimana intera l’attenzione del pubblico che quest’anno il festival l’ha seguito davvero. Un risultato da record per gli ascolti. Buona anche la tenuta dell’ultima serata, con 12 milioni 136 mila, pari a uno share del 52.12%. La media ponderata della finale risulta di poco inferiore a quella del festival 2010 di Antonella Clerici (53.21%) e di quella dell’edizione 2009 di Paolo Bonolis (54.24%).
E Morandi ringrazia il direttore artistico Gianmarco Mazzi (“ci conosciamo da trent'anni, questo festival l’ho fatto con lui e con Lucio Presta”) e tutti i dirigenti Rai e ammette "questo festival non lo vorrei chiudere". Vecchioni ha raccolto quasi il 50 per cento dei consensi, i Modà con Emma il 40 per cento e Al Bano il dodici per cento, risultato che, dopo l’eliminazione da parte della giuria demoscopica e il ripescaggio, non è male. E’ l’una di notte quando viene dato l’atteso annuncio. Tutti sul palco a celebrare il vate della libertà, il cantore di un’umanità ferita, il portavoce di un malessere diffuso e di un dissenso legittimo, che nessuno può riuscire a imbrigliare. “Chiamami ancora amore, chiamami ancora amore, chiamami sempre amore perché noi siamo amore”, Vecchioni ricanta per la terza volta il suo brano, stavolta in maniche di camicia e senza gli inseparabili occhiali. “Grazie a te, Gianni. Se non mi fossi venuto a prendere tu, non ci sarei mai venuto qui. Sono contento di aver fatto capire che la canzone d’autore unita alla musica popolare può essere la vera grande scommessa per il futuro, la strada giusta da seguire”. Il pubblico dell’Ariston applaude, grida “Bravo Roberto, grande Roberto”. Vecchioni abbraccia tutti, compreso Beppe Vessicchio. Luca e Paolo si ricompongono, dopo essere andati a briglie sciolte su Arcore e aver passato in rassegna i valori della sinistra (“guardare il mondo con gli occhi dei più deboli, lotta dura senza paura, porte aperte agli immigrati, siamo tutti fratelli”). Niente censura. "Tanto è l'ultima sera e ormai nessuno vi può più cacciare", fa notare maliziosamente Morandi. E niente censura nemmeno per l' eleganza smaccata di Elisabetta Canalis che, a conti fatti, ha superato quella di Belen Rodriguez (anche se la statuaria argentina l'ha sorpassata in spontaneità e doti canore e danzanti), concludendo col sublime Giorgio Armani. E adesso? Un velo di malinconia. Spenti i riflettori su Sanremo, cala il siparietto della festa, dell'evento, della sfacciata celebrazione di un’ italianità frivola e pettegola, provincialotta e pacchiana. Che però, come sempre, è riuscita ancora una volta a far parlare di sè e a catturare anche solo per due minuti perfino l’ attenzione dei più distratti.

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 19 febbraio 2011

Sanremo 2011: Gianni Morandi con Monica Bellucci il solito maschio italiano


Lui, l’eterno ragazzo della musica italiana. Lei, l’ambasciatrice della bellezza italiana nel mondo. Gianni Morandi e Monica Bellucci. Insieme per una volta sul palco dell’Ariston grazie al festival di Sanremo. “Il sogno di una vita si avvera”, dice Morandi. La protagonista d quel sogno è lì, davanti a lui che visibilmente imbarazzato, indeciso tra il “lei” e il “tu”, si emoziona, s’impapera, arrossisce, dinoccola, vacilla. In quel momento Morandi è uno di loro. Il maschio italiano in bilico tra il dovere e il piacere. Il marito non troppo esemplare. Il “vir” latino con tutte le sue umane debolezze. Il micio che scimmiotta il macho, ma poi ritorna inesorabilmente all’ovile. Si piega, si avvicina, le prende la mano. A un certo punto si alza, le va incontro, l'abbraccia, le dà due baci sulle guance. “Monica, vorrei farle di tutto”, sprigiona deciso il desiderio a lungo represso per lei, l’icona del fascino femminile, l’irraggiungibile stella del cinema, la Venere tentatrice.

Scenetta assai meno nobile dell’incontro tra Dante e Beatrice. Morandi confida a Monica la sua inguaribile passione per lei e dice: “Pensi che mia moglie mi ha regalato l’album con la raccolta di tutte le sue foto più belle”. Sorride, s’imbarazza, arrossisce ancora, abbassa lo sguardo. Monica Bellucci è lì, seduta davanti a lui. Occasione unica e irripetibile. Fasciata da un lungo abito nero che ne esalta le curve generose, ringrazia con garbo. Si racconta, fingendosi per l’occasione, più che un’attrice “una donna, madre, moglie come tutte”. Abbandona il portamento da diva, l’immagine di sex symbol che ormai si porta dietro come un fardello e si cala con piacere e diletto nella vita di tutti i giorni, immedesimandosi col pensiero e una certa fantasia nelle donne che drammaticamente fanno la spola tra casa, ufficio, palestra, bollette, cucina, pannolini, ecc. ecc. Ma Monica lo sa, lo sa bene. Perché a queste cose ci pensa, la fatica delle donne l’accompagna sempre tra un viaggio e l’altro. Così come l’accompagnano sul set le sue due figlie Deva e Leonie. Gianni Morandi finge pure lui di crederle. Per Monica questo e altro. Molto altro. E allora si continua con la promozione del film “Manuale d’amore 3” con Robert De Niro presente.
Poi, l’intervista volge lentamente al termine. La Bellucci si alza, saluta sorridente e leggiadra il pubblico in sala. In fondo, a quello che dice non ci crede troppo neppure lei. Ed ecco che Morandi, ormai vinto dalla bellezza e soggiogato definitivamente dal fascino disarmante della sua superospite, resta da solo sul palco, cammina e scivola inesorabilmente sulla buccia di banana della mascolinità vigliacca. Punta la moglie Anna, seduta comodamente in sala e le dice: “Hai visto Anna com'è meravigliosa Monica?”. Poi, prende a ridere e aggiunge: “Dai, sei bella anche tu! Lo sai che ti amo tanto”. Poi sospira, ride ancora, sussurra tra i denti un “eh vabbè”. Il premio di consolazione all’ amata consorte è stato dato. Intelligente e ironica la moglie Anna, subito inquadrata, se la ride di gran gusto. E le mogli italiane, pure.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

venerdì 18 febbraio 2011

Sanremo 2011: Benigni non tradisce. Il pubblico rivede l’Italia in musica. Morandi sogna il bis


Alla fine non ha deluso le aspettative, Roberto Benigni. Le aspettative soprattutto del pubblico. E ha fatto il miracolo: ha risvegliato per qualche istante il desiderio di sentirsi italiani. Picco di ascolti di 19 milioni di spettatori, proprio mentre un Benigni giullaresco e da Oscar racconta agli italiani col suo linguaggio l’inno di Mameli, il loro canto. Quasi un’ora di grande spettacolo. Benignano, fino in fondo. Ingresso garibaldino sul cavallo bianco, tricolore a destra e a manca, riferimenti garbati alla filosofia del potere di Silvio Berlusconi, alle debolezze del Partito democratico. Sul finire, un chiaro appello a Umberto Bossi (“Umberto, la vittoria è schiava di Roma, la vittoria, capito?”). Effetto domino sul panorama politico? Macché. La Lega tira dritto. E sui festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, il ministro Calderoli si affretta a precisare: "Fare un decreto legge per istituire la festività del 17 marzo, un decreto legge privo di copertura in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale e in più farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale".

Una stonatura di troppo in un festival finora intonato. In una serata in cui le emozioni hanno dominato davvero. Come quando Morandi ha interpretato "Rinascimento", il brano scritto da Gianni Bella prima che lo colpisse un ictus e da Mogol (quest'ultimo in prima fila), salutando con una calorosa standing ovation il cantautore catanese fratello di Marcella, per intenderci quella delle montagne verdi. L'apoteosi del festival: lirismo benignano contornato da un misto di orgoglio italico e di populismo patriottico. Il leiv motiv della serata traspare nelle esibizioni dei big. Da “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori, interpretata da un coraggioso Davide Van De Sfross a “Va’ pensiero” , uno dei cori più famosi della storia dell’opera tratto dal Nabucco di Giuseppe Verdi, cantato per l'occasione da Al Bano. Da "L'Italiano" con Tricarico e Toto Cutugno e “Mille lire al mese” con Patty Pravo alle nostalgie amorose di un combattente al fronte, “O’ surdato nnammurato”, in bocca a un Roberto Vecchioni in odore di vittoria o comunque di piani alti in classifica, fino alla malinconica “La notte dell’addio”, interpretata da Luca Madonia, con l’ orchestra diretta da un sempre più sfuggente Franco Battiato, e alla tragica vicenda d'oltreoceano di Sacco-Vanzetti che Here’s to you” ha risvegliato con i Modà accompagnati da Emma, primi su iTunes col loro brano in gara. Ciliegina sulla torta: l’afflato patriottico decisamente a tono di Elisabetta Canalis (“ultimamente trascorro sempre più tempo in America, ma l’Italia mi manca davvero tanto, mi sento più che mai italiana”), supportato dal buonumore danzante di Belen Rodriguez, immigrata accolta nel nostro Paese a meraviglia (e poi dicono che non siamo ospitali). Nella terza serata sanremese l’Italia era lì, c’era tutta, dal Manzanarre al Reno, ricostruita con grande fatica - come ha spiegato in conferenza stampa Gianni Morandi - grazie a un duro lavoro. Per una sera l’Italia è tornata a brillare di luci e paillettes, coi dovuti onori e ricordi, la sua gloria e la sua storia. Giusto per una sera, proprio (e solo) a Sanremo.
Prevedibile il ripescaggio da televoto di Al Bano-Tatangelo. Ora già si pensa a Robert De Niro, Monica Bellucci, ai novelli Take That. E ai duetti. Il pubblico ha sognato l’Italia, Morandi adesso sogna il bis. Basta crederci.

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

giovedì 17 febbraio 2011

Sanremo tricolore. Per una sera viva l'Italia


Serata tricolore al festival di Sanremo. Tutta dedicata ai 150 anni dell’unità d’Italia. “Solenne e sobria”, per dirla con le parole del direttore artistico Gianmarco Mazzi. I big in gara cantano l’Italia, celebrano il Belpaese, riaccendono la fiamma di un patriottismo assopito e fuori moda. “Sarà la cassa di risonanza alle celebrazioni del 17 marzo”, spiega Mazzi, quest’anno, festa nazionale.

Un buon motivo, approfittare del festival, tempio canoro nazional-popolare, per riesumare il cadavere di un Paese in ginocchio. E allora viva l’Italia dei ventenni senza lavoro, dei trentenni precari, dei quarantenni disoccupati, dei cinquantenni cassaintegrati. Viva l’Italia unita che non c’è, se non nella fantasia di chi l’aveva pensata. Dove Milano sputa fango su San Vito Lo Capo, e viceversa, la Lega propone un federalismo scellerato, gli immigrati popolano sempre di più i nostri quartieri. Viva l’Italia degli immaturi di Paolo Genovese. E degli spaghetti, del mandolino e della mafia. E, soprattutto, viva gli stereotipi. Ma ci affidiamo a Roberto Benigni, che intorno alle 22.30 spiegherà, ricorderà, toglierà un po’ di polvere all’Inno di Mameli, che troppo spesso recitiamo a pappagallo. E salverà la terza serata del festival da una inesorabile scivolata retorica nell’alveo materno dei soliti e fiacchi stereotipi. Benigni saprà toccare le corde giuste, allettare il pubblico, alleviare tutte le angosce. Magari dietro le quinte ci saranno un Franco Battiato con quell’aria di sufficienza perché lui a Sanremo è solo di passaggio e un Roberto Vecchioni in mezzo alla plebe, pronto a gettarsi nella mischia. Anna Tatangelo pronta a rientrare grazie ai magheggi del televoto e Patty Pravo in odore di santità per aver accolto la sua eliminazione con tanto di critiche solo con un paio di gorgheggi. Stasera ci aspettiamo molto dal festival, ma soprattutto dagli italiani. Riusciranno per una sera a resistere all' irrefrenabile voglia di emigrare, come suggerisce Fabri Fibra nel suo rap futuristico, a Saint Tropez?

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

mercoledì 16 febbraio 2011

Sanremo 2011: meno spettacolo, più musica. E Morandi c'azzecca


Pioggia di stelle all’Ariston. Debutto illuminato per Gianni Morandi. Misura, contegno e un pizzico di nostalgia per una tv che non c’è più. Ma soprattutto tanta, tanta musica. La musica prima di tutto. Anche prima dello show. Se non sono i “cari amici vicini e lontani” di Nunzio Filogamo a salutare i primi dieci minuti di festival (“li ho sempre visti”, racconta col cuore in mano il conduttore), ci pensa il composto ping pong di battute di Luca e Paolo a far decollare la prima serata tutta canora del festival. Deluso chi si aspettava quasi una riedizione di Canzonissima. E gli ascolti premiano l’eterno ragazzo rimasto quello della porta accanto nonostante mezzo secolo di popolarità e successo. La prima parte della prima serata del festival è stata seguita da 14.175.000 telespettatori con uno share del 45,20 per cento, mentre la seconda parte da 9.417.000 (share 48,65 per cento). Il picco è stato raggiunto intorno alle 21:56, con 17.088.000.
Una bella soddisfazione che il direttore artistico Gianmarco Mazzi. Mauro Mazza, il direttore di Raiuno, attribuisce tutto il merito all’entusiasmo di Morandi. Meno spettacolo, più musica, dunque. Formula vincente. Comprese le scivolate glam di Belen-Canalis, un filo tese per l’assenza dei rispettivi boyfriend. Arrivano dopo un'ora di spasmodica attesa, soprattutto del pubblico maschile. Belen Rodriguez avvolta in uno strascico blu di Alberta Ferretti, Elisabetta Canalis circondata dalla chiccheria rosso fiammante di Versace. Le due starlette da riviste patinate scendono le scale con sorrisi da copertina, atterrano con grazia sul palco, un attimo dopo ringraziano il pubblico italiano che le ama tanto. In sala applausi e grida d’incoraggiamento. Meno papere del previsto. Del resto nei primissimi minuti del festival i buoni sentimenti di Antonella Clerici che, contrariamente a quanto dichiarato più volte, fa un’eccezione e per l’amico Gianni decide di passare il testimone insieme alla figlioletta Maelle, devono aver addolcito gli animi delle due show girl.
La scenografia spettacolare di Gaetano Castelli regala al palco una nuova luce. Ma Anna Tatangelo non brilla e il suo “Bastardo” viene subito bocciato dalla giuria demoscopica. Per lei, insieme ad Anna Oxa, le prime escluse tra i 14 big in gara, c’è ora solo la speranza del ripescaggio nel televoto. Non entusiasma Patty Pravo. Deludente il duetto Luca Barbarossa-Raquel Del Rosario. Il solito Al Bano. Molto 883, Max Pezzali. Impennata chic-snob per la straordinaria coppia Luca Madonia-Franco Battiato, passeggero distratto al festival, anche se già si colpevolizza Madonia di essersi lasciato un po’ troppo “battiatizzare” e lo stesso Battiato di aver copiato se stesso. Con “Ti sputtanerò” (sullo sfondo Berlusconi-Fini), Luca e Paolo portano all’Ariston un’attualità ovvia e contenuta. Decisamente più articolato il testo di Roberto Vecchioni, una feroce critica al momento storico che stiamo vivendo e un inno all’amore e all’umanità, troppo spesso calpestata e dimenticata. Meno grintosa del solito Belen nel tango con Miguel Angel Zotto sulle note de La Cumparsita, ha ceduto un po’ della sua grinta ad Emma Marrone che insieme ai Modà l’ha tirata fuori tutta. Sarà ancora una gara tra talent? Tra i giovani occhi puntati soprattutto su Serena Abrami, che arriva dalla fucina di X Factor (ha partecipato alla seconda edizione del programma) e si presenta al festival con un brano interamente scritto, musica e parole, da Nicolò Fabi. Attesissimi i superospiti Andy Garcia e direttamente dall’UK Eliza Doolittle. Chapeu!

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 12 febbraio 2011

Sanremo 2011: un festival patriottico


Scalda i muscoli Gianni Morandi. Intensificano l’allenamento in palestra anche le sue due compagne di palco Belen-Canalis. Martedì si parte con la kermesse più chiacchierata della tv. Belen alle prove appare disinvolta. Già si sa che dovrebbe farsi avvolgere dalle sete e dalle trasparenze di Alberta Ferretti. Non è incinta, l’abbiamo capito, ed è più che mai intenzionata a rubare una fetta di scena alla “rivale” che, anziché esercitarsi nella città dei fiori, finora ha preferito farlo conto suo a Roma. Roberto Vecchioni si prepara invece a scaldare le piazze col suo testo provocatorio. E meno male. Sperando solo che il popolo viola non accorra ai piedi dell’Ariston per fare da arrangiamento al brano. A quello ci penserà l’orchestra, un po’ più calma dell’anno scorso?
Sembra scesa la febbre da censura per Luca e Paolo, pronti a scherzare su tutto, ma proprio tutto. Fioccano i pronostici e, tanto per cambiare, il talent show si prepara a incassare un altro bel risultato, tant'è che Emma Marrone, la vincitrice dell’ultima edizione di “Amici” , appare già come la favorita, insieme ai Modà.
Bella soddisfazione per i catanesi, che nella serata del duetto vedranno sul palco, insieme a Franco Battiato e Luca Madonia, anche la cantantessa Carmen Consoli
, che in un modo o in un altro a Sanremo finisce sempre per esserci. Chi conosce Luca Madonia sa quanto questa occasione sia importante per arrivare al grande pubblico. In bocca al lupo ad un artista che merita l’adeguato riconoscimento.

Anche Internet farà la sua parte con l'emittente online Radio Festival, web radio di Radio 105 e Radio Monte Carlo, che sta facendo sfilare nella passerella dei palinsesti i grandi classici del Teatro Ariston, le canzoni culto della musica italiana con curiosità e notizie riguardanti i numerosissimi partecipanti dal 1951 ad oggi. Quest’anno Sanremo non è più una parolaccia neppure a Mediaset, visto che se ne parla anche lì, soprattutto nei programmi della rete ammiraglia.
Anche gli ospiti promettono bene, Balotelli compreso. Riuscirà però lo spettacolo a non prevalere troppo sulla musica? Ma la vera novità è l’omaggio ai 150 anni dell’Unità d’Italia. Un esercizio di retorica patriottico-musicale? L’intento non è questo. Ma il pericolo è sempre in agguato. Si è tuttavia fiduciosi che i quattordici artisti in gara, nella serata speciale, interpreteranno con cuore i brani appositamente scelti per l'occasione: MILLE LIRE AL MESE per Patty Pravo, IL MIO CANTO LIBERO – Nathalie, 'O SURDATO 'NNAMMURATO - Roberto Vecchioni, IL CIELO IN UNA STANZA - Giusy Ferreri, LA NOTTE DELL'ADDIO - Luca Madonia con Franco Battiato, MAMMA MIA DAMMI CENTO LIRE - Max Pezzali, PARLAMI D'AMORE MARIU' - La Crus, 'O SOLE MIO - Anna Oxa, HERE’S TO YOU - Emma – Modà, L'ITALIANO – Tricarico, VA, PENSIERO - Al Bano, ADDIO MIA BELLA ADDIO - Luca Barbarossa e Raquel Del Rosario, VIVA L'ITALIA - Davide Van De Sfross. Di certo gli emigrati che seguiranno l festival dall’America, dall’Australia, ecc. apprezzeranno. E gli immigrati (sempre più numerosi) che ormai vivono nel nostro Paese, lavorandoci e mandandoci pure i figli a scuola, cambieranno canale?…

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

giovedì 10 febbraio 2011

Vorrei dimenticarmene ma...


Una luce fioca mi abbaglia. E’ debole, intermittente. Mi prende, mi scuote. Vorrei dimenticarmene ma non posso. E’ la malinconia che mi dà la gioia di essere triste. Triste quando il resto del mondo ride, cammina, corre, vaga nello spazio senza fermarsi un secondo a riflettere. E’ la malinconia che mi prende nei lunghi pomeriggi d’estate. Quando il silenzio delle strade assolate con l’asfalto infuocato è un rumore assordante. E’ allora che sprofondo nella parte più nascosta di me stessa. Ritrovo i pensieri scomodi, le verità non dette. E’ allora che rivedo i luoghi dell’anima, quelli che non ho mai lasciato.
O all’imbrunire, quando il sole va a dormire per far posto alla luna. E scende la notte col suo buio pesto.
Il buio non mi fa più paura come quando ero piccola, talmente piccola da stare in una mano. Allora non pensavo a niente. E mi sentivo leggera. Allora il buio era paura, angoscia. Ora il buio mi avvolge. Mi accarezza la pelle. Mi fa compagnia, mi ascolta, mi consola. Gli racconto di quelle sensazioni perse nel tempo. Di quelle facce scolorite di cartapesta. Di quegli odori lontani di vaniglia e zenzero. Chissà cosa si prova quando c’è troppa luce, quando i contorni sono ben definiti, le immagini nitide, le definizioni nette, i fatti inequivocabili. Chissà cosa si prova a guardarsi davvero allo specchio. A non farsi la guerra. Chissà cosa si prova ad aspettare l’alba stesi sull’erba e fissare le nuvole. Chissà cosa si prova a vivere senza un po’ di malinconia. Io non potrei, non potrei mai. /…

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)

martedì 8 febbraio 2011

Cercando Arlecchino...


-Scusi, mi sono persa Arlecchino. Lei mica l’ha visto?
- A dire il vero ce l’ho qui davanti.
-Come scusi?
-Ma davvero non lo vede?
-Che fa mi prende in giro?
-Non ci penso nemmeno. Arlecchino è qui, proprio qui davanti.
-Ma che cosa dice? Lo cerco da un’ora! Ci prova gusto a prendersi gioco di me, dica la verità? Eppure una signora come lei, di aspetto gradevole, di mezza età, seria quanto basta, non dovrebbe comportarsi così con una giovane donna, per di più straniera, arrivata da poco in questa odiosissima città.
-Ma lei, scusi, è proprio fuori strada. E perché mai dovrei esprimerle la mia solidarietà, o umana comprensione o peggio, regalarle un afflato di umanità vera e sincera? Non sa che invidio profondamente la sua giovinezza? E poi non sa che il mondo affoga nella falsità più devastante? Cosa vuole che sia Arlecchino in un mondo dove ognuno recita una parte. Ormai siamo tutti un po’ Arlecchino. Un po’ io, un po’ lei. Insomma, come le dicevo prima, Arlecchino è qui con noi.
- (sospira, alza gli occhi al cielo e appoggia le mani sui fianchi) Lei è davvero insopportabile, lo sa?
-Certo! Recito questa parte da anni. Da anni recito me stessa. Seriosa, antipatica e rompiballe. E lei invece che parte recita, quella della damigella smarrita, o della cuccioletta in calore? Ah, forse ho capito: lei recita la parte della finta ingenua. Ma si ricordi una cosa: io le starò pure antipatica ma almeno le ho detto la verità. Ma lei evidentemente non apprezza. Le sembra che i sorrisi che le fanno sono tutti sinceri? Le cose che le raccontano o le fanno pensare siano tutte vere? Ciò che gli altri le fanno apparire è esattamente la realtà delle cose? Eh no, guardi che spesso è l’esatto contrario.
-Quindi viviamo in un mondo falso.
-Esatto. Vedo che apprende in fretta (annuisce col capo, poi si passa un fazzoletto sulla fronte…) Che sudata. La gente è così testarda, ostinata, illusa. Ma si può sapere che cosa c’è di tanto difficile da capire?
-Se mi dicesse dov’è scappato Arlecchino, forse sarebbe tutto un po’ più semplice. Comunque ha ragione. L’altro giorno parlavo con un tizio che mi stava davvero antipatico. E mica potevo dirglielo. Mentre lui parlava a me e io a lui, abbiamo recitato entrambi. Probabilmente avremmo pensato una decina di volte “oddio quant’è insopportabile”, senza dircelo nemmeno una volta. All’apparenza eravamo cordiali e gentili. Insomma, in poche parole, falsi. Ma che c’entrano le maschere di Carnevale come quella di Arlecchino?
-C’entrano eccome. Ognuno di noi sceglie la maschera più adatta a se stesso. E poi, voilà, comincia a recitare la sua parte.
-Beh, non è proprio così. Magari è solo una maschera che gli altri gli costringono a mettere. Che ne so, lei è allegra e gliene mettono una triste, è intelligente e gliene appiccicano una da scema, o viceversa.
-(Sorride) Vedo che comincia a capire. Meno male. Certo, può accadere che la maschera indossata ce l’abbiano messa magari in un contesto in cui ci si deve comportare per forza in un certo modo.
-Eh già. Io per esempio in ufficio vorrei tanto ballare ma non posso. O baciare il mio collega sulle labbra, giocare con l’iPhone e canticchiare una canzone di Neffa. Se lo facessi mi prenderebbero per pazza e mi porterebbero dritta dritta al manicomio. Ora che ci penso, l’altro giorno ho parlato con un tipo che mi piaceva tantissimo, dico tantissimo. E mica gliel’ho fatto capire. Tutt’altro. Ho fatto finta di niente. Come se mi fosse del tutto indifferente.
-(Con l’indice disapprova) Eh no, questa mica è falsità. Questa è timidezza.
-Sì, d’accordo, però ho capito cosa intende dire.. (Guarda l’orologio) Scusi ma è passata mezz’ora. E di Arlecchino non c’è traccia! Come faremo? Dobbiamo provare lo spettacolo di Carnevale!
-(La signora si avvicina alla ragazza e le dà una vigorosa pacca sulla spalla. Poi si sfila lentamente la sciarpa di seta dal collo) Non si preoccupi, lo spettacolo lo facciamo noi. Mica c’è una sceneggiatura! E’ Carnevale tutti i giorni.
-(Ride) Vabbè… Lei esagera… Signora, lei è un’iperbole vivente!
-Un Ape.. che? (fa il broncio) Questo non me l’aveva mai detto nessuno. Lei è una tipetta originale, sa? Vada, vada, cerchi pure il suo Arlecchino. Faccia pure il suo spettacolo. Festeggi pure il suo Carnevale. Tanto il Carnevale più bello è quello che vive ogni giorno, alla fermata dell’autobus, al lavoro, a casa, perfino sotto l’ombrellone.

La ragazza saluta la signora bionda con gli occhiali da sole e i capelli cotonati, il cappotto marrone e il collo di volpe color miele e riprende la sua ricerca. Cammina e ripensa alle parole di quella signora e alle vene sporgenti delle sue mani anziane. E se avesse davvero ragione?

Elena Orlando (elyorl@tiscali.it)

sabato 5 febbraio 2011

Tra Fini e Barbareschi qualche penna di troppo


La coerenza in politica? Un optional. Negli ultimi tempi meglio i voltagabbana continui, senza sosta, neppure in corsia d’emergenza. Quella in cui la macchinina Italia è ferma da un pezzo, in attesa che la soccorra il carro attrezzi. Così Luca Barbareschi, attore-regista-produttore-consumato show man prestato alla politica, ora volto “nobile” di Futuro e libertà, stava per tirare a Gianfranco Fini una bella sòla. Quasi come l’astensione in aula sul caso Ruby. Proprio alle sog E Fini non deve proprio averlo digerito. Tant’è che i due hanno finito per tirarsi le penne. lie di quell’assemblea costituente che darà corpo e anima al partito fondato dall’ex leader An e dai suoi fedelissimi. Barbareschi, si sa, non è un tipo molto fedele. Ed ecco che, tra una conferenza e l’altra, c’è scappato il flirt con Silvio Berlusconi. Per fortuna innocuo, senza gravi conseguenze. Ma c’è scappato. Ebbene sì, per un attimo, un interminabile attimo, il legame politico con Fini è entrato in crisi. Ha vacillato.
Veniamo al dunque. Luogo dell’alterco: gli uffici del gruppo. I parlamentari del gruppo erano riuniti per discutere di incarichi e programma proprio in vista del congresso. Barbareschi ha esternato la richiesta di guidare la commissione Cultura dell’assemblea e si è sentito replicare da Fini:In questa fase non posso davvero affidarti nulla”. Barbareschi s’inalbera e sbotta con un secco: “Voi non mi meritate, questo è un partito di oligarchi!”. Il ping pong continua. E Fini affonda senza pietà: “Come ti ho detto in privato, te lo ripeto in pubblico: ci sono attori e pagliacci. I pagliacci non fanno sempre ridere, a volte fanno anche piangere”. A questo punto accade l’irreparabile: è un crescendo rossiniano di urla, grida, penne che volano, porte che sbattono. Il punto è: Barbareschi ora se ne va? Il quartier generale del Fli al momento lo esclude. E fa sapere che si tratta di un normalissimo confronto dialettico in una fase di assestamento. Ma ammesso che sia davvero così, i toni accesi di questo confronto-scontro serviranno ad alleviare la delusione per l’emorragia di parlamentari e per la leadership del terzo polo affidata a Casini? E soprattutto convincerà gli elettori che si tratti di una valida alternativa di centrodestra a Berlusconi?

Elena Orlando (
elyorl@tiscali.it)